CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 aprile 2019, n. 9270
INPS – Pagamento di contributi previdenziali liberi professionisti – Gestione separata – Prescrizione quinquennale – Dies a quo decorrenza
Rilevato che
1. con sentenza del 5 giugno 2013, la Corte di Appello di Potenza, in riforma della decisione del Tribunale in sede, rigettava l’opposizione proposta da G. P. alla cartella esattoriale con la quale l’INPS, in proprio e nella indicata qualità, aveva chiesto il pagamento di contributi previdenziali liberi professionisti relativi all’anno 2004 a seguito dell’iscrizione d’ufficio, con decorrenza 1.1.2004, alla Gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995 n. 335;
2. ad avviso della Corte territoriale, diversamente da quanto opinato dal primo giudice, la prescrizione quinquennale della pretesa creditoria eccepita dalla P. non era intervenuta dovendo essere individuato il dies a quo di decorrenza non nel termine stabilito dalla legge di scadenza per il pagamento dei contributi ( il 20 giugno 2005) bensì nella data di presentazione della dichiarazione dei redditi (nel caso in esame, avvenuta il 28 ottobre 2005) sicché la richiesta formale di pagamento di detti contributi notificata il 21 agosto 2010, quindi aveva validamente interrotto il termine quinquennale di prescrizione che alla data di notifica dell’impugnata cartella – il 19 aprile 2011 – non era nuovamente decorso;
3. per la cassazione di tale decisione propone ricorso la P. affidato a quattro motivi cui resiste l’INPS con controricorso;
4. la ricorrente e l’INPS hanno depositato memorie;
Considerato che
5. con i primi tre motivi di ricorso la ricorrente lamenta che erroneamente la Corte territoriale ha individuato il dies a quo di decorrenza del termine quinquennale di prescrizione nella data della presentazione della dichiarazione dei redditi e non nel termine di scadenza previsto per il pagamento dei contributi, ciò in palese violazione di un orientamento quasi unanime della giurisprudenza di merito e della stessa circolare INPS n. 68/2005 ( primo motivo), sulla scorta di un’errata valutazione della realtà non essendovi stata da parte della contribuente alcun comportamento doloso tale da precludere all’INPS la possibilità di effettuare controlli ( secondo motivo) ed in violazione degli artt. 3 L. n. 335/1995, 2935, 2943, 2944 e 2945 cod. civ. dovendo il decorso del termine di prescrizione essere individuato nel momento in cui il diritto può essere fatto valere e non certo a comportamenti delle parti (terzo motivo); con il quarto motivo si deduce omessa pronuncia sulle domanda di risarcimento dei danni da responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ. e sulla richiesta di cancellazione delle frasi sconvenienti;
6. i primi tre motivi, da trattare congiuntamente in quanto connessi, sono fondati alla luce del principio affermato da questa Corte secondo cui <<In tema di contributi cd. “a percentuale”, il fatto costitutivo dell’obbligazione contributiva è costituito dall’avvenuta produzione, da parte del lavoratore autonomo, di un determinato reddito ex art. 1, comma 4 della l. n. 233/1990, quand’anche l’efficacia del predetto fatto sia collegata ad un atto amministrativo di ricognizione del suo avveramento; ne consegue che il momento di decorrenza della prescrizione dei contributi in questione, ai sensi dell’art. 3 della l. n. 335 del 1995, deve identificarsi con la scadenza del termine per il loro pagamento e non con l’atto, eventualmente successivo – ed avente solo efficacia interruttiva della prescrizione anche a beneficio dell’Inps – con cui l’Agenzia delle Entrate abbia accertato, ex art. 1 del d.lgs. n. 462 del 1997, un maggior reddito.>> ( Cass. n. 19640 del 24/07/2018). Ne discende, quindi, l’infondatezza della tesi fatta valere dall’INPS ed accolta dalla Corte territoriale secondo cui il diritto ai contributi a percentuale sul reddito sarebbe sorto solo quando l’Istituto ha avuto contezza del suo credito e cioè solo dopo la dichiarazione dei redditi dell’assicurato. Né risulta che l’istituto ha mai, nei precedenti gradi di giudizio e neppure nel controricorso, allegato che la dichiarazione dei redditi, per il suo contenuto, potesse essere considerata atto ricognitivo dell’esistenza del debito contributivo, né tale significato risulta essere stato individuato dalla Corte d’appello, come emerge dalla lettura dell’impugnata sentenza;
7. il quarto motivo è in parte infondato ed in parte inammissibile. E’ infondato con riferimento alla censura di omessa pronuncia sulla domanda ex art. 96 cod. proc. civ. in quanto la Corte territoriale evidentemente la ha implicitamente ritenuta destituita di fondamento avendo accolto l’appello dell’INPS. E’ inammissibile riguardo alla lamentata omessa pronuncia sulla richiesta di cancellazione di frasi ingiuriose alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui essendo la cancellazione di frasi o parole ingiuriose contenute negli scritti difensivi rimessa al potere discrezionale del giudice di merito, che può disporla anche d’ufficio a norma dell’art. 89 cod. proc. civ., l’istanza per la cancellazione costituisce una mera sollecitazione per l’applicazione dell’anzidetto potere discrezionale, di guisa che l’omesso esame di essa non può formare oggetto di impugnazione (Cass. n. 22186 del 20/10/2009; Cass. n. 12035 del 12/09/2000; Cass. n. 5340 del 29/05/1998);
8. pertanto, vanno accolti i primi tre motivi di ricorso, rigettato il quarto, l’impugnata sentenza va cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Salerno che provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità;
P.Q.M.
Accoglie i primi tre motivi di ricorso, rigettato il quarto, cassa l’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’appello di Salerno in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio.
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