CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 marzo 2019, n. 6774
Tributi – IRAP – Reddito professionale – Attività di dottore commercialista svolta in associazione – Redditi realizzati separatamente nell’esercizio di attività sindaco-revisore – Esclusione dall’imposta – Scorporo delle diverse categorie di compensi – Condizioni
Ragioni della decisione
Con ricorso in Cassazione affidato a quattro motivi, illustrati da memoria, nei cui confronti l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso, il contribuente, commercialista e revisore dei conti, impugnava la sentenza della CTR del Piemonte, relativa a una cartella di pagamento per IRAP per l’anno 2003, dove si è fatta questione dell’assoggettabilità a tributo non dell’attività di commercialista che il ricorrente svolgeva nell’ambito di un’associazione professionale, ma della distinta attività di sindaco e revisore dei conti.
Il ricorrente deduce, con un primo motivo, il vizio di omesso esame dei motivi riproposti in appello, relativi all’illegittimità del procedimento di emissione della cartella, alla stregua dell’art. 36 bis DPR 546/92 (rectius 600/73), in quanto, contraddittoriamente, i giudici d’appello non avrebbero esaminato i motivi di gravame ma si sarebbero limitati a confermare la sentenza di primo grado.
Con un secondo motivo, si censura il riconoscimento della debenza dell’Irap sulle somme percepite dal commercialista per effetto dell’attività di sindaco dallo stesso espletata in ragione della riconosciuta esistenza di beni strumentali.
Con un terzo motivo, il ricorrente deduce il vizio di nullità della sentenza per motivazione meramente apparente, in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c., e travisamento ed erronea valutazione dei fatti, perché non sarebbe dato di capire l’iter motivazionale che aveva spinto il Collegio ad accogliere la prospettazione dell’ufficio senza alcuna giustificazione.
Con un quarto motivo, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 42 commi 1 e 3 del DPR n. 600/73 e art. 56 comma 1 del DPR n. 633/72 e art. 61 comma 2 del DPR 600/73, nonché violazione e falsa applicazione della legge n. 241/90, nonché travisamento ed erronea valutazione dei fatti, poiché il ruolo doveva essere firmato dal dirigente dell’ufficio e tale violazione è una nullità assoluta che può essere rilevata d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio.
Il terzo motivo, che per priorità logico-giuridica deve essere esaminato per primo, è infondato, in quanto la motivazione della sentenza impugnata, in disparte la fondatezza della soluzione adottata, si pone al di sopra del “minimo costituzionale”, e pertanto, non risulta né “apparente” né “perplessa” né obiettivamente incomprensibile (Cass. sez. un. n. 8053/14).
Il primo motivo di ricorso è inammissibile, in quanto, il giudice del merito non è tenuto a replicare a tutti gli argomenti difensivi proposti dalla parte, ma può basare la propria decisione su una valutazione complessiva della questione controversa, dalla quale possa desumersi il rigetto implicito delle ragioni dell’appellante, inoltre, sempre in relazione al motivo dedotto, lo stesso è inammissibile, ex art. 348 ter c.p.c., per l’esistenza di una doppia decisione conforme sui medesimi fatti.
Il quarto motivo è inammissibile, perché nuovo, non essendo stato introdotto con il ricorso di primo grado, ma per la prima volta con il presente ricorso, infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte ‘In materia tributaria, alla sanzione della nullità comminata dall’art. 42, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973 o da altre diposizioni non si applica il regime di diritto amministrativo di cui agli artt. 21 septies della l. n. 241 del 1990 e 31, comma 4, del d.lgs. n. 104 del 2010, che risulta incompatibile con le specificità degli atti tributari relativamente ai quali il legislatore, nella sua discrezionalità, ha configurato una categoria unitaria d’invalidità-annullabilità, sicché il contribuente ha l’onere della tempestiva impugnazione nel termine decadendole di cui all’art. 21 del d.lgs. n. 546 del 1992, onde evitare il definitivo consolidarsi della pretesa tributaria, senza che alcun vizio possa, poi, essere invocato nel giudico avverso l’atto consequenziale o, emergendo dagli atti processuali, possa essere rilevato di ufficio dal giudice” (Cass. n. 18448/15, 381/16).
Il secondo motivo è fondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, “(…) Già con Cass. n. 10594 del 2007, n. 15893 del 2011 e n. 3434 del 2012 si era chiarito – con riferimento a fattispecie nella quale si discuteva di redditi realizzati dal libero professionista nell’esercizio di attività sindaco, amministratore di società, consulente tecnico – che non fosse soggetto a imposizione quel segmento di ricavo netto consequenziale a quell’attività specifica purché risultasse possibile, in concreto, lo scorporo delle diverse categorie di compensi conseguiti e verificare l’esistenza dei presupposti impositivi per ciascuno dei settori interessati. Tale accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, solo se adeguatamente motivato (…) ” (Cass. ordd. nn. 11474/17, 16372/17).
Nel caso di specie, il professionista ha dedotto – senza contestazione da parte dell’ufficio – che per l’attività di sindaco e revisore aveva una partita Iva personale e separata rispetto a quella con la quale fatturava la propria attività di professionista nell’ambito dello studio associato a cui apparteneva con ciò avendo fornito gli elementi perché la CTR potesse verificare se fosse stato provato lo “scorporo” delle diverse categorie di compensi conseguiti e, quindi, verificare la sussistenza dei requisiti impositivi per l’attività di sindaco e revisore, in assenza degli elementi necessari, per ritenere presente una struttura produttiva autonoma, ulteriore rispetto alla propria attività.
In accoglimento del secondo motivo di ricorso, infondato il terzo e inammissibili gli altri, la sentenza va cassata e la causa va rinviata alla Commissione tributaria regionale del Piemonte, affinché, alla luce dei principi sopra esposti, riesamini il merito della controversia.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso, infondato il terzo e inammissibili gli altri.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale del Piemonte, in diversa composizione.
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