CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 aprile 2019, n. 9206
Imposte locali – TARSU/TIA – Accertamento – Riscossione – Cartella di pagamento
Rilevato che
G.O. ricorre, con univo motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia aveva accolto l’appello proposto dal Comune di Canicattì avverso la sentenza n. 63/2013 della Commissione tributaria provinciale di Agrigento in accoglimento del ricorso proposto dal contribuente avverso cartella di pagamento TARSU/TIA 2004; il Comune di Canicattì è rimasto intimato.
Considerato che
1.1. si censura la sentenza impugnata denunciando in rubrica, «violazione artt. 51 e 38, comma 3, D.Lgs. 546/92, art. 327, comma 1, cod. proc. civ.>>, avendo, in primo luogo, la CTR omesso di pronunciarsi sull’eccezione preliminare relativa alla tardiva notifica dell’atto di appello, effettuata in data 26.7.2013, con termine già scaduto in data 24.7.2013, essendo stata depositata la sentenza di primo grado in data 24.1.2013 (<<il giudice tributario di seconde cure ha omesso qualsiasi decisione su tale eccezione, con ciò integrando un error in procedendo per violazione della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato>>);
1.2. la doglianza è infondata atteso che, nel caso di specie, va ravvisata, nella specie, una decisione implicita di rigetto sull’eccezione di tardività dell’appello, valendo la ratio decidendi, che ha risolto il merito della lite, da implicito rigetto della stessa;
1.3. sono invece fondate le censure di parte ricorrente circa la violazione degli artt. 51 e 38, comma 3, D.Lgs. 546/1992 e 327, comma 1, c.p.c.;
1.4. la sentenza oggetto della presente impugnazione è stata pubblicata il 24.1.2013, e non è stata notificata;
1.5. l’atto di appello, spedito per le notificazioni a mezzo posta in data 30.7.2013 (con protocollo dell’Ente locale recante la data del 26.7.2013), risulta proposto dopo la scadenza del termine di sei mesi stabilito dall’art. 327 c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis;
1.6. in merito a quest’ultimo va richiamato il precedente costituito da Cass. n. 19943/14, che, a sua volta, ha richiamato il principio espresso da Cass. n. 6007/12, secondo il quale <<in tema di impugnazioni, la modifica dell’art. 327 cod. proc. civ. introdotta dalla legge 18 giugno 2009 n. 69, che ha sostituito il termine di decadenza di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza all’originario termine annuale, è applicabile, ai sensi dell’art. 58, comma 1, della predetta legge, ai soli giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore e, quindi, dal 4 luglio 2009, restando irrilevante il momento dell’instaurazione di una successiva fase o di un successivo grado di giudizio>> (cfr., nello stesso senso, Cass. n. 17060/12, ord. n. 15741/13);
1.7. l’interpretazione appena richiamata dell’art. 58 della legge n. 69 del 2009, in riferimento all’art. 327 c.p.c., va qui ribadita e la norma va applicata nel testo attualmente vigente, dal momento che il presente giudizio risulta iniziato dopo il 4 luglio 2009;
1.8. così stabilito che il termine da applicare è quello di sei mesi, la sua decorrenza è fissata <<dalla pubblicazione della sentenza>>, ai sensi dell’art. 327, comma primo, ultimo inciso, c.p.c. (richiamato dall’art. 38, comma 3, D.lgs. n. 546/1992), che sul punto non è stato modificato dall’art. 46, comma 17, della legge n. 69 del 2009, si conclude perciò nel senso dell’inammissibilità dell’appello in quanto tardivo;
2. in accoglimento del ricorso, nei limiti dianzi indicati, va quindi cassata la sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la controversia può essere decisa nel merito, ex artt. 384 c.p.c., comma 1, dichiarando inammissibile l’appello del Comune di Canicattì in quanto tardivo;
3. le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza, laddove quelle del grado di appello devono essere compensate, tenuto conto dei profili sostanziali della vicenda processuale esaminata.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso nei limiti indicati in motivazione; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile l’appello proposto dal Comune di Canicattì; compensa le spese del grado di appello e condanna il Comune di Canicattì alle spese del giudizio di cassazione, che liquida in € 1.400,00 per compensi ed € 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, se dovuti.
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