CONSIGLIO NAZIONALE DOTT COMM E ESP CON – Comunicato 23 maggio 2020
Commercialisti, misure sul lavoro ai raggi X
Il documento del CNDCEC – FNC analizza le iniziative volte a favorire la conservazione della potenzialità produttiva delle imprese nel periodo dell’emergenza.
Il Consiglio e la Fondazione Nazionale dei Commercialisti hanno pubblicato il documento “Le misure sul lavoro contenute nei decreti sull’emergenza da Covid-19”. Lo studio passa in rassegna il pacchetto di misure a sostegno del lavoro e di contrasto all’emergenza occupazionale messo in campo dal Governo per fare fronte alla contingente emergenza epidemiologica da COVID-19 con il Decreto “Cura Italia” n. 18/2020, come modificato in sede di conversione in legge e ulteriormente modificato dal Decreto “Liquidità” n. 23/2020 e dal recentissimo Decreto “Rilancio” n. 34/2020.
Sei le sezioni del documento. Dopo una introduzione sulle iniziative volte a favorire la conservazione della potenzialità produttiva delle imprese nel periodo dell’emergenza, si analizzano l’estensione delle misure speciali in tema di ammortizzatori sociali per tutto il territorio nazionale e le norme speciali in materia di riduzione dell’orario di lavoro e di sostegno ai lavoratori. Spazio poi alle disposizioni in materia di sospensione e proroga dei termini di presentazione delle domande di trattamenti previdenziali ed assistenziali e alle altre misure urgenti in materia di lavoro e politiche sociali del decreto “Rilancio”. Lo studio si conclude con gli schemi riepilogativi dei principali interventi per il sostegno al lavoro.
Allegato
DOCUMENTO DI RICERCA LE MISURE SUL LAVORO CONTENUTE NEI DECRETI SULL’EMERGENZA DA COVID-19 (D.L. “CURA ITALIA” N. 18/2020 CONVERTITO, D.L. “LIQUIDITÀ” N. 23/2020 E D.L. “RILANCIO” N. 34/2020)
Il presente documento passa in rassegna il pacchetto di misure a sostegno del lavoro e di contrasto all’emergenza occupazionale messo in campo dal Governo per fare fronte alla contingente emergenza epidemiologica da COVID-19 con il Decreto “Cura Italia” n. 18/2020, come modificato in sede di conversione in legge e ulteriormente modificato dal Decreto “Liquidità” n. 23/2020 e dal recentissimo Decreto “Rilancio” n. 34/2020.
Il documento fa seguito alla pubblicazione dei documenti di ricerca del 18 marzo, del 15 aprile e del 29 aprile u.s., con i quali è stata effettuata una prima analisi delle principali misure adottate dal Governo per fare fronte alla contingente emergenza epidemiologica da COVID-19, contenute nel Decreto “Cura Italia” n. 18/2020 convertito e nel Decreto “Liquidità” n. 23/2020.
Le novità dei decreti sull’emergenza da COVID-19 (D.L. “Cura Italia” n. 18/2020 convertito e D.L. “Liquidità” n. 23/2020) – Terzo Aggiornamento (29 aprile 2020)
Le novità dei decreti sull’emergenza da COVID-19 (D.L. “Cura Italia” n. 18/2020 e D.L. “Liquidità” n. 23/2020) – Secondo Aggiornamento (15 aprile 2020)
Le novità dei decreti sull’emergenza da COVID-19 (D.L. “Cura Italia” n. 18/2020) (18 marzo 2020)
1. Il decreto-legge “Cura Italia” convertito, il decreto-legge “Liquidità” e il decreto-legge “Rilancio”
Il pacchetto di misure a sostegno del lavoro, volte a favorire la conservazione della potenzialità produttiva delle imprese nel periodo dell’emergenza, è contenuto nel Titolo II del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (1), denominato “Cura Italia” (d’ora in avanti, anche Decreto “Cura Italia”), suddivise in due Capi normativi.
Il Capo I del Titolo II, rubricato “Estensione delle misure speciali in tema di ammortizzatori sociali per tutto il territorio nazionale”, offre strumenti utili a fronteggiare la sospensione o la riduzione dell’attività di lavoro del tessuto datoriale e imprenditoriale italiano, alla luce della situazione epidemiologica in atto e delle relative misure adottate dal Governo per il contenimento del contagio da COVID-19.
In proposito, i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, pubblicati l’8, il 9 e l’11 marzo hanno previsto la sospensione, seppure con eccezioni, delle attività commerciali al dettaglio e delle attività dei servizi di ristorazione, oltre a una serie di misure restrittive degli spostamenti dei cittadini, che hanno prodotto consistenti effetti sui rapporti di lavoro in essere.
Le misure di contenimento su tutto il territorio nazionale sono state successivamente rafforzate con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 marzo 2020 che ha disposto la chiusura delle attività produttive non essenziali o strategiche, ad eccezione delle attività di vendita di generi alimentari, beni di prima necessità, servizi essenziali e farmacie, negozi di generi di prima necessità e i servizi essenziali.
L’effetto del provvedimento, inizialmente fissato al 3 aprile 2020, è stato prorogato fino al 14 aprile e poi fino al 3 maggio, in forza del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 aprile 2020, che ha però permesso l’apertura delle cartolerie, delle librerie e dei negozi di vestiti per bambini e neonati e vengono inserite tra le attività produttive consentite la silvicoltura e l’industria del legno.
Dal 4 maggio 2020, il Governo ha annunciato l’avvio della cosiddetta “Fase due” caratterizzata da una ripresa graduale del sistema produttivo e delle attività economiche e sociali.
Secondo le scelte di politica legislativa, le misure a sostegno del lavoro e, in particolare, di contrasto all’emergenza occupazionale che ha colpito tutti i settori produttivi con intensità crescente sin dallo scorso mese di febbraio, sono concentrate nel Decreto “Cura Italia”, come modificato in sede di conversione e ulteriormente rimaneggiato dal decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 (2), denominato “Liquidità” (d’ora in avanti, anche Decreto “Liquidità”) e dal decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (3), denominato “Rilancio” (d’ora in avanti, anche Decreto “Rilancio”).
L’azione del legislatore in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto condensata nel Decreto “Cura Italia” si dispiega in tre direzioni: semplificazione delle procedure di ricorso ai trattamenti (v. articolo 19); coordinamento delle misure speciali con quelle ordinarie già in essere (v. articoli 20 e 21); ampliamento del campo di applicazione dell’integrazione salariale attraverso i c.d. ammortizzatori in “deroga” (v. articolo 22).
Con il Decreto “Rilancio” il Governo è intervenuto a modificare la disciplina originariamente introdotta principalmente in una prospettiva di prolungamento dei periodi di trattamento di integrazione salariale e di estensione del campo di applicazione degli ammortizzatori sociali.
2. Estensione delle misure speciali in tema di ammortizzatori sociali per tutto il territorio nazionale Articolo 19 (d.l. “Cura Italia”) – Norme speciali in materia di trattamento ordinario di integrazione salariale e assegno ordinario
Destinatari
L’articolo 19 del d.l. n. 18/2020 prevede che i datori di lavoro rientranti nel campo di applicazione della cassa integrazione guadagni e quelle rientranti nel campo di applicazione dei Fondi di solidarietà bilaterali, ai sensi del d.lgs. n. 148/2015, possano sospendere o ridurre l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19, presentando, rispettivamente, domanda di concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale o di accesso all’assegno ordinario con causale “emergenza COVID-19”.
Durata del trattamento di integrazione salariale
Stando alla formulazione originaria del Decreto “Cura Italia”, il trattamento di integrazione salariale speciale COVID-19 poteva essere richiesto per una durata massima di nove settimane per periodi decorrenti dal 23 febbraio 2020 al 31 agosto 2020, sia nell’ambito dei Fondi di solidarietà sia in quello CIG.
Il protrarsi dello stato di emergenza ha, però, spinto il Governo ad intervenire in vista di un allungamento dei periodi di durata degli ammortizzatori sociali speciali. In forza dell’art. 68 del Decreto “Rilancio”, il trattamento ordinario di integrazione salariale e l’assegno ordinario possono essere richiesti dai datori di lavoro beneficiari per una durata massima di diciotto settimane così suddivise:
– quattordici settimane fruibili per periodi decorrenti dal 23 febbraio 2020 al 31 agosto 2020; l’incremento delle ulteriori cinque settimane è previsto per i soli datori di lavoro che abbiano interamente fruito il periodo precedentemente concesso fino alla durata di nove settimane;
– quattro settimane fruibili per i periodi decorrenti dal 1° settembre 2020 al 31 ottobre 2020, ai sensi dell’art. 22-ter del Decreto “Cura Italia”, nell’ambito delle misure di rafforzamento della tutela occupazionale.
Fanno eccezione i settori turismo, fiere e congressi e parchi divertimento nei quali è possibile usufruire delle predette quattro settimane anche per periodi precedenti il 1° settembre 2020.
Prestazioni accessorie degli assegni nucleo familiare
Oltre all’estensione dei periodi di durata del trattamento, con il summenzionato articolo 2 il legislatore ha inteso risolvere la problematica insorta in ordine al diritto alla percezione dell’assegno nucleo familiare dei lavoratori beneficiari dell’assegno ordinario. L’INPS, con la circolare n. 47 del 28 marzo 2020, ha ribadito il proprio orientamento secondo il quale “durante il periodo di percezione dell’assegno ordinario non è erogata la prestazione accessoria degli assegni al nucleo familiare”. La questione era stata sollevata dall’area lavoro del CNDCEC in sede di Tavolo tecnico INPS già all’indomani della circolare n. 130/2017, con la quale l’Istituto previdenziale ha affermato per la prima volta che il FIS “non eroga la prestazione accessoria degli assegni al nucleo familiare e del T.F.R., in quanto prestazioni non previste dal D.I. n. 94343/2016”. Nella stessa sede è stata sottoposta a critica la posizione interpretativa per la quale durante il periodo di sospensione o riduzione delle attività di lavoro con contestuale ricorso alle prestazioni del FIS i lavoratori interessati perdessero la prestazione degli assegni al nucleo familiare, sostenendo, diversamente, che la norma avrebbe potuto essere interpretata in modo che le prestazioni ANF restassero a carico della “Gestione prestazioni temporanee” come per la generalità dei lavoratori dipendenti. Peraltro, il decreto ministeriale n. 94343/2016 sia in merito all’assegno ordinario che all’assegno di solidarietà prevede l’applicazione, per quanto compatibile, della normativa in materia di integrazioni salariali ordinarie.
In via eteronoma, dunque, il Governo ha riconosciuto che ai beneficiari di assegno ordinario di cui al presente articolo spetta, in rapporto al periodo di paga adottato e alle medesime condizioni dei lavoratori ad orario normale, l’assegno per il nucleo familiare di cui all’art. 2 del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1088, n. 153.
La norma introdotta, anche se soltanto con riferimento alle integrazioni salariali speciali causate dall’emergenza COVID, dissolve ogni dubbio rispetto al diritto alla percezione del trattamento ANF, ma non chiarisce quali siano le modalità di erogazione di quest’ultimo rispetto alle domande di Assegno ordinario con richiesta di pagamento diretto ai lavoratori.
Informazione e consultazione sindacale
L’articolo 19, comma 2, del Decreto semplifica la fase di informazione/consultazione sindacale prodromica all’accesso alle prestazioni nonché quella del procedimento amministrativo consistente nella definizione e nell’inoltro della domanda di concessione del trattamento di integrazione salariale all’INPS.
In particolare, la disciplina normativa – modificata in sede di conversione del decreto – ha dispensato i datori di lavoro che presentano domanda di trattamento salariale speciale COVID-19 dall’osservanza dell’articolo 14 del d.lgs. n. 148/2015, esonerandoli integralmente dagli obblighi di informazione e consultazione sindacale, nonché da quello di esame congiunto.
Nella sua versione originaria, il decreto “Cura Italia” lasciava impregiudicati “l’informazione, la consultazione e l’esame congiunto” che potevano, però, essere svolti in via telematica. Seppure non di immediata comprensione, la portata della deroga all’articolo 14 del d.lgs. n. 148/2015 doveva riferirsi alle tempistiche previste dal suddetto articolo in materia di obbligo di informazione preventiva alle prescritte rappresentanze sindacali aziendali e territoriali, nonché ai termini temporali di esaurimento della procedura di consultazione sindacale (tre giorni).
