CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 maggio 2019, n. 14060
Lavoro – Comunicazioni periodiche obbligatorie nei confronti delle organizzazioni sindacali – Violazione della disposizione dell’accordo aziendale – Trasmissione degli elenchi numerici privi dell’indicazione dei nominativi dei lavoratori neo assunti
Rilevato che
1. con sentenza n. 143 pubblicata il 24:3.2016, la Corte d’appello di Catanzaro ha accolto l’appello della F.A.L.C.R.I. – Federazione Autonoma Lavoratori del Credito e del Risparmio Italiano e, in riforma della sentenza di primi grado, ha dichiarato il carattere antisindacale della condotta tenuta dalla Banca C. s.p.a.; ha ordinato a quest’ultima di comunicare alla F.A.L.C.R.I. gli elenchi dei neo-assunti ed il ruolo del personale per l’anno 2009, comprensivo di nome e cognome dei lavoratori e di astenersi da comportamenti analoghi a quelli oggetto di causa;
2. la Corte territoriale ha ritenuto pacifico in fatto come la Banca C., a partire dal 2009, nell’eseguire le comunicazioni alle OO.SS. previste dall’art. 26 dell’accordo aziendale siglato il 15.6.2007, si fosse limitata alla trasmissione di elenchi numerici privi dell’indicazione dei nominativi dei lavoratori neo assunti, dei responsabili di filiale trasferiti e di quelli compresi nel ruolo di ciascuna sede;
3. ha ritenuto che l’espressione contenuta nell’art. 26 citato, riferita agli “elenchi dei neo assunti”, dovesse essere intesa, secondo il senso letterale, come relativa ai nominativi dei lavoratori e non ai mero dato numerico;
4. che anche il comportamento complessivo delle parti, rilevante ai sensi dell’art. 1362, comma 2, c.c., era stato nel senso della trasmissione degli elenchi nominativi dei neo assunti, sia nel periodo successivo alla conclusione dell’accordo aziendale del 15.2.2007 e fino alla fine del 2008 e sia nei decenni anteriori all’accordo medesimo;
5. secondo la Corte di merito, la violazione della disposizione dell’accordo aziendale, concernente le comunicazioni periodiche obbligatorie del datore di lavoro nei confronti delle organizzazioni sindacali, costituiva di per sé condotta idonea ad impedire o limitare l’esercizio dell’attività sindacale; comunque, la trasmissione di dati meramente numerici impediva o, comunque, limitava l’attività sindacale di trasmissione di informazioni ai lavoratori e di proselitismo; né la lesione di tali prerogative sindacali poteva dirsi smentita dal dato, valorizzato invece dal Tribunale in sede di opposizione, di aumento del numero degli iscritti al sindacato appellante;
6. infine, la condotta datoriale non poteva dirsi necessitata da lamentele da parte dei lavoratori, in nessun modo comprovate dalla società datoriale, e neanche dall’esigenza di rispetto della privacy dei medesimi, atteso che, in base all’autorizzazione del Garante della privacy n. 4 del 2004, era consentito al datore di lavoro il trattamento di dati sensibili “per adempiere o per esigere l’adempimento di specifici obblighi o per eseguire specifici compiti previsti dalla normativa comunitaria, da leggi, da regolamenti o da contratti collettivi anche aziendali”;
7. avverso tale sentenza la Banca C. s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi; la F.A.L.C.R.I. è rimasta intimata.
