CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 22 gennaio 2020, n. 1388
Dimissioni – Accertamento condotta vessatoria del datore di lavoro – Demansionamento – Mancata prova del nesso di causalità tra il comportamento del datore e lo stato di prostrazione del lavoratore
Fatti di causa
Con sentenza del 9 febbraio 2015, la Corte d’Appello di Bologna confermava la decisione resa dal Tribunale di Bologna, rigettando la domanda proposta da F.P. nei confronti della Banca M.P.S. S.p.A., avente ad oggetto l’accertamento a carico della Banca, alle cui dipendenze il P. aveva prestato la propria attività lavorativa fino a che aveva rassegnato le proprie dimissioni, dell’illiceità della condotta da questa tenuta nei suoi confronti, tradottasi in una condotta vessatoria e comunque nel suo demansionamento con la conseguente condanna della Banca medesima al risarcimento del danno anche extrapatrimoniale, nonché la condanna al pagamento del premio c.d. My way relativo al periodo aprile-ottobre 2002, del premio aziendale per l’anno 2005, del TFR anche in relazione al rapporto previdenziale complementare ed accogliendo, viceversa, la domanda riconvenzionale della Banca concernete la condanna del P. al pagamento del preavviso nella misura, eccedente l’importo fissato dalla relativa disposizione collettiva, prevista dal contratto individuale.
La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto:
a) in ragione della mancata allegazione delle mansioni in concreto svolte da raffrontarsi con i contenuti professionali del livello di inquadramento posseduto;
b) inconfigurabile, in ragione della mancata prova del nesso di causalità tra il comportamento del datore e lo stato di prostrazione, valutabile a prescindere dall’escussione di tutti i testi indicati, il denunciato mobbing;
c) inammissibili, in quanto affidate a rilievi che non recano una specifica critica al decisum del primo giudice ed infondate per difetto di allegazione e prova dei fatti costitutivi le censure relative, rispettivamente, al rigetto della domanda di pagamento del TFR e di adempimento delle obbligazioni inerenti al rapporto di previdenza complementare ed alla corresponsione del premio My way;
d) non dovuto al P. il premio aziendale per essersi il rapporto estinto prima del compimento dell’anno di competenza;
e) dovuto, viceversa, dal P. il preavviso, per non aver il P. all’atto del recesso invocato una giusta causa e nella misura, maggiore rispetto a quella prevista dal contratto collettivo, stabilita con la clausola ad hoc inserita nel contratto individuale, per essere quella clausola ammissibile in sé, confermata tra le parti anche a seguito della novazione soggettiva del rapporto ex art. 2112 c.c. e tale da non richiedere, non essendo riconducibile ad un patto limitativo della concorrenza, il riconoscimento di un corrispettivo, profilo peraltro non fatto oggetto di specifica censura.
Per la cassazione di tale decisione ricorre il P., affidando l’impugnazione a cinque motivi, cui resiste, con controricorso, la Banca M.P.S.. Il P. ricorrente ha poi presentato memoria.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 2103 c.c. in una con il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, lamenta l’incongruità logica e giuridica del convincimento espresso dalla Corte territoriale in ordine all’equivalenza professionale delle mansioni assegnate al ricorrente quale addetto al Private Banking all’atto del suo passaggio alla Banca M.P.S. rispetto a quelle svolte quale Responsabile Marketing Distributivo e successivamente della Programmazione Commerciale presso la Banca 121.
Con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 2087 c.c. in una con il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, il ricorrente lamenta l’incongruità logica e giuridica del convincimento espresso dalla Corte territoriale in ordine alla ritenuta inconfigurabilità da parte della Banca datrice di una condotta vessatoria in danno del ricorrente, giudizio che questi assume inficiato dalla mancata considerazione delle vicende del rapporto ed in particolare dei trasferimenti di sede (da Lecce a Milano e da Milano a L’Aquila) disposti, sempre a suo dire, in assenza di logiche aziendali giacché la conservazione dei prodotti finanziari presso Banca (…) Promozione Finanziaria, struttura superstite dopo la fusione in MPS di Banca (…), giustificava il suo impiego ancora presso la sede salentina e con esiti di costrizione all’inattività. Nel terzo motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 434 c.p.c. è prospettata in relazione alla pronunzia di inammissibilità resa dalla Corte territoriale con riguardo alle censure dal ricorrente formulate in sede di gravame avverso la decisione del Giudice di prime cure di rigetto delle pretese differenze retributive;
Con il quarto motivo, rubricato con riferimento alla violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 c.c. ed al vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, lamenta ancora una volta l’incongruità logica e giuridica del convincimento espresso dalla Corte territoriale in ordine alla non ravvisabilità nella specie di una giusta causa di dimissioni per non averla il ricorrente invocata all’atto del recesso e, comunque, per l’insussistenza di situazioni idonee a fondarne la ricorrenza;
Il quinto motivo è volto a denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 69 del CCNL di categoria, 2112 e 2125 c.c. nonché il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio relativamente alla validità, perdurante anche a fronte dell’intervenuta novazione soggettiva del rapporto, della clausola inserita nel contratto individuale, intesa a determinare il preavviso in un importo superiore a quello risultante dalla previsione collettiva, sancita dalla Corte territoriale senza peraltro tener conto, a detta del ricorrente, delle mutate condizioni lavorative e della valenza di quell’intesa come patto limitativo della concorrenza non assistito da adeguato corrispettivo.
