CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 marzo 2019, n. 7181
Riliquidazione della pensione integrativa – Indennità di funzione nella base di calcolo – Accertamento
Rilevato che
1. la Corte d’Appello di L’Aquila ha respinto l’appello dell’Inps avverso la sentenza del Tribunale di Avezzano che aveva condannato l’istituto alla riliquidazione della pensione integrativa dovuta a M.P., da effettuarsi includendo nella base di calcolo l’indennità di funzione ex art. 15 legge n. 88/1989, il salario di professionalità nonché il “compenso ispezione di vigilanza”, successivamente denominato “partecipazione compiti di vigilanza”;
2. la Corte territoriale ha premesso che l’INPS aveva prestato acquiescenza al capo della decisione riguardante l’indennità di funzione ed il salario di professionalità ed aveva censurato la pronuncia di primo grado solo nella parte in cui aveva incluso anche l’ulteriore componente del trattamento retributivo, corrisposta a partire dall’anno 2001;
3. il giudice d’appello ha ritenuto tardiva la questione ed ha evidenziato che nel corso del giudizio di primo grado l’INPS non aveva dedotto né l’impossibilità di includere nella base di calcolo una voce retributiva istituita dopo la cessazione del Fondo né il carattere aleatorio dell’indennità, smentito, tra l’altro, dalla documentazione in atti perché l’appellato aveva percepito l’indennità in parola dalla data della sua istituzione sino al pensionamento;
5. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l’Inps sulla base di un unico motivo al quale M.P. non ha opposto difese, rimanendo intimato.
Considerato che
1. con l’unico motivo di ricorso l’INPS denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 14 della legge n. 70/1975, degli artt. 5 e 27 del Regolamento per il trattamento di previdenza integrativa, dell’art. 64 della legge n. 144/1999;
1.1. sostiene, in sintesi, che nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado lo stesso P. aveva allegato di aver percepito il “compenso ispezione di vigilanza oltre orario”, poi denominato “partecipazione compiti di vigilanza” con decorrenza dal novembre 2001 sicché, per ciò solo, la domanda doveva essere in parte qua respinta posto che il legislatore, nel sopprimere i Fondi Integrativi degli enti pubblici, aveva cristallizzato la prestazione pensionistica integrativa maturata alla data del 10 ottobre 1999 dagli iscritti ai fondi, i quali, quindi, non potevano pretendere che nella base di calcolo fossero ricomprese voci retributive introdotte solo in data successiva;
1.2. la Corte territoriale, pertanto, aveva errato nel ritenere che la questione non potesse essere posta nel giudizio d’appello, giacché la stessa non implicava nuovi accertamenti di fatto, essendo circostanza incontestata e pacifica la decorrenza solo dal 2001 della voce retributiva alla quale si riferiva l’originaria domanda;
2. rileva preliminarmente il Collegio che « l’onere della specificità imposto dall’art. 366 n. 4 cod. proc. civ. non deve essere inteso quale assoluta necessità di formale ed esatta indicazione della ipotesi, tra quelle elencate nell’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, cui si ritenga di ascrivere il vizio, né di precisa individuazione, nei casi di deduzione di violazione o falsa applicazione di norme sostanziali o processuali, degli articoli, codicistici o di altri testi normativi, comportando solo l’esigenza di una chiara esposizione, nell’ambito del motivo, delle ragioni per le quali la censura sia stata formulata e del tenore della pronunzia caducatoria richiesta, che consentano al giudice di legittimità di individuare la volontà dell’impugnante e stabilire se la stessa, così come esposta nel mezzo di impugnazione, abbia dedotto un vizio di legittimità sostanzialmente, ma inequivocamente, riconducibile ad alcuna delle tassative ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c.» (Cass. S.U. 24.7.2013 n. 17931 in motivazione);
2.1. il motivo, pertanto, non può essere ritenuto inammissibile solo perché l’istituto non ha fatto specifico riferimento alla norma processuale violata, ossia all’art. 437 cod. proc. civ., perché il ricorso è chiaro nell’individuazione dell’errore commesso dalla Corte territoriale, la quale non poteva ritenere nuova la questione della giuridica impossibilità di includere nella base di calcolo della pensione integrativa una voce retributiva pacificamente percepita dall’originario ricorrente con una decorrenza successiva alla data di soppressione del Fondo;