La versione risultante dalla modifica operata in sede di conversione in legge costringe all’analisi della efficacia intertemporale delle norme inizialmente contenute nel decreto-legge e successivamente soppresse dalla legge di conversione. L’atto deve essere ascritto alla categoria degli emendamenti soppressivi e sostitutivi che, in conformità a quanto sostenuto dalla giurisprudenza maggioritaria, travolgerebbero le disposizioni del decreto-legge con effetto ex tunc (v. Cass. n. 9386 del 10 maggio 2016). Secondo la tesi che qui si sostiene, dunque, la soppressione degli obblighi di informazione e consultazione sindacale dispiegherebbe effetto sin dalla entrata in vigore del Decreto “Cura Italia”. Tali circostanze assicurerebbero la legittimità delle istanze di ricorso ai trattamenti di integrazione salariale che i datori di lavoro avessero presentato medio tempore in assenza degli obblighi informativi originariamente prescritti (e adesso soppressi).
Il Decreto “Rilancio”, con l’art. 68, comma 1, lett. b), segna un revirement normativo con la reintroduzione degli obblighi di informazione e consultazione sindacale, seppure con le predette modalità semplificate. Il ritorno all’originaria impostazione regolativa in materia implica che, con riferimento alle domande di CIGO e di Assegno ordinario presentate a far data dalla pubblicazione del decreto, è nuovamente necessario che i datori di lavoro espletino la fase di informazione sindacale e, qualora richieste, quelle di consultazione ed esame congiunto, che devono essere svolti anche in via telematica entro i tre giorni successivi a quello della comunicazione preventiva.
Procedimento amministrativo
La semplificazione dei termini temporali ha operato anche per quanto concerne il procedimento amministrativo di cui agli articoli 15 e 30 del d.lgs. n. 148/2015. Infatti, fino alla data di entrate in vigore delle modifiche apportate dal Decreto “Rilancio”, ai datori di lavoro era stata concessa la possibilità di presentare la domanda di concessione del trattamento di integrazione salariale ordinaria o dell’assegno ordinario speciale con causale “Emergenza COVID-19” entro la fine del quarto mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa.
Con riguardo, invece, ai termini temporali del procedimento amministrativo di cui agli articoli 15 e 30 del d.lgs. n. 148/2015, il Governo tradisce l’impostazione originaria del Decreto “Cura Italia” e, con il Decreto “Rilancio” pone il peso della “semplificazione” sugli intermediari abilitati e i professionisti incaricati di assistere i datori di lavoro che fanno ricorso agli ammortizzatori sociali. Secondo la norma di ultima emanazione, infatti, i datori di lavoro potranno presentare la domanda di concessione del trattamento di integrazione salariale ordinaria o dell’assegno ordinario speciale con causale “Emergenza COVID-19” non più “entro la fine del quarto mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa”, bensì nei termini decisamente più brevi differenziati in base ai periodi di sospensione interessati.
Infatti, per quanto riguarda le domande riferite a periodi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa che hanno avuto inizio nel periodo ricompreso tra il 23 febbraio 2020 e il 30 aprile 2020, il termine di presentazione delle domande è fissato al 31 maggio 2020.
Per le domande riferite a periodi di sospensione successivi al 30 aprile 2020, invece, il termine di presentazione, ancora più stringente, è prescritto entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio la sospensione.
Evidentemente, la ratio della norma si rintraccia nella volontà politica di velocizzare il procedimento di concessione del trattamento e, parallelamente, abbreviare i tempi di pagamento e incasso dei trattamenti di integrazione al reddito di lavoro dipendente. La finalità è di certo apprezzabile, però la disposizione pare non tenere in debito conto dell’enorme carico di lavoro che, dall’inizio dell’emergenza, i commercialisti del lavoro e gli intermediari abilitati stanno affrontando non senza difficoltà per il bene comune. L’abbreviazione dei tempi di procedura non dovrebbe passare soltanto dalla semplicistica prescrizione di termini perentori che metteranno in maggiore difficoltà gli operatori.
Qualora le domande per causale “Emergenza COVID-19” siano presentate dopo i termini sopra indicati, l’eventuale trattamento di integrazione salariale non potrà aver luogo per periodi anteriori di una settimana rispetto alla data di presentazione.
Anche il nuovo art. 22-quinquies, aggiunto nel Decreto “Cura Italia” ad opera dell’art. 71 del Decreto “Rilancio”, si inserisce nel solco dei provvedimenti di “velocizzazione”, prevedendo che i datori di lavoro che non anticipano i relativi trattamenti possono fare richiesta di pagamento diretto della prestazione, trasmettendo la relativa domanda entro il quindicesimo giorno dall’inizio del periodo di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa unitamente ai dati essenziali per il calcolo e l’erogazione di una anticipazione della prestazione ai lavoratori, con le modalità indicate dall’INPS. La normativa prescrive termini stringenti anche nei confronti delle Amministrazioni competenti che devono autorizzare le domande di integrazione salariale entro quindici giorni dal ricevimento delle domande stesse.
Da ultimo, un’importante semplificazione riguarda la verifica dei presupposti causali previsti dall’articolo 11 del d.lgs. n. 148/2015. Sul punto è dato comprendere che in sede di valutazione delle domande gli Uffici tengono conto del carattere eccezionale della nuova causale “emergenza COVID- 19” e delle esigenze di velocizzazione delle procedure. Si ritiene, infatti, che le sedi INPS competenti non devono verificare la sussistenza dei requisiti della transitorietà e della non imputabilità dell’evento, poiché tali requisiti sono insiti nella crisi emergenziale contingente che, di per sé, è qualificabile come “oggettivamente non evitabile”. Così ragionando, si ritiene che anche la valutazione in ordine alla ripresa della normale attività lavorativa non sia necessaria ai fini dell’integrabilità della causale.
L’impostazione è stata confermata dall’INPS, per il quale “le aziende non dovranno fornire alcuna prova in ordine alla transitorietà dell’evento e alla ripresa dell’attività lavorativa né, tantomeno, dimostrare la sussistenza del requisito di non imputabilità dell’evento stesso all’imprenditore o ai lavoratori.
Conseguentemente, l’azienda non deve allegare alla domanda la relazione tecnica di cui all’articolo 2 del D.M. n. 95442/2016, ma solo l’elenco dei lavoratori destinatari” (v. circ. INPS n. 47/2020). Inoltre, ai fini dell’accoglimento delle domande, la circostanza che uno o più lavoratori abbiano ferie pregresse maturate e non ancora godute non è considerata ostativa, cosicché la procedura telematica non richiede i dati sulle ferie ancora da fruire dai lavoratori interessati dalla richiesta di integrazione salariale (v. mess. INPS n. 3777/2019).
Neutralizzazione periodi di integrazione salariale
Ai sensi del comma 3 dell’articolo 19 del Decreto, il legislatore concede ai datori di lavoro che ricorrono al trattamento speciale di integrazione salariale il beneficio della neutralizzazione, ai fini delle successive richieste, dei periodi di CIGO o di assegno ordinario rispetto al computo dei limiti di durata previsti dall’articolo 4, commi 1 e 2, e dagli articoli 12, 29, comma 3, 30, comma 1, e 39 del d.lgs. n. 148/2015.
La decretazione di urgenza, inoltre, si occupa dei costi di ricorso al trattamento speciale COVID-19, precisando che in relazione ai periodi di trattamento ordinario di integrazione salariale e assegno ordinario concessi a fronte dell’emergenza epidemiologica non è dovuto il pagamento del contributo addizionale previsto dagli articoli 5, 29, comma 8, secondo periodo, e 33, comma 2, del d.lgs. n. 148/2015 (v. articolo 19, comma 4). Con tale precisazione, il legislatore chiarisce che l’emergenza epidemiologica rientra nel novero degli eventi oggettivamente non evitabili (c.d. EONE) per i quali, per l’appunto, non vi è aggravio contributivo in capo ai datori di lavoro che ricorrano ad ammortizzatori sociali in costanza di rapporto.
Cassa integrazione speciale operai agricoli
La neutralizzazione dei periodi di integrazione salariale è anche il beneficio riconosciuto dal Decreto “Rilancio” per i trattamenti previsti in favore degli operai agricoli (CISOA), richiesti per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19. Questi, inoltre, sono concessi in deroga ai limiti di fruizione riferiti al singolo lavoratore e di anzianità di impiego (di cui all’articolo 8 della legge 8 agosto 1972, n. 457), per un periodo massimo di 90 giorni, dal 23 febbraio 2020 al 31 ottobre 2020 e comunque con termine del periodo entro il 31 dicembre 2020.
In via eccezionale, per assicurare la celerità delle autorizzazioni, le integrazioni salariali CISOA con causale COVID-19 sono concesse dalla Sede dell’INPS territorialmente competente, in deroga a quanto previsto dall’articolo 14 della legge 8 agosto 1972, n. 457. La domanda di CISOA deve essere presentata entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione dell’attività lavorativa.
In analogia con i nuovi termini di presentazione delle domande di integrazione salariale COVID-19, il termine di presentazione delle domande CISOA riferite a periodi di sospensione dell’attività lavorativa che hanno avuto inizio nel periodo ricompreso tra il 23 febbraio 2020 e il 30 aprile 2020 è fissato al 31 maggio 2020.
Sul punto sono, evidentemente, da ritenersi superate le indicazioni fornite dall’INPS con il messaggio n. 1541/2020 relativamente alle modalità di concessione dei relativi trattamenti. Il legislatore, inoltre, chiarisce la posizione dei lavoratori dipendenti di aziende del settore agricolo, ai quali non si applica il trattamento di cassa integrazione salariale operai agricoli, per i quali può essere presentata domanda di concessione del trattamento di concessione del trattamento salariale in deroga, ai sensi dell’articolo 22 del Decreto “Cura Italia”.
Armonizzazione trattamenti FIS
Il comma 5 dell’articolo 19 del Decreto armonizza i trattamenti del Fondo di integrazione salariale previsti per i lavoratori dipendenti presso datori di lavoro iscritti che occupano meno di 15 dipendenti. Il disposto normativo in esame istituisce l’Assegno ordinario anche per le imprese con più di 5 dipendenti, verso le quali il Fondo di integrazione salariale era tenuto a garantire il solo Assegno di solidarietà. L’ampliamento dei destinatari dell’Assegno ordinario erogato dal Fondo di integrazione salariale, però, non viene prescritto in via definitiva, ma resta collegato alle richieste di trattamento riconducibile all’emergenza epidemiologica da COVID-19, nell’arco temporale che va dal 23 febbraio 2020 al 31 agosto 2020, per la durata massima di nove settimane. Su istanza del datore di lavoro il predetto trattamento può essere concesso con la modalità di pagamento diretto della prestazione da parte dell’INPS.
Pagamento diretto e SR41 semplificato
La norma concede la facoltà “in via di eccezione” di richiedere il pagamento diretto all’INPS, ferma restando la possibilità dell’azienda di anticipare le prestazioni e di conguagliare gli importi successivamente, come ordinariamente previsto dalla disciplina in materie di integrazioni salariali. La situazione emergenziale ha spinto l’INPS(4) ad offrire una interpretazione estensiva della norma in materia di “pagamento diretto” delle prestazioni, consentendo tale modalità di erogazione della prestazione non soltanto ai datori di lavoro rientranti nel campo di applicazione “FIS” con un organico da 5 a 15 dipendenti, come il dato letterale sembrerebbe suggerire, ma a tutte le aziende beneficiarie di integrazione salariale con causale COVID-19, a cui è consentito farlo senza obbligo di produzione della documentazione comprovante le difficoltà finanziarie dell’impresa.
Com’è noto, perché possa concretizzarsi il pagamento diretto delle integrazioni salariali ai lavoratori, i datori di lavoro sono tenuti alla redazione del modello “IG Str Aut” (cod. “SR41”). Tale modello si sostanzia in un invio telematico di dati utili alla liquidazione della prestazione e all’accredito della contribuzione figurativa e in un documento stampabile che il datore di lavoro deve far sottoscrivere al lavorare beneficiario. L’INPS, con messaggio n. 1508/2020, ha reso note alcune semplificazioni nelle modalità di gestione e compilazione del modello “SR41” introdotte alla luce della fase emergenziale e delle restrizioni alla mobilità dei cittadini. In particolare, per i moduli “SR41” relativi agli eventi di integrazione salariale connessi all’emergenza COVID-19 è stato abolito l’obbligo di firma da parte del lavoratore. L’INPS, conseguentemente, provvederà a controllare d’ufficio e in modo automatico le condizioni soggettive contenute nel quadro G del modello “SR41” che, dunque, non saranno più oggetto di autocertificazione. La certificazione delle coordinate IBAN, invece, avverrà con le modalità comunicate dall’INPS con la circolare n. 48 del 29 marzo 2020.
