CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 13 maggio 2019, n. 12658
Pensione di inabilità – Indennità di accompagnamento – Cittadino straniero – Difetto del possesso della carta di soggiorno – Accertamento
Fatti di causa
1. La Corte d’appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva accolto l’opposizione proposta dall’Inps avverso il decreto ingiuntivo notificato da S.N., avente ad oggetto i ratei della pensione di inabilità ex art. 12 della l. n. 118 del 1271 e dell’indennità di accompagnamento ex art. 1 della l. n. 18 del 1980 per il periodo dal 1/6/2005 al 31/1/2010.
2. La Corte territoriale condivideva la valutazione del primo giudice in ordine all’intervenuta decadenza semestrale di cui all’art. 42 comma 3 del d.l. n. 269 del 2003, convertito nella l. n. 326 del 2003, che era maturata in quanto il provvedimento di rigetto della domanda per difetto del possesso della carta di soggiorno, pur a fronte di un accertamento positivo della Commissione medica, era stato notificato in data 9/2/2009, mentre il deposito del ricorso monitorio era avvenuto in data 14/1/2010.
3. Per la cassazione della sentenza S.N. ha proposto ricorso, affidato ad un unico motivo; l’Inps ha resistito con procura speciale in calce al ricorso notificato.
Ragioni della decisione
4. Il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 42 comma 3 del d.l. n. 269 del 2003, convertito nella l. n. 326 del 2003 e lamenta che la Corte d’appello abbia ritenuto maturata la decadenza semestrale, la quale invece dovrebbe applicarsi solo ai ricorsi avverso i verbali di accertamento medico-legale. Richiama a sostegno della propria tesi la nota del Ministero dell’economia e delle finanze n. 38884 del 14/2/2005 nonché il messaggio n. 13983 del 4 settembre 2013 con cui l’Inps ha deliberato di dare esecuzione alle sentenze della Corte costituzionale in materia di prestazioni di invalidità civile in favore dei cittadini stranieri e in particolare delle decisioni n. 306 del 2008 e n. 40 del 2013 relativamente all’indennità di accompagnamento e n. 11 del 2009 e n. 40 del 2013 relativamente alla pensione di inabilità, disponendo che detti arresti non possono trovare applicazione solo nell’ipotesi di situazioni ormai consolidate per effetto di sentenze passate in giudicato, e che si debba tener conto della prescrizione decennale.
5. Il motivo è infondato, essendo stata risolta la questione che ne è oggetto in più sentenze di questa Corte, che ha chiarito che l’art. 42, comma 3, del d.l. n. 269 del 2003, conv., con modif., dalla l. n. 326 del 2003, nella parte in cui esclude l’applicazione delle disposizioni in materia di ricorso amministrativo, a decorrere dalla data di entrata in vigore dello stesso d.l. (poi differita al 31 dicembre 2004 in forza dell’art. 23, comma 2, del d.l. n. 355 del 2003, conv., con modif., dalla l. n. 47 del 2004) si riferisce ai ricorsi amministrativi precedentemente previsti sia contro i provvedimenti di mancato riconoscimento dei requisiti sanitari, sia contro quelli di rigetto o revoca dei benefici economici attinenti a requisiti non sanitari, quali quelli cd. socio-economici, sicché, il termine di decadenza per la proposizione dell’azione giudiziaria, previsto dalla seconda parte dello stesso comma, opera sia con riguardo all’ipotesi in cui il diniego in sede amministrativa sia conseguente a ragioni sanitarie, sia nell’ipotesi in cui il diniego dipenda da ragioni diverse, sempre che il provvedimento di rigetto sia esplicito e venga comunicato all’interessato (Cass. 09/12/2016, n. 25268 e successive conformi, tra cui Cass. n. 576 del 2019, Cass. n. 26472 del 2018, Cass. n. 15573 del 2017).
6. Solo mediante una domanda proposta tempestivamente quindi il ricorrente avrebbe potuto far valere gli effetti delle sentenze della Corte Costituzionale in materia di invalidità civile valorizzate nel motivo.
7. Segue il rigetto del ricorso.
8. Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, in assenza di attività processuale dell’Inps.
9. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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