3. la giurisprudenza di questa Corte è consolidata nell’affermare che «nel rito del lavoro, il divieto di jus novorum in grado di appello, di cui all’art. 437, secondo comma, cod. proc. civ. ha ad oggetto le sole eccezioni in senso proprio e non si estende alle eccezioni improprie ed alle mere difese, ossia alle deduzioni volte alla contestazione dei fatti costitutivi e giustificativi allegati dalla controparte a sostegno della pretesa (Cass. n. 4545/2009; cfr. anche Cass. n. 28703/2011; Cass. n. 20157/2012; Cass. 19274/2018);
3.1. con specifico riferimento alla questione, che qui viene in rilievo, dell’individuazione delle voci retributive apprezzabili ai fini del calcolo della pensione integrativa da corrispondere ai dipendenti dell’INPS, questa Corte ha ritenuto ammissibile la prospettazione nel giudizio di legittimità dell’argomento, non speso nei gradi di merito, fondato sulla giuridica impossibilità di includere nella base di calcolo voci retributive corrisposte solo in epoca successiva alla soppressione del Fondo (Cass. n. 16019/2018), sicché, a maggior ragione, la questione stessa doveva essere ritenuta proponibile nel giudizio di appello, non integrando un’eccezione in senso stretto, bensì una mera difesa;
4. nel merito il ricorso è fondato perché, come già evidenziato dalle Sezioni Unite di questa Corte nella motivazione della sentenza n. 7154/2010 ( punto 15 relativo al compenso per particolari compiti di vigilanza), nella base di calcolo della pensione integrativa non possono essere ricompresi emolumenti che, seppure fissi e continuativi, siano stati istituiti dopo l’entrata in vigore della legge n. 144/1999 che, nel sopprimere i Fondi integrativi, ha fatto salvo «il diritto all’importo del trattamento pensionistico integrativo calcolato sulla base delle normative regolamentari in vigore presso i predetti fondi che restano a tal fine confermate anche ai fini di quiescenza e delle anzianità contributive maturate alla data del 1 ottobre 1999. Tali importi, rivalutati annualmente sulla base dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati calcolato dall’ISTAT, saranno erogati in aggiunta ai trattamenti pensionistici liquidati a carico dei regimi obbligatori di base» (art. 64, comma 3);
4.1. la disposizione in parola ha, quindi, riconosciuto agli iscritti al fondo «il diritto all’importo della pensione integrativa “maturata” alla data su indicata, con la previsione, altresì, di un meccanismo di rivalutazione annuale (sulla base degli indici ISTAT) dell’importo stesso a favore dei dipendenti (in servizio) che quella pensione integrativa avrebbero conseguito solo in prosieguo, al momento dell’acquisizione della pensione obbligatoria» (Corte Cost. n. 156/2014);
4.2. ne discende che, trattandosi di diritto “cristallizzato” alla data di soppressione del Fondo, sull’ammontare della pensione integrativa non possono incidere voci retributive che siano state riconosciute al personale dell’Ente solo in epoca successiva alla soppressione (Cass. n. 26142/2010 e Cass. n. 16019/2018);
4.3. l’indennità della quale qui si discute è stata istituita dal CCNI dell’anno 2001 ed è stata corrisposta a M.P. solo a decorrere dal novembre 2001, sicché correttamente la stessa non era stata considerata dall’Istituto ai fini del calcolo del trattamento integrativo;
5. sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere accolto con conseguente cassazione della sentenza impugnata;
5.1. non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la causa, in relazione al motivo accolto, può essere decisa nel merito ex art. 384, comma 2, cod. proc. civ. con il rigetto della domanda;
6. la soccombenza reciproca (le originarie pretese del ricorrente ci sono rivelate fondate quanto all’indennità di funzione ed al salario di professionalità) e la complessità della questione giuridica trattata giustificano l’integrale compensazione fra le parti delle spese dell’intero processo;
6.1. non sussistono le condizioni di cui all’art. 13 c. 1 quater d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e decidendo nel merito rigetta la domanda di inclusione nella base di calcolo della pensione integrativa del “compenso ispezione di vigilanza oltre orario”. Compensa integralmente fra le parti le spese dell’intero processo.
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