Con il messaggio n. 1508/2020, inoltre, l’INPS ha colto l’occasione per preannunciare la prossima,
attesissima, soppressione del modello “SR41”, in un’ottica generale di revisione del sistema di gestione dei pagamenti dei trattamenti di integrazione salariale. Con grande ritardo rispetto alle potenzialità telematiche implementate attraverso il sistema di denuncia dei flussi UniEmens, i dati potranno, finalmente, essere acquisiti direttamente dall’INPS.
Compatibilità trattamenti di integrazione salariale FIS
Con messaggio n. 1478/2020, di integrazione alla circolare n. 47/2020, l’INPS ha precisato che l’Assegno ordinario erogato dal FIS in favore delle aziende comprese tra 5 e 15 dipendenti è compatibile con il trattamento di cassa integrazione guadagni in deroga istituito dalle Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, ai sensi dell’articolo 17 del d.l. n. 9/2020, a condizione che le prestazioni garantite dal FIS, ai sensi dell’articolo 19 del d.l. n. 18/2020, non riguardino periodi già coperti dalla prestazione autorizzata dalla Regione (della durata massima di un mese decorrente dal 23 febbraio 2020).
Nella stessa prospettiva di armonizzazione delle prestazioni, i commi 6 e 7 dell’articolo 19 del Decreto stabilisce che i Fondi di solidarietà “Alternativi” di cui all’articolo 27 del d.lgs. n. 148/2015, nonché i fondi di solidarietà bilaterali del Trentino e dell’Alto Adige, garantiscano l’erogazione dell’assegno ordinario “emergenza COVID-19” con le medesime modalità di introdotte in via speciale dal Decreto. I fondi di solidarietà alternativi interessati sono quelli dell’artigianato e della somministrazione di lavoro
Gli oneri finanziari relativi alla predetta prestazione sono posti a carico del bilancio dello Stato nel limite di 250 milioni di euro per l’anno 2020 e sono trasferiti ai rispettivi Fondi con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.
Requisito di anzianità professionale
In considerazione del carattere emergenziale della causale di ricorso ai trattamenti, il comma 8 dell’articolo 19 agevola l’ammissione al trattamento di integrazione salariale dei lavoratori a prescindere dal possesso del requisito di anzianità di effettivo lavoro di almeno 90 giorni di cui all’articolo 1, comma 2, del d.lgs. n. 148/2015, purché i destinatari risultino alle dipendenze dei datori di lavoro richiedenti la prestazione alla data del 25 marzo 2020.
La platea dei lavoratori beneficiari era stata inizialmente limitata a quelli in forza al 23 febbraio 2020, solo successivamente il perimetro applicativo è stato esteso in due tempi, prima ai sensi dell’articolo 41 del Decreto “Liquidità” n. 23/2020, poi con l’art. 68, comma 1, lett. h), del Decreto “Rilancio”.
Con messaggio INPS n. 1607/2020, si è chiarito che qualora le aziende interessate abbiano già trasmesso domanda di accesso alle prestazioni con causale “COVID-19 nazionale” nel rispetto degli originari termini di anzianità del lavoratore (23 febbraio 2020), le stesse possono “inviare una domanda integrativa, con la medesima causale e per il medesimo periodo originariamente richiesto, con riferimento ai lavoratori che non rientravano nel novero dei possibili beneficiari della prestazione, in virtù di quanto previsto dagli artt. 19 e 22 del decreto-legge n. 18/2020 prima della novella introdotta dall’art. 41 del decreto-legge n. 23/2020. La domanda integrativa, inoltre, deve riguardare lavoratori in forza presso la stessa unità produttiva oggetto della originaria istanza”. Con riferimento alle domande integrative di assegno ordinario, si precisa che, per consentirne la corretta gestione, nel campo note dovrà essere indicato il protocollo della domanda integrata.
La determinazione dell’anzianità lavorativa utile all’accesso delle prestazioni è stata oggetto di chiarimenti da parte dell’INPS che, con la circolare n. 47/2020, ha precisato che, ai fini della sussistenza di tale ultimo requisito, “nelle ipotesi di trasferimento d’azienda ai sensi dell’articolo 2112 c.c. e nei casi di lavoratore che passa alle dipendenze dell’impresa subentrante nell’appalto, si computa anche il periodo durante il quale il lavoratore stesso è stato impiegato presso il precedente datore di lavoro”.
Chiarimenti operativi INPS
L’INPS, considerato il sopravvenire della decretazione in materia di ammortizzatori sociali ad emergenza già conclamata, ha offerto una serie di chiarimenti operativi per i datori di lavoro che avessero presentato domanda o avessero già in corso un’autorizzazione di CIGO o di assegno ordinario, con qualsiasi causale. Ciascun datore di lavoro interessato “potrà richiedere comunque la CIGO o l’assegno ordinario con causale ‘COVID-19 nazionale’, anche per periodi già autorizzati o per periodi oggetto di domande già presentate e non ancora definite” (v. circ. INPS n. 47/2020). “In caso di concessione, l’Istituto provvederà ad annullare d’ufficio le precedenti autorizzazioni o le precedenti domande relativamente ai periodi sovrapposti. Resta fermo che le nuove autorizzazioni con causale “COVID-19 nazionale” possono essere concesse solo per periodi a decorrere dal 23 febbraio 2020 o da data successiva al 23 febbraio 2020, per massimo 9 settimane e non oltre il 31 agosto 2020″.
Il trattamento speciale di integrazione salariale ordinaria e di assegno ordinario COVID-19, di cui ai commi da 1 a 5 dell’articolo 19 e di cui all’articolo 21, sono riconosciuti nel limite massimo di spesa pari a 11.599,1 milioni di euro per l’anno 2020 (5). L’INPS provvede al monitoraggio del limite di spesa e qualora dal predetto monitoraggio emerga che è stato raggiunto anche in via prospettica il limite di spesa, l’INPS non prende in considerazione ulteriori domande.
In sede di tavolo tecnico, ai fini della compilazione dell’istanza CIG, l’INPS ha fornito chiarimenti in ordine alla compilazione del quadro “E” del modulo di domanda nell’ipotesi in cui vi sia una pluralità di lavoratori beneficiari con contratto di lavoro part time con diverse percentuali di riduzione oraria.
In tale evenienza, nella colonna “orario contrattuale” è possibile indicare il numero medio delle ore contrattuali, rendicontando le ora di integrazione salariale ed evitando la moltiplicazione delle domande CIG.
Denunce Uniemens
Con il messaggio n. 1775 del 27 aprile 2020 (§ 2), sono state fornite le istruzioni per la corretta compilazione delle denunce Uniemens ai fini del conguaglio dei trattamenti di integrazione salariale anticipati dai datori di lavoro ai propri dipendenti. Come indicato nel citato messaggio, per le autorizzazioni che rientrano nei limiti previsti per le integrazioni salariali (sia per la CIGO che per il Fondo di integrazione salariale (FIS) che per i Fondi di solidarietà bilaterali) dal regime ordinario (D.lgs. n. 148/2015) e per le quali la copertura degli oneri, compresi quelli derivanti dalla connessa contribuzione figurativa/correlata, rimane a carico delle rispettive gestioni di afferenza (come individuate ai Titoli I e II del D.lgs n. 148/2015), devono essere riportati i codici di conguaglio già in uso (“L038” – “Integr. Salar. Ord. per autorizzazioni POST D.lgs. 148/2015”; “L001” – “Conguaglio assegno ordinario”).
Il termine di decadenza per il conguaglio delle prestazioni di cassa integrazione straordinaria autorizzata, di cui al predetto decreto ministeriale, decorre dalla fine del periodo di paga in corso alla scadenza del termine di durata del trattamento di integrazione salariale straordinaria, come prorogato dal decreto medesimo.
L’INPS, con messaggio n. 1997/2020, al fine di agevolare le aziende nell’individuazione dei codici da esporre, ha disposto l’invio di comunicazioni PEC alle aziende, tramite Comunicazione Bidirezionale, con oggetto “Comunicazione sulle autorizzazioni-conguagli CIG”, e notifiche via e-mail ai rispettivi intermediari, contenenti i codici di conguaglio associati alle autorizzazioni, da esporre all’interno della sezione della denuncia Uniemens. Il codice di conguaglio è, altresì, visualizzabile, nel sito Internet dell’Istituto, all’interno del “Cassetto previdenziale Aziende” > “Dati complementari” accedendo all’applicazione “Cruscotto Cig e Fondi di Solidarietà”, nell’ambito dei Servizi per le Aziende e consulenti.
In considerazione dei prolungati tempi di rilascio del messaggio INPS, al fine di evitare le modifiche delle denunce eventualmente già trasmesse dagli intermediari, in sede di tavolo tecnico, l’Istituto ha comunicato che le denunce trasmesse fino al 13 maggio 2020 con codici conguagli relativi a COVID-19 difformi da quelli previsti ed esposti nel cassetto previdenziale saranno comunque prese in considerazione. Da tale data, però, i datori di lavoro interessati, anche per il tramite dei propri intermediari abilitati, dovranno adeguarsi alle istruzioni fornite con messaggio INPS n. 1997/2020.
Diversamente, “per le imprese interessate agli adempimenti afferenti i periodi di integrazione salariale a pagamento diretto è necessario inviare il modello ‘SR41’, semplificato, finalizzato al calcolo e alla liquidazione della prestazione. Il flusso Uniemens, per i lavoratori che godono della prestazione a pagamento diretto per l’intero mese, deve essere valorizzato esclusivamente con il codice ‘LAVSTAT NR00’ senza l’indicazione delle settimane e dell’evento figurativo. Diversamente, ove i periodi di integrazione salariale a pagamento diretto interessino una frazione di mese, il flusso dovrà essere compilato con le consuete modalità, con riferimento esclusivamente al periodo non interessato dall’integrazione salariale a pagamento diretto, mentre per i periodi coperti da integrazione salariale a pagamento diretto i dati retributivi dei lavoratori saranno trasmessi tramite il modello ‘SR41’”.
Periodi aggiuntivi di integrazione salariale per le aree “ex zona rossa”
La legge di conversione, infine, ha aggiunto all’articolo 19 il comma 10-bis che prevede la possibilità di fruire di un periodo aggiuntivo di integrazione salariale o assegno ordinario pari a tre mesi per i datori di lavoro con sede legale nelle zone maggiormente colpite dall’emergenza COVID-19. I soggetti beneficiari sono i datori di lavoro con unità produttive site nei comuni individuati nell’allegato 1 al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° marzo 2020, nonché i datori di lavoro che non hanno sede legale o unità produttiva od operativa nei comuni suddetti, limitatamente ai lavoratori in forza residenti o domiciliati nei predetti comuni. In tali ipotesi, l’assegno ordinario è concesso anche ai lavoratori dipendenti presso datori di lavoro iscritti al Fondo di integrazione salariale (FIS) che occupano mediamente più di 5 dipendenti e, per lo stesso, non si applica il tetto aziendale di cui all’articolo 29, comma 4, secondo periodo, del d.lgs. n. 148 del 2015.
Articolo 19-bis (d.l. “Cura Italia”) – Norma di interpretazione autentica in materia di accesso agli ammortizzatori sociali e rinnovo dei contratti a termine
L’articolo 19-bis, introdotto dalla legge di conversione, consente ai datori di lavoro che accedono agli ammortizzatori sociali con causale COVID-19, di cui agli articoli da 19 a 22 del Decreto “Cura Italia”, la possibilità di procedere, nel medesimo periodo, al rinnovo o alla proroga dei contratti a tempo determinato, anche a scopo di somministrazione, in deroga ai divieti previsti dagli articoli 20, comma 1, lettera c), e 32, comma 1, lettera c), del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81, nonché alle limitazioni in materia di pause temporali tra rinnovi di contratti a termine previsto dall’articolo 21, comma 2, del suddetto decreto.
La norma, non ottimamente formulata, appare molto “scivolosa” in considerazione dei rischi connessi all’abuso di rinnovi e proroghe di contratti a termine sotto il profilo causale. La disposizione, infatti, non deroga al regime della causalità dei contratti a termine di rinnovo né alla causalità delle proroghe oltre i dodici mesi di durata. Il datore di lavoro che manchi di rispettare la disciplina citata, nonostante il generale contesto emergenziale, incorrerebbe nella conversione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro e nel corrispettivo risarcimento del danno al lavoratore.
