CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 06 giugno 2019, n. 15341
Tributi – Accertamento – Istanza di rimborso – Diniego – Contenzioso tributario – Ricorso per cassazione
Fatti di causa
La Commissione tributaria provinciale, con sentenza n. 46 depositata in data 29 marzo 2012, rigettava il ricorso proposto dalla S. s.p.a. avverso il provvedimento del 30 settembre 2009 con cui l’Agenzia delle Entrate aveva notificato il diniego di rimborso della maggiore IRPEG/IRES versata dalla S. s.p.a., per i periodi di imposta 2003 e 2004, e da S. Sistemi s.p.a., per i periodi d’imposta 2003 – 2004 e 2005, a causa dell’indeducibilità dell’IRAP dall’imponibile di dette imposte.
La contribuente aveva dedotto, in via principale, l’illegittimità costituzionale del divieto di cui agli artt. 1, comma 2, del d.lgs. n. 446/1997 e 6 del d.l. n. 185/2008, per violazione degli artt. 3 e 53 della Costituzione; in subordine, l’illegittimità costituzionale del divieto, per violazione delle predette norme, nella parte in cui non consentivano la deduzione dalla base imponibile IRPEG/IRES della quota IRAP in concreto riferibile agli oneri finanziari ed alle spese per personale dipendente e, in via di ulteriore subordine, il rimborso di importo pari alla maggiore IRPEG/IRES assolta per effetto dell’omesso scomputo dall’imponibile di tali imposte del 10 per cento dell’IRAP versata ex art. 6, comma 2, del d.l. n. 185/2008.
In esito all’appello principale della contribuente ed all’appello incidentale dell’Ufficio, la Commissione regionale rigettava sia la eccezione di difetto di legittimazione della ricorrente riproposta dall’Agenzia delle Entrate – che censurava la sentenza di primo grado per non avere considerato che, a partire dall’annualità 2005, la ricorrente aveva esercitato l’opzione di adesione al consolidato nazionale fiscale, per cui unica legittimata a presentare l’istanza di rimborso era la consolidante – sia l’istanza di rimborso.
Rilevava, in primo luogo, richiamando la sentenza della Corte Costituzionale n. 156 del 2001, che l’eccezione di incostituzionalità <<non era manifestamente fondata>>, risultando la previsione di ipotesi di deducibilità e detraibilità ai fini fiscali affidata alla discrezionalità del legislatore, e che il mutamento del quadro normativo di riferimento per effetto dell’entrata in vigore della norma di cui all’art. 6 del d.l. n. 185/2008 era evidente manifestazione di quella discrezionalità; osservava che la società aveva richiesto il rimborso della maggiore IRPEG/IRES versata per effetto della mancata deduzione dell’IRAP dal reddito imponibile sulla base di una norma ritenuta incostituzionale ed aveva consapevolmente scelto di non proporre l’istanza di cui al comma 2 dell’art. 6 del d.l. citato, incompatibile con quella presentata in data 26 giugno 2008.
Esaminando, inoltre, l’eccezione di decadenza dal termine di cui all’art. 38 del d.P.R. n. 602/1973, evidenziava che i versamenti IRAP effettuati dalle società S. Sistemi s.p.a. e S. s.p.a. negli anni in contestazione erano anteriori al termine di decadenza di quarantotto mesi previsto dall’art. 38 citato, dato che l’istanza di rimborso era stata presentata in data 26 giugno 2008, che taluni di tali versamenti concernevano anche i saldi e non solo gli acconti e che l’orientamento giurisprudenziale richiamato dalla ricorrente al fine di superare l’eccezione riguardava le eccedenze di versamenti in acconto ovvero di pagamenti aventi carattere di provvisorietà, mentre nel caso in esame la società aveva dedotto l’inesistenza dell’indeducibilità dell’IRAP per effetto dell’incostituzionalità della norma citata, questione che, in caso di accoglimento, avrebbe determinato l’obbligo del rimborso della maggiore IRPEG/IRES versata.
Per la cassazione della sentenza di secondo grado ricorre, con sei motivi, la S. s.p.a.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso e propone ricorso incidentale, con un unico motivo.
La contribuente ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
Motivi della decisione
1. Con l’unico motivo del ricorso incidentale, che deve essere preliminarmente esaminato in quanto investe l’eccezione di difetto di legittimazione attiva alla richiesta di rimborso, la difesa erariale deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 118 del t.u.i.r., per avere i giudici di appello disatteso l’eccezione sul presupposto che l’istanza di rimborso, riguardando periodi d’imposta precedenti all’opzione per la tassazione di gruppo, avvenuta nel 2005, non dovesse essere interessata da quest’ultimo regime, con la conseguenza che permaneva la legittimazione attiva in capo alla società a cui all’epoca competeva il rimborso e non alla società controllante, Sistemi T.H. s.p.a.
Ad avviso dell’Agenzia delle Entrate, siffatto ragionamento non è conforme al dato normativo contenuto nell’art. 118 del t.u.i.r., perché non è l’annualità fiscale a cui si riferisce l’istanza di rimborso ad assumere rilievo dirimente circa la competenza ad effettuare tale domanda, bensì il momento in cui l’istanza è stata in concreto presentata; esercitata l’opzione per la tassazione di gruppo di cui all’art. 117 t.u.i.r., solamente il soggetto controllante può considerarsi competente a chiedere il rimborso di quanto asseritamente versato al Fisco in eccesso.
1.1. La censura è infondata.
1.2. Risulta incontestato che la ricorrente ha presentato domanda di rimborso in data 26 giugno 2008 e che ha optato nell’anno 2005 per il <<consolidato fiscale nazionale>>, in qualità di società consolidata nel gruppo guidato dalla società consolidante – controllante Sistemi T.H. s.p.a.; come emerge dalla sentenza impugnata, dal modello CNM 2006 per l’anno d’imposta 2005 della società consolidante, prodotto in giudizio, si evince che soltanto la S. s.p.a., e non la S. Sistemi s.p.a., ha aderito al consolidato fiscale e che la istanza di rimborso dalla prima avanzata attiene esclusivamente agli anni d’imposta 2003 e 2004.
1.3. Considerato che le somme richieste a rimborso sono state versate in relazione a periodi di imposta precedenti a quelli in cui in cui è stata esercitata l’opzione al regime del consolidato fiscale, correttamente i giudici di secondo grado, confermando la sentenza di primo grado, hanno affermato che l’odierna ricorrente è legittimata a proporre l’istanza di rimborso.
