CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 gennaio 2019, n. 9
Trasferimento del ramo d’azienda – Art. 2112 c.c. – Credito retributivo – Litispendenza
Rilevato che
con sentenza in data 9 giugno 2015, la Corte d’appello di Catanzaro rigettava l’opposizione proposta da L.V. s.r.l. in liquidazione e TNC Trasporti Nord C. s.r.l. (cessionaria dalla prima di ramo d’azienda ai sensi dell’art. 2112 c.c.) avverso il precetto intimato da F. A. L. per il proprio credito retributivo e dall’avv. G.T., suo difensore distrattario delle spese liquidate, sulla base della sentenza del Tribunale di Castrovillari n. 110/2010: così riformando la sentenza di primo grado, che ne aveva invece dichiarato l’inefficacia, sul presupposto dell’inidoneità a costituire valido titolo esecutivo in difetto di elementi adeguati per la determinazione dei crediti intimati in pagamento;
avverso tale sentenza TNC T. Nord C. s.r.l. ricorreva per cassazione con quattro motivi, cui il lavoratore e il difensore distrattario resistevano con unico controricorso;
Considerato che
1. la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 39, primo comma c.p.c. e violazione del principio di ne bis in idem con omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per la mancata sospensione del giudizio dalla Corte territoriale, nonostante la contemporanea pendenza, sia pure davanti al Tribunale di Castrovillari che li aveva riuniti, dei due giudizi di opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dal lavoratore nei confronti di T.N.C. s.r.l. (R.G. 377/2011) e di accertamento, dal medesimo proposto, del trasferimento del ramo d’azienda da La V. s.r.l. a TNC T. Nord C. s.r.l. (R.G. 298/2014), aventi ad oggetto le medesime argomentazioni in diritto e questioni giuridiche: pertanto integrante una situazione di litispendenza (primo motivo); omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, quale il difetto di legittimazione passiva della cessionaria di ramo d’azienda in assenza di un titolo esecutivo formatosi anche nei suoi confronti (non essendo stata parte del giudizio deciso dal Tribunale di Castrovillari con la sentenza n. 110/2010), dedotto nell’atto di opposizione al precetto intimato dal lavoratore e dal suo difensore distrattario, ritenuto assorbito dal primo giudice per l’accoglimento dell’opposizione per illiquidità del credito intimato in pagamento (secondo motivo); violazione e falsa applicazione dell’art. 299 c.p.c., per mancata interruzione del giudizio a seguito dell’avvenuta estinzione (in data l giugno 2015) della s.r.l. L.V. in liquidazione, ai sensi degli artt. 2490, ult. comma e 2495 c.c. (terzo motivo); omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sulla validità ed efficacia del titolo esecutivo costituito dalla sentenza del Tribunale di Castrovillari n. 110/2010, in ordine all’estraneità di T.N.C. s.r.I., cui inopponibile il suddetto titolo, alla pretesa creditoria intimata con precetto, pure contestata nella sua esistenza e quantificazione, in assenza di idonei elementi di liquidazione, con la conseguente inconferenza degli arresti di legittimità richiamati nella sentenza della Corte territoriale, pure responsabile di erronea valutazione di atti e documenti di causa, oltre che di ignoranza dei suindicati giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo e di accertamento del trasferimento del ramo d’azienda da L.V. s.r.l. a TNC Trasporti Nord C. s.r.l. contestualmente introdotti in violazione del principio di ne bis in idem (quarto motivo);
2. in via preliminare, deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per omessa notificazione a La Va. s.r.l. in liquidazione (o comunque agli aventi causa, per effetto della sua estinzione), in assenza di un’ipotesi di litisconsorzio necessario: posto che, in un giudizio svoltosi con pluralità di parti in causa scindibile, la proposizione del ricorso per cassazione nei confronti di talune soltanto delle parti processuali determina il passaggio in giudicato della sentenza nei confronti delle altre parti del giudizio di merito non destinatarie dell’impugnazione, a nulla rilevando che il ricorso sia notificato anche a queste ultime, atteso che la notificazione prevista dall’art. 332 c.p.c. non contiene una vocatio in ius, ma ha valore di semplice litis denuntiatio, volta a far conoscere ai destinatari l’esistenza di una impugnazione, al fine di consentire loro di proporre impugnazione in via incidentale nello stesso processo, qualora essa non sia esclusa o preclusa (Cass. 16 aprile 2007, n. 9002; Cass. 27 aprile 2018, n. 10171);
3. il primo motivo, di violazione e falsa applicazione dell’art. 39, primo comma c.p.c. e violazione del principio di ne bis in idem con omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio per la mancata sospensione dalla Corte territoriale per la contemporanea pendenza davanti al Tribunale di Castrovillari dei suindicati giudizi rubricati a R.G. 377/2011 e R.G. 298/2014, è inammissibile;
3.1. esso difetta di specificità, sotto il profilo della violazione del principio imposto dall’art. 366, primo comma, n. 6 c.p.c. di indicazione specifica nel ricorso anche degli atti processuali su cui si fonda e della sede di loro produzione, oltre che di trascrizione nella loro completezza con riferimento alle parti oggetto di doglianza (Cass. 16 marzo 2012, n. 4220; Cass. 9 aprile 2013, n. 8569; Cass. 19 agosto 2015, n. 16900), dovendo il ricorrente produrre in giudizio l’atto o il documento della cui erronea valutazione si dolga, o indicare esattamente nel ricorso in quale fascicolo esso si trovi e in quale fase processuale sia stato depositato, trascrivendone o almeno riassumendone il contenuto (Cass. 13 novembre 2018, n. 29093);