Con l’intento di risolvere tali problematiche, il legislatore dell’emergenza è tornato ad intervenire in materia di contratti a tempo determinato con l’emanazione del Decreto “Rilancio” (v. art. 93) che prevede la possibilità di rinnovare o prorogare fino al 30 agosto 2020 i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato in essere alla data del 23 febbraio 2020, derogando al rispetto delle condizioni per l’apposizione del termine, previste dall’art. 19, comma 1, del d.lgs. n. 81/2015.
Articolo 20 (d.l. “Cura Italia”) – Trattamento ordinario di integrazione salariale per le aziende che si trovano già in Cassa integrazione straordinaria
Dopo aver istituito i trattamenti di integrazione salariale COVID-19, il legislatore si preoccupa di coordinare le misure speciali con quelle già eventualmente in essere. Alla luce di questo, il comma 1 dell’articolo 20 del Decreto, come modificato dall’art. 69 del Decreto “Rilancio”, prevede che le aziende che alla data di entrata in vigore del d.l. 23 febbraio 2020, n. 6, hanno in corso un trattamento di integrazione salariale straordinario, possono presentare domanda di concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale per una durata massima di nove settimane per periodi decorrenti dal 23 febbraio 2020 al 31 agosto 2020, incrementate di ulteriori cinque settimane nel medesimo periodo per i soli datori di lavoro che abbiamo interamente fruito il periodo precedentemente concesso. È altresì riconosciuto un eventuale ulteriore periodo di durata massima di quattro settimane di trattamento di cui al presente comma per periodi decorrenti dal 1° settembre 2020 al 31 ottobre 2020 fruibili ai sensi dell’articolo 22-ter inserito dal Decreto “Rilancio”.
La concessione del trattamento ordinario sospende e sostituisce il trattamento di integrazione straordinario già in corso. La concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale può riguardare anche i medesimi lavoratori beneficiari delle integrazioni salariali straordinarie a totale copertura dell’orario di lavoro.
In proposito, la disposizione normativa chiarisce senza eccezioni che la concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale è subordinata alla sospensione degli effetti della concessione della cassa integrazione straordinaria precedentemente autorizzata, non essendo necessaria l’interruzione della stessa. L’integrazione salariale straordinaria, dunque, potrà essere riattivata al termine del periodo utile di CIGO COVID-19.
Il relativo periodo di trattamento ordinario di integrazione salariale concesso con causale “emergenza COVID-19” non è conteggiato né ai fini dei limiti di durata complessiva dei trattamenti CIG né ai fini del limite massimo di durata CIGO, previsti dall’articolo 4, commi 1 e 2, e dall’articolo 12 del d.lgs. n. 148/2015 (cfr. articolo 20, comma 2).
In termini di costi contributivi, anche nell’ipotesi di sospensione e sostituzione della cassa integrazione guadagni straordinaria, il trattamento CIGO COVID-19 non prevede pagamento del contributo addizionale di cui all’articolo 5 del d.lgs. n. 148/2015 (v. articolo 20, comma 3).
Il comma 4 dell’articolo 20 introduce una semplificazione limitatamente ai termini procedimentali, statuendo la disapplicazione degli articoli 24 e 25 del d.lgs. n. 148/2015, in via transitoria, per l’espletamento dell’esame congiunto e alla presentazione delle relative istanze per l’accesso ai trattamenti straordinari di integrazione salariale.
Anche i trattamenti speciali di integrazione salariale, disciplinati dall’articolo 20, sono riconosciuti nel limite massimo di un tetto di spesa fissato (ex comma 5) a 828,6 milioni di euro per l’anno 2020 (6). L’INPS provvede al monitoraggio del limite di spesa di cui al primo periodo del presente comma. Qualora dal predetto monitoraggio emerga che è stato raggiunto anche in via prospettica il limite di spesa, l’INPS non prende in considerazione ulteriori domande.
In sede di conversione in legge è stato aggiunto all’articolo 20 il comma 7-bis, che prevede la possibilità
di fruire di un periodo aggiuntivo di integrazione salariale o assegno ordinario pari a tre mesi per i datori di lavoro con unità produttive site nelle zone maggiormente colpite dall’emergenza COVID-19 che alla data del 23 febbraio 2020 avevano in corso un trattamento di integrazione salariale straordinario. I soggetti beneficiari sono i datori di lavoro con unità produttive site nei comuni individuati nell’allegato 1 al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° marzo 2020.
Il limite massimo di spesa per tali prestazioni è fissato in 0,9 milioni di euro per l’anno 2020. L’INPS provvede al monitoraggio del limite di spesa di cui al primo periodo del presente comma. Qualora dal predetto monitoraggio emerga che è stato raggiunto anche in via prospettica il limite di spesa, l’INPS non prende in considerazione ulteriori domande.
Articolo 21 (d.l. “Cura Italia”) – Trattamento di assegno ordinario per i datori di lavoro che hanno trattamenti di assegni di solidarietà in corso
In modo analogo, l’articolo 21 del Decreto opera un coordinamento tra l’assegno di solidarietà a cui siano ricorsi i datori di lavoro, iscritti al Fondo di integrazione salariale, alla data di entrata in vigore del d.l. 23 febbraio 2020, n. 6, e l’assegno ordinario COVID-19.
I predetti datori di lavoro possono presentare domanda di concessione dell’assegno ordinario ai sensi dell’art. 19 del Decreto “Cura Italia”. Anche in questo caso, la concessione del trattamento ordinario sospende e sostituisce l’assegno di solidarietà già in corso. La concessione dell’assegno ordinario può riguardare anche i medesimi lavoratori beneficiari dell’assegno di solidarietà a totale copertura dell’orario di lavoro.
I periodi in cui vi è coesistenza tra assegno di solidarietà e assegno ordinario “COVID-19” non sono conteggiati ai fini dei limiti dei limiti di durata previsti dall’articolo 4, commi 1 e 2, e dall’articolo 29, comma 3, del d.lgs. n 148/2015.
Le prestazioni di sostegno al reddito disciplinate dall’articolo 21 del Decreto sono riconosciute nel limite massimo di spesa previsto dall’articolo 19, comma 9.
Ai sensi del comma 4, limitatamente ai periodi di assegno ordinario concessi ai sensi del comma 1 e in considerazione della relativa fattispecie non si applica quanto previsto in materia di contribuzione
addizionale dall’articolo 29, comma 8, secondo periodo, del d.lgs. n. 148/2015.
Articolo 22 (d.l. “Cura Italia”) – Nuove disposizioni per la Cassa integrazione in deroga
Destinatari
L’articolo 22 del d.l. n. 18/2020 disciplina la possibilità di ricorso ad ammortizzatori sociali in deroga per quei datori di lavoro del settore privato, ivi inclusi quelli agricoli, della pesca e del terzo settore compresi gli enti religiosi civilmente riconosciuti, per i quali non trovino applicazione le tutele previste dalle vigenti disposizioni in materia di sospensione o riduzione di orario, in costanza di rapporto di lavoro.
In buona sostanza, l’integrazione salariale “in deroga” è prevista per quanti non abbiano accesso alle prestazioni ordinarie (CIGO e assegno ordinario garantito dal FIS o dai Fondi di cui agli articoli 26, 27 e 40 del d.lgs n. 148/2015). Sul punto è intervenuto l’INPS, fugando ogni dubbio circa la possibilità di ricorso alla deroga anche per le aziende che, avendo diritto solo alla CIGS, non possono accedere ad un ammortizzatore ordinario con causale “COVID-19 nazionale”, come ad esempio per le aziende del commercio e le agenzie di viaggio e turismo sopra i 50 dipendenti (cfr. circ. INPS n. 47/2020).
Durata CIGD e lavoratori beneficiari
Il sistema degli ammortizzatori sociali in deroga sembra ricalcare quello già conosciuto nella fase di crisi economica originatasi tra l’anno 2008 e il 2009.
A seguito delle modifiche alla disciplina apportate dal Decreto “Rilancio” (articoli 70 e seguenti), le Regioni e le Province autonome possono riconoscere, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, trattamenti di cassa integrazione salariale in deroga, per la durata della sospensione del rapporto di lavoro e comunque per un periodo non superiore a diciotto settimane, di cui quattordici settimane fruibili per periodi decorrenti dal 23 febbraio 2020 al 31 agosto 2020 e quattro settimane fruibili per i periodi decorrenti dal 1° settembre 2020 al 31 ottobre 2020, ai sensi dell’articolo 22-ter del Decreto “Cura Italia” (7).
Le predette ulteriori cinque settimane sono riconosciute ai datori di lavoro ai quali sia stato interamente già autorizzato un periodo di nove settimane, secondo le modalità di cui al richiamato articolo 22-ter, e tenuto conto di quanto disciplinato dal successivo articolo 22-quater (8). I datori di lavoro dei settori turismo, fiere e congressi e parchi divertimento possono usufruire delle predette quattro settimane anche per periodi precedenti il 1° settembre 2020, a condizione che i medesimi abbiamo interamente fruito il periodo precedentemente concesso fino alla durata massima di quattordici settimane.
Le disposizioni in materia di prolungamento dei periodi di cassa integrazione in deroga vanno ad aggiungersi a quelle delle leggi di conversione previste per alcuni casi speciali, ai sensi dell’articolo 22, commi 8-bis, 8-ter e 8-quater (9). Si tratta di norme rivolte ai datori di lavoro con unità produttive site nei comuni individuati nell’Allegato 1 di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° marzo 2020, nonché ai datori di lavoro che non hanno sede legale o unità produttiva od operativa nei comuni suddetti, limitatamente ai lavoratori in forza residenti o domiciliati nei predetti comuni. Tali datori di lavoro possono presentare domanda di cassa integrazione salariale in deroga, per un periodo aggiuntivo non superiore a tre mesi a decorrere dalla data del 23 febbraio 2020.
Al di fuori dei casi summenzionati, un periodo aggiuntivo non superiore a quattro settimane può essere riconosciuto dalle regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, con riferimento ai datori di lavoro con unità produttive ivi situate, nonché ai datori di lavoro che non hanno sede legale o unità produttiva od operativa nelle predette regioni, limitatamente ai lavoratori in forza residenti o domiciliati nelle medesime regioni. Per esigenze di semplificazione la norma dispone che tale periodo sia autorizzabile con il medesimo provvedimento di concessione.
Per quanto concerne, invece, la platea dei lavoratori beneficiari, questa era stata inizialmente limitata ai lavoratori in forza al 23 febbraio 2020; solo successivamente il perimetro applicativo è stato esteso in due tempi, prima ai sensi dell’articolo 41 del d.l. n. 23/2020, poi con l’art. 70, comma 1, del Decreto “Rilancio” che ammette al trattamento i dipendenti già in forza alla data del 25 marzo 2020. Per i lavoratori ammessi al trattamento, inoltre, è riconosciuta la contribuzione figurativa e i relativi oneri accessori.
Il messaggio INPS n. 1607/2020, come parimenti previsto per le istanze di cassa integrazione ordinaria, offre indicazioni ai datori di lavoro interessati che abbiano già trasmesso domanda di accesso alle prestazioni in deroga con causale “COVID-19 nazionale” nel rispetto degli originari termini di anzianità del lavoratore (23 febbraio 2020), e che abbiano escluso alcuni lavoratori, ad oggi, ammissibili. Anche questi “possono inviare una domanda integrativa, con la medesima causale e per il medesimo periodo originariamente richiesto, con riferimento ai lavoratori che non rientravano nel novero dei possibili beneficiari della prestazione, in virtù di quanto previsto dagli articoli 19 e 22 del decreto-legge n. 18/2020 prima della novella introdotta dall’articolo 41 del decreto-legge n. 23/2020. La domanda integrativa, inoltre, deve riguardare lavoratori in forza presso la stessa unità produttiva oggetto della originaria istanza”.
Informazione e accordo sindacale
Ad eccezione delle imprese che occupano fino a cinque dipendenti, il trattamento di cassa integrazione guadagni in deroga (cd. CIGD) può essere richiesto previo accordo con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale per i datori di lavoro, concluso anche con modalità telematica. Al fine di soddisfare le esigenze di velocizzazione delle procedure, dunque, le imprese che non occupano oltre cinque dipendenti possono accedere al trattamento CIGD anche in mancanza di accordo sindacale, ricorrendone gli ulteriori presupposti.