1.4. La normativa sul consolidato fiscale, in realtà, ha solo esteso alla società consolidante, per i periodi di imposta in relazione ai quali è stata esercitata l’opzione per la tassazione di gruppo, il pagamento dell’imposta emergente dal consolidato per il reddito proprio della consolidata, che resta coobbligata in solido; l’art. 118 del t.u.i.r., invocato dalla ricorrente incidentale, fa espresso riferimento alla imposta di gruppo o alla eccedenza di gruppo, rimborsabile o riportabile, imposta ed eccedenza, la cui determinazione può configurarsi <<unitariamente>> soltanto in relazione ai periodi di imposta interessati dalla tassazione di gruppo.
La disposizione normativa citata non si occupa, invece, delle eccedenze relative ai periodi di imposta precedenti all’opzione chieste a rimborso, in ordine alle quali la società consolidata resta, invece, il soggetto passivo del rapporto giuridico d’imposta e, quindi, il soggetto legittimato a proporre domanda di rimborso del pagamento indebito.
1.5. A tale conclusione giunge anche la Circolare n. 16/E del 14 aprile 2009 dell’Agenzia delle Entrate – avente ad oggetto : Parziale deducibilità forfettaria dell’Irap ai fini delle imposte sui redditi – articolo 6 del decreto- legge 29 novembre 2008, n. 185 – con la quale si è precisato che, nel caso di soggetti partecipanti al regime del consolidato fiscale nazionale di cui agli artt. 117 e ss. del t.u.i.r., per i periodi di imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2008, ai fini dell’individuazione dei soggetti legittimati alla presentazione dell’istanza di rimborso, occorre distinguere i periodi di imposta antecedenti all’avvio del consolidato, in ordine ai quali ciascuna società (ancorché aderente in quel momento al regime del consolidato) è singolarmente legittimata alla presentazione dell’istanza di rimborso della minore IRES dovuta per effetto della deduzione IRAP spettante, dal periodo di imposta in corso all’avvio del consolidato e successivi, per i quali, invece, essendo unico ai fini IRES il debito d’imposta della fiscal unit, è legittimato alla presentazione dell’istanza di rimborso il soggetto consolidante, sulla base degli imponibili IRES dei singoli soggetti partecipanti al regime, rideterminati per effetto della deduzione forfettaria dell’IRAP di cui all’art. 6 del d.l. n. 185 del 2008.
1.6. Alla medesima soluzione si perviene, peraltro, anche se si analizzano altri istituti analoghi, ossia la sostituzione d’imposta e la responsabilità d’imposta, in ordine ai quali è normativamente stabilito che anche il sostituito può presentare l’istanza di rimborso ex art. 38 del d.P.R. n. 602/1973.
Il ricorso incidentale va, quindi, rigettato.
2. Con il primo motivo del ricorso principale, la contribuente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 23 e 24 della legge n. 87 del 1953, nella parte in cui i giudici d’appello hanno affermato: <<L’eccezione di incostituzionalità va rigettata in quanto non manifestamente fondata e dunque vanno respinte le domande di merito consequenziali>>.
Premettendo che la valutazione che il giudice è chiamato a compiere, quando si trovi di fronte ad un’istanza con la quale una delle parti ha sollevato una questione di legittimità costituzionale, riguarda due profili, ossia la <<rilevanza>> e la non <<manifesta infondatezza>>, sostiene che, nel caso di specie, tale regola è stata violata, posto che la questione di legittimità costituzionale proposta dalla società è stata respinta dalla Commissione regionale in quanto giudicata <<non manifestamente fondata>>, giudizio, questo, del tutto diverso da quello, ben più selettivo, di <<non manifesta infondatezza>>.
3. Con il secondo motivo, articolato in distinti paragrafi (2.1., 2.1.1, 2.1.2., 2.2., 2.2.1., 2.2.2., 2.2.3., 2.2.4., 2.2.5., 2.2.6, 2.3., 2.3.2, 2.4.), la ricorrente deduce violazione dell’art. 99, comma 1, del d.P.R. n. 917/1986, per effetto dell’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 446/1997 e dell’art. 6 del d.l. n. 185 del 2008, convertito, con modificazione, nella legge n. 2/2009, nella parte in cui non consentono di dedurre dall’imponibile IRPEG/IRES l’intera IRAP versata, per violazione degli artt. 3 e 53 della Costituzione.
Dopo avere ripercorso lo svolgimento del giudizio di primo e secondo grado, la contribuente rivolge critiche agli argomenti utilizzati nella sentenza impugnata per escludere la rimessione della questione di legittimità alla Corte Costituzionale.
Deduce, in particolare, che:
a) i giudici di merito sostengono che <<la previsione di ipotesi di deducibilità e detraibilità ai fini fiscali resta affidata alla discrezionalità del legislatore la quale rimane insindacabile nel giudizio di costituzionalità, a meno che non trasmodi in arbitrio (cfr. sentenze n. 373 del 2008 in cui ci sono rimandi ad altra giurisprudenza della Corte sul punto)>>, ma che a tale argomento si può replicare che i precedenti giurisprudenziali richiamati riguardano disposizioni in materia di deduzione di oneri relativi alla sfera personale del contribuente (assegni di mantenimento per i figli in caso di cessazione degli effetti civili del matrimonio, spese mediche, assegni percepiti dal coniuge separato, assegni alimentari prestati spontaneamente) che non sono omogenei a quella degli oneri che riguardano la produzione del reddito, categoria a cui appartiene l’IRAP, considerato che la esclusione degli oneri funzionali alla produzione comporta tassazione di una componente che non costituisce reddito;
b) in secondo luogo, sarebbe infondata l’affermazione dei giudici d’appello secondo cui <<in tema di imposte sui redditi, la legge ha sempre escluso tendenzialmente la deducibilità di oneri di natura fiscale>>, in quanto il legislatore ha sempre ammesso la deducibilità degli oneri fiscali, laddove qualificabili come oneri di produzione, negandola soltanto per le imposte sul reddito e per quelle per le quali è prevista la rivalsa, anche facoltativa;
c) in terzo luogo, sarebbe errata l’affermazione secondo cui <<la non deducibilità dalle imposte sui redditi dipende dalla natura di imposta reale dell’Irap (già messa in luce dalla sentenza n. 156 del 2001) e dal fatto che essa è stata istituita anche per raggiungere una capacità contributiva che altrimenti sfuggirebbe all’imposizione sui redditi o da questa sarebbe solo marginalmente lambita e l’Irap ha, in sostanza, doverosamente colmato una lacuna rispetto alla piena applicazione del parametro predetto>>, in quanto la natura di imposta <<reale>> dell’IRAP non potrebbe costituire ostacolo alla deducibilità della stessa, come costo, ai fini della determinazione del reddito d’impresa;
d) anche il quarto argomento utilizzato dai giudici di merito, laddove affermano che <<rientra nella discrezionalità del legislatore l’individuazione non solo del fatto espressivo della idoneità alla contribuzione, ma anche dell’entità e della proporzionalità dell’onere tributario anche con riferimento agli oneri deducibili, e anche quello di definire il regime giuridico tributario del fatto assunto come presupposto dell’imposizione, con particolare riferimento al reddito imponibile ai fini delle imposte dirette>>, sarebbe superabile, considerato che, sebbene nell’individuare i presupposti d’imposta il legislatore sia dotato di ampia discrezionalità, vietare la deduzione di spese sostenute per la produzione contrasta con l’art. 53 della Costituzione, poiché comporta una partecipazione alle pubbliche spese che è slegata dalla effettiva capacità economica, oltre che con l’art. 3 della Costituzione, perché, concorrendo a determinare un imponibile che non rappresenta reddito, introduce un fattore di contraddizione tra presupposto e denominazione di dette imposte, poiché si colpiscono ricavi lordi, che non sono reddito;
e) il quinto argomento, secondo cui << l’indeducibilità dell’irap costituisce il frutto di una scelta consapevole del legislatore, non irragionevole, in funzione della prevista destinazione del gettito alle Regioni ed essa è altresì spiegabile con la necessità di mantenere distinto il sistema della finanza pubblica statale, alimentato con i tributi erariali da quello facente capo alle singole Regioni e con l’esigenza dello Stato di pianificare scelte di programmazione economico-finanziaria>>, non sarebbe sufficiente a superare i dubbi di costituzionalità del divieto in questione, in quanto il principio di capacità contributiva non potrebbe essere derogato per esigenze di gettito;
f) anche il sesto argomento, secondo cui <<atteso che l’irap colpisce non il reddito ma il valore della produzione netta derivante dall’attività esercitata, il relativo onere economico gravante sulla produzione ben può essere traslato, secondo le leggi di mercato, sul prezzo dei beni e dei servizi prodotti e, quindi,
la scelta della non deduclbilità non è irragionevole né arbitraria in considerazione, appunto, della fisiologica traslabilità dell’onere fiscale in considerazione anche, delle ragioni di semplificazione, sotto il profilo della gestione dell’imposta e della legislazione dei flussi finanziari fra Stato e Regioni>>, sarebbe inidoneo a superare il vaglio di legittimità costituzionale del divieto, atteso che, anche qualora si volesse ritenere che l’IRAP sia imposta traslabile, la sua traslazione economica non giustificherebbe comunque il divieto di deduzione dall’imponibile IRPEG/IRES considerato.
La ricorrente, pertanto, formula a questa Corte, ai sensi dell’art. 23 della l. n. 87/1953, richiesta di sollevare dinanzi alla Consulta la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 446/1997 e dell’art. 6 del d.l. n. 185/2008, per violazione degli artt. 3 e 53 Costituzione, nella parte in cui le predette disposizioni non consentono di dedurre dall’imponibile IRPEG/IRES l’intera IRAP versata, ribadendo che la questione ha rilevanza ai fini della decisione della presente controversia, considerato che, qualora dovesse venire meno il divieto di indeducibilità dell’IRAP, ad essa spetterebbe il rimborso delle maggiori imposte IRPEG/IRES assolte, e che ricorre l’ulteriore presupposto della non manifesta infondatezza, in quanto il divieto si pone in insanabile contrasto con l’art. 53 della Costituzione, perché implica una partecipazione alle spese pubbliche che è slegata da un’effettiva capacità economica, oltre che con l’art. 3 della Costituzione, perché, concorrendo a determinare un imponibile che non rappresenta reddito, introduce un fattore di contraddizione tra presupposto e denominazione di dette imposte, da una parte, e disciplina della misurazione della relativa base imponibile, dall’altra, e perché a fronte di un eguale importo di costi e ricavi, e dunque di una medesima capacità economica di concorrere, un’impresa le cui uscite siano rappresentate dall’IRAP versata all’erario e un’impresa le cui uscite siano rappresentate da altri oneri inerenti la formazione del reddito sono tassate in modo diseguale, atteso che nel primo caso il reddito è costituito soltanto dai ricavi, non potendo concorrere l’IRAP, mentre nel secondo caso dalla differenza tra elementi positivi ed elementi negativi.
Formula, altresì, il seguente quesito di diritto: «Dica codesta Ecc.ma Suprema Corte se: in una fattispecie quale quella qui in giudizio, in cui la Società ha presentato istanza di rimborso della maggiore irpeg/ires indebitamente versata a motivo del divieto di dedurre l’irap stabilito dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 446/1997; è rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale di cui agli artt. 1, comma 2, del d.lgs. n. 446/1997 e 6 del d.l. n. 185/2008, convertito con modificazioni nella l. n. 2/2009 (nella versione applicabile ai fatti in causa), di dedurre dall’imponibile irpeg/ires l’intera irap versata, per violazione degli artt. 3 e 53 della Costituzione e, dunque, laddove la Corte Costituzionale accolga la questione, e dichiari l’illegittimità costituzionale del suddetto divieto, si applichi la regola giuridica per cui, ai sensi dell’art. 99, comma 1, del d.P.R. n. 917/1986, l’irap è interamente deducibile dalle imposte sui redditi; in luogo della soluzione interpretativa fatta propria dai Giudici di seconde cure, secondo i quali la questione di costituzionalità prospettata sarebbe “non manifestamente fondata”, e sarebbe perciò legittimo il diniego di rimborso opposto a S. dall’Ufficio>>.
4. Con il terzo motivo, articolato in diversi paragrafi (3.1, 3.1.1., 3.1.2., 3.2., 3.3., 3.3.1., 3.3.2., 3.4.), la ricorrente deduce violazione dell’art. 6, commi 1 e 2, del d.l. n. 185/2008, convertito con modificazioni nella legge 2/2009 (per effetto della illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 446/1997 e del medesimo art. 6, commi 1 e 2, del d.l. n. 185/2008, nella parte in cui non consentono di dedurre dall’imponibile delle imposte sul reddito la quota di IRAP in concreto riferibile agli oneri finanziari ed alle spese per il personale, per violazione degli artt. 3 e 53 della Costituzione).
Riproponendo la questione di legittimità costituzionale già esposta nel ricorso introduttivo, di cui viene trascritto uno stralcio, assume che, ammettendo in deduzione un importo pari al 10 per cento dell’IRAP, con la precisazione che trattasi di una percentuale <<forfettariamente riferita all’imposta dovuta sulla quota imponibile degli interessi passivi e oneri assimilati al netto degli interessi attivi e proventi assimilati ovvero alle spese per il personale dipendente e assimilato…>>, il legislatore ha chiaramente riconosciuto l’assenza di qualsiasi ragione per vietare la deduzione della quota di IRAP che non è classificabile come imposta sul reddito, atteso che la deduzione d’imposta – nella percentuale indicata – non è legata ad una verifica in ordine alla concreta misura delle sue componenti e, segnatamente, della quota effettivamente riferibile agli oneri finanziari e alle spese per il personale; conseguentemente, la fissazione di detta percentuale, non consentendo di dedurre l’intera IRAP riferibile agli oneri finanziari ed alle spese per il personale, si traduce in un prelievo su una base imponibile <<estrogenata>>, inidonea a rappresentare l’effettiva attitudine a contribuire del soggetto.
Rileva, altresì, che sulla questione di legittimità costituzionale prospettata non incide la novella di cui all’art. 2 del d.l. n. 201/2011, per effetto della quale l’IRAP è divenuta deducibile analiticamente dall’imponibile delle imposte sui redditi per la sola parte relativa alla quota imponibile delle spese per il personale dipendente e assimilato al netto delle deduzioni spettanti, atteso che la sua efficacia retroattiva è limitata <<ai periodi di imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2012, per i quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto (6 dicembre 2011), sia ancora pendente il termine>> di 48 mesi di cui all’art. 38 del d.P.R. n. 602/1973 >> (art. 4, comma 12, del d.l. n. 16 del 2012).
Avanza, pertanto, a questa Corte, ai sensi dell’art. 23 della l. n. 87/1953, richiesta di sollevare dinanzi la Consulta la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 2, del d.lg. n. 446/1997 e 6, commi 1 e 2, del d.l. n. 185/2008, convertito, con modificazione nella l. n. 2/2009, per violazione degli artt. 3 e 53 della Costituzione, nella parte in cui non consentono di dedurre dall’imponibile delle imposte sul reddito la quota di IRAP in concreto riferibile agli oneri finanziari e alle spese per il personale, ma forfettizzano la loro deduzione nel 10 per cento dell’IRAP.
Precisa, inoltre, il seguente quesito di diritto: << Dica codesta Ecc.ma Suprema Corte se: in una fattispecie quale quella in giudizio, in cui la Società ha presentato istanza di rimborso della maggiore irpeg/ires indebitamente versata a motivo della indeducibilità dell’irap in concreto riferibile agli oneri finanziari ed alle spese per il personale; è rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del divieto, di cui agli artt. 1, comma 2, del d.lgs. n. 446/1997 e 6 del d.l. n. 185/2008, convertito con modificazioni nella I. 2/2009 (nella versione applicabile ai fatti di causa), di dedurre dall’imponibile delle imposte sul reddito la quota di irap in concreto riferibile agli oneri finanziari e alle spese per il personale, per violazione degli artt. 3 e 53 della Costituzione, e, dunque, laddove la Corte Costituzionale accolga la questione, e dichiari l’illegittimità costituzionale del suddetto divieto, si applichi la regola giuridica per cui, ai sensi dell’art. 6 del d.l. n. 185/2008, nella versione risultante dall’espunzione del suddetto divieto, è deducubile dalle imposte sui redditi la quota di irap in concreto riferibile agli oneri finanziari ed alle spese per il personale; in luogo della soluzione interpretativa fatta propria dai Giudici di seconde cure, secondo i quali la questione di costituzionalità prospettata sarebbe “non manifestamente fondata”, e sarebbe perciò legittimo il diniego di rimborso opposto a S. dall’Ufficio>>.
5. Va rilevato, preliminarmente, che l’art. 366-bis cod. proc. civ. non è applicabile alla fattispecie in esame ratione temporis, trattandosi di disposizione abrogata dall’art. 47 della legge n. 69/2009, che si riferisce alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato con il ricorso per cassazione è stato pubblicato successivamente alla data di entrata in vigore della medesima legge.
6. Le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 2, del d.lgs. n. 446/1997 e 6, commi 1 e 2, del d.l. n. 185/2008, nei termini evidenziati, sono manifestamente infondate.
6.1. E’ opportuno premettere, riguardo alla natura dell’IRAP, che sia la giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 156 del 2001) sia quella comunitaria (sentenza in C-475/03) consentono di precisare che si tratta di un’imposta a carattere reale che colpisce un fatto economico diverso dal reddito, e quindi, per un verso, compatibile con un parallelo regime di imposizione sul reddito e, per altro, distinta dall’imposizione dell’I.V.A.
6.2. Questa Corte ha ribadito, sul primo punto, che si tratta di <<imposta assimilabile all’ILOR, in quanto essa ha carattere reale, non è deducibile dalle imposte sui redditi ed è proporzionale, potendosi, altresì, trarre profili comuni alle due imposte dagli artt. 17, comma 1, e 44 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 >> (Cass. Sez. U., n. 13452 del 29 maggio 2017).
6.3. Le Sezioni Unite, con sentenza n. 10145 del 20 giugno 2012, avevano già in precedenza precisato che << l’IRAP è un’imposta a carattere reale, non deducibile dalle imposte sui redditi (art. 1, d.lgs. n. 446 del 1997, salvo che, a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2012 e per effetto di quanto disposto dall’art. 2, comma 1, d.l. n. 201 del 2011, per un importo pari all’IRAP relativa alla quota imponibile delle spese per il personale dipendente e assimilato al netto delle deduzioni spettanti ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera a), 1 -bis, 4-bis, 4-bis.l del medesimo decreto legislativo n. 446 del 1997); il presupposto dell’imposta è l’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi (art. 2, comma 1, d.lgs. n. 446 del 1997) o, in ogni caso, l’attività esercitata dalle società o dagli enti, compresi gli organi e le amministrazioni dello Stato (art. 2, comma 2, d.lgs. n. 446/1997); è un’imposta proporzionale (art. 15, d.lgs. n. 446 del 1997) che si applica sul valore della produzione netta derivante dall’attività esercitata nel territorio della regione>>.
6.4. Anche facendo una comparazione con l’I.V.A., emerge chiaramente la distinzione ed autonomia dell’IRAP, tanto che la stessa Corte di Giustizia, con la sentenza del 3 ottobre 2006, resa in C-475/03, ha concluso che l’IRAP <<è un’imposta calcolata sul valore netto della produzione dell’impresa nel corso di un certo periodo. La sua base imponibile è infatti uguale alla differenza che risulta, in base al conto economico, tra il <<valore della produzione>> ed i <<costi della produzione>>, come definiti dalla legislazione italiana. Essa comprende elementi come le variazioni delle rimanenze, gli ammortamenti e le svalutazioni, che non hanno un rapporto diretto con le forniture di beni o servizi in quanto tali. L’IRAP non deve pertanto essere considerata proporzionale al prezzo dei beni o dei servizi forniti>>; <<si può collocare all’esterno dell’ambito applicativo dell’art. 33 della stessa direttiva un’imposta la quale colpisca le attività produttive in modo tale che non sia certo che la stessa vada, in definitiva, a carico del consumatore finale, come avviene per un’imposta sul consumo come l’I.V.A. In questo caso, mentre l’I.V.A., attraverso il sistema della detrazione dell’imposta previsto dagli artt. 17-20 della sesta direttiva, grava unicamente sul consumatore finale ed è perfettamente neutrale nei confronti dei soggetti passivi che intervengono nel processo di produzione e di distribuzione che precede la fase di imposizione finale, indipendentemente dal numero di operazioni avvenute (sentenze 24 ottobre 1996, causa C-317/94, Elida Gibbs, Racc. pag. 1-5339, punti 19, 22 e 23, nonché 15 ottobre 2002, causa C-427/98, Commissione/Germania, Racc. pag. 1-8315, punto 29), lo stesso non vale per quanto riguarda l’IRAP>>.
6.5. Così precisata la natura dell’IRAP, va osservato che la Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulle questioni di legittimità costituzionale del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, in riferimento agli artt. 3, 23, 53 e 76 della Costituzione, con la sentenza n. 156 del 2001, pur ritenendo la questione inammissibile, ha avuto cura di precisare: << E’ costante nella giurisprudenza di questa Corte l’affermazione secondo la quale rientra nella discrezionalità del legislatore, con il solo limite della non arbitrarietà, la determinazione dei singoli fatti espressivi della capacità contributiva che, quale idoneità del soggetto all’obbligazione d’imposta, può essere desunta da qualsiasi indice che sia rivelatore di ricchezza e non solamente dal reddito individuale (sentenze n. III del 1997, n. 21 del 1996, n. 143 del 1995, n. 159 del 1985)>> e che <<nel caso dell’IRAP il legislatore, nell’esercizio di tale discrezionalità, ha individuato quale nuovo indice di capacità contributiva, diverso da quelli utilizzati ai fini di ogni altra imposta, il valore aggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate»»; ha, quindi, specificato che <<la scelta di siffatto indice….non può dirsi irragionevole, né comunque lesiva del principio di capacità contributiva, atteso che il valore aggiunto prodotto altro non è che la nuova ricchezza creata dalla singola unità produttiva, che viene, mediante l’IRAP, assoggettata ad imposizione ancor prima che sia distribuita al fine di remunerare i diversi fattori della produzione, trasformandosi in reddito per l’organizzatore dell’attività, i suoi finanziatori, i suoi dipendenti e collaboratori. L’imposta colpisce perciò, con carattere di realità, un fatto economico, diverso dal reddito, comunque espressivo di capacità di contribuzione in capo a chi, in quanto organizzatore dell’attività, è autore delle scelte dalle quali deriva la ripartizione della ricchezza prodotta tra i diversi soggetti che, in varia misura, concorrono alla sua creazione >>.
Ha, inoltre, evidenziato che << irrilevante, ai fini della valutazione della conformità dell’imposta al principio di capacità contributiva, è d’altro canto la mancata previsione del diritto di rivalsa da parte del soggetto passivo dell’imposta stessa nei confronti di coloro cui pure il valore aggiunto prodotto è, prò quota, riferibile (e cioè i lavoratori ed i finanziatori)>> perché << come si verifica per qualsiasi altro costo (anche di carattere fiscale) gravante sulla produzione, l’onere economico dell’imposta potrà essere infatti trasferito sul prezzo dei beni o servizi prodotti, secondo le leggi di mercato, o essere totalmente o parzialmente recuperato attraverso opportune scelte organizzative >>.
6.6. Le disposizioni che prevedono ipotesi di deducibilità ai fini fiscali sono da sempre affidate alla discrezionalità del legislatore e sono insindacabili, sempre che non trasmodino in arbitrio, come reiteratamente ribadito dalla Corte Costituzionale, la quale ha precisato che <<norme di tale tipo, aventi carattere eccezionale e derogatorio, costituiscono esercizio di un potere discrezionale del legislatore, censurabile solo per la sua eventuale palese arbitrarietà o irrazionalità (sentenza n. 292 del 1987; ordinanza n. 174 del 2001; sentenze nn. 117 del 2017 e 17 del 2018) – che nel caso di specie non ricorre – e per tale ragione devono ritenersi inammissibili questioni volte a censurare la discrezionalità del legislatore in ordine alla concessione di agevolazioni fiscali, nonché ai limiti ed alle condizioni di esse (Corte Cost., 27/12/1991, n. 494; Corte Cost., ord. n. 319 del 1987; Corte Cost., ord. n. 113 del 1989).
6.7. Pertanto, anche la deduzione forfettaria, pari al 10 per cento dell’IRAP versata, prevista dall’art. 6 del d.l. n. 185 del 2008, introducendo la parziale deducibilità, ai fini delle imposte sui redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive relativa al costo del lavoro ed agli interessi passivi, costituisce esercizio legittimo del potere discrezionale nella disciplina agevolativa, avendo il legislatore con tale disposizione normativa inteso consentire alle imprese, anche al fine di fronteggiare l’emergenza venutasi a creare con la crisi finanziaria che ha investito l’economia italiana e mondiale, di beneficiare di una parziale detassazione riferita a costi, quali gli oneri finanziari ed i costi del personale, che incidono in modo determinante nell’attività d’impresa, con l’evidente scopo di incentivare la produttività del lavoro (costi del personale) e gli investimenti mediante credito (interessi).
Di conseguenza, posto che tramite l’agevolazione fiscale il legislatore vuole promuovere la competitività delle imprese nell’interesse generale, non può dirsi sussistente né un obbligo per il medesimo legislatore di estendere la misura agevolativa, né tanto meno la palese arbitrarietà o irrazionalità nella scelta discrezionale di non estendere il beneficio, scelta che avrebbe comportato, non solo un aumento delle risorse necessarie per attuare la misura, ma anche un allargamento degli obiettivi generali perseguiti (Corte Costituzionale 27/6/2017, n. 153 in relazione a: sentenze nn. 86 del 1985, 292 del 1987, 431 del 1997, 27 del 2001, 275 del 2005, 6 del 2014, 111 del 2016, ordd. nn. 10 del 1999, 174 del 2001, 144 del 2009, 203 del 2011, 103 del 2012).
Compete, d’altro canto, alla discrezionalità del legislatore individuare quali attività, sotto il profilo dei loro presupposti, vadano o meno favorite e quindi incentivate (Corte Costituzionale, 19/1/1988, n. 28) e alle diversità intrinseche alla natura stessa del beneficio fiscale non si può ovviare con un intervento della Corte Costituzionale, risultando inammissibile la richiesta di un intervento additivo in una materia riservata alla discrezionalità del legislatore (Corte Cost. n. 19 del 2016; Corte Cost. nn. 23, 25, 34, 46, 53, 102, 134, 148, 182, 193, 254 e 281 del 2016; nn. 31 e 35 del 2017).
6.8. Neppure va, peraltro, dimenticato l’insegnamento della Corte EDU, secondo cui la materia dell’imposizione fiscale fa parte del <<nucleo duro delle prerogative della potestà pubblicai (Ferrazzini c. Italia, 12 luglio 2011), con vasta discrezionalità entro i confini di riserva di legge (James e altri c. Regno Unito, 21 febbraio 1986, conf. Spack c. Rep. Ceca) e ragionevole finanza pubblica (National & provinciaI building society c. Regno Unito, 23 ottobre 1997).
6.9. La manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate consente, dunque, di ritenere che la sentenza della Commissione regionale non incorre nei vizi di violazione di legge richiamati nelle rubriche dei mezzi di ricorso in esame, dovendosi escludere l’integrale deducibilità dell’IRAP dall’IRPEG e dall’IRES e considerare applicabile alla fattispecie in esame il disposto dell’art. 6 del d.l. n. 185/2008, atteso che le istanze di rimborso per cui è causa, siccome relative all’IRPEG/IRES versate negli anni dal 2003 al 2005, non rientrano nella previsione della norma sopravvenuta costituita dall’art. 2 del d.l. 6 dicembre 2011, n. 2, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 (il quale prevede, a decorrere dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2012, la deducibilità, ai sensi dell’articolo 99, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, di un importo pari all’imposta regionale sulle attività produttive determinata ai sensi degli artt. 5, 5-bis, 6, 7 e 8 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, relativa alla quota imponibile delle spese per il personale dipendente e assimilato al netto delle deduzioni spettanti ai sensi dell’articolo 11, commi 1, lett. a), 1 -bis, 4-bis, 4-bis.l del medesimo decreto legislativo n. 446 del 1997).
7. Con il quarto motivo, si censura la decisione impugnata per violazione dell’art. 6, commi 2 e 3, del d.l. n. 185 del 2008.
La ricorrente deduce che in data 26 giugno 2008 aveva già presentato istanza di rimborso relativa alle maggiori IRPEG/IRES assolte in ragione del divieto di deduzione dell’IRAP e che rispetto al rimborso previsto dall’art. 6 del d.l. n. 185 del 2008 si trovava nella seconda situazione individuata, ossia quella che consentiva il rimborso anche in assenza di istanza telematica; la sentenza impugnata, negando il rimborso suddetto per mancata presentazione dell’istanza prevista al comma 2 del citato art. 6, viola la medesima norma, atteso che questa riconosce espressamente efficacia di istanza per il rimborso della maggiore imposta sul reddito versata a causa della mancata deduzione del 10 per cento dell’IRAP a quella presentata, ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 602/1973, anteriormente alla entrata in vigore del decreto n. 185 del 2008.
Formula, quindi, il seguente quesito di diritto: «Dica codesta Ecc.ma Corte se: in una fattispecie quale quella qui in giudizio, in cui la Società, prima dell’entrata in vigore del d.l. 185/2008, ha presentato istanza di rimborso della maggiore irpeg/ires indebitamente versata a motivo della indeducibilità dell’irap, deducendo la violazione degli artt. 3 e 53 della Costituzione; si applichi la regola giuridica per cui, ai sensi dell’art. 6, commi 2 e 3, del d.l. 185/2008, convertito nella I. 2/2009 (nella versione applicabile ratione temporis), detta istanza costituisce titolo per il rimborso della maggiore imposta assolta per effetto dell’omesso conteggio nell’imponibile irpeg/ires dell’irap forfettariamente riferita al costo del lavoro e agli interessi passivi; in luogo della soluzione interpretativa fatta propria dai Giudici di seconde cure, secondo i quali, non essendo l’istanza di rimborso presentata da S. motivata con specifico riferimento al “rimborso della quota delle imposte sui redditi corrispondente alla quota dell’irap riferita agli oneri finanziari o alle spese per il personale nella misura forfettaria del 10% dell’irap versata”, il diritto al rimborso andrebbe negato>>.
7.1. La censura è fondata.
7.2. Il disposto dell’art. 6 del d.l. n. 185/2008 prevede che:
<<i. a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2008, è ammesso in deduzione ai sensi dell’articolo 99, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con il d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 e successive modificazioni, un importo pari al 10 per cento dell’imposta regionale sulle attività produttive determinata ai sensi degli artt. 5, 5-bis, 6, 7, 8 del decreto legislativo 5 dicembre 1977, n. 446 forfettariamente riferito all’imposta dovuta sulla quota imponibile degli interessi passivi e oneri assimilati al netto degli interessi attivi e proventi assimilati ovvero delle spese per il personale dipendente e assimilato al netto delle deduzioni spettanti ai sensi dell’articolo 11, commi 1, lett. a), 1-bis, 4-bis, 4-bis.l del medesimo decreto legislativo n. 446 del 1997».
«2. In relazione ai periodi di imposta anteriori a quello in corso al 31 dicembre 2008, per i quali è stata comunque presentata, entro il termine di cui all’art. 38 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, istanza per il rimborso della quota delle imposte sui redditi corrispondente alla quota dell’irap riferita agli interessi passivi ed oneri assimilati ovvero alle spese per il personale dipendente e assimilato, i contribuenti hanno diritto, con le modalità e nei limiti stabiliti al comma 4, al rimborso per una somma fino ad un massimo del 10 per cento dell’IRAP dell’anno di competenza, riferita forfettariamente ai suddetti interessi e spese per il personale, come determinata ai sensi del comma 1>>.
<< 3. I contribuenti che alla data di entrata in vigore del presente decreto non hanno presentato domanda hanno diritto al rimborso previa presentazione di istanza all’Agenzia delle Entrate, esclusivamente in via telematica, qualora sia ancora pendente il termine di cui all’art. 38 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602>>.
« 4. Il rimborso di cui al comma 2 è eseguito secondo l’ordine cronologico di presentazione delle istanze di cui ai commi 2 e 3, nel rispetto dei limiti di spesa pari a 100 milioni di euro per l’anno 2009, 500 milioni di euro per il 2010 e a 400 milioni di euro per l’anno 2011. Ai fini dell’eventuale completamento dei rimborsi, si provvederà all’integrazione delle risorse con successivi provvedimenti legislativi. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate sono stabilite le modalità di presentazione delle istanze ed ogni altra disposizione di attuazione del presente articolo>>.
7.3. A decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2008, è stata, quindi, introdotta la parziale deducibilità ai fini delle imposte sui redditi (Irpef e Ires) della quota dell’IRAP relativa al costo del lavoro ed agli interessi nella misura forfettaria del 10 per cento.
Al fine di trovare una soluzione al problema delle istanze di rimborso che i contribuenti avevano presentato con le ordinarie modalità, il citato art. 6, commi 2 e 3, ha esteso la deduzione forfettaria dell ‘Irap ai periodi di imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2008, riconoscendo al contribuente il diritto al rimborso delle maggiori imposte sui redditi versate per effetto della mancata deduzione dell’Irap nella misura ammessa dalla norma.
Successivamente, con l’entrata in vigore dell’art. 2, comma 1, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 (c.d. “Decreto Salva Italia”), a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2012, è stata introdotta la deducibilità analitica delle imposte sui redditi dell’Irap relativa alle spese per il personale dipendente, che ha sostanzialmente integrato il sistema di deduzione forfettaria dell’Irap di cui al citato art. 6, comma 1, del d.l. n. 185 del 2008, che continua a trovare applicazione con riferimento alla sola quota imponibile degli interessi passivi e oneri assimilati, al netto degli interessi attivi e proventi assimilati.
7.4. Tanto premesso, dal quadro normativo sopra delineato si evince che, nel caso di specie, il diritto al rimborso nasce a seguito dell’applicazione retroattiva di una norma sopravvenuta alla presentazione della dichiarazione e il tenore testuale dell’art. 6 del d.l. n. 185 del 2008 evidenzia, dunque, che la Commissione è incorsa nel denunciato errore, laddove ha ritenuto necessaria, in assenza di espressa previsione normativa, la presentazione, da parte della contribuente, ai fini dell’accoglimento della domanda di rimborso, della istanza telematica prevista dal citato art. 6, senza avere previamente verificato se la istanza presentata in data 26 giugno 2008 fosse tempestiva.
7.4. Al riguardo, la circolare del 14 aprile 2009 n. 16/E della stessa Agenzia delle Entrate ha chiarito, ai fini dell’applicabilità della predetta disposizione, che <<per i periodi precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2008, per i quali sia stata presentata – entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento – istanza di rimborso ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973, spetta il rimborso della quota delle imposte dirette corrispondente all’IRAP deducibile ai sensi della norma in esame. A tal fine si considera validamente presentata l’istanza di rimborso motivata dalla deducibilità dell’IRAP, anche se non specificamente riferita al costo del lavoro e agli interessi passivi…>> (pag. 4 della circolare).
Nella medesima circolare si è altresì precisato, con riguardo ai contribuenti che alla data di entrata in vigore del decreto (29 novembre 2008) abbiano già presentato tempestiva istanza ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 602/1973 al fine di ottenere il rimborso di IRES/IRPEG versata in più per effetto della mancata deduzione dell’IRAP, che <<l’intervenuta presentazione dell’istanza di rimborso rileva ai fini della erogazione dei rimborsi secondo l’ordine cronologico di presentazione delle istanze, ma non anche ai fini della determinazione delle maggiori imposte versate e da restituire al contribuente sulla base di disposizioni normative non note all’epoca di presentazione della istanza medesima>>, essendo anche i contribuenti che, alla data del 29 novembre 2008, abbiano presentato istanza di rimborso tenuti a presentare l’istanza telematica secondo le modalità stabilite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate di cui al comma 4 del citato art. 6 del d.l. n. 185 del 2008.
7.5. Ciò comporta, dunque, che, per i contribuenti che alla data di entrata in vigore del decreto n. 185 del 2008 avevano già presentato tempestiva istanza ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 602/1973, il rimborso della maggiore imposta assolta non è subordinato alla presentazione dell’istanza telematica prevista al comma 3 del citato art. 6, ma l’istanza telematica è necessaria al solo fine di comunicare all’Amministrazione finanziare l’entità del rimborso di cui si chiede la restituzione ed al fine di consentire alla stessa Amministrazione di quantificare l’importo eventualmente dovuto in restituzione.
In sostanza, data la retroattività della norma, il contribuente effettua una riliquidazione, ex post, della dichiarazione già presentata e richiede il rimborso mediante l’utilizzo di uno strumento appositamente disciplinato dal legislatore, quale l’istanza di rimborso in via telematica, nel rispetto delle modalità specificatamente stabilite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate.
7.6. Va, pertanto, affermato il seguente principio di diritto: <<premesso che la disciplina introdotta dall’art. 2 del d.l. n. 210 del 2011 trova applicazione limitata ai rimborsi relativi ai periodi di imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2012, per i quali, alla data di entrata in vigore del decreto fosse ancora pendente il termine di cui all’art. 38 del d.P.R. n. 602/1973, resta ferma la disciplina dettata dall’art. 6 d.l. n. 185/2008, in relazione ai periodi di imposta per i quali sia stata comunque presentata, entro il termine di cui al precitato art. 38, istanza per il rimborso, il cui ammontare è dovuto per una somma fino ad un massimo del 10 per cento dell’IRAP dell’anno di competenza, riferita forfettariamente a interessi e spese per il personale>>.
