CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 settembre 2019, n. 24329
Tributi – Accertamento – Compravendita di autovetture dall’estero – Contestazione di operazioni soggettivamente inesistenti – Determinazione imposte mediante il ricorso agli studi di settore
Rilevato che
– l’Agenzia delle Entrate notificò alla S. s.r.l. un avviso di accertamento relativo a riprese IRES, IRAP ed I.V.A., oltre accessori e sanzioni, determinate mediante il ricorso agli studi di settore, contestando alla stessa la partecipazione ad una “frode carosello” nella compravendita di autovetture dall’estero, con il compimento di operazioni soggettivamente inesistenti;
– avverso tale provvedimento la S. s.r.l. propose ricorso innanzi alla C.T.P. di Siena, che lo rigettò;
– la S. impugnò tale decisione innanzi alla C.T.R. della Toscana la quale, con sentenza n. 90 del 21.12.2011, accolse solo parzialmente il gravame, annullando l’avviso impugnato relativamente al recupero a tassazione dei costi relativi alle spese di autolavaggio veicoli ed alle spese per l’acquisto di generi alimentari, nonché ai costi ritenuti non di competenza per l’anno 2003, confermandolo per il resto;
– avverso tale decisione la S. ha infine proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi. Si è costituta con controricorso l’Agenzia delle Entrate;
Considerato che
– con il primo motivo parte ricorrente si duole (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.) dell’omessa o insufficiente motivazione della gravata decisione circa la consapevolezza, ad opera di essa S., di partecipare ad un meccanismo illecito di cd. frode carosello;
– il motivo è infondato;
– rappresenta principio consolidato quello per cui, in tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi (cfr. Cass., Sez. 5, 20.4.2018, n. 9851, Rv. 647837-01; Cass., Sez. 5, 30.10.2018, n. 27566, Rv. 651269-01);
– la C.T.R., correttamente applicando tali principi e diversamente da quanto lamentato dalla ricorrente, ha dato ampiamente, motivatamente e congruamente conto (cfr. motivazione, p. 4) delle ragioni sottese alla ritenuta sussistenza, in capo alla S., della consapevolezza di partecipare ad una frode carosello (con particolare riferimento alla mancata adozione di misure e comportamenti idonei a scongiurare il rischio di frodi rispetto alle modalità di acquisizione delle vetture usate – in specie, mancanza di tracce documentali degli ordini e di tracce nei passaggi delle auto);
– con il secondo motivo parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.), l’omessa o insufficiente motivazione in relazione alle doglianze svolte da essa contribuente circa l’omessa allegazione, al verbale di accertamento, dei verbali relativi alle verifiche svolte nei confronti dei fornitori di essa S.;
– con il terzo motivo la ricorrente propone la medesima questione avuto riguardo all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., in termini di violazione e falsa applicazione degli artt. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 7 della l. n. 212 del 2000, per non avere la C.T.R. dichiarato la nullità dell’avviso di accertamento impugnato, in conseguenza della mancata allegazione dei documenti allo stesso sotteso;
– i motivi (esaminabili congiuntamente, in virtù dell’identità delle questioni agli stessi sottese) sono infondati;
– la C.T.R. non solo ha esaminato funditus ed espressamente la questione (cfr. pp. 3, ultime 8 righe), ma ha anche chiarito che “vero è che ai fini della ricostruzione dei dati l’Ufficio ha utilizzato fonti di vario tipo, tra le quali anche quelle relative ai pvc di altri soggetti. Ma ciò non comporta l’obbligo di allegazione qualora l’Amministrazione fornisca, come annota l’Ufficio, elementi sufficienti al fine di dare contezza della pretesa fiscale” (cfr. motivazione, p. 3-4). In tal modo i giudici di appello hanno fatto corretta applicazione del principio per cui l’obbligo di cui all’art. 7, comma 1, della l. n. 212 del 2000 – che si riferisce solo agli atti di cui il contribuente non abbia già integrale e legale conoscenza e che consente di assolvere all’obbligo di motivazione degli atti tributari anche per relationem, ovvero mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, che siano collegati all’atto notificato – può essere soddisfatto non solo mediante allegazione dell’atto richiamato, ma anche attraverso la riproduzione del suo contenuto essenziale e, cioè, l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento necessari e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, la cui indicazione permette al contribuente ed al giudice, in sede di eventuale sindacato giurisdizionale, di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono le parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento (così, da ultimo, Cass., Sez. 6-5, 11.4.2017, n. 9323, Rv. 643954-01);
– con il quarto motivo, infine, parte ricorrente si duole (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) della violazione e falsa applicazione degli artt. 19 e 54 del d.P.R. n. 633 del 1972, “nella parte che rettifica il volume d’affari in presenza di credito non riconosciuto” (così espressamente la rubrica del motivo n. 6, contenuta alla p. 18 del ricorso);
– in realtà, la censura concerne un presunto vizio di omissione di pronunzia, relativamente alla doglianza afferente l’erroneità dell’avviso di accertamento il quale, anziché determinare un’indetraibilità dell’imposta, avrebbe piuttosto, comportato l’aumento dell’ammontare delle operazioni imponibili (cfr. prime due righe della p. 20 del ricorso);
– il motivo è, così riqualificato, inammissibile, riguardando una questione di cui non v’è menzione nella pronunzia di appello ed in ordine alla quale parte ricorrente omette del tutto di indicare come e quando la stessa fu formulata nei precedenti gradi di giudizio. In proposito appare sufficiente ribadire che, ove una determinata questione giuridica non risulti – come nella specie – trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimità ha l’onere (nella specie disatteso) non solo di allegarne l’avvenuta deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente vi abbia provveduto, onde dare modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione e così evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura (cfr., da ultimo, Cass., Sez. 2, 24.1.2019, n. 2038, Rv. 652251-02);
– il ricorso deve essere pertanto rigettato, con condanna della S. s.r.I., in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento, in favore dell’Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la S. s.r.I., in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento, in favore dell’Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in € 4.000,00 (quattromila/00), oltre spese prenotate a debito.
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