L’ulteriore dispensa dall’accordo sindacale concessa per effetto della legge di conversione del Decreto “Cura Italia” anche ai datori di lavoro che avessero chiuso l’attività in ottemperanza ai provvedimenti di urgenza emanati per far fronte all’emergenza epidemiologica da COVID-19, è stata ora abrogata dall’art. 70, comma 1, lett. a) del Decreto “Rilancio”.
Neutralizzazione costi contributivi CIGD
Secondo l’INPS, “poiché l’emergenza epidemiologica da COVID-19 rientra nel novero degli eventi oggettivamente non evitabili (c.d. E.O.N.E), per il trattamento di cui al comma 1 dell’articolo 22 in commento, non si applicano le disposizioni relative al requisito dell’anzianità di effettivo lavoro, previsto dall’articolo 1, comma 2, primo periodo, del D.lgs n. 148/2015, né è dovuto il contributo addizionale, di cui all’articolo 5 del medesimo decreto legislativo. Non si applica altresì la riduzione in percentuale della relativa misura di cui all’articolo 2, comma 66, della legge 28 giugno 2012, n. 92, in caso di proroghe dei trattamenti di cassa integrazione in deroga” (v. circ. n. 47/2020). Inoltre, l’Istituto conferma anche per la CIGD l’ininfluenza della presenza di saldi ferie maturati e non goduti da lavoratori dipendenti delle aziende richiedenti l’integrazione salariale.
Il trattamento CIGD, limitatamente ai lavoratori del settore agricolo, per le ore di riduzione o sospensione delle attività, nei limiti ivi previsti, è equiparato a lavoro ai fini del calcolo delle prestazioni di disoccupazione agricola.
Sono, invece, esclusi dal campo di applicazione dell’ammortizzatore sociale i datori di lavoro domestico.
Ai sensi del comma 3 dell’articolo 22 del Decreto, il trattamento in deroga è riconosciuto nel limite massimo di 4.936,1 milioni di euro per l’anno 2020, a decorrere dal 23 febbraio 2020 e limitatamente ai dipendenti già in forza alla data del 25 marzo 2020 (10). Le predette risorse sono ripartite tra le regioni e province autonome con uno o più decreti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.
L’INPS comunica settimanalmente al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze le risultanze, anche in via prospettica, delle autorizzazioni e delle erogazioni in relazione alle risorse ripartite tra le singole regioni e province autonome. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze da adottare entro il 30 giugno 2020 si provvede ad individuare le somme ripartite e non corrispondenti ad autorizzazioni riconosciute e le somme non ripartite al fine di renderle disponibili all’INPS per le finalità di ampliamento della tutela occupazionale di cui al nuovo articolo 22-ter del Decreto “Cura Italia”.
Procedimento amministrativo CIGD
I trattamenti di integrazione salariale in deroga sono concessi con decreto delle regioni e delle province autonome interessate, da trasmettere all’INPS in modalità telematica entro quarantotto ore dall’adozione, la cui efficacia è in ogni caso subordinata alla verifica del rispetto dei prescritti limiti di spesa. Le regioni e le province autonome, unitamente al decreto di concessione, inviano la lista dei beneficiari all’INPS, che provvede all’erogazione delle predette prestazioni.
Le domande di CIGD dovranno essere presentate alla regione e alle province autonome, che le istruiranno secondo l’ordine cronologico di presentazione delle stesse. Le domande di CIGD, secondo quanto stabilito dall’articolo 41 del d.l. n. 23/2020, sono esenti dall’imposta di bollo.
La legge di conversione del Decreto “Cura Italia”, al fine di snellire le procedure ed evitare una ingiustificata moltiplicazione di domande di accesso al trattamento, ha previsto per i datori di lavoro con unità produttive site in più regioni o province autonome che il trattamento di integrazione salariale in deroga possa essere riconosciuto dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali. In considerazione dell’operatività dei Fondi di solidarietà bilaterali del Trentino e dell’Alto Adige, sono a questi trasferite le risorse finanziarie relative ai trattamenti di integrazione salariale in deroga, previsti dall’articolo 22, comma 1, destinate alle Province autonome di Trento e di Bolzano. Ai sensi del nuovo comma 5-quater dell’art. 22 del Decreto “Cura Italia”, inserito dall’art. 70 del Decreto “Rilancio”, le risorse finanziarie destinate alle Province autonome di Trento e di Bolzano, trasferite ai rispettivi Fondi di solidarietà bilaterali del Trentino e dell’Alto Adige, costituiti ai sensi dell’articolo 40 del d.l.gs. 14 settembre 2015, n. 148, possono essere utilizzate a condizione di copertura del relativo fabbisogno finanziario con fondi provinciali, anche per la finalità di assicurare ai lavoratori una tutela integrativa rispetto a prestazioni connesse a trattamenti di integrazione salariale ordinaria, straordinaria e in deroga previsti dalla normativa vigente.
Con la circolare n. 58 del 7 maggio 2020, l’INPS ha diramato indicazioni operative per la gestione dei trattamenti di cassa integrazione in deroga per le aziende con unità produttive site in 5 o più Regioni
o Province autonome in ipotesi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19.
Il successivo decreto interministeriale del 24 marzo 2020, relativo all’assegnazione delle risorse per il finanziamento dei trattamenti di cassa integrazione in deroga, all’articolo 2 ha previsto che, nel caso di crisi in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 che coinvolga unità produttive del medesimo datore di lavoro site in 5 o più Regioni o Province autonome (c.d. aziende “plurilocalizzate”), il trattamento di cassa integrazione in deroga è riconosciuto con decreto del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, per conto delle Regioni o Province autonome interessate.
In proposito, si segnala che con la circolare n. 8 del 4 aprile 2020 il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali ha fornito ulteriori precisazioni e istruzioni operative, con particolare riguardo al concetto di unità produttiva in contrasto con la consolidata prassi INPS. Secondo il Ministero, infatti, si configurerebbero come unità produttive ciascun punto vendita di una stessa azienda, anche se privo di autonomia finanziaria e di business. Difatti, l’ente previdenziale ha sempre fornito una qualificazione di “unità produttiva” in linea con quella ricavabile, seppure ad altri fini, dallo Statuto dei lavoratori, chiarendo che questa è definita da tre requisiti, tra cui l’autonomia finanziaria e di business (cfr. circolari INPS n. 197/2015, circ. n. 9/2017 e il messaggio INPS n. 56/2017).
Alla luce della posizione interpretativa assunta dal Ministero del Lavoro, dunque, le imprese plurilocalizzate, organizzate in punti vendita, come nella grande distribuzione, non possono siglare un solo accordo sindacale aziendale, nell’unica unità produttiva che si configuri come sede principale, e chiedere la CIGD alla Regione in cui essa era ubicata, configurando i negozi come unità operative. Pertanto, le aziende che prima del 4 aprile 2020 (data di emanazione della Circolare del Ministero del Lavoro n. 8) abbiano già chiesto la CIGD alla Regione in cui vi era l’unica unità produttiva secondo la prassi dell’Istituto, dovranno riproporre la domanda al Ministero.
La Circolare INPS n. 58/2020 ha, inoltre, riepilogato il procedimento per la presentazione della domanda di CIGD in caso di impresa plurilocalizzata. L’azienda invia la richiesta d’intervento al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali sulla base della domanda disponibile sul sito del Ministero. Ai sensi della Circolare Ministero del Lavoro n. 8 del 4 aprile 2020 (§ 4), “L’istanza deve essere inoltrata in modalità ` telematica tramite la piattaforma CIGSonline con la causale ‘COVID – 19 Deroga’. La modalità ` telematica CIGSonline prevede due tipi di invio: ‘invio cartaceo’ e/o ‘invio digitale’, nel caso di ‘invio cartaceo’ deve essere allegata la scansione della prima pagina del modulo dell’istanza contenente marca da bollo e firma autografa unitamente ad un documento di riconoscimento in corso di validità. Non si terrà conto di domande inoltrate in modalità diversa. Eventuali istanze già inviate in modalità diversa, dovranno essere comunque trasmesse in modalità telematica”.
Le domande devono essere corredate:
– dall’accordo sindacale, qualora previsto (ai sensi dell’art. 22, comma 1, del Decreto “Cura Italia”);
– dall’elenco nominativo dei lavoratori interessati dalle sospensioni o riduzioni di orario dal quale emerga la quantificazione totale delle ore di sospensione (con suddivisione a seconda della tipologia di orario prescelto, ad esempio full-time, part-time) con il relativo importo;
– i dati relativi all’azienda;
– i dati relativi alle unità aziendali che fruiscono del trattamento;
– la causale di intervento per l’accesso al trattamento;
– il nominativo del referente della domanda con l’indicazione di un recapito telefonico e di un indirizzo e-mail.
Il Ministero effettua l’istruttoria e, nel caso in cui accerti la sussistenza dei presupposti, quantifica l’onere previsto e lo trasmette all’INPS. Il provvedimento di concessione è emanato con decreto del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, nel rispetto del limite di spesa programmato. A seguito dell’avvenuta emanazione del decreto ministeriale, l’azienda invia la domanda di integrazione salariale tramite “modello IG_15_deroga” (cod. “SR100”) all’INPS sulla piattaforma “CIGWEB” con il sistema del “ticket” indicando, tra gli altri dati, il numero del decreto di concessione ministeriale.
Le domande dovranno essere trasmesse in relazione alle singole “unità produttive” censite dall’INPS, anche qualora il decreto abbia autorizzato “unità operative”.
L’Istituto effettuata l’istruttoria, emette l’autorizzazione inviandola all’azienda a mezzo PEC.
Pagamento diretto CIGD
Il trattamento CIGD può essere concesso esclusivamente con la modalità di pagamento diretto della prestazione da parte dell’INPS, applicando la disciplina di cui all’articolo 44, comma 6-ter, del d.lgs. n. 148 del 2015.
In una prospettiva di velocizzazione delle procedure, il Decreto “Rilancio” introduce l’obbligo per il datore di lavoro di inviare all’Istituto tutti i dati necessari per il pagamento dell’integrazione salariale, secondo le modalità stabilite dall’Istituto, entro il giorno 20 di ogni mensilità successiva a quella in cui è collocato il periodo di integrazione salariale.
Articolo 22-bis (d.l. “Cura Italia”) – Iniziative di solidarietà in favore dei famigliari di medici, personale infermieristico e operatori socio-sanitari
L’articolo 22-bis – aggiunto dall’art. 1, comma 1, della legge 24 aprile 2020, n. 27, di conversione del Decreto “Cura Italia” – istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un fondo con una dotazione di 10 milioni di euro per l’anno 2020 destinato all’adozione di iniziative di solidarietà a favore dei famigliari di medici, personale infermieristico e operatori socio-sanitari, impegnati nelle azioni di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 che, durante lo stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2020, in conseguenza dell’attività di servizio prestata, abbiano contratto una patologia alla quale sia conseguita la morte per effetto diretto o “come concausa” del contagio da COVID-19.
Le modalità di attuazione sono individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
Articolo 22-ter (d.l. “Cura Italia”) – Ulteriore finanziamento delle integrazioni salariali
L’articolo 22-ter – aggiunto dall’art. 71 del Decreto “Rilancio” – istituisce nell’ambito dello stato di previsione del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali apposito capitolo di bilancio con dotazione per l’anno 2020 pari a 2.740,8 milioni di euro, per il finanziamento di possibili ulteriori misure di tutela delle posizioni lavorative rispetto a quella assicurata dai rifinanziamenti delle misure degli ammortizzatori sociali di cui agli articoli da 19 a 22 del Decreto “Cura Italia”. Le risorse, nel caso di possibile prolungarsi degli effetti sul piano occupazionale dell’emergenza epidemiologica da COVID- 19, possono essere trasferite all’INPS e ai Fondi di cui agli articoli 26 e 27 del d.lgs. 14 settembre 2015, n. 148.
La dotazione costituisce, in ogni caso, limite massimo di spesa, per il rifinanziamento delle specifiche misure di integrazione salariale che saranno operate con uno o più decreti del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle finanze, nel rispetto dei saldi di finanza pubblica da adottare entro il 31 agosto 2020.
