CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 aprile 2019, n. 10149
Fondi previdenziali integrativi – Prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto ad un Fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente – Trattamento tributario – “Sorte capitale” – Attribuzione patrimoniale – Cessazione del rapporto di lavoro – Rendimento
Fatti di causa
1. L’Agenzia delle Entrate ricorre avverso la sentenza n. 1389/18/2014, depositata in data 23/04/2014, con la quale la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia Sez. Stacc.g di Catania ha accolto in parte l’appello proposto dall’Amministrazione avverso la pronuncia di primo grado avente ad oggetto il diritto di Z. G., al rimborso delle somme che il sostituto d’imposta FONDENEL aveva trattenuto a titolo di ritenute in occasione della corresponsione del capitale maturato in virtù di una Polizza Integrativa Aziendale stipulata in base ad accordo del 16 aprile 1986 tra l’ENEL e la FNDAI in attuazione del CCNL del 16 maggio 1985.
2. La CTR, per quanto di interesse, ha fondato la pronuncia di accoglimento parziale dell’appello, richiamando, pedissequamente, le pronunce, emesse sul tema oggetto del giudizio, da questa Corte (S.U. n. 13642/2011-Cass. n. 23250/2012);
3. Avverso tale pronuncia, ricorre l’Agenzia affidandosi a quattro motivi. Il contribuente resiste con controricorso.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo, viene denunciata in relazione all’art. 360, comma 1°, n. 4, c.p.c., ed all’art. 62, 1° comma, del d.lgs. n. 546/1992, la violazione e falsa applicazione dell’art. 36, secondo comma, del d.lgs. n. 546/1992, per avere la CTR emesso una sentenza, sostanzialmente, priva di motivazione, in quanto recante, esclusivamente il richiamo formale ai precedenti di legittimità, senza collegare gli stessi alla fattispecie concreta oggetto del giudizio.
2. Con il secondo motivo, l’Agenzia lamenta in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 16 e 17 dell’art. 42 del d.P.R. n. 917 /1986 (vecchia numerazione) e dell’art. 62, 1° comma, del d.lgs. n. 546/1992, per avere la CTR violato i principi giurisprudenziali posti a base della pronuncia oggetto di impugnazione.
3. Con il terzo motivo viene denunciato in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 5, c.p.c., l’omesso esame circa un fatto decisivo della causa che ha formato oggetto di discussione tra le parti.
4. Con il quarto motivo, parte ricorrente lamenta in relazione all’art. 360, 1° comma, n.4, c.p.c., ed all’art. 62, primo comma, del d.lgs. n. 546/1992, la violazione dell’art. 112 c.p.c., per essere la CTR incorsa nel vizio di omessa pronuncia, essendosi limitata a statuire sull’ “an”, senza determinare il “quantum” della pretesa dedotta in giudizio.
5. Vanno, preliminarmente, divisati per ragioni di ordine logico, il primo ed il quarto motivo, peraltro, oggettivamente connessi; il ricorso nel merito risulta fondato nei limiti di quanto segue.
6. Il “thema decidendum” consiste nello stabilire quale sia il regime fiscale del Fondo di previdenza integrativa esterna per i dirigenti ENEL, chiamato a gestire una forma di previdenza complementare a capitalizzazione individuale sulla base di quanto previsto dagli interventi legislativi intervenuti in materia (D.lgs. n. 124/1993- art. 1, comma 5°, della legge n. 30/1997-art. 9, comma 1°, Iett.a9, del D.lgs. n. 168/2001).
7. Al riguardo va evidenziato come alla soluzione di tale quesito si sia pervenuti all’esito di un tormentato percorso legislativo e giurisprudenziale culminato con la pronuncia di questa Corte n. 13642 del 2011, con la quale le Sezioni Unite intervenendo per dirimere un contrasto sul punto, hanno in primo luogo evidenziato l’esistenza di un fondamentale discrimine temporale, esistente tra la situazione dei soggetti che siano iscritti a forme pensionistiche complementari prima dell’entrata in vigore del D.lgs. n. 124/1993, rispetto a quella dei soggetti che siano iscritti a forme analoghe in epoca successiva all’entrata in vigore del predetto provvedimento legislativo (il quale assoggetta le prestazioni in forma di capitale <<comunque>> a tassazione separata).
