CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 11 maggio 2017, n. 11652
Imposte indirette – IVA – Contenzioso tributario – Rimborso versamenti
Premesso in fatto
– che con la sentenza in epigrafe la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, riformando la sentenza di primo grado, ha accolto il ricorso proposto dalla società contribuente avverso il silenzio rifiuto serbato dall’Agenzia delle entrate in relazione all’istanza di rimborso dell’IVA che la predetta società aveva versato per avere erroneamente fatturato il contributo a fondo perduto erogatole ai sensi della legge n. 396 del 1990 dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Ufficio per Roma Capitale, nell’anno di imposta 2001;
– che nel caso di specie è pacifico che la società contribuente, ricevuta la prima tranche del predetto contributo emise due fatture (n. 41/002 del 19/07/2001 e n. 73/002 del 19/12/2001) e, dopo aver effettuato la relativa compensazione in sede di liquidazione infrannuale, ne chiese il rimborso con istanza del 15/01/2004 il cui esito è stato quello sopra descritto;
Considerato in diritto
– che il primo motivo, con cui l’Agenzia ricorrente deduce la violazione dell’art. 21 d.lgs. n. 546 del 1992, per avere la CTR escluso l’applicabilità sub specie della citata disposizione, che consente al contribuente di richiedere il rimborso dell’IVA erroneamente versata nel termine biennale di decadenza, è fondato e va accolto nei limiti di cui appresso si dirà (ovvero limitatamente alla fattura n. 41/002 del 19/07/2001);
– che, infatti, è ius receptum il principio secondo cui, nell’ordinamento tributario vige, per la ripetizione del pagamento indebito, un regime speciale basato sull’istanza di parte, da presentare, a pena di decadenza, nel termine previsto dalle singole leggi di imposta (ad esempio, per i rimborsi di versamenti diretti attinenti alle imposte sui redditi, dall’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602) o, comunque, in difetto, dalle norme sul contenzioso tributario (art. 16, comma sesto, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 e, ora, artt. 19, comma 1, lett. g), e 21, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, secondo il quale <la domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto della restituzione>), regime che impedisce, in linea di principio, l’applicazione della disciplina prevista per l’indebito di diritto comune (in termini, Cass. n. 15840 del 2006; id. n. 21674/2015, n. 6900/2014, n. 12433/2011, n. 25872/2009, n. 27057/2008, n. 8461/2005, n. 17918/2004 e n. 16477/2004, che ha precisato che sulla domanda impeditiva della decadenza – e, quindi, una volta tempestivamente presentata l’istanza – inizia a decorrere la prescrizione decennale ex art. 2946 cod. civ. dalla scadenza del termine per la formazione del silenzio rifiuto);
– che al riguardo va osservato che, in ipotesi come quella in esame, in cui, <in mancanza di disciplina comunitaria in materia di domande di rimborso delle imposte indebitamente prelevate, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire i requisiti al ricorrere dei quali tali domande possano essere presentate, purché i requisiti in questione rispettino i principi di equivalenza e di effettività> (Corte di giustizia, sentenza 15 marzo 2007, causa C-35/05, Reemtsma Cigarettenfabriken), <la previsione di un termine di decadenza di due anni entro il quale il soggetto passivo può reclamare il rimborso dell’IVA versata a torto nei confronti dell’amministrazione finanziaria, mentre il termine di prescrizione per le azioni di ripetizione dell’indebito oggettivo tra privati è decennale> è compatibile con il diritto dell’Unione in quanto <non è di per sé contraria al principio di effettività> (cfr. Corte di giustizia, 15 dicembre 2011, C-427/10, p. 27, che richiama la sent. 17 novembre 1998, causa C-228/96, Aprile, punto 19, sent. 30 giugno 2011, causa C-262/09, Meilicke e a., punto 56 e la sentenza 8 settembre 2011, cause riunite C-89/10 e C-96/10, Q-Beef e Bosschaert, punto 42), essendo idoneo a consentire a qualsiasi soggetto passivo normalmente diligente di far validamente valere i diritti attribuitigli dall’ordinamento giuridico dell’Unione (Corte di giustizia, 15 dicembre 2011, C-427/10 che richiama la sentenza 21 gennaio 2010, causa C-472/08, Alstom Power Hydro, punti 20 e 21);
– che, pertanto, va accolto il primo motivo di ricorso principale, con effetto assorbente sul secondo, con cui l’amministrazione finanziaria ha dedotto l’insufficiente motivazione della sentenza gravata là dove ha escluso la natura corrispettiva del contributo erogato in favore della società contribuente, sul presupposto che esso fosse stato erogato <al di fuori di ogni rapporto sinallagmatico ma riferito all’esclusivo perseguimento di un interesse pubblico connesso alla costruzione di un Centro Congressi;
