CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 14 novembre 2019, n. 29627
Mansioni – Qualifiche – Mansioni confacenti alla qualifica rivestita e alla capacità professionale acquisita – Equivalenza tra vecchie e nuove mansioni
Fatti di causa
1. Con sentenza del 17 luglio 2013 il Tribunale di Catania, in funzione di giudice del lavoro, rigettava il ricorso proposto da P. C. nei confronti della propria datrice di lavoro F.-S. s.p.a., volto a) alla declaratoria della illegittimità, per violazione dell’art. 2103 cod.civ. e della contrattazione collettiva nazionale ed aziendale, delle mansioni di assistente tecnico danni (ATD) assegnategli a far tempo dal gennaio 2000, in quanto inferiori rispetto alla qualifica da lui rivestita di “funzionario di 2° grado” e a quelle in precedenza svolte di Responsabile Area Vendite; b) alla condanna della convenuta a riassegnarli mansioni confacenti alla qualifica rivestita e alla capacità professionale acquisita; c) al risarcimento di “tutti i danni subiti e subendi, contrattuali ed extracontrattuali e da mobbing, biologici, patrimoniali e non patrimoniali, morali ed esistenziali” cagionati dalla condotta della società a far tempo dal gennaio 200, quantificati in misura non inferiore ad EURO 100.000 quello biologico, ad EURO 800.000 gli altri.
2. Adita con ricorso in appello del C., che in questa sede preliminarmente precisava di voler circoscrivere l’oggetto del contendere “agli aspetti più importanti della vicenda e dunque al risarcimento dei danni conseguenti alla perdita di professionalità in tesi patita “dall’anno 2002 ad oggi” per effetto dell’assegnazione, a far tempo dal 1° ottobre 2002, delle mansioni di “assistente tecnico danni” (ATD), la Corte di appello di Catania, con sentenza del 23 marzo 2017, lo rigettava, compensando le spese del grado di appello nei confronti della resistente U. Assicurazioni s.p.a., subentrata a F:-S. per atto di fusione per incorporazione del 2 gennaio 2014.
3. Contro la citata sentenza della Corte di appello di Catania P. C. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi. U. s.p.a. resiste con controricorso illustrato da memoria.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 2103 cod.civ., nel testo vigente ratione temporis, e degli art. 92 [Funzionari Area professionale A — Sez. A (7° livello retributivo) ed Area professionale B — Posizione organizzativa 3 — 6° livello retributivo (profili di cui alla lettera 1)1 e 124 del CCNL 18/7/2003 “Disciplina dei rapporti fra le imprese di assicurazione e il personale dipendente non dirigente” e violazione dell’art. 2697 cod.civ. (2° comma) e degli art. 115 e 116 cod.proc.civ., in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 5 cod.proc.civ. 2. Secondo il ricorrente con la sentenza impugnata la Corte di appello di Catania avrebbe violato il CCNIL di categoria che considera la qualifica di ATI) (assistente tecnico danni, 6° livello retributivo) inferiore a quella di Funzionario di 2° livello (7° livello retributivo) ed avrebbe erroneamente effettuato il giudizio di equivalenza tra le mansioni proprie della qualifica di Funzionario di 2° livello posseduta dal ricorrente e le mansioni svolte successivamente all’anno 2000 quale ATD.
3. Il ricorrente lamenta in particolare la sottrazione — a partire dal 2002 – delle mansioni di Responsabile Area Vendite e l’attribuzione delle funzioni, ritenute inferiori, di ATD. L’equivalenza tra le antiche e le nuove funzioni ritenuta dai giudici di merito sarebbe in contrasto con le declaratorie rispettivamente contenute nel CCNI, di categoria, segnatamente agli articoli 92 e 124. Di conseguenza sarebbe stato violato l’art. 2103 cod.civ.
4. Il ricorrente fa valere che le mansioni di Funzionario erano proprie dell’area amministrativa — commerciale, ed inoltre, in seguito alla sua nomina a Capo Area Palermo e Sicilia centro-occidentale, che egli esercitava poteri di coordinamento di altro personale (oltre 26 tra funzionari, ispettori amministrativi e tecnici), di rappresentanza della Società verso terzi con correlati poteri di stipulare contratti e operare sul conto corrente della stessa, compiti questi che sarebbero stati del tutto persi con l’assegnazione alle nuove mansioni di ATI), prettamente tecniche, di valutazione dei danni (seppure di rilevante entità) ma comportanti la privazione di ogni potere di firma, di rappresentanza e di gestione e controllo di altro personale.
5. In realtà, come condivisibilmente osserva la resistente, il ricorrente si è limitato a richiamare il disposto dell’art. 124 del CCNL., per i dipendenti delle imprese di assicurazioni, disposizione che stabilisce quali sono i dipendenti che hanno diritto alla qualifica di “funzionario” e lo ha contrapposto a quello dell’art. 92 dello stesso CCNL,, richiamando la declaratoria relativa al personale inquadrato nel sesto livello retributivo contenuta in questa disposizione, senza peraltro effettuare alcun raffronto concreto con riferimento alle mansioni da lui svolte come ATI).
