CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 07 marzo 2019, n. 6680
Contratto a termine – Nullità – Sussistenza di un rapporto a tempo indeterminato – Divieto di conversione per le fondazioni liriche – Disciplina speciale
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza in data 6 luglio 2016, la Corte d’Appello di Roma, riformando la decisione di primo grado, ha dichiarato l’illegittimità del termine apposto ai contratti intercorsi fra le appellanti S.D.G., V. F., M.L. e S.R. e la Fondazione Teatro dell’Opera, dichiarando che fra le parti si era costituito un contratto di lavoro a tempo indeterminato – con le diverse decorrenze statuite in sentenza – e con il diritto delle ricorrenti alla riammissione in servizio nel posto precedentemente occupato con inquadramento nel 5° livello, area tecnico amministrativa e conseguente condanna della appellata alla corresponsione dell’indennità risarcitoria ex art. 32 L. n. 183/2010, quantificata nella misura di 8 mensilità dell’ultima retribuzione mensile globale di fatto percepita, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali dalla sentenza al saldo.
1.1. La Corte, nel sottolineare l’applicabilità alle fattispecie oggetto di giudizio del decreto legislativo n. 368 del 2001, ha evidenziato come la specialità della disciplina del contratto a tempo determinato per le Fondazioni liriche – per il resto, interamente assoggettata alla regolamentazione del codice civile e delle leggi sui rapporti di lavoro subordinato dell’impresa -, risulti limitata all’inapplicabilità delle disposizioni relative alle proroghe ed ai rinnovi e non, invece, estesa alle violazioni di altre disposizioni, segnatamente delle norme che prevedono, per il primo contratto, la forma scritta ad substantiam e la specifica indicazione della causale, di cui all’art. 1, comma 2 del decreto legislativo n. 368 del 2001.
2. Avverso tale pronunzia propone ricorso la Fondazione Teatro dell’Opera, affidandolo a cinque motivi.
3. Resistono con controricorso corredato da memoria S.D.G., V. F., M.L. e S.R.
Considerato in diritto
1. Con il primo motivo di ricorso si censura la decisione di merito ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. deducendosi la violazione dell’art. 1, comma 595, L. 23.12.2005, n. 26 (legge finanziaria 2006) ed all’art. 392, legge 24/12/2007 n. 244 (legge finanziaria 2007) nonché all’art. 3, comma 5, D.L. 64/2010, conv. in legge dall’art. 1, comma 1, L. 29 giugno 2010, n. 100, mentre, con il secondo motivo, si deducono violazione e falsa applicazione dell’art. 11, comma 19, del decreto legge n. 91 del 2013, convertito nella legge n. 112 del 2013.
1.1. Entrambi i motivi, che possono esaminarsi congiuntamente per l’intima connessione, sono infondati.
1.1.1. Prescindendo, al momento, dall’indagine concernente natura e portata della normativa di cui alle leggi finanziarie del 2006 e del 2007 nonché in ordine al D.L. n. 64 del 2010 – circa cioè il se le disposizioni ivi contenute siano esterne alla fattispecie dedotta in giudizio, in quanto riguardanti il funzionamento e l’autorganizzazione del datore di lavoro, ovvero abbiano valore esclusivamente confermativo dell’inapplicabilità delle norme in tema di rinnovi dei contratti a tempo determinato – su cui ci si soffermerà in seguito, va evidenziato che le disposizioni considerate sono inapplicabili ratione temporis ai contratti a termine considerati per essere gli stessi stati conclusi in epoca antecedente alla legge finanziaria del 2006, e ciò in ossequio al principio generale secondo cui la legge non dispone che per l’avvenire, essa non ha effetti retroattivi, salva esplicita indicazione in tal senso.