La decretazione potrà prevedere anche l’estensione del periodo massimo di durata dei trattamenti di integrazione salariale di cui all’articolo 22, comma 1, secondo periodo, nonché per un massimo di quattro settimane fruibili per i periodi decorrenti dal 1° settembre al 31 ottobre 2020 limitatamente ai datori di lavoro che abbiano interamente fruito il periodo massimo di quattordici settimane, come disciplinato dagli articoli da 19 a 21 e, per i trattamenti di cui all’articolo 22, dal presente comma.
Le eventuali economie relative ai trattamenti di integrazione salariale concessi ai sensi degli articoli da 19 a 22, possono essere utilizzate per il predetto rafforzamento delle misure di tutela dell’occupazione.
Articolo 22-quater (d.l. “Cura Italia”) – Trattamento di integrazione salariale in deroga “Emergenza Covid-19” all’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale
La disposizione, aggiunta dall’art. 71 del Decreto “Rilancio”, introduce una specifica disciplina per i trattamenti di integrazione salariale in deroga di cui all’articolo 22, richiesti per periodi successivi alle prime nove settimane riconosciuti dalle Regioni.
La competenza in materia di concessione dei predetti trattamenti passa all’INPS, al quale i datori di lavoro devono inviare telematicamente la domanda con la lista dei beneficiari, indicando le ore di sospensione per ciascun lavoratore per tutto il periodo autorizzato. L’INPS provvede all’erogazione delle predette prestazioni, previa verifica del rispetto, anche in via prospettica, dei limiti di spesa previsti dalla legge. I risultati dell’attività di monitoraggio sono forniti al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’Economia e delle finanze. Qualora dal predetto monitoraggio emerga che è stato raggiunto il limite di spesa, anche in via prospettica, l’INPS non potrà in ogni caso emettere altri provvedimenti concessori.
Per i datori di lavoro con unità produttive site in più regioni o province autonome il trattamento di cui al presente articolo potrà essere riconosciuto dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, secondo quanto definito nel decreto ministeriale di prossima emanazione. Nello stesso è stabilito il numero di regioni o province autonome in cui sono localizzate le unità produttive del medesimo datore di lavoro, al di sopra del quale il trattamento è riconosciuto dal predetto Ministero.
Per le Province autonome di Trento e Bolzano rimane ferma la possibilità di trasferimento delle risorse ai rispettivi Fondi di solidarietà geografici che provvederanno all’autorizzazione dei trattamenti, secondo quanto disposto dall’articolo 22, commi 1 e 5, del Decreto “Cura Italia”.
La disciplina legale, inoltre, detta nuovi tempi per la trasmissione della domanda di concessione del trattamento CIGD alla sede INPS territorialmente competente. Queste andranno trasmesse decorsi trenta giorni dall’entrata in vigore della presente disposizione. Decorsi i predetti trenta giorni, la medesima domanda deve essere trasmessa entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa.
Il trattamento di CIGD per i periodi di sospensione successivi alle nove settimane possono essere anticipati dal datore di lavoro e successivamente conguagliati o, in alternativa, pagati direttamente dall’INPS.
Al fine di ridurre drasticamente i tempi di istruttoria e di pagamento dei trattamenti di integrazione salariale ai lavoratori sospesi, viene istituito un inedito sistema di anticipazione da parte dell’INPS. La disciplina legale prevede che il datore di lavoro che si avvale del pagamento diretto da parte dell’INPS è tenuto a trasmettere la domanda di CIGD, entro il quindicesimo giorno dall’inizio del periodo di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, unitamente ai dati essenziali per il calcolo e l’erogazione di una anticipazione della prestazione ai lavoratori, con le modalità indicate dall’INPS. A sua volta, l’INPS è tenuto ad autorizzare le domande entro 15 giorni dal loro ricevimento e a disporre un’anticipazione di pagamento del trattamento.
La misura dell’anticipazione prevista per il pagamento diretto è calcolata sul 40 per cento delle ore autorizzate nell’intero periodo. A seguito della successiva trasmissione completa dei dati da parte dei datori di lavoro, l’INPS provvede al pagamento del trattamento residuo o al recupero nei confronti dei datori di lavoro degli eventuali importi indebitamente anticipati. L’INPS provvede a regolamentare le modalità operative del procedimento della presente disposizione.
Il datore di lavoro invia, in ogni caso, all’Istituto tutti i dati necessari per il saldo dell’integrazione salariale, secondo le modalità stabilite dall’Istituto, entro 30 giorni dell’erogazione dell’anticipazione. In forza del rinvio operato dal nuovo art. 22-quater, comma 3, alla disciplina dell’articolo 44, comma 6-ter, del d.lgs. 14 settembre 2015, n. 148, il datore di lavoro è obbligato ad inviare all’Istituto tutti i dati necessari per il pagamento dell’integrazione salariale, secondo le modalità stabilite dall’Istituto. Trascorsi inutilmente i termini previsti, il pagamento della prestazione e gli oneri ad essa connessi rimangono a carico del datore di lavoro inadempiente. Per le domande dei datori di lavoro con richiesta di pagamento diretto della presentazione riferita a periodi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa che hanno avuto inizio nel periodo ricompreso tra il 23 febbraio 2020 e il 30 aprile 2020, già autorizzate dalle amministrazioni competenti, i datori di lavoro, ove non abbiano già provveduto, comunicano all’INPS i dati necessari per il pagamento delle prestazioni con le modalità indicate dall’Istituto entro 20 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
I trattamenti CIGD richiesti per le settimane successive alla nona sono riconosciuti nel limite massimo di cui all’articolo 22, comma 3, al netto delle risorse già destinate dalle Regioni a valere sul medesimo limite di spesa, limitatamente ai dipendenti già in forza alla data del 25 marzo 2020.
Articolo 22-quinquies (d.l. “Cura Italia”) – Modifiche al pagamento diretto del trattamento di cassa integrazione ordinaria e di assegno ordinario
Il nuovo sistema di pagamento diretto con anticipazione INPS istituito per la CIGD viene esteso, in forza del nuovo art. 22-quinquies aggiunto dall’art. 71 del Decreto “Rilancio”, anche alle richieste di integrazione salariale a pagamento diretto di CIGO e Assegno ordinario, previste agli articoli da 19 a 21 del Decreto “Cura Italia”, presentate a decorrere dal trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della presente disposizione.
Agli oneri derivanti dal presente articolo, pari a 2.740,8 milioni di euro per l’anno 2020, si provvede ai sensi dell’articolo 265 del Decreto “Rilancio”.
3. Norme speciali in materia di riduzione dell’orario di lavoro e di sostegno ai lavoratori
Articolo 23 (d.l. “Cura Italia”) – Congedo e indennità per i lavoratori dipendenti del settore privato, i lavoratori iscritti alla Gestione separata di cui all’art. 2, comma 26 della legge 8 agosto 1995, n. 335, e i lavoratori autonomi, per emergenza COVID-19
Le disposizioni del Capo II disciplinano in primis la fruizione di congedi parentali e permessi speciali per i genitori lavoratori dipendenti che abbiano particolari bisogni di cura familiare dettati dal contesto emergenziale, anche in conseguenza dei provvedimenti di sospensione dei servizi educativi per l’infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado.
In proposito, l’articolo 23, comma 1, introduce il diritto alla fruizione di un congedo parentale speciale per l’anno 2020 a decorrere dal 5 marzo, per un periodo continuativo o frazionato comunque non superiore a trenta giorni, per i genitori lavoratori dipendenti del settore privato per i figli di età non superiore ai 12 anni o con figli con disabilità in situazione di gravità accertata ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, iscritti a scuole di ogni ordine e grado o ospitati in centri diurni a carattere assistenziale. Il periodo di congedo, che aveva originariamente una durata di quindici giorni e, secondo quanto chiarito dall’INPS con messaggio n. 1648/2020, poteva essere fruito entro il 3 maggio 2020, è stato prolungato ad opera dell’art. 72 del Decreto “Rilancio” che ha anche provveduto a differire i termini per la sua fruizione al 31 luglio 2020, così scollegandolo da eventuali ulteriori periodi di sospensione dei servizi educativi per l’infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado.
Il congedo “può essere fruito da uno solo dei genitori oppure da entrambi, ma non negli stessi giorni e sempre nel limite complessivo (sia individuale che di coppia) di 30 giorni per nucleo familiare (e non per ogni figlio)” e “la fruizione è subordinata alla condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa o altro genitore disoccupato o non lavoratore” (cfr. messaggio Inps n. 1621/2020). Per il rispetto del regime condizionale, occorre fare riferimento alla famiglia anagrafica del genitore richiedente il congedo COVID-19, ovvero ai componenti iscritti nello stesso stato di famiglia. Sul punto, anche alla luce della novella, restano validi i chiarimenti INPS con i quali ha precisato che “i coniugi separati o divorziati fanno parte dello stesso nucleo familiare qualora continuino a risiedere nella stessa abitazione” (v. messaggio INPS n. 1621/2020). In caso di affido esclusivo dei figli, il congedo potrà essere fruito dal solo genitore con l’affido esclusivo a prescindere dalla causale di assenza dell’altro genitore.
I periodi di congedo sono accompagnati da una indennità pari al 50 per cento della retribuzione, calcolata secondo quanto previsto dall’articolo 23 del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, e sono coperti da contribuzione figurativa.
Qualora i genitori lavoratori, nelle more della emanazione del decreto e durante il periodo di sospensione previsto a decorrere dal 5 marzo, abbiano già fatto ricorso ad eventuali periodi di congedo parentale di cui agli articoli 32 e 33 del d.lgs. n. 151/2001, questi ultimi saranno convertiti nel congedo speciale di cui al comma 1 dell’articolo 23, con diritto alla specifica indennità. Una misura analoga è prevista anche per i genitori lavoratori iscritti in via esclusiva alla Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
Questi hanno diritto a fruire, alle medesime condizioni dei lavoratori subordinati, di un congedo parentale speciale di pari durata per il quale, però, in considerazione della peculiarità del rapporto di collaborazione, è riconosciuta una indennità, per ciascuna giornata indennizzabile, pari al 50 per cento di 1/365 del reddito individuato secondo la base di calcolo utilizzata ai fini della determinazione dell’indennità di maternità.
La medesima indennità è estesa ai genitori lavoratori autonomi iscritti all’INPS ed è commisurata, per ciascuna giornata indennizzabile, al 50 per cento della retribuzione convenzionale giornaliera stabilita annualmente dalla legge, a seconda della tipologia di lavoro autonomo svolto.
Ai sensi del comma 4 dell’articolo 23, la fruizione del congedo di cui al presente articolo è riconosciuta alternativamente ad entrambi i genitori, per un totale complessivo di quindici giorni, ed è subordinata alla condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa o altro genitore disoccupato o non lavoratore.
La normativa speciale, accanto al congedo indennizzato, prevede un’ulteriore possibilità di astensione dal rapporto di lavoro con diritto alla conservazione del posto e contestuale divieto di licenziamento in favore dei genitori lavoratori dipendenti del settore privato con figli minori di 16 anni. Ai sensi del comma 6 dell’articolo 23, come novellato dall’art. 72 del Decreto “Rilancio”, i genitori lavoratori dipendenti del settore privato con figli minori di 16 anni hanno diritto di astenersi dal lavoro per il periodo di sospensione dei servizi educativi per l’infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado, a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa o che non vi sia genitore non lavoratore. Per il congedo in esame, il decreto esclude sia la corresponsione di indennità sia il riconoscimento di contribuzione figurativa.
L’INPS, con il messaggio n. 1621/2020, ha fornito chiarimenti in ordine alla compatibilità e alla incompatibilità della fruizione del congedo COVID-19 con altri permessi e trattamenti. In particolare, il congedo non è compatibile con:
– la contemporanea (negli stessi giorni) fruizione da parte dell’altro genitore appartenente al nucleo di riposi giornalieri di cui agli articoli 39 e 40 del d.lgs n. 151/2001 (c.d. riposi per allattamento) fruiti per lo stesso figlio;
– la cessazione del rapporto di lavoro o dell’attività lavorativa;
– lo stato di disoccupazione del genitore o comunque l’assenza di alcun rapporto di lavoro, sia di tipo subordinato che di tipo autonomo;
– la contemporanea (negli stessi giorni) percezione da parte dell’altro genitore appartenente al nucleo familiare di strumenti a sostegno del reddito quali, ad esempio, CIGO, CIGS, CIG in deroga, assegno ordinario, CISOA, NASpI e DIS-COLL. In questa ipotesi, l’incompatibilità opera solo nei casi e limitatamente ai giorni di sospensione dell’attività lavorativa per l’intera giornata.
