CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 01 marzo 2019, n. 6134
Diritti doganali – Accertamento – Importazioni – Titoli AGRIM – Competenza territoriale – Violazioni doganali
Rilevato che
– la P. s.p.a. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, depositata il 28 gennaio 2015, di reiezione dell’appello dalla medesima proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto il suo ricorso per l’annullamento di un avviso di rettifica dell’accertamento dei diritti doganali richiesti in relazione a diverse operazioni di importazione di banane;
– dall’esame della sentenza impugnata si evince che con l’atto impositivo l’Ufficio contesta l’indebita utilizzazione di titoli cd. AGRIM in occasione di tali operazioni di importazione, per aver la contribuente surrettiziamente utilizzato titoli di altre imprese al fine di aggirare il contingente di merce a lei spettante;
– il giudice di appello, dopo aver disatteso le eccezioni in ordine al difetto di motivazione dell’atto impugnato, alla decadenza dalla potestà impositiva e all’incompetenza dell’Ufficio che ha emanato l’atto, ha evidenziato che la condotta posta in essere dalla contribuente si presentava illegittima, in quanto contraria allo spirito della legge in ordine alle agevolazioni previste per l’importazione delle banane;
– il ricorso è affidato a sei motivi;
– resiste con controricorso l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli;
– la ricorrente deposita memoria ai sensi dell’art. 380 bis. 1 c.p.c.;
Considerato che
– con il primo motivo di ricorso la società contribuente denuncia la violazione degli artt. 201 e 215, Regolamento CEE n. 2913/1992, e 25 e 97 Cost., per aver la sentenza impugnata ritenuto sussistente la competenza territoriale dell’Ufficio doganale di Roma;
– il motivo è fondato;
– il giudice di appello ha escluso che l’Ufficio doganale di Roma – autorità che ha emanato l’atto impugnato – fosse territorialmente incompetente osservando che il principio della articolazione delle competenze dell’Agenzia delle Dogane su territori, in relazione al luogo in cui si è radicato il rapporto ovvero è sorta l’obbligazione doganale, tale da precludere la competenza di un Ufficio in assenza del relativo criterio di collegamento, «non appare perfettamente sovrapponibile e applicabile al caso de quo»;
– orbene, il sistema di accertamento delle violazioni doganali, delineato dal Testo Unico 23 gennaio 1973, n. 43, e dal Reg. (CEE) n. 2913/92, applicabili ratione temporis, presuppone una precisa articolazione della competenza sul territorio, prevedendo, per ogni attività o situazione considerata, una singola dogana competente per territorio, individuabile in ragione di un criterio di collegamento, esplicitamente o implicitamente indicato e corrispondente, in linea generale, al luogo in cui si è radicato un rapporto ovvero è sorta un’obbligazione o è accaduto un fatto, con la conseguenza che, in mancanza dell’enunciazione di uno specifico criterio di collegamento territoriale, non può ritenersi competente qualsiasi ufficio doganale operante sul territorio nazionale (cfr. Cass. 5 luglio 2011, n. 14786);
– nel vigore dell’art. 11, nono comma, del d.lgs. 1990, n. 374, nella versione vigente pro tempore, la possibilità di un accentramento presso un unico Ufficio doganale delle pratiche relative alla revisione degli accertamenti effettuati da uffici diversi, in base ad un’interpretazione estensiva dell’art. 6, T.U. n. 43 del 1973, è riconosciuta esclusivamente in presenza di un apposito e motivato provvedimento del capo dell’unità territoriale sovraordinata, trattandosi di deroga al criterio generale secondo cui per l’accertamento delle violazioni doganali è territorialmente competente l’autorità presso cui è sorta l’obbligazione tributaria (cfr. Cass., ord., 22 dicembre 2017, n. 30810; Cass. 16 dicembre 2016, n. 26045);
– non può, infatti, trovare applicazione l’art. 9, comma 3 decies, d.l. 2 marzo 2012, n. 16, conv., con modif., nella I. 26 aprile 2012, n. 44, il quale, modificando il menzionato art. 11, nono comma, d.lgs. n. 374 del 1990, ha stabilito che «l’ufficio doganale che effettua le verifiche generali o parziali con accesso presso l’operatore è competente alla revisione delle dichiarazioni doganali oggetto del controllo anche se accertate presso un altro ufficio doganale», trattandosi di disposizione a cui va riconosciuta natura innovativa e non di interpretazione autentica;
– la mancanza di tale provvedimento, la cui esistenza non è stata neppure allegata, comporta la fondatezza della censura d’incompetenza essendo incontroverso che l’autorità di insorgenza delle obbligazioni è quella di Genova e non quella di Roma;
– all’accoglimento del primo motivo di ricorso segue l’assorbimento dei motivi residui aventi ad oggetto: la violazione e falsa applicazione degli artt. 11, d.lgs. n. 374 del 1990, e 221, terzo paragrafo, del Codice doganale comunitario (secondo motivo); la violazione degli articoli 7, l. 27 luglio 2000, n. 212, 11, comma 5 bis, d.lgs. n. 374 del 1990 (terzo motivo); la violazione e falsa applicazione degli artt. 13, Regolamento CEE n. 1442/93, e 21, Regolamento CEE n. 2362/98 (quarto motivo); la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 4, c.p.c. per omessa pronuncia in ordine al motivo di gravame avente ad oggetto lo stato di legittimo affidamento in cui la contribuente avrebbe versato (quinto motivo); la violazione e falsa applicazione art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. per omessa pronuncia in ordine al motivo di gravame avente ad oggetto l’applicazione della circostanze esimente di cui all’art. 220 del Codice doganale comunitario ovvero delle condizioni per far luogo allo sgravio ai sensi dell’art. 239 del predetto codice (sesto motivo);
– la sentenza va, dunque, cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, il giudizio va deciso nel merito, con accoglimento dell’originario ricorso proposto;
– atteso il recente consolidamento della giurisprudenza, le spese dell’intero giudizio vanno integralmente compensate.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario; compensa integralmente tra le parti le spese processuali dell’intero giudizio.
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