CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 marzo 2019, n. 6792
Tributi – Accertamento – Contenzioso tributario – Omessa esibizione da parte del contribuente dei documenti in sede amministrativa – Successiva produzione in sede contenziosa
Rilevato che
1. Con la sentenza in epigrafe la CTR di Palermo, ha accolto l’appello proposto da D.F.A. avverso la sentenza della CTP di Agrigento, che aveva rigettato il suo ricorso proposto avverso un avviso di accertamento IVA, IRPEF ed IRAP 2005.
2. Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, al quale D.F.A. ha replicato con controricorso.
3. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.
Considerato che
1. Con un unico motivo di ricorso la ricorrente Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1973 (ndr 51 del d.P.R. n. 633 del 1972), in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 cod. proc. civ., in quanto la sanzione di inutilizzabilità degli atti, documenti, libri e registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’ufficio, di cui all’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, conseguiva automaticamente all’inottemperanza all’invito dell’ufficio; ed il contribuente poteva beneficiare della deroga a detta inutilizzabilità solo nelle ipotesi di cui all’art. 32 comma 5 del citato d.P.R. e cioè solo depositando in allegato all’atto introduttivo del giudizio di primo grado le notizie, i dati, i documenti, i libri ed i registri non trasmessi in precedenza e dichiarando contestualmente di non avere potuto adempiere alla richiesta dell’ufficio per causa a lui non imputabile; e nella specie le circostanze di fatto allegate dal contribuente non integravano sul piano giuridico la causa non imputabile, di cui parlava la legge.
2. L’unico motivo di ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate è infondato.
3. La norma preclusiva di cui all’art. 32 comma 4 del d.P.R. n. 600 del 1973, invocata dall’Agenzia, è di natura eccezionale e come tale non applicabile oltre ai casi e tempi da essa considerati.
Essa va applicata in coerenza ed alla luce dei principi affermati dagli artt. 24 e 53 della Costituzione, in modo quindi da non comprimere il diritto alla difesa dei contribuenti e da non obbligare gli stessi ad effettuare pagamenti non dovuti (cfr. Cass. n. 453 del 2013; Cass. n. 27069 del 2016; Cass. n. 7011 del 2018).
Il contribuente pertanto, per essere sanzionato con la perdita della facoltà di produrre i libri e le altre scritture contabili, deve aver tenuto un comportamento volutamente inteso a sottrarsi alla prova e tale da far fondatamente dubitare della genuinità di documenti prodotti solo in seguito, nel corso del giudizio.
L’Agenzia avrebbe dovuto pertanto allegare che, nella specie, vi era stata una specifica richiesta dell’ufficio in ordine alla documentazione de qua e che il contribuente ne avesse rifiutato l’esibizione, dichiarando di non possederla o comunque sottraendola al controllo, con uno specifico comportamento elusivo, chiaramente indirizzato a sottrarsi alla prova.
Invero il divieto di utilizzazione in sede contenziosa dei documenti non prodotti in via amministrativa va letto alla luce dei principi di collaborazione e buona fede in senso oggettivo, espressamente enunciati dall’art. 10 della legge n. 212 del 2000 (c.d. statuto dei diritti del contribuente), ai quali devono conformarsi sia i contribuenti che l’amministrazione finanziaria; pertanto non è solo il contribuente che deve collaborare, ma anche l’ufficio è tenuto ad ispirare la propria condotta agli anzidetti canoni della lealtà e della collaborazione.
Va pertanto ritenuto che l’omessa esibizione da parte del contribuente dei documenti in sede amministrativa non determina l’inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa per il mero verificarsi di detta omessa esibizione, ma in presenza del peculiare presupposto, la cui prova incombe sull’Agenzia, costituito dall’invito specifico e puntuale all’esibizione, accompagnato dall’avvertimento circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza (cfr. art. 32 comma quarto del citato d.P.R. n. 600 del 1973); il che nella specie non risulta essere avvenuto.
4. Da quanto sopra consegue il rigetto del ricorso in esame, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore di D.F.A. controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 2.100,00 per compensi ed € 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15 per cento dei compensi ed agli accessori di legge.
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