3.2. la società ricorrente non ha a ciò minimamente provveduto in riferimento ai giudizi oggetto della situazione di litispendenza, che ha pure prospettato (peraltro infondatamente, in assenza di identità delle domande, per l’evidente diversità di quelle di opposizione a precetto, ovvero a decreto ingiuntivo, o di accertamento di trasferimento di ramo d’azienda e pure tra parti parzialmente diverse: Cass. 31 luglio 2017, n. 19056; Cass. 18 giugno 2018, n. 15981) per la prima volta nell’odierno giudizio di cassazione, non risultando alcuna deduzione della questione nel giudizio d’appello: il che integra un autonomo e concorrente profilo di inammissibilità (Cass. 28 luglio 2008, n. 20518; Cass. 24 gennaio 2019, n. 2038);
4. parimenti inammissibile è il secondo motivo, di omesso esame del supposto fatto decisivo di difetto di legittimazione passiva della cessionaria di ramo d’azienda in assenza di un titolo esecutivo nei suoi confronti;
4.1. la questione è anche qui nuova, in quanto non trattata dalla sentenza impugnata, neppure avendo il ricorrente indicato specificamente, né trascritto gli atti nei quali l’avrebbe posta nei gradi di merito, con riflesso sulla genericità del motivo, in violazione della prescrizione dell’art. 366, primo comma, n. 4 e n. 6 c.p.c., sotto il profilo del difetto di autosufficienza del ricorso (11 gennaio 2007, n. 324; Cass. 18 ottobre 2013, n. 23675; Cass. 24 agosto 2016, n. 17315);
4.2. né, d’altro canto, si configura il vizio di omesso esame denunciato, trattandosi nel caso di specie di una questione giuridica, quale appunto la dedotta inopponibilità di un titolo esecutivo, che, qualora effettivamente prospettata e non riscontrata dal giudice, avrebbe avuto come conseguenza un’omessa pronuncia: mentre il vizio motivazionale previsto dall’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. presuppone che un esame della questione oggetto di doglianza vi sia pur sempre stato da parte del giudice di merito, ma che esso sia affetto dalla totale pretermissione di uno specifico fatto storico (Cass. 8 ottobre 2014, n. 21257; Cass. 20 novembre 2015, n. 23828);
5. il terzo motivo, di violazione e falsa applicazione dell’art. 299 c.p.c. per mancata interruzione del giudizio a seguito dell’avvenuta estinzione della s.r.l. L.V. in liquidazione, è pure inammissibile;
5.1. la ricorrente è, infatti, priva di alcun legittimo interesse, ben potendo, nel cumulo di cause scindibili (quali quelle in oggetto), essere dichiarata l’estinzione parziale del giudizio, senza tuttavia che l’evento interruttivo riguardante il debitore principale si propaghi a quello solidale ed avendo il giudice la facoltà, ma non l’obbligo, di separare le cause; sicché, ove non si avvalga di tale facoltà, una volta mancata la riassunzione nell’interesse della parte colpita dall’evento interruttivo e determinatasi l’estinzione (parziale) del giudizio nei confronti di quest’ultima, il processo deve continuare tra il secondo, che non ha alcun onere di provvedere alla riassunzione del giudizio, ed il creditore, non potendosi profilare l’estinzione anche di tale giudizio (Cass. s.u. 22 aprile 2013, n. 9686; Cass. 20 aprile 2017, n. 9960);
5.2. peraltro la questione è essa pure nuova, non essendo stata prospettata in grado d’appello: posto che la cancellazione della società dal registro delle imprese, pur dando luogo a un fenomeno estintivo che priva la stessa della capacità di stare in giudizio, costituisce evento interruttivo la cui rilevanza processuale è peraltro subordinata, ove la parte sia costituita a mezzo di procuratore (come appunto L.V. s.r.l. in liquidazione unitamente a T.N.C. s.r.I.) alla dichiarazione in udienza ovvero alla notificazione dell’evento alle altre parti, stante la regola dell’ultrattività del mandato alla lite (Cass. 23 novembre 2018, n. 30341; Cass. s.u. 4 luglio 2014, n. 15295);
6. infine, anche il quarto motivo, di vizio di motivazione sulla validità ed efficacia della sentenza del Tribunale di Castrovillari n. 110/2010 nei confronti di T.N.C. s.r.l. estranea alla pretesa creditoria di L. e del suo difensore intimata con precetto, è inammissibile;
6.1. l’esplicita deduzione di un vizio di motivazione non è più esaminabile alla stregua del novellato art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., la cui riformulazione deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione.
Sicché, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. 10 febbraio 2015, n. 2498; Cass. 26 giugno 2015, n. 13189; Cass. 21 ottobre 2015, n. 21439): condizione che palesemente non si verifica nel caso di specie;
7. pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con regolazione secondo il regime di soccombenza delle spese di giudizio, da distrarre in favore del difensore anticipatario, secondo la sua richiesta e raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535);
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la società alla rifusione, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali nella misura del 15 per cento e accessori di legge, da distrarre in favore del difensore anticipatario.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
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