COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per la Toscana sentenza n. 708 sez. VIII depositata il 17 aprile 2019
Redditi diversi – Cessione di un edificio da demolire e ricostruire – Terreno edificabile – Riqualificazione – Plusvalenze – Accertamento – Annullamento – Sussiste
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La sig.ra N.M. ricorreva, in qualità di erede dei genitori D.M.P. e di N.S., avverso gli avvisi di accertamento con i quali la Direzione Provinciale di Firenze qualificava la cessione di quote di un fabbricato da demolire sito in un’area in comune di Ancona quale cessione, con atto del 20.3.2008, di terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria, potenzialmente produttiva di plusvalenze rientranti nella categoria dei redditi diversi ai sensi dell’art. 67, lett. b), del DPR 917/86, recuperando per gli anni 2007 e 2008 le conseguenti imposte IRPEF oltre a sanzioni ed interessi. La ricorrente sosteneva che oggetto della cessione era l’area con i sovrastanti fabbricati, perfettamente agibili, produttivi di reddito catastale ed imponibili ICI, e che questi risultavano rilevanti per l’acquirente in quanto la potenzialità edificatoria era determinata, sulla base del piano di recupero, in rapporto ai volumi preesistenti, per cui chiedeva l’annullamento degli avvisi di accertamento per errata qualificazione giuridica dell’oggetto della cessione effettuata dall’Ufficio ed in subordine per la non imponibilità della plusvalenza, essendo gli immobili pervenuti ai venditori da oltre un quinquennio.
L’Ufficio con proprie controdeduzioni sosteneva che oggetto effettivo della vendita era l’area edificabile essendo espressamente prevista la demolizione dei fabbricati, per cui chiedeva il rigetto dei ricorsi.
La Commissione Tributaria Provinciale di Firenze, con sentenza n. 1015 del 14.9.2015, respingeva i ricorsi riuniti con condanna della ricorrente al pagamento di euro 3.000,00 di spese, ritenendo trattarsi di cessione di un terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria e correttamente determinato il valore della plusvalenza.
La contribuente appella tale sentenza sostenendo l’errata interpretazione degli artt. 67 e 68 del DPR 917/86, dovendo l’imposizione avere ad oggetto la natura oggettiva del bene trasferito, a prescindere dalla destinazione da parte dell’acquirente ed avendo la giurisprudenza di legittimità stabilito che non possono rientrare tra le cessioni di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria quelle aventi ad oggetto terreni sui quali sorgono fabbricati e quindi da ritenersi già edificati e l’ingiusta condanna al pagamento delle spese, e chiedendo pertanto la riforma della sentenza impugnata con annullamento degli avvisi opposti ed in subordine la compensazione integrale delle spese.
L’Ufficio con proprie controdeduzioni sostiene che, sulla base di vari elementi, quali la vendita ad un costruttore, la previsione in atti della demolizione dei fabbricati e le potenzialità edificatorie di tipo residenziale consentite dal piano di recupero, è possibile attribuire alle parti la volontà di cedere un terreno edificabile come stabilito dalla prassi e dalla Corte di Cassazione, per cui chiede il rigetto dell’appello.
Con successive memorie l’appellante richiama la recente sentenza della Corte di Cassazione n. 5090 del 29.1.2019 contenente un’interpretazione favorevole alle tesi dalla stessa sostenute.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Si osserva che oggetto della compravendita risultano essere porzioni di un complesso immobiliare ad uso di attività industriale o artigianale con terreno circostante, pertanto un terreno già edificato, e che è intenzione della parte acquirente, espressa tramite un’apposita condizione sospensiva subordinata al rilascio del permesso a costruire, la realizzazione su tali aree di un intervento edificatorio con ampliamento volumetrico.
Si rende pertanto necessario definire la qualificazione giuridica della compravendita, ai fini dell’eventuale assoggettamento o meno all’art. 67 del TUIR quale plusvalenza realizzata a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione.
Sul punto l’orientamento della giurisprudenza di legittimità non è stato univoco ed a fronte di un primo orientamento teso a individuare l’effettiva intenzione delle parti, ai sensi dell’art. 1362 cod. civ., valorizzando anche il comportamento posteriore alla conclusione del contratto, nel cui filone si inserisce, tra le altre, anche la sentenza n. 7613/2014 citata dall’Ufficio nelle proprie controdeduzioni, ha fatto seguito un opposto e più recente orientamento, delineato, tra le altre, dalla sentenza n. 7853/2016, per il quale, non essendo consentita un’interpretazione estensiva dell’art. 67, non può rientrarvi la cessione di aree già edificate.
La recentissima sentenza n. 5090 del 29.1.2019, sposando quest’ultimo orientamento, dopo un approfondito excursus dell’evoluzione giurisprudenziale, ha autorevolmente stabilito i seguenti principi di diritto:
a) la distinzione fra edificato e non ancora edificato si pone in termini di alternativa esclusiva che in via logica non ammette un tertium genus;
b) la cessione di un edificio non può essere riqualificata come cessione del terreno edificabile sottostante, neppure se l’edificio non assorbe integralmente la capacità edificatoria del lotto su cui insiste;
c) nella cessione di edificio, la pattuizione delle parti di demolire e ricostruire, anche con ampliamento di volumetria, non può essere riqualificata come cessione di terreno edificabile;
d) il potere generale dell’Amministrazione finanziaria di riqualificare un negozio giuridico in ragione dell’operazione economica sottesa trova un limite nell’indicazione precisa di carattere tassativo del legislatore, ove – nell’esercizio di discrezionalità politica che non trascende i limiti costituzionali di cui all’art. 3 e 53 della Carta – ha previsto per la cessione di edifici un regime fiscale/temporale e per la cessione di terreni edificabili un diverso regime fiscale.
Questa Commissione ritiene di doversi conformare, condividendoli, a tali principi, osservando peraltro che i fabbricati sovrastanti ai terreni non erano ruderi fatiscenti e pertanto mere volumetrie, bensì vere e proprie unità immobiliari regolarmente iscritte al catasto fabbricati, per cui l’appello della contribuente merita di essere accolto.
Si ritiene che l’alternanza di giudicati, nonché l’oscillante orientamento giurisprudenziale, giustifichino la compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Accoglie l’appello e compensa le spese.
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