Il congedo speciale COVID-19 è, invece, compatibile con:
– lo stato di malattia di uno dei genitori appartenente allo stesso nucleo familiare. In tal caso l’altro genitore può fruire del congedo COVID-19 oppure del congedo parentale, in quanto la presenza di un evento morboso potrebbe presupporre un’incapacità di prendersi cura del figlio;
– il congedo di maternità/paternità dei lavoratori dipendenti e autonomi (anche iscritti alla Gestione separata), qualora ci siano più figli nel nucleo familiare oltre al figlio per cui si fruisce del congedo di maternità/paternità. Per chiarezza, l’altro genitore non può fruire del congedo COVID-19 per lo stesso figlio;
– la prestazione di lavoro in modalità smart working dell’altro genitore, in quanto il genitore che svolge l’attività lavorativa da casa non può comunque occuparsi della cura dei figli;
– la contemporanea (negli stessi giorni) fruizione di ferie dell’altro genitore appartenente al nucleo familiare;
– la contemporanea (negli stessi giorni) fruizione di aspettativa non retribuita da parte dell’altro genitore appartenente al nucleo familiare;
– l’assenza per periodi di pausa contrattuale dell’altro genitore che ha in essere un rapporto di lavoro in forza di un contratto part-time o intermittente;
– la percezione delle indennità di cui agli articoli 27, 28, 29, 30 e 38 del d.l. n. 18/2020;
– la sospensione obbligatoria dell’attività da lavoro autonomo disposta durante il periodo di emergenza per COVID-19, trattandosi di una ipotesi di sospensione dell’attività lavorativa e non di una cessazione dell’attività.
In alternativa ai congedi parentali retribuiti, di cui ai commi 1 e 3 dell’articolo 23, i medesimi lavoratori beneficiari, possono scegliere la corresponsione di uno o più bonus per l’acquisto di servizi di babysitting nel limite massimo complessivo di 1.200 euro, da utilizzare per prestazioni effettuate a decorrere dal 5 marzo 2020, nel periodo di cui al comma 1 dell’articolo 23.
Il bonus viene erogato mediante il libretto famiglia di cui all’articolo 54-bis della legge 24 aprile 2017, n. 50, secondo le istruzioni diramate dall’INPS con circolare n. 44/2020. Per poter fruire del bonus il genitore beneficiario (utilizzatore) e il prestatore devono preliminarmente registrarsi sulla piattaforma delle prestazioni occasionali, accessibile sul sito www.inps.it. L’utilizzatore e il prestatore possono accedere alla procedura:
– direttamente con l’utilizzo delle proprie credenziali;
– avvalendosi dei servizi di contact center INPS, che gestiranno, per conto dell’utente (utilizzatore/prestatore), lo svolgimento delle attività di registrazione e/o degli adempimenti di comunicazione della prestazione lavorativa. Anche in tal caso è necessario il possesso delle credenziali personali;
– tramite intermediari di cui alla legge 11 gennaio 1979, n. 12, o enti di patronato di cui alla legge 30 marzo 2001, n. 152 e ss.mm.ii.
L’Istituto precisa che “il genitore beneficiario dovrà procedere alla c.d. appropriazione telematica del bonus per l’acquisto dei servizi di baby-sitting, entro e non oltre 15 giorni solari dalla ricevuta comunicazione di accoglimento della domanda tramite i canali telematici indicati nella domanda stessa (sms, indirizzo mail o PEC).
La mancata appropriazione telematica del bonus baby-sitting, entro e non oltre gli indicati 15 giorni solari dalla ricevuta comunicazione di accoglimento della domanda tramite canali telematici, equivale alla rinuncia tacita al beneficio stesso”.
Il bonus baby-sitting è altresì riconosciuto, ex comma 8-bis dell’articolo 23, ai lavoratori autonomi non iscritti all’INPS, subordinatamente alla comunicazione da parte delle rispettive casse previdenziali del numero dei beneficiari.
L’articolo 23 del Decreto, infine, rimanda all’INPS la definizione delle modalità operative per accedere ai congedi parentali straordinari retribuiti, di cui ai commi 1 e 2, ovvero al bonus baby sitting, di cui al comma 8. Sulla base delle domande pervenute, l’INPS provvede al monitoraggio comunicandone le risultanze al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze. Qualora dal monitoraggio emerga il superamento del limite di spesa complessivo di 1.569 milioni di euro annui per l’anno 2020, l’INPS procede al rigetto delle domande presentate.
Articolo 24 (d.l. “Cura Italia”) – Estensione durata permessi retribuiti ex art. 33, legge 5 febbraio
1992, n. 104
L’articolo 24 del d.l. n. 18/2020 incrementa il numero di giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa di cui all’articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, di ulteriori complessive dodici giornate condizionandone, però, la fruizione nei mesi di marzo e aprile 2020 e di ulteriori complessive dodici giornate usufruibili nei mesi di maggio e giugno 2020 (ex art. 73 del Decreto “Rilancio”).
Le procedure telematiche di inoltro delle domande di congedo previsti dal Decreto “Cura Italia” per emergenza COVID-19 sono state attivate a partire dal 30 marzo 2020, così come comunicato dall’INPS con messaggio n. 1416/2020. Attraverso il portale dell’Istituto di previdenza sociale è possibile presentare le domande per periodi precedenti la data di presentazione della domanda on line, purché non anteriori alla data del 5 marzo 2020.
L’INPS ha chiarito che i lavoratori dipendenti che abbiano già presentato precedente domanda di congedo parentale ordinario non dovranno presentare una nuova domanda di congedo speciale poiché verrà automaticamente convertito in congedo per emergenza COVID-19. L’accesso alla piattaforma telematica INPS, in tal caso, dovrà avvenire secondo gli ordinari sistemi di identificazione del cittadino (PIN ordinario oppure SPID, CIE, CNS) in quanto non è ammessa la modalità di accesso semplificata di cui al messaggio n. 1381/2020.
La legge di conversione, con l’aggiunta del comma 2-bis, ha disposto che per il personale delle Forze di polizia, delle Forze armate, della Polizia penitenziaria e del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, l’estensione dei permessi può essere riconosciuta compatibilmente con le esigenze organizzative dell’ente cui appartiene e con le preminenti esigenze di interesse pubblico da tutelare. Il beneficio non può essere cumulato con quanto previsto all’articolo 87, comma 6.
La previsione di cui al primo periodo del presente comma si intende riferita anche al personale della polizia locale dei comuni, delle province e delle città metropolitane.
Articolo 25 (d.l. “Cura Italia”) – Congedo e indennità per i lavoratori dipendenti del settore pubblico, nonché bonus per l’acquisto di servizi di baby-sitting per i dipendenti del settore sanitario pubblico e privato accreditato, per emergenza COVID -19
L’articolo 25 del d.l. 18/2020 estende le misure già previste all’articolo 23, commi 1, 2, 4, 5, 6 e 7, per i genitori lavoratori del settore privato anche a quelli del settore pubblico, che hanno diritto alla fruizione di un congedo parentale speciale per l’anno 2020 a decorrere dal 5 marzo e fino al 31 luglio 2020, per un periodo continuativo o frazionato comunque non superiore a trenta giorni, qualora questi siano genitori di figli di età non superiore ai 12 anni o con figli con disabilità in situazione di gravità accertata ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, iscritti a scuole di ogni ordine e grado o ospitati in centri diurni a carattere assistenziale.
L’erogazione dell’indennità, nonché l’indicazione delle modalità di fruizione del congedo sono a cura dell’amministrazione pubblica con la quale intercorre il rapporto di lavoro.
Ai sensi del comma 3 dell’articolo 25 del Decreto, per i lavoratori dipendenti del settore sanitario, pubblico e privato accreditato, appartenenti alla categoria dei medici, degli infermieri, dei tecnici di laboratorio biomedico, dei tecnici di radiologia medica e degli operatori sociosanitari, nonché dipendenti dalla Polizia di Stato, il bonus per l’acquisto di servizi di baby-sitting per l’assistenza e la sorveglianza dei figli minori fino a 12 anni di età, previsto dall’articolo 23, comma 8, in alternativa ai congedi parentali straordinari retribuiti, di cui al comma 1, è riconosciuto nel limite massimo complessivo di 2.000,00 euro.
Ai fini dell’accesso al bonus di cui al comma 3, il lavoratore presenta domanda tramite i canali telematici dell’Inps e secondo le modalità tecnico-operative stabilite in tempo utile dal medesimo Istituto indicando, al momento della domanda stessa, la prestazione di cui intende usufruire, contestualmente indicando il numero di giorni di indennità ovvero l’importo del bonus che si intende utilizzare. Sulla base delle domande pervenute, l’INPS provvede al monitoraggio comunicandone le risultanze al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze.
Qualora dal monitoraggio emerga il superamento, anche in via prospettica, del limite di spesa di cui al comma 5, l’INPS procede al rigetto delle domande presentate.
I congedi parentali straordinari indennizzati e il bonus baby sitting per i genitori lavoratori nel settore pubblico sono riconosciuti nel limite complessivo di 67,6 milioni di euro annui per l’anno 2020.
Articolo 26 (d.l. “Cura Italia”) – Misure urgenti per la tutela del periodo di sorveglianza attiva dei lavoratori del settore privato
Con il comma 1 dell’articolo 26 del d.l. 18/2020, il legislatore chiarisce quale debba essere il trattamento dei periodi trascorsi dal lavoratore in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva di cui all’articolo 1, comma 2, lettere h) e i) del d.l. 23 febbraio 2020, n. 6.
Una simile condizione dei lavoratori del settore privato è equiparata alla malattia ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento e non è computabile ai fini del periodo di comporto.
Diversamente, con il comma 1-ter dell’articolo 26, il Governo stabilisce che i lavoratori dipendenti pubblici e privati in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché i lavoratori in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, della medesima legge n. 104 del 1992, abbiano diritto a un periodo di assenza dal servizio, fino al 31 luglio 2020 (11), equiparato al ricovero ospedaliero di cui all’articolo 87, comma 1, primo periodo, del Decreto “Cura Italia”. Il periodo di assenza è prescritto dalle competenti autorità sanitarie, nonché dal medico di assistenza primaria che ha in carico il paziente, sulla base documentata del riconoscimento di disabilità o delle certificazioni dei competenti organi medico-legali di cui sopra, i cui riferimenti sono riportati, per le verifiche di competenza, nel
medesimo certificato. Nessuna responsabilità, neppure contabile, è imputabile al medico di assistenza primaria nell’ipotesi in cui il riconoscimento dello stato invalidante dipenda da fatto illecito di terzi. Il trattamento di malattia per i periodi trascorsi dal lavoratore in quarantena deve essere supportato dalla certificazione del medico curante con gli estremi del provvedimento che ha dato origine alla quarantena con sorveglianza attiva o alla permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva di cui all’articolo 1, comma 2, lettere h) e i) del d.l. 23 febbraio 2020, n. 6. Sono considerati validi i certificati di malattia trasmessi prima dell’entrata in vigore del decreto anche in assenza del provvedimento dell’autorità sanitaria.
Al fine alleviare i costi di gestione della “malattia” dei lavoratori in quarantena e del “ricovero” degli immunodepressi, il comma 4 dell’articolo 26 del Decreto prevede che gli oneri a carico del datore di lavoro, che presentano domanda all’ente previdenziale, e degli Istituti previdenziali connessi con le tutele di cui al presente articolo sono posti a carico dello Stato nel limite massimo di spesa di 380 milioni di euro per l’anno 2020. Gli enti previdenziali provvedono al monitoraggio del limite di spesa di cui al primo periodo del presente comma. Qualora dal predetto monitoraggio emerga che è stato raggiunto anche in via prospettica il limite di spesa, gli stessi enti previdenziali in considerazione ulteriori domande.
Articoli 27, 28, 29, 30, 31, 38 (d.l. “Cura Italia”) – Indennità e Articolo 98 (d.l. “Rilancio”) – Disposizioni in materia di lavoratori sportivi
L’articolo 27, comma 1, del d.l. n. 18/2020 prevede un’indennità pari a 600 euro a favore di due categorie di soggetti destinatari:
– i liberi professionisti titolari di partita IVA attiva alla data del 23 febbraio 2020;
– i lavoratori titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa attivi alla medesima data.
In entrambi i casi, i beneficiari devono essere iscritti alla Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, non devono essere titolari di pensione e non devono essere iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie.