– che, diversamente da quanto sostenuto dalla controricorrente, che sul punto ha formulato specifico mezzo di impugnazione incidentale (primo motivo), alla restituzione dell’IVA indebitamente versata non è applicabile la disciplina dettata dall’art. 38 d.P.R. n. 602 del 1973 in materia di imposte dirette, non solo per la diversità delle imposte che vengono in rilievo, ma soprattutto perché al citato art. 38 – che disciplina l’ipotesi del <rimborso> delle imposte dirette – è speculare la normativa che disciplina il <rimborso> dell’IVA, prevista agli artt. 30, 38-bis, 38-bis1, 38-bis2 e 38-ter d.P.R. n. 633 del 1972, ad entrambi essendo applicabile, quale previsione di carattere residuale e di chiusura del sistema delle <restituzioni>, l’art. 21, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, il cui termine decorre dalla data in cui è stato effettuato il pagamento che dà diritto alla restituzione del versato (cfr. Cass. n. 82 del 2014, secondo cui <La disciplina del rimborso d’imposta di cui all’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, riporta l’ipotesi in cui il relativo versamento non sia dovuto “ab origine”, mentre quando il diritto alla restituzione sia sorto solo in data posteriore a quella del pagamento della stessa trova applicazione l’art. 21> citato);
– che, pertanto, va rigettato il primo motivo di ricorso incidentale perché infondato;
– che la controricorrente non coglie nel segno neppure là dove richiama, a sostegno della tesi dell’applicabilità della disciplina dell’indebito oggettivo di diritto comune, la pronuncia di questa Corte n. 526 del 2007, sostenendo che il credito chiesto a rimborso non sarebbe ricollegabile ad un rapporto di diritto tributario, peraltro in palese contraddizione con la tesi poco prima sostenuta (alle pagine 21 e 22 del controricorso) per contrastare l’eccezione di difetto di giurisdizione che la difesa erariale ha sollevato per il caso che fosse stata condivisa la tesi della riconducibilità della fattispecie ad un indebito oggettivo; invero, la pretesa dell’amministrazione sarà insuscettibile di ricollegarsi a un rapporto di natura tributaria solo in caso di carenza di potere impositivo, che si potrà avere o perché la legge non prevede il tributo in via generale, o perché le norme che istituiscono il tributo sono state dichiarate incostituzionali ovvero sono state disapplicate perché contrarie al diritto comunitario (in tal senso, Cass. 15108 del 2003, richiamata da Cass. n. 526/2007 cit.); ipotesi nella specie non ricorrenti;
– che, invece, è fondato e va accolto il secondo motivo di ricorso incidentale con cui la società contribuente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 21 d.lgs. n. 546 del 1992 (erroneamente indicato in rubrica come d.lgs. n. 602 del 1973) per avere la CTR ritenuto tardiva l’istanza di rimborso avanzata in data 15/01/2004 con riferimento all’IVA relativa alla fattura n. 73/002 del 19/12/2001, versata all’Erario con la liquidazione infrannuale del 16/01/2002;
– che, ricordato che il citato art. 21 dispone che “la domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento, ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione”, nella specie è indubbio che il pagamento dell’IVA di cui alla fattura in esame sia avvenuto a seguito di compensazione effettuata in sede di liquidazione infrannuale (prevista dal D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, art. 17), presentata in data 16/01/2002 e, quindi, l’istanza di restituzione dell’IVA indebitamente compensata, presentata in data 15/01/2004, è chiaramente tempestiva;
– che, pertanto, la sentenza impugnata va confermata, ancorché per motivo diverso da quello prospettato dai giudici di appello, limitatamente al rimborso dell’IVA risultante dalla fattura n. 73/002 del 19/12/2001;
– che, conclusivamente, in accoglimento del primo motivo di ricorso principale e del secondo motivo di ricorso incidentale, la sentenza va cassata limitatamente all’accoglimento dell’appello proposto dal contribuente con riferimento al rigetto dell’istanza di rimborso dell’IVA di cui alla fattura n. 41/002 del 19/07/2001, assorbito il secondo motivo di ricorso principale e rigettato il primo motivo di ricorso incidentale; la causa, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, può essere decisa nel merito ex art. 384, primo comma, ultima parte, cod. proc. civ., con rigetto dell’appello proposto dalla società contribuente avverso il diniego di rimborso dell’IVA di cui alla fattura n. 41/002 del 19/07/2001;
– che l’esito del giudizio, con soccombenza reciproca, giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio;
P.Q.M.
Accoglie per quanto di ragione il primo motivo di ricorso principale, assorbito il secondo, nonché il secondo motivo di ricorso incidentale, rigetta il primo motivo di ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto tempestiva la domanda di rimborso relativamente alla fattura n. 41/02 e, decidendo nel merito di quest’ultima, rigetta l’originario ricorso del contribuente, compensando le spese processuali dell’intero giudizio.
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