Considerato che
8. col primo motivo di ricorso la Banca C. s.p.a. ha censurato la sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 c.c. in relazione all’art. 26 del CIA 15.6.2007 per avere la stessa attribuito all’art. 26 cit. un significato avulso dall’interpretazione complessiva del contratto aziendale in cui la norma è inserita e dalla comune intenzione delle parti;
9. ha sostenuto come, secondo il senso letterale della disposizione, che ha ad oggetto l’obbligo di “comunicazioni riguardanti” gli elenchi dei neo assunti ed il ruolo del personale, dovesse escludersi che la Banca fosse tenuta a comunicare i nominativi dei lavoratori; che anche nell’uso comune la parola “elenco” non indica necessariamente una serie di nomi di persone;
10. ha aggiunto come, nell’interpretazione della disciplina contrattuale collettiva, abbia rilievo preminente il criterio di interpretazione complessiva delle clausole; che, in base a tale criterio, fosse significativa l’espressa previsione, ad opera dell’art. 12 del medesimo CIA, dell’obbligo di trasmissione “alle RSA dell’elenco nominativo dei lavoratori con rapporto di lavoro a tempo parziale”; che neppure l’interpretazione data dalla Corte di merito potesse sostenersi richiamando la prassi aziendale atteso che l’art. 28 CIA ha abrogato tutte le disposizioni dei precedenti contratti e accordi aziendali ed escluso “l’applicazione di qualsiasi uso locale”; che, infine, fosse errato il rilievo dato nella decisione d’appello alla prassi aziendale seguita nei mesi successivi alla conclusione dell’accordo 15.6.2007 e nel corso del 2008 avendo la Banca, in tale lasso di tempo, consegnato gli elenchi nominativi in poche occasioni (tre volte gli elenchi di tutti i dipendenti e quattro volte gli elenchi dei neo assunti), inidonee a creare una consuetudine;
11. col secondo motivo di ricorso la Banca ha dedotto, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (sia in primo che in secondo grado, come da memorie e ricorso in opposizione trascritti per estratto), rappresentato dall’incontro del 3.12.2008, confermato dai testimoni, in cui la Capogruppo aveva comunicato alle OO.SS. che le informazioni sulle assunzioni e sull’organico sarebbero state date senza nomi e cognomi dei lavoratori, senza ricevere lamentele o contestazioni dalle organizzazioni sindacali;
12. col terzo motivo di ricorso la Banca ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 28, L. n. 300 del 1970 per avere la Corte di merito ritenuto sufficiente, ai fini della disposizione suddetta, che la condotta antisindacale avesse causato una lesione oggettiva degli interessi collettivi a prescindere dalla concreta limitazione della libertà sindacale, nel caso di specie riconducibile alla mancata comunicazione degli elenchi nominativi;
13. tutti i motivi di ricorso sono infondati e non meritano accoglimento;
14. questa Corte ha affermato (Cass. n. 21888 del 2016) come il sindacato di legittimità sui contratti collettivi aziendali di lavoro possa essere esercitato, oltre che per vizi di motivazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. nella versione ratione temporis applicabile (nel caso di specie nel testo successivo alla modifica del 2012), anche ai sensi del n. 3 della disposizione citata, per violazione degli artt. 1362 e ss. c.c., a condizione che i motivi di ricorso non si limitino a contrapporre una diversa interpretazione a quella adottata dal provvedimento impugnato, ma ne prospettino, sotto molteplici profili, l’inadeguatezza e la non plausibilità, con riferimento alle norme del codice civile in materia di ermeneutica negoziale come canone esterno di commisurazione dell’esattezza e congruità della motivazione stessa;
15. ai sensi dell’art. 26 del contratto aziendale del 15.6.2007 “l’azienda si impegna a fornire alle OO.SS. comunicazioni riguardanti gli elenchi dei neo-assunti, i trasferimenti dei responsabili di filiale, il ruolo del personale (da consegnare semestralmente) e le circolari/comunicazioni riguardanti i dipendenti“;
16. la Corte d’appello ha interpretato tale clausola contrattuale in base al significato letterale delle parole e al comportamento complessivo delle parti anche posteriore alla conclusione del contratto; ha rilevato come l’uso dei termine “elenco”, che equivale a lista di persone o cose, non potesse riferirsi alla trasmissione di un mero dato numerico complessivo ma presupponesse l’invio dei nominativi dei lavoratori; ha valorizzato la concreta esecuzione dell’accordo aziendale nei mesi successivi alla stipulazione e nel corso dell’anno 2008, attraverso l’invio di elenchi nominativi, in modo peraltro conforme alla prassi seguita per i decenni anteriori al 2007;
