CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 aprile 2019, n. 9207
Accertamento – Cessione ramo d’azienda – Avviamento – Incompatibilità tra il concetto di avviamento e l’oggetto della cessione
Ragioni della decisione
Costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla I. n. 197/2016, osserva quanto segue;
Con sentenza n. 2408/18/2017, depositata il 31.5.2017 non notificata, la CTR della Lombardia rigettava l’appello principale proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di A.S.M. (…) s.r.l. e A. s.r.l. su controversia avente ad oggetto avviso di accertamento sulla cessione del ramo di azienda comprendente materiali e attrezzature per la resa del servizio idrico in Comuni Lombardi con cui l’Ufficio aveva rideterminato il valore di avviamento ai sensi degli artt. 43 e 51 del DPR 131/1986 sul presupposto della incompatibilità tra il concetto di avviamento e l’oggetto della cessione.
Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a un motivo con il quale lamenta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 43, 51 e 52 del dpr n. 131 del 1986 e falsa applicazione degli artt. 153 del d.lgs n. 152/2006 e 10 del dpr 168/2010 in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 per avere ritenuto che la disciplina della rideterminazione del valore di avviamento come componente del valore venale del bene fosse inapplicabile in simili fattispecie.
La censura non è fondata.
L’art. 10 del D.P.R. 7 settembre 2010, n. 168, reca la disciplina della cessazione anticipata della concessione di servizi pubblici, stabilendo che la cessione tra il gestore succeduto e gestore subentrante debba avvenire a titolo gratuito, ovvero, se al momento dell’evento i beni non sono stati interamente ammortizzati, con la corresponsione di un importo pari ai residuo del valore contabile a bilancio.
La scelta della gestione dei servizi pubblici locali secondo modalità in concreto economicamente rilevanti oppure secondo modalità non mercantili caratterizza tali attività: e ciò a prescindere dal fatto che i servizi pubblici locali vengano o meno di fatto erogati direttamente dall’ente locale o da una società di diritto privato controllata dall’ente, stante il principio della neutralità della forma rispetto all’interesse pubblico o privato perseguito.
Sia il Parlamento europeo (al punto 47 della risoluzione sul Libro Verde sui Servizi di interesse generale del 14 gennaio 2004) che la Corte di giustizia con la sentenza Acoset Corte giust.,15 ottobre 2009, causa C-196/2008 evidenziato le peculiarità del servizio idrico integrato tali da poter giustificare una deroga ai principi comunitari concorrenziali, in funzione delle incomprimibili esigenze sociali delle collettività locali ad esso sottese.
Ai sensi dell’art. 51, commi 2 e 4, D.P.R. n. 131 del 1986, la base imponibile dell’imposta di registro è data dal valore “venale in comune commercio” dell’azienda oggetto di cessione, che è dato dal valore complessivo dei beni che la compongono, al netto delle passività trasferite, incrementato del valore dell’avviamento.
Tuttavia, dalla lettura della norma sopra riferita si può ritenere, che sia la stessa legge che, fissando la gratuità dei subentri e dettando uno specifico criterio vincolante per la valutazione delle infrastrutture e dei beni strumentali (i quali vanno sempre ceduti al loro valore netto), abbia sostanzialmente escluso per le parti la possibilità di configurare un valore di avviamento nell’ambito della cessione di un ramo di azienda, finalizzato alla riorganizzazione delle società proprietarie dei beni del Servizio Idrico Integrato in Lombardia.
Correttamente la CTR ha, pertanto, ritenuto che difficilmente appaia individuabile un “valore di mercato”, così come richiesto dalla normativa tributaria sopra riferita, con riguardo a un servizio pubblico essenziale svolgentesi in regime di monopolio naturale e legale, disciplinato da un particolare regime giuridico di natura pubblicistica. La base imponibile del contratto resta, pertanto, da ricondurre al valore dei crediti e dei beni materiali, nella specie non contestato e non rettificato dall’Ufficio.
Il ricorso deve essere, pertanto rigettato.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso;
Condanna L’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese processuali che liquida in euro 5600,00 oltre ad euro 200,00 per esborsi e al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15%.
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