1.1.2. Va premesso che, come noto, la stessa Corte costituzionale, in virtù del rinvio mobile di cui all’art. 117 Cost., ha chiarito il generale divieto di interventi legislativi retroattivi anche in materia civile con la sola eccezione per l’ipotesi in cui la retroattività sia dovuta a motivi imperativi di interesse generale, così accogliendo l’interpretazione dell’art. 6 CEDU offerta dalla Corte di Strasburgo. Nel caso di specie, la piana lettura del dettato normativo di cui all’art. 1, comma 695, L. 23/12/2005, n. 266 (legge finanziaria 2006), secondo cui, per gli anni 2006 e 2007, alle fondazioni lirico-sinfoniche è fatto divieto di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato esclude che possa anche solo ipotizzarsi una retroattività. Lo stesso 3, comma 5 del D.L. n. 64 del 2010, afferma che a decorrere dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto e fino al 31 dicembre 2011, alle fondazioni lirico-sinfoniche è fatto divieto di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato, nonché di indire procedure concorsuali per tale scopo, fatto salvo che per quelle professionalità artistiche necessarie per la copertura di ruoli di primaria importanza indispensabili per l’attività produttiva, previa autorizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali. Il successivo art. 11 comma 19 del Decreto legge n. 91 del 9 agosto 2013, recante Disposizioni Urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo, stabilisce, invece, che “il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato presso le fondazioni lirico-sinfoniche è instaurato esclusivamente a mezzo di apposite procedure selettive pubbliche”‘, la struttura della disposizione ed il suo inserimento tra le citate disposizioni urgenti (poi convertite nella legge n. 112 del 2013) inducono ad escludere che ci troviamo di fronte ad una norma che possa lunga antecedenti la sua entrata in vigore.
L’assenza di esplicita previsione normativa circa la retroattivita delle disposizioni considerate ed in particolare dell’ art. 11 comma 19 del Decreto legge n. 91 del 9 agosto 2013, esclude che possa anche astrattamente ipotizzarsi la retroattivita della normativa considerata in base al principio in Claris non fit interpretatio. D’altro canto, non può attribuirsi rilievo per il passato ad una norma (art. 11, comma 19 del d.l. n. 91/2013), che la stessa Corte costituzionale nella decisione n. 260 del 2015 definisce «antesignana» dell’art. 40, dichiarato poi illegittimo, e che, in mancanza di una diversa indicazione normativa, non può avere effetto che per l’avvenire ai sensi dell’art. 11 delle preleggi (cfr., sul punto, Cass. n. 27959 del 17/10/2018).
1.1.4. Deve poi ribadirsi, conformemente alla consolidata giurisprudenza di legittimità (sul punto, ex multis, Cass. n. 5748 del 12/03/2014; Cass. n. 19189 del 28/09/2016; nonché, fra le più recenti, Cass. n. 9896 del 20/04/2018; Cass. n. 25800 del 16/10/2018), per quanto riguarda le disposizioni relative al blocco delle assunzioni, riconducibili alle leggi finanziarie del 2006 e del 2007, che si tratta di norme esterne alla fattispecie dedotta in giudizio, siccome riguardanti il funzionamento e l’autorganizzazione del datore di lavoro che, pur potendo incidere indirettamente sulla esistenza del rapporto di lavoro invocata dal privato, non possono far degradare la sua posizione di diritto soggettivo sorta in conseguenza di atti di gestione del rapporto di tipo privatistico (cfr., Cass., sez. un, 14 dicembre 1999, n. 894) e che, pertanto, esse non possono incidere sulla decisione giurisdizionale che intervenga in seguito all’entrata in vigore della disposizione normativa considerata.
1.2. Tale conclusione risulta oggi vieppiù imposta dalla interpretazione conforme della normativa considerata all’ultima parte della decisione di recente resa dalla Corte di giustizia nella causa Sciotto, (Corte di giust. 25 ottobre 2018, causa C-331/17) ed alla necessità di evitare gravi disparità di trattamento anche alla luce della dottrina Milkova (V. Corte Giust. 9 marzo 2017, Causa C-406/15, Milkova) dovendo scongiurarsi il rischio che la distinzione operata da una normativa nazionale tra i lavoratori subordinati a tempo determinato alle dipendenze di un qualsiasi datore di lavoro privato e quelli che svolgano le medesime mansioni alle dipendenze di una Fondazione lirica, non risulti adeguata al fine perseguito da tale normativa.
2. Con il terzo motivo si deduce, in relazione alla sola posizione di M.L., la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., nonché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti e la violazione degli art. 4 e 11 comma 4 del D.Lgs. n. 368 del 2001 e 3 e 22 comma 2 della legge n. 426 del 1977 nonché dell’art. 3 del D.L. n. 64 del 2010.