17. la plausibilità logica, prima ancora della conformità ai criteri di ermeneutica contrattuale, esclude che possa ravvisarsi una violazione di legge argomentata, peraltro, dalla società in base al significato ambiguo del termine elenco nonché per la preminenza del criterio di cui all’art. 1363 c.c., richiamato in relazione all’art. 12 del CIA che fa espresso riferimento agli “elenchi nominativi” dei dipendenti part-time. L’argomento non appare dirimente in quanto l’interpretazione complessiva delle clausole non può portare ad un risultato in totale in contrasto col significato letterale delle parole e col comportamento successivo della parti, come accertato dalla Corte di merito; né possono trovare ingresso in questa sede di legittimità censure sulla erronea ricostruzione della prassi per il carattere occasionale e sporadico dell’invio degli elenchi nominativi; irrilevante è, infine, il riferimento della Banca all’art. 28 del contratto aziendale atteso che l’antisindacalità della condotta è affermata per la violazione dell’art. 26 cit. e non di un uso aziendale;
18. neanche il secondo motivo di ricorso può trovare accoglimento e non solo perché riconduce al vizio motivazionale di cui all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. non l’omesso esame di un fatto storico bensì, nella sostanza, l’erronea interpretazione della clausola contrattuale in base al comportamento successivo delle parti, ora riferito all’incontro del 3.12.2008; ma anche perché finisce per introdurre, quale canone interpretativo dell’accordo aziendale, la volontà modificativa unilaterale della Banca esposta nel citato incontro e così riportata negli atti di causa “la Capogruppo, anche in nome e per conto delle singole società facenti parte del Gruppo UBI, ha comunicato alle OO.SS. (Falcri compresa) che … le informazioni relative alle assunzioni e all’organico sarebbero state d’ora in poi trasmesse alle 00.SS. nel rigoroso rispetto delle norme sulla privacy e quindi senza l’indicazione dei nomi e dei cognomi dei lavoratori”;
19. sul terzo motivo di ricorso, questa Corte (Cass. n. 7706 del 2004; n. 1684 del 2003; S.U. n. 5295 del 1997) ha più volte precisato come per integrare gli estremi della condotta antisindacale di cui all’art. 28 dello Statuto dei lavoratori sia sufficiente che il comportamento controverso leda oggettivamente gli interessi collettivi di cui sono portatrici le organizzazioni sindacali, non essendo necessario (ma neppure sufficiente) uno specifico intento lesivo da parte del datore di lavoro né nel caso di condotte tipizzate perché consistenti nell’illegittimo diniego di prerogative sindacali (quali il diritto di assemblea, il diritto delle rappresentanze sindacali aziendali a locali idonei allo svolgimento delle loro funzioni, il diritto ai permessi sindacali), né nel caso di condotte non tipizzate ed in astratto lecite, ma in concreto oggettivamente idonee, nel risultato, a limitare la libertà sindacale, sicché ciò che il giudice deve accertare è l’obiettiva idoneità della condotta denunciata a produrre l’effetto che la disposizione citata intende impedire, ossia la lesione della libertà sindacale e del diritto di sciopero;
20. nel caso in esame, la Corte di merito ha accertato come la mancata trasmissione, a partire dal 2009, degli elenchi nominativi dei neo assunti e del ruolo del personale, decisa dalla Banca in violazione dell’art. 26 del CIA, avesse impedito in radice lo svolgimento dell’attività sindacale consistente nella trasmissione ai lavoratori di informazioni provenienti dal sindacato e nell’attività propria di proselitismo; ed ha ritenuto, in coerenza con i principi enunciati da questa Corte, la condotta datoriale così ricostruita obiettivamente idonea a ledere la libertà e l’attività sindacale;
21. per le considerazioni svolte il ricorso deve essere respinto;
22. non luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità atteso che la F.A.L.C.R.I. non ha svolto attività difensiva;
23. si dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012 n. 228.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012 n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis del medesimo art. 13.
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