L’indennità è prevista per il solo mese di marzo 2020 e non concorre alla formazione del reddito ai sensi del TUIR. Per il periodo di fruizione dell’indennità in questione non è riconosciuto l’accredito di contribuzione figurativa, né il diritto all’assegno per il nucleo familiare.
La formulazione della norma non pone problemi circa l’esatta individuazione dei soggetti destinatari della prima categoria di beneficiari che, in buona sostanza, sono identificabili nei cosiddetti “professionisti senza cassa”. L’INPS, con la circolare n. 49/2020, ha precisato che la disposizione comprende anche i partecipanti agli studi associati o società semplici con attività di lavoro autonomo di cui all’articolo 53, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), iscritti alla Gestione separata.
La seconda categoria di beneficiari, diversamente, non risulta del tutto chiara, in considerazione dell’espresso richiamo ai “lavoratori” titolari di rapporti di collaborazione iscritti alla gestione separata INPS. L’incertezza, in particolar modo, riguarda l’inclusione tra i beneficiari degli amministratori di società percettori di compensi assoggettati a contribuzione a Gestione separata. La norma previdenziale che istituisce l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata INPS, infatti, rinvia all’articolo 50, comma 1, lett. c-bis), TUIR, in materia di redditi assimilati a quello di lavoro dipendente.
Secondo quest’ultima disposizione sono assimilabili tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione agli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società, associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica, alla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili, alla partecipazione a collegi e commissioni, nonché quelli percepiti in relazione ad altri rapporti di collaborazione aventi per oggetto la prestazione di attività svolte senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e continuativo senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita, sempreché gli uffici o le collaborazioni non rientrino nei compiti istituzionali compresi nell’attività di lavoro dipendente di cui all’articolo 46, comma 1, concernente redditi di lavoro dipendente, o nell’oggetto dell’arte o professione di cui all’articolo 49, comma 1, concernente redditi di lavoro autonomo, esercitate dal contribuente.
Con la formula adottata con l’articolo 27, comma 1, del d.l. n. 17/2020, però, il legislatore dell’emergenza pare abbia inteso limitare la platea dei soggetti destinatari ai soli “lavoratori” iscritti alla gestione separata titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, così escludendo amministratori e sindaci.
Questa lettura, peraltro, è confortata dalla quanto chiarito dall’INPS nella summenzionata circolare esplicativa. L’Istituto, infatti, seppure non escluda espressamente gli amministratori e i sindaci dalla platea dei soggetti beneficiari, precisa che “I collaboratori coordinati e continuativi destinatari della disposizione in argomento devono, quindi, essere iscritti in via esclusiva alla Gestione separata con il versamento dell’aliquota contributiva in misura pari, per l’anno 2020, al 34,23%”. I collaboratori assoggettati all’aliquota del 34,23% sono i soggetti non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie per i quali è prevista la contribuzione aggiuntiva Dis-Coll. La Dis-Coll è un trattamento di disoccupazione estraneo agli amministratori e ai sindaci.
Con tale precisazione, dunque, l’INPS ha implicitamente escluso la possibilità che l’indennità di 600 euro possa essere fruibile anche da tali soggetti.
Il comma 2 del citato articolo 27 prevede che l’indennità in questione è erogata dall’INPS, previa domanda, nel limite di spesa complessivo di 203,4 milioni di euro per l’anno 2020. L’INPS provvede al monitoraggio e garantisce il rispetto del limite di spesa nelle modalità ivi previste, comunicando i risultati di tale attività al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’Economia e delle finanze.
Il decreto-legge non fornisce indicazioni e criteri per la formazione di possibili graduatorie di ammissione al trattamento. Anche la circolare INPS tace sul punto.
Ai sensi dell’articolo 98, l’indennità di 600 euro di cui all’art. 27 è riconosciuta da Sport e Salute S.p.A., anche in relazione ai rapporti di collaborazione presso federazioni sportive nazionali, enti di promozione sportiva, società e associazioni sportive dilettantistiche, di cui all’art. 67, comma 1, lettera m), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. Il predetto emolumento non concorre alla formazione del reddito ai sensi del TUIR.
Il limite di spesa è stato a tal fine innalzato di 200 milioni di euro.
Le domande degli interessati, unitamente all’autocertificazione della preesistenza del rapporto di collaborazione e della mancata percezione di altro reddito da lavoro, sono presentate alla società Sport e Salute s.p.a., che le istruisce secondo l’ordine cronologico di presentazione.
Le modalità di presentazione delle domande sono definite con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con l’Autorità delegata in materia di sport, da adottare entro 7 giorni dalla data di entrata in vigore del Decreto “Rilancio”, vale a dire dal 19 maggio 2020; lo stesso decreto definisce, inoltre, i criteri di gestione delle risorse, nonché le forme di monitoraggio della spesa e del relativo controllo.
L’articolo 28 del d.l. n. 18/2020 riconosce un’indennità analoga a quella di cui al precedente articolo 27, che non concorre alla formazione del reddito, a favore dei “lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell’Ago, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, ad esclusione della Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335”.
Si tratta dei lavoratori iscritti alle Gestioni speciali dei lavoratori autonomi artigiani, commercianti, coltivatori diretti, mezzadri e coloni.
Nell’ambito di applicazione sono ricomprese le figure degli imprenditori agricoli professionali iscritti alla gestione autonoma agricola, nonché i coadiuvanti e coadiutori artigiani, commercianti e lavoratori agricoli iscritti nelle rispettive gestioni autonome.
Con il messaggio n. 49/2020, l’INPS ha chiarito che la prestazione è riconosciuta alle categorie di lavoratori di cui sopra, a condizione che non siano titolari di trattamento pensionistico diretto e che non siano iscritti, al momento della presentazione della domanda, ad altre forme previdenziali obbligatorie, ad esclusione della Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge n. 335/1995. Tra i beneficiari sono compresi anche i soggetti obbligatoriamente iscritti alla gestione autonomi commercianti oltre che alla previdenza integrativa obbligatoria presso l’Enasarco.
Per i lavoratori individuati è prevista la corresponsione di una indennità per il mese di marzo 2020 pari a 600 euro. Detta prestazione non concorre alla formazione del reddito ai sensi del TUIR. Per il periodo di fruizione dell’indennità in questione non è riconosciuto l’accredito di contribuzione figurativa, né il diritto all’assegno per il nucleo familiare. L’indennità è erogata dall’INPS, previa domanda, nel limite di spesa complessivo di 1.999,2 milioni di euro per l’anno 2020. L’INPS provvede al monitoraggio e garantisce il rispetto del limite di spesa nelle modalità ivi previste, comunicando i risultati di tale attività al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’Economia e delle finanze.
Come per l’indennità di cui all’articolo 27 del d.l. n. 18/2020, anche in questo caso non si rintracciano nella legge e nella prassi amministrativa indicazioni circa criteri di concessione ai soggetti beneficiari. L’articolo 29 del d.l n. 18/2020 riconosce un’indennità di 600 euro per il mese di marzo ai lavoratori stagionali del turismo e degli stabilimenti termali. L’INPS ha chiarito che la misura è rivolta ai lavoratori dipendenti con qualifica di stagionali dei settori produttivi del turismo e degli stabilimenti termali che hanno cessato involontariamente il rapporto di lavoro nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 17 marzo 2020, data di entrata in vigore del predetto decreto-legge, che non siano titolari di trattamento pensionistico diretto e che alla data del 17 marzo 2020 non abbiano in essere alcun rapporto di lavoro dipendente. La prestazione non concorre alla formazione del reddito ai sensi del TUIR e per il periodo di fruizione dell’indennità non è riconosciuto l’accredito di contribuzione figurativa, né il diritto all’assegno per il nucleo familiare.
L’indennità è erogata dall’INPS che, nella circolare n. 49/2020, ha individuato in via preliminare le attività economiche di interesse e la categoria di lavoratori destinatari della predetta indennità tramite elencazione dei codici statistici contributivi relativi alle attività economiche interessate.
Tra le misure adottate per il sostegno ai lavoratori a seguito dell’emergenza epidemiologica da COVID- 19, l’articolo 30 del d.l. n. 18/2020 prevede poi il riconoscimento di una indennità per il mese di marzo 2020, pari a 600 euro, in favore degli operai agricoli a tempo determinato. Nell’ambito di applicazione rientrano anche le figure equiparate di cui all’articolo 8 della legge 12 marzo 1968, n. 334 (piccoli coloni e compartecipanti familiari). L’indennità, che non concorre alla formazione del reddito ai sensi del TUIR, può essere riconosciuta, previa domanda, ai menzionati lavoratori agricoli, purché abbiano svolto nell’anno 2019 almeno 50 giornate di effettivo lavoro agricolo e purché non siano titolari di trattamento pensionistico diretto. Per il periodo di fruizione dell’indennità non è riconosciuto l’accredito di contribuzione figurativa, né il diritto all’assegno per il nucleo familiare.
L’indennità in parola è erogata, nel limite di spesa di 396 milioni di euro per l’anno 2020, dall’INPS, che provvede al monitoraggio e garantisce il rispetto del limite di spesa nelle modalità ivi previste, comunicando i risultati al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali.
L’articolo 38, comma 1, del d.l. n. 18/2020 prevede una indennità a favore dei lavoratori iscritti al Fondo pensioni Lavoratori dello spettacolo. Possono accedere alla prestazione i lavoratori iscritti al predetto Fondo, non titolari di trattamento pensionistico diretto, con almeno 30 contributi giornalieri versati nell’anno 2019 allo stesso Fondo pensioni Lavoratori dello spettacolo, da cui deriva nel medesimo anno 2019 un reddito non superiore a 50.000 euro. I lavoratori beneficiari, inoltre, ai fini dell’accesso all’indennità, non devono essere titolari di rapporto di lavoro dipendente alla data del 17 marzo 2020, di entrata in vigore del d.l. n. 18/2020.
Per i lavoratori come sopra individuati è prevista la corresponsione di una indennità per il mese di marzo 2020 pari a 600 euro. Detta prestazione non concorre alla formazione del reddito ai sensi del TUIR. Per il periodo di fruizione dell’indennità in questione non è riconosciuto l’accredito di contribuzione figurativa, né il diritto all’assegno per il nucleo familiare. Il comma 2 del citato articolo 38 prevede che l’indennità in questione è erogata dall’INPS, previa domanda, nel limite di spesa complessivo di 48,6 milioni di euro per l’anno 2020. L’INPS provvede al monitoraggio e garantisce il rispetto del limite di spesa nelle modalità ivi previste, comunicando i risultati di tali attività al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’Economia e delle finanze.
A norma dell’art. 31, le indennità di cui agli articoli 27, 28, 29, 30 e 38 non sono tra esse cumulabili e non sono riconosciute ai percettori di reddito di cittadinanza. Il nuovo comma 1-bis dell’art. 31 aggiunto dall’art. 75 del Decreto “Rilancio” ammette, però, la cumulabilità delle indennità di cui agli articoli 27, 28, 29, 30, 38 e 44 con l’assegno ordinario di invalidità di cui alla legge 12 giugno 1984, n. 222.
Le indennità sono erogate dall’INPS, previa domanda, nel limite di spesa complessivo prevista per ciascuna categoria di destinatari:
– 170 milioni di euro per l’anno 2020, per le indennità professionisti e lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa.
– 1.800 milioni di euro per l’anno 2020 per le indennità lavoratori autonomi iscritti alle Gestioni speciali dell’Ago).
– 86,5 milioni di euro per l’anno 2020 per le indennità lavoratori stagionali del turismo e degli stabilimenti termali).
– 330milioni di euro per l’anno 2020 per le indennità lavoratori del settore agricolo.
– 40,5 milioni di euro per l’anno 2020 per le indennità lavoratori dello spettacolo.
L’INPS provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa e comunica i risultati di tale attività al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al ministero dell’economia e delle finanze. Qualora dal predetto monitoraggio emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, rispetto al predetto limite di spesa, non sono adottati altri provvedimenti concessori.
La procedura per le domande di indennità di 600 euro è stata attivata dall’INPS che ha collocato direttamente nella home page del sito www.inps.it i collegamenti diretti ai moduli telematici di richiesta (v. messaggio INPS n. 1464/2020). Per far fronte alla situazione emergenziale l’istituto ha reso disponibili ai cittadini modalità di identificazione più ampie e facilitate rispetto al regime ordinario, anche attraverso il rilascio di un codice PIN di identificazione cosiddