COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per il Lazio sentenza n. 420 sez. XVIII depositata il 31 gennaio 2019
Redditometro – Incremento patrimoniale – Reddito dichiarato – Incongruenza con reddito accertato – Spese sostenute Rate mutuo – Crisi aziendale – Restituzione delle rate – Prova – Assenza – Legittimità dell’avviso
FATTO
L’Agenzia delle Entrate di Latina, con atto di invito, emesso ai sensi dell’art. 32 del Dpr 600/73, aveva chiesto al Sig. M.P. di fornire giustificazioni in ordine allo scostamento rilevato, per il periodo d’imposta 2010, tra il reddito dichiarato e quello determinabile sinteticamente, ex art. 38, co. 4, 5 e 6 del Dpr 600/73, (cd. reddito metro), in base al volume delle spese sostenute.
In seguito, considerata la mancata presentazione da parte del contribuente, l’Ufficio aveva provveduto a notificare una ulteriore comunicazione, per l’instaurazione del contraddittorio, ai fini dell’accertamento con adesione, ai sensi dell’art. 5, co. 1 bis, del D.Lgs. 218/97.
In assenza di riscontro, l’Ufficio aveva emesso, nei confronti del Sig. P., l’avviso di accertamento indicato in epigrafe, con il quale aveva accertato un maggior reddito imponibile di € 58.695,00.
Avverso tale avviso, il contribuente aveva proposto ricorso, evidenziando che tutte le spese riportate erano giustificate.
L’Ufficio si era costituito in giudizio ed aveva controdedotto alle eccezioni di parte, evidenziando che, solo in sede contenziosa, il Sig. P. aveva ritenuto di fornire giustificazione delle spese contestate.
Pertanto, dopo aver proceduto al riscontro delle eccezioni formulate, in parziale accoglimento delle giustificazioni fornite, l’Ufficio aveva rideterminato il maggior reddito in € 34.033,00, rappresentando che non potevano essere riconosciute le ulteriori giustificazioni in quanto non adeguatamente documentate (pagamento rate di mutuo di € 48.774,00; bonifico di € 10.000,00 eseguito dal cognato).
All’esito del giudizio di primo grado, la Commissione tributaria provinciale aveva accolto parzialmente il ricorso, riconoscendo come giustificato anche il pagamento delle spese di mutuo.
In proposito, aveva osservato che “la incidenza del pagamento di rate di mutuo, non può essere limitata sulla base della contabilità dell’azienda che doveva provvedere alla restituzione delle rate stesse, in quanto vi era certezza che il mutuo stesso era in essere per sostenere una azienda poi sfociata nella crisi”.
Pertanto, aveva ritenuto che “dal totale del reddito rideterminato sinteticamente, devono perciò essere sottratti i redditi afferenti il mutuo (48.774), il fitto convenzionale (6.229) e considerare il reddito della famiglia stante la convivenza con la propria madre, circostanza verificata già dalla stessa Agenzia”.
L’Agenzia ha impugnato la sentenza di prime cure, per i seguenti motivi:
– errata valutazione dei fatti;
– carente motivazione sulla prova del pagamento del mutuo.
Il contribuente non si è costituito.
DIRITTO
1. La prima questione all’esame del Collegio concerne il riscontro della prospettata “errata valutazione dei fatti” da parte della Commissione tributaria provinciale.
In particolare, l’Ufficio ha contestato la parte della pronuncia in è stato affermato che “La metodologia applicata dalla Agenzia, in verità, ha evitato di valutare compiutamente la posizione del contribuente, tanto da non controllare l’esistenza di una propria abitazione e la convivenza con la propria madre titolare di redditi propri”.
Secondo il giudice di prime cure “Tale comportamento è non rispettoso di quanto la giurisprudenza di legittimità sancisce da tempo”.
1.1. L’eccezione dell’Ufficio è fondata.
In primo luogo, occorre ricordare che l’art. 38 DPR 600/1973 prevede che “L’ufficio che procede alla determinazione sintetica del reddito complessivo ha l’obbligo di invitare il contribuente a comparire di persona, o per mezzo di rappresentanti, per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento e, successivamente, di avviare il procedimento di accertamento con adesione ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218”.
Tale adempimento è stato puntualmente osservato.
Infatti, prima di emettere l’avviso di accertamento, l’Ufficio aveva rivolto – per ben due volte – l’invito al contribuente a giustificare lo scostamento rilevato nel 2010.
Nondimeno, tali richieste erano rimaste inevase.
Solo in sede contenziosa, il contribuente aveva – per la prima volta -fornito giustificazioni.
Anche il tale fase, la condotta dell’Ufficio è risultata corretta, considerato che già in fase di mediazione aveva proceduto a riconoscere giustificate alcune spese (il reddito netto della madre convivente, la casa di proprietà e il bonifico elargito dalla figlia) proponendo alla parte una proposta di mediazione con rideterminazione del reddito e riduzione delle sanzioni (art. 17 bis D.Lgs. 546/1992) che il ricorrente non ha accettato.
2. La seconda questione all’esame del Collegio concerne il riscontro della prospettata “carente motivazione sulla prova del pagamento del mutuo” da parte della Commissione tributaria provinciale.
In proposito, la Commissione tributaria provinciale aveva osservato che “la incidenza del pagamento di rate di mutuo, non può essere limitata sulla base della contabilità dell’azienda che doveva provvedere alla restituzione delle rate stesse, in quanto vi era certezza che il mutuo stesso era in essere per sostenere una azienda poi sfociata nella crisi”.
2.1. L’eccezione dell’Ufficio è fondata.
In proposito, l’Ufficio ha ricordato che – secondo il contribuente – il mutuo era stato acceso per far fronte alle difficoltà economiche della Società “P. Srl”, di cui egli stesso e la consorte detenevano il 50% ciascuno delle quote e che, in seguito, il prestito era stato restituito dalla società.
Inoltre, l’Ufficio ha evidenziato che il contribuente aveva prodotto, per gli anni d’imposta 2008 e 2009, alcune ricevute di bonifico e le schede contabili intestate “Socio P. e/anticipo”.
Dal riscontro di detta documentazione, mentre per l’anno 2008, era stata verificata la corrispondenza di detti accrediti, per il 2009, invece, erano state individuate delle divergenze.
In dettaglio:
– alla data del 06/04/2009 risulta un bonifico di 10.000,00 da parte della Società al Sig. P. con la seguente causale:
“Parz. Rest. Finanziamento Socio”, ma dalla relativa interrogazione del conto a detta data risulta quale descrizione: “Addebito bonifico a fornitore”;
– alla data dell’11/05/2009 risulta un bonifico di € 8.000,00 da parte della Società al Sig. P. con la seguente causale:
“Parz. Rest. Finanziamento Socio”, ma dalla relativa interrogazione del conto alla data più vicina, ossia il 07/05/2009, risulta quale descrizione: “Bonifico a fornitore”;
– alla data del 18/09/2009 risulta un bonifico di 5.000,00 da parte della Società al Sig. P. con la seguente causale:
“Parz. Rest. Finanziamento Socio”, ma dalla relativa interrogazione del conto alla data più vicina, ossia il 12/09/2009, risulta quale descrizione: “Rimborso socio”, ma per 3.300,00;
Infine, per l’anno 2010, l’Ufficio ha sottolineato che “oltre alle predette schede contabili (della cui affidabilità viene nutrito qualche dubbio per quanto appena evidenziato) null’altro è stato prodotto a supporto dell’affermazione che le rate di mutuo parate sarebbero state rimborsate dalla Società.”
Nel descritto contesto, occorre rammentare che il finanziamento dei soci e altre forme di capitalizzazione integrano gli estremi della spesa per incrementi patrimoniali.
In tal senso, si è espressa la Suprema Corte, osservando che “In tema di accertamento dei redditi con metodo sintetico, costituiscono “spesa per incrementi patrimoniali”, ai sensi dell’art. 38, commi 4 e 5, del d.P.R. n. 600 del 1973, anche i finanziamenti soci e tutte le altre forme di capitalizzazione, ove comportino un esborso effettuato a tale scopo da parte del contribuente”. (Cass. civ. Sez. V Ord., 24 luglio 2018, n. 19613).
Tali incrementi patrimoniali devono essere giustificati se l’interessato intende escluderli dal reddito personale.
Anche a tal proposito, la Suprema Corte ha avuto modo di esprimersi, affermando che “In tema di accertamento sintetico del reddito, ex art. 38 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, il contribuente ha l’onere di provare, mediante idonea documentazione, che il finanziamento delle spese è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nel periodo accertato siano essi esenti, soggetti a ritenuta, non imponibili e che le spese effettivamente sostenute sono diverse da quelle a lui imputate“. (Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 10 novembre 2015, n. 22944).
Nel caso di specie, risulta carente la prova della restituzione dei finanziamenti dalla società al socio.
3. All’esito della precedente ricostruzione della controversia, l’appello dell’Ufficio deve essere accolto.
Stante l’opposta soluzione della controversia nei due gradi di giudizio, si reputano sussistenti validi motivi per disporre la compensazione delle spese.
P.Q.M.
La Commissione accoglie l’appello. Spese compensate.
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