In ogni caso, esula dalla questione della quale è stata investita la Corte con il ricorso in esame l’introduzione di apposite procedure amministrative di rimborso, operando i limiti delle risorse stanziate e venendo in rilievo eventuali questioni sui consequenziali provvedimenti liquidatori emessi dall’Agenzia delle Entrate soltanto in fase esecutiva e/o di ottemperanza (cfr. Cass. 24/4/2015, n. 8373; Cass. 21 giugno 2018, n. 19668).
8. Con il quinto motivo, la contribuente deduce violazione dell’art. 38 del d.P.R. n. 602/1973, per avere i giudici di appello ritenuto che il termine di decadenza previsto da detta norma decorra dalla data di versamento dell’acconto, anziché da quella di versamento del saldo.
Richiamando pronunce di questa Corte, evidenzia che la decorrenza del termine deve essere agganciata al momento in cui sorgono per il contribuente l’interesse e la possibilità di chiedere il rimborso del versamento indebitamente effettuato, sicché i giudici di appello, laddove hanno collegato la decorrenza del predetto termine al versamento degli acconti, hanno violato l’art. 38 del d.P.R. n. 602/1973, considerato che la società solo alla chiusura del periodo d’imposta ha potuto determinare l’importo esatto dell’imposta sul reddito dovuta per quel periodo e, dunque, calcolare la quota di IRPEG/IRES riferibile al divieto di deduzione dell’IRAP.
Formula, quindi, il seguente quesito di diritto: << Dica codesta Ecc.ma Suprema Corte se: in una fattispecie quale quella qui in giudizio, in cui la Società ha presentato istanza di rimborso della maggiore irpeg/ires indebitamente versata a motivo dell’indeducibilità dell’irap dalla base imponibile delle imposte sui redditi; si applichi la regola giuridica per cui, ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. 602/1973, il termine di decadenza entro il quale deve essere formulata l’istanza di rimborso decorre dalla data del versamento del saldo dell’imposta dovuta; in luogo della soluzione interpretativa fatta propria dai Giudici di seconde cure, secondo i quali il termine di decadenza decorrerebbe (per gli acconti) dalla data di versamento degli acconti»
9. Con il sesto motivo, denuncia violazione dell’art. 38 del d.P.R. n. 602/1973, per avere i giudici di appello ritenuto che il termine di decadenza previsto da detta disposizione decorra dalla data di versamento dell’IRAP, anziché da quella di versamento delle imposte sui redditi.
Precisa, al riguardo, che ha assunto come indebitamente versata ed ha chiesto a rimborso con l’istanza presentata in data 26 giugno 2008 l’IRPEG e l’IRES e non l’IRAP, che rileva unicamente quale costo di produzione, ossia quale componente negativo dell’imponibile IRPEG e IRES, da calcolare, ai sensi dell’art. 99, comma 1, del d.P.R. n. 917/1986, sulla base del criterio di cassa (ossia assumendo tutti i versamenti, sia a titolo d’acconto sia a saldo, effettuati nel periodo d’imposta); poiché il rimborso richiesto riguarda l’IRPEG/IRES, per stabilire la tempestività dell’istanza si deve avere riguardo alla data del versamento (del saldo) dell’IRPEG e dell’IRES.
Formula, inoltre, il seguente quesito di diritto: << Dica codesta Ecc.ma Suprema Corte se: in una fattispecie quale quella qui in giudizio, in cui la Società ha presentato istanza di rimborso della maggiore irpeg/ires indebitamente versata a motivo della indeducibilità dell’irap dalla base imponibile delle imposte sui redditi; si applichi la regola giuridica per cui, ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. 602/1973, il termine di decadenza entro il quale deve essere formulata l’istanza di rimborso decorre dalla data di versamento della maggiore irpeg/ires, ossia dell’imposta della quale si chiede la restituzione; in luogo della soluzione interpretativa fatta propria dai Giudici di seconde cure, secondo i quali il termine di decadenza decorrerebbe dalla data di versamento dell’irap>>.
10. Il quinto ed il sesto motivo, che, attenendo alla eccepita decadenza dal diritto al rimborso, possono essere trattati unitariamente, sono fondati.
10.1. La Commissione regionale, pronunciandosi sulla eccezione di decadenza dal termine di cui all’art. 38 del d.P.R. n. 602/1973, non esaminata dal giudice di primo grado, l’ha ritenuta parzialmente fondata. A fondamento del proprio convincimento, dopo avere richiamato in modo analitico tutti i versamenti IRAP effettuati da S. Sistemi s.p.a. e quelli eseguiti da S. s.p.a., ha ritenuto che detti versamenti fossero <<anteriori al termine di decadenza di 48 mesi stabilito dall’art. 38 citato>>, tenuto conto che l’istanza di rimborso è stata presentata in data 26 giugno 2008; ha inoltre evidenziato che alcuni dei versamenti IRAP concernono il pagamento del saldo e non solo gli acconti, per cui l’orientamento giurisprudenziale richiamato dalla ricorrente non sarebbe pertinente perché concerne i casi in cui si tratti di eccedenze di versamenti in acconto ovvero di pagamenti aventi carattere provvisorio, cui non corrisponde la successiva determinazione dell’obbligazione di versamento in via definitiva, mentre nella fattispecie in esame la dedotta illegittimità costituzionale della indeducibilità dell’IRAP, ove accolta, comporterebbe l’obbligo del rimborso delle maggiori Imposte IRPEG/IRES versate.
10.2. Le ragioni poste dal giudice di merito a fondamento del decisum poggiano, dunque, su un errato presupposto, considerato che, al fine di valutare la eccezione di decadenza dal termine fatta valere dall’Agenzia delle Entrate, si doveva fare riferimento non alla data dei versamenti IRAP effettuati dalle società S. Sistemi s.p.a. e S. s.p.a., ma alla data dei versamenti IRPEG/IRES, avendo la domanda di rimborso di cui si discute in questa sede ad oggetto proprio la restituzione dei maggiori importi asseritamente versati a titolo di IRPEG e IRES.
11. In conclusione, rigettato il ricorso incidentale, vanno accolti il quarto, il quinto ed il sesto motivo del ricorso principale, rigettati gli altri motivi, e la sentenza va cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, che, attenendosi a principi sopra richiamati, provvederà al riesame della controversia in reiezione alle censure accolte, nonché alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso incidentale, accoglie il quarto, il quinto ed il sesto motivo del ricorso principale e rigetta i restanti motivi del ricorso principale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
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