8. In particolare, per quanto specificamente rileva in riferimento al caso in disamina, con la pronuncia predetta è stato affermato che possono essere tassate in modo analogo al t.f.r., esclusivamente le somme liquidate a titolo di capitale, mentre alle somme corrispondenti al rendimento di polizza (nella fattispecie Pia) va applicata la tassazione nella misura del 12,50% ai sensi dell’art. 6 legge n. 482/1985.
9. Le esposte considerazioni sono state quindi sintetizzate nel seguente conclusivo principio di diritto: <<In tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.lgs. n. 124 del 1993, ad un Fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui al d.P.R. n. 917/1986, art. 16, comma Io, lett. a), e art. 17 (T.U.I.R.), solo per quanta riguarda la “sorte capitale” corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del c.d. rendimento si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L.n. 482 del 1985, art.6; b) per gli importi maturati a decorrere dal 1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art.16, comma Io, lett. a), e art. 17 t.u.i.r.>>.
10. Sul punto, la successiva giurisprudenza di questa Corte, si è attestata con numerosi arresti, ai quali il Collegio ritiene di dover dare continuità, su una lettura del principio affermato dalle Sezioni Unite secondo la quale il predetto più favorevole criterio impositivo può trovare applicazione limitatamente alle somme rivenienti dall’effettivo investimento e/o gestione, da parte del fondo, sul mercato finanziario, del capitale accantonato e che ne costituiscono il rendimento (Cass. nn.15853/18, 720/17, 10604/15, 8310/14, 22950/13, 7728/13);
11. può, quindi, conclusivamente ribadirsi e sintetizzarsi sull’argomento il seguente principio di diritto enucleabile dalla giurisprudenza sopra richiamata: <<In tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.lgs. n. 23 aprile 1993, n. 124, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati a decorrere dal 10 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui agli artt. 16, comma Io, lett. a), e 17 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (nel testo vigente “ratione temporis”); b) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, invece, la prestazione è assoggettata a detto regime di tassazione separata solo per quanto riguarda la sorte capitale, costituita dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore e corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dall’art. 6 legge 26 settembre 1985, n. 482, alle somme provenienti dalla liquidazione del c.d. rendimento. Sono tali le somme derivanti dall’effettivo investimento del capitale accantonato sul mercato, non necessariamente finanziario, non anche quelle calcolate attraverso l’adozione di riserve matematiche e di sistemi tecnico-attuariali di capitalizzazione, al fine di garantire la copertura richiesta dalle prestazioni previdenziali concordate>>;
12. In relazione a quanto sopra premesso sulla questione oggetto di contenzioso, s’appalesano fondate le censure dedotte con il primo e quarto motivo del gravame.
13. Infatti, per quanto attiene il primo motivo, va rilevato come il giudice di appello si sia limitato a riportare, virgolettati, i principi espressi da questa Corte con le citate sentenze nn. 13642/2011 e 23250/12, senza alcun riferimento alla fattispecie concreta oggetto del giudizio, impedendo, in tal modo, di ricostruire l’iter logico posto a base della pronuncia.
14. Parimenti fondato risulta il quarto motivo, atteso che la statuizione della CTR si risolve, sostanzialmente in una pronuncia parziale sull’ “an” della pretesa tributaria, ma non sul “quantum”, in violazione del divieto di cui al d.lgs. n. 546 del 1992, art. 35, comma 3, e dell’insegnamento di questa Corte più volte ribadito in fattispecie consimili (“ex plurimis” – Cass. n. 11935/2012, Cass. n. 6918/2013, Cass. n. 26532/2014), secondo cui << la natura del processo tributario, non è annoverabile tra quelli di “impugnazione- annullamento”, ma tra i processi di “impugnazione-merito”, in quanto non è diretto alla sola eliminazione giuridica dell’atto impugnato, ma alla pronuncia di una decisione di merito>>, con la conseguenza che il giudice di merito non può limitarsi ad annullare l’atto impositivo, ma deve esaminare nel merito la pretesa tributaria e, operando una motivata valutazione sostitutiva , eventualmente, ricondurla alla corretta misura, entro i limiti posti dalla domanda di parte.
15. Per quanto precede, il ricorso va accolto, con assorbimento del secondo e del terzo motivo; la sentenza impugnata va, pertanto, cassata con rinvio alla CTR della Sicilia Sez. Stacc. di Catania, che in diversa composizione provvederà al riesame, tenendo conto dei principi di diritto sopra richiamati, ed al regolamento delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Sicilia Sez. Stacc. di Catania che, in diversa composizione provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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