6. In particolare, non ha natura decisiva la circostanza del non essere state attribuite al ricorrente, nelle sue mansioni di ATD, funzioni di coordinamento, pianificazione e controllo di altri funzionari, giacché l’art. 124 del GCNL stabilisce solo che “E’ Funzionario colui al quale l’impresa, per l’importanza e l’autonomia delle funzioni e della conseguente responsabilità, attribuisce con apposita lettera tale qualifica” e che il collocamento dell’interessato in uno dei tre gradi nei quali si articola la categoria è stabilito “in ragione della diversa importanza delle funzioni attribuite dall’impresa nella concreta organizzazione aziendale anche in funzione del livello di professionalità acquisita”. Il terzo comma dell’art. 124, che effettivamente si riferisce a funzioni di coordinamento, pianificazione e controllo, si riferisce a quelle situazioni nelle quali il riconoscimento della qualifica di funzionario, nei suoi diversi gradi, è dovuta dall’Impresa. Non si potrebbe quindi far discendere da questa disposizione la necessità che le mansioni del funzionario comprendano le funzioni di coordinamento, pianificazione e controllo di altro personale.
7. La verifica va fatta in concreto (cfr., ex multis, Cass. n. 28240/2018 [ord.I). In questo caso il giudice di appello, con giudizio di fatto incensurabile in questa sede se immune da vizi della motivazione rilevanti nel giudizio di cassazione, ha accertato l’equivalenza tra le mansioni successivamente attribuite al ricorrente e quelle precedenti, sotto il profilo della loro equipollenza in concreto rispetto alla competenza richiesta, al livello professionale raggiunto e alla utilizzazione del patrimonio professionale acquisito dal dipendente. Non assume rilievo, in effetti, l’equivalenza formale tra le vecchie e le nuove mansioni (cfr. Cass. n. 1916/2015), per cui nessun errore di diritto è riscontrabile nella sentenza impugnata sotto il profilo dell’interpretazione e dell’applicazione dell’art. 2103 cod.civ. e delle invocate disposizioni dell’autonomia collettiva.
8. Non vengono sviluppate le ragioni a sostegno della allegata violazione dell’art. 2697 cod.civ. (2° comma) e degli art. 115 e 116 cod.proc.civ., per cui per questa parte la doglianza è inammissibile.
9. Sul piano dell’art. 360, primo comma, n. 5 cod.proc.civ. il ricorrente solleva due punti.
10. Sotto un primo profilo il ricorrente fa valere che contrariamente a quanto risulterebbe dagli atti la sentenza impugnata afferma che prima dell’assegnazione dell’incarico di ATD e prima del 2000 il ricorrente non avrebbe coordinato e diretto funzionari. La doglianza non articola nemmeno i profili di decisività della circostanza — decisività comunque da escludere per quanto detto prima — in conformità alla nuova versione dell’art. 360, primo comma, n. 5 cod.proc.civ., applicabile ratione temporis, ed è quindi inammissibile.
11. Sotto un secondo profilo il ricorrente contesta, ma con argomenti di puro fatto, l’affermazione della sentenza impugnata secondo cui l’ATD aveva il compito di concorrere con gli altri manager al raggiungimento degli obiettivi di piano definiti. Anche qui la doglianza non è sollevata alla stregua del nuovo testo dell’art. 360, primo comma, n. 5 cod.proc.civ- ed è dunque inammissibile.
12. Il motivo è quindi complessivamente da rigettare.
13. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia di nuovo la violazione dell’art. 2103 cod.civ., nel testo vigente ratione temporis, sotto diverso aspetto, e dell’art. 1418 “c.p.c.” (rectius cod.civ.), nonché la violazione dell’art. 2697 cod.civ. (2° comma) e degli art. 115 e 116 cod.proc.civ., in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 5 cod.proc.civ.
14. Con questa doglianza viene censurata un’autonoma ragione del decidere contenuta nella sentenza impugnata, motivazione con la quale la Corte territoriale ha osservato che in ogni caso, sebbene l’iniziativa dell’attribuzione delle nuove mansioni fosse stata presa dal datore di lavoro, vi era stato il consenso del lavoratore, in presenza delle condizioni che avrebbero legittimato il licenziamento in mancanza dell’accordo, ossia il rifiuto preventivo del lavoratore al trasferimento in altra sede (Cass. n. 19930/2015).
15. Il motivo è inammissibile, perché censura una ratio decidendi, per l’appunto, autonoma rispetto a quella criticata senza successo con il primo motivo, ratio decidendi che è da sola sufficiente a sorreggere la sentenza, per cui manca l’interesse del ricorrente a impugnare la prima.
16. Il ricorso va quindi complessivamente rigettato.
17. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
18. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, ricorrono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, curo 4.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà. atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
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