Con il primo, il secondo ed il quarto motivo di impugnazione il ricorrente, mentre mira a riproporre la propria versione dei fatti, in base alla quale i lamentati demansionamento e condotta vessatoria denunciati a carico della Banca datrice sarebbero ravvisabili, legittimando le rassegnate dimissioni per giusta causa, con conseguente esonero dal preavviso, in relazione alla mera circostanza che il ricorrente, il quale, all’atto della fusione in MPS di Banca (…), si trovava a ricoprire una posizione apicale nel settore commerciale presso la direzione generale della banca incorporata, successivamente alla fusione stessa veniva interessato da un trasferimento a Milano, che, oltre a comportarne l’impiego in posizione ridimensionata, per essere semplicemente addetto al settore del private banking, doveva ritenersi ingiustificato, in quanto i prodotti commerciali che il ricorrente curava erano rimasti in gestione a Banca (…) Promozione Finanziaria nella sede di Lecce ed altresì disposto in suo danno in quanto inteso a sollevarlo dall’incarico di responsabilità fino ad allora rivestito, non si cura di contrastare le valutazioni, atteso che non risultano ravvisabili le pur ripetutamente denunciate omissioni nell’esame delle circostanze allegate e provate, in base alle quali, muovendo da principi di diritto pacificamente accolti nella giurisprudenza di questa Corte, il giudice del gravame perviene a conclusioni opposte rispetto a quelle sostenute dal ricorrente circa l’assunzione di quegli stessi fatti come espressivi della violazione dei richiamati principi di diritto.
A tale stregua, i predetti motivi si rivelano infondati, se non addirittura inammissibili, dovendo condividersi quanto rilevato dalla Corte territoriale circa la rilevanza ai fini della prova del demansionamento del raffronto tra i contenuti professionali delle distinte mansioni espletate, qui non dedotti, come anche in ordine all’esigenza, qui non soddisfatta, di rigorosa prova del nesso di causalità tra la condotta del soggetto datore e lo stato di prostrazione del dipendente, nel senso che risulti dimostrato come questo non si ricolleghi al normale tasso di conflittualità e costrittività fisiologica che connota l’ambiente di lavoro ed, infine, con riguardo alla conseguente ritenuta insussistenza di situazioni tali da legittimare il recesso per giusta causa del ricorrente.
Di contro, certamente inammissibile deve ritenersi il terzo motivo, cogliendo la censura svolta, relativa all’erroneità della pronunzia di inammissibilità dei motivo di gravame sollevato dal ricorrente sulla pronunzia del giudice di prime cure di rigetto delle pretese differenze retributive, solo parte della ratio decidendi della Corte territoriale, che, unitamente all’inammissibilità dei proposti motivi di gravame, ne ha sancito altresì l’infondatezza.
Dal canto suo, infondato risulta il quinto motivo, dovendo condividersi la posizione in diritto accolta dalla Corte territoriale, intesa ad escludere l’invalidità della clausola posta nel contratto individuale in materia di preavviso in termini difformi dalla previsione del contratto collettivo, a sancire, a fronte del mantenimento tra le parti della clausola in deroga, l’irrilevanza ai fini dell’operatività della stessa, della novazione del contratto ex art. 2112 c.c. ed ad escludere la riconducibilità di una simile intesa al patto limitativo della concorrenza, invalido per mancata previsione del necessario corrispettivo.
Pertanto il ricorso va rigettato con attribuzione delle spese che seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 7.500,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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