2.1. In particolare, parte ricorrente si duole della ritenuta natura di primo negozio, rispetto alla serie negoziale impugnata, del contratto avente decorrenza 31 dicembre 2003 – 4 luglio 2004, deducendo trattarsi, invece, della proroga del contratto datato 12 settembre 2003.
La piena lettura del contenuto negoziale, tuttavia, depone per il carattere autonomo del contratto in questione, impugnato quale primo di una lunga serie, essendo del tutto irrilevante, al riguardo, il riferimento contenuto nelle clausole contrattuali al precedente rapporto – decorrente dal 12 settembre 2003 – soprattutto alla luce delle stesse chiare clausole contrattuali nelle quali si afferma testualmente che per tutto quanto non espressamente previsto, sarebbero restate valide le clausole del contratto stipulato il 12/09/2003, prot. n. 8764, atteso che, qualora si fosse voluto conferire al negozio in questione il carattere di proroga o rinnovo del precedente contratto, lo si sarebbe detto senza far emergere lo iato, che invece appare evidente, fra il precedente contratto e quello oggetto di impugnazione.
3. Con il quarto motivo di ricorso si deduce, in relazione a S.D.G. e M.L., la violazione dell’art. 1, commi 1 e 2 del D.Lgs. n. 368 del 2001; con il quinto motivo, infine, in relazione alle posizioni di V. F. e S.R., si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 1, lett. E) della legge n. 230 del 1962.
3.1. I due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per l’intima connessione, sono infondati.
3.1.1. Parte ricorrente si duole, in sostanza, del ritenuto mancato rispetto dell’onere di specificazione della causale appositiva del termine con riguardo ai primi contratti intercorsi fra la Fondazione e le controricorrenti, tutte addette alle mansioni di “maschera” nell’ambito di rappresentazioni comprese nella programmazione annuale del Teatro dell’Opera.
3.2. Come noto, la clausola 4 dell’accordo quadro, intitolata «Principio di non discriminazione», prevede, al suo punto 1, quanto segue: «Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive». La successiva clausola 5 dell’accordo quadro, intitolata «Misure di prevenzione degli abusi», prevede, al suo punto 1 che, «Per prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative a: a) ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti; b) la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi; c) il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti».
3.2.1. Nell’ambito del diritto interno, l’articolo 3 della legge 22 luglio 1977, n. 426 – Provvedimenti straordinari a sostegno delle attività musicali (GURI n. 206, del 28 luglio 1977), vieta, a pena di nullità, «i rinnovi dei rapporti di lavoro che, in base a disposizioni legislative o contrattuali, comporterebbero la trasformazione dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato».
L’articolo 1 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 – Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal CES (GURI n. 235, del 9 ottobre 2001), nella sua versione applicabile alla data dei fatti, prevede, al suo comma 01, che il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro, al suo comma 1, che un termine può essere stabilito per ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo e, al comma 2, che tali ragioni devono essere specificate per iscritto.
3.2.2. Questa Corte, a partire dalla citata Cass. n. 6547 del 2014, (conf. sul punto, Cass. n. 208 del 2017, nonché, fra le più recenti, la già citata Cass. n. 2959 del 2018; Cass. n. 9896 del 20/04/2018, Cass. n. 25800 del 16/10/2018) ha affermato fondamentali principi di diritto in tema di Fondazioni lirico Sinfoniche. Innanzitutto, successivamente alla trasformazione delle Fondazioni lirico sinfoniche (a partire, dunque, dal 23 maggio 1998), e fino all’entrata in vigore del D. Lgs. n. 368 del 2001, ai contratti di lavoro a termine stipulati da dette Fondazioni si applica la disciplina prevista dalla L. 18 aprile 1962, n. 230, con l’unica esclusione costituita dell’art. 2 legge cit., relativa alla proroghe, alla prosecuzione ed ai rinnovi dei contratti a tempo determinato, come stabilito dal D. Lgs. n. 367 del 1996, art. 22. Inoltre, dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 368 del 2001, ai contratti di lavoro a termine stipulati dal personale delle Fondazioni lirico-sinfoniche previste dal D.Lgs. n. 367 del 1996, si applicano le disposizioni di cui ai D.Lgs. n. 368 del 2001, con le uniche esclusioni costituite dall’art. 4, relativo alle proroghe, e dall’art. 5, relativo alle prosecuzioni ed ai rinnovi, come stabilito da detto decreto legislativo, art. 11, comma.
La violazione “delle norme che prevedono la forma scritta ad substantiam e la specifica indicazione della causale, …, devono essere riportate nell’ambito della disciplina ordinaria del contratto di lavoro a tempo determinato, con la conseguente conversione del rapporto in rapporto a tempo indeterminato” (Cass. n. 6547/2014 cit.).
E’ quindi certo che l’esclusione dell’applicabilità del D.Lgs. n. 368 del 2001 alle Fondazioni lirico-sinfoniche opera in caso di successione di contratti e non si estende alle anomalie genetiche dei medesimi, come riscontrato anche dalla sentenza della Corte costituzionale n. 260 del 11 dicembre 2015, che ha richiamato non solo Cass. n. 6547/2014, ma anche Cass. n. 10924, n. 10217, n. 7243, n. 5748 del 2014, oltre alle più risalenti Cass. n. 18263 del 2013 n. 11573 del 2011, quali espressione di un “orientamento conforme” e “restrittivo” nel sancire che il divieto di conversione dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato per le fondazioni liriche è circoscritto alla materia dei rinnovi e a quella connessa delle proroghe, ma non investe ogni ipotesi di violazione delle norme sulla stipulazione di contratti di lavoro subordinato a termine.
3.2.3. La specialità della disciplina del contratto a tempo determinato del personale delle fondazioni liriche, per il resto interamente sottoposto alla disciplina del codice civile e delle leggi sui rapporti di lavoro subordinato dell’impresa (D.Lgs. n. 367 del 1996, art. 22; d. Igs. n. 368 del 2001, art. 1) è, dunque, limitata all’inapplicabilità delle disposizioni relative alle proroghe ed ai rinnovi, come già prevedevano la L. n. 426 del 1977, art. 3, la L. n. 230 del 1962, art. 2 e, da ultimo, il citato art. 11 del D.Lgs. n. 368 del 2001.
4. Alla luce del panorama normativo descritto il giudice di merito ha fatto buon governo dei principi dettati in materia di presupposti per la legittimità dell’apposizione del termine al primo contratto e per la proroga dello stesso, essendosi la Corte uniformata al consolidato orientamento, secondo il quale la normativa in materia, richiedendo l’indicazione, da parte del datore di lavoro, delle ‘specificate ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo’, ha inteso stabilire, in conformità alla Direttiva 1999/70/CE, come interpretata dalla Corte di Giustizia (sentenza del 23 aprile 2009, in causa C-378/07 ed altre; sentenza del 22 novembre 2005, in causa C-144/04), un onere di indicazione sufficientemente dettagliata della causale con riguardo al contenuto, alla sua portata spazio-temporale e, più in generale, circostanziale, sì da assicurare la trasparenza e la verificabilità di tali ragioni.
4.1. La già citata sentenza della Corte di giustizia Sciotto, (Corte di giust. 25 ottobre 2018, causa C-331/17) chiarisce ulteriormente che per quanto riguarda l’argomento relativo alle particolarità inerenti al settore di attività delle fondazioni lirico-sinfoniche, è vero che la programmazione annuale di spettacoli artistici comporta necessariamente, per il datore di lavoro, esigenze provvisorie in materia di assunzione. Così, l’assunzione temporanea di un lavoratore al fine di soddisfare le esigenze provvisorie e specifiche del datore di lavoro in termini di personale può, in via di principio, (ma si tratta di valutazione rimessa al giudice del merito) costituire una «ragione obiettiva» ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a), del suddetto accordo quadro (v., in tal senso, sentenze del 26 novembre 2014, Mascolo e a., C-22/13, da C-61/13 a C-63/13 e C-418/13, EU:C:2014:2401, punto 91, nonché del 14 settembre 2016, Pérez Lopez, C-16/15, EU:C:2016:679, punto 44). Invero, le esigenze artistiche o tecniche connesse alla rappresentazione di uno spettacolo, possono essere tali da rendere necessaria un’assunzione temporanea. “Lo stesso vale qualora occorra provvedere alla sostituzione di un artista o di un tecnico non disponibile, in particolare, a causa di malattia o di maternità” (Corte giust. 25 ottobre 2018 cit.).
4.2. In particolare, per quanto concerne le «ragioni obiettive», strumento fondamentale di argine all’abusivo ricorso ai contratti di lavoro a tempo determinato nell’ambito delle Fondazioni Liriche – essendo ivi prevista ed ammessa la possibilità di ricorrere a rinnovi – va sottolineata, in questa sede nomofilattica, l’assoluta necessità di interpretare in termini rigorosi ed estremamente restrittivi la sussistenza di tale requisito. Si legge, al riguardo, nella sentenza Sciotto, che, per quanto riguarda la nozione di «ragioni obiettive», quest’ultima dev’essere intesa nel senso che “si riferisce a circostanze precise e concrete che contraddistinguono una determinata attività” e, pertanto, tali da giustificare, in tale peculiare contesto, l’utilizzo di una successione di contratti di lavoro a tempo determinato. Dette circostanze possono risultare, segnatamente, dalla particolare natura delle funzioni per l’espletamento delle quali sono stati conclusi i contratti in questione, dalle caratteristiche ad esse inerenti o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro (il richiamo è a sentenze del 26 novembre 2014, Mascolo e a., C-22/13, da C-61/13 a C-63/13 e C-418/13, EU:C:2014:2401, punto 87 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 26 febbraio 2015, Commissione/Lussemburgo, C-238/14, EU:C:2015:128, punto 44).
La Corte costituzionale, nella sentenza n. 260 del 2015, ha rimarcato, quale profilo «non meno cruciale» di illegittimità costituzionale, che «con riguardo ai lavoratori dello spettacolo, la Corte di giustizia ha valorizzato il ruolo della “ragione obiettiva” o come mezzo adeguato a prevenire gli abusi nella stipulazione dei contratti a tempo determinato e come punto di equilibrio tra il diritto dei lavoratori alla stabilità dell’impiego e le irriducibili peculiarità del settore.
Nel caso di specie, in ossequio al compito che la stessa Corte di giustizia gli riconosce, il giudice del merito, anche al di là dell’attribuzione di un significato precipuo contrastante tout court, in termini strutturali, con il contratto a termine alle dipendenze di Fondazioni Liriche delle mansioni di “maschera di sala” affidate alle controricorrenti, ha sottolineato come nella specie la Fondazione si sia limitata ad indicare il periodo di assunzione ed una serie di spettacoli cui le lavoratrici sono state addette, formulando esclusivamente generiche affermazioni. L’assenza di qualsivoglia precisazione in ordine alla natura ed allo scopo dei contratti, alla temporaneità delle esigenze che hanno reso necessario il ricorso all’assunzione a termine, alla professionalità del soggetto assunto – tenuto conto che le mansioni di maschera non sono certo complesse – in una parola, l’assenza di precisazioni in ordine alla particolarità dell’apporto lavorativo per ciascuno dei diversi spettacoli con riferimento a ragioni tecnico – artistiche, hanno indotto la Corte d’appello a ritenere non idonei gli elementi addotti ad illustrare le motivazioni che avrebbero costretto la Fondazione a far ricorso alla stipulazione di contratti a termine.
5. Ritenuta la correttezza della sussunzione delle fattispecie considerate nell’ambito delle previsioni legali con particolare riguardo all’assenza di specificità delle ragioni obiettive addotte a sostegno delle assunzioni temporanee, va rilevato che ogni altra indagine si traduce in una revisio prioris instantiae, inammissibile in sede di legittimità (cfr, fra le più recenti, Cass. n. 20335 del 2017, con particolare riguardo alla duplice prospettazione del difetto di motivazione e della violazione di legge).
6. Alla luce delle suesposte argomentazioni, quindi, il ricorso va respinto.
6.1.le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo;
6.2.Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 1 -bis dell’ articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 (ndr comma 1 – bis dell’ articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002).
P.Q.M.
Respinge il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore delle parti controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 5000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso articolo 13 (ndr comma 1 – bis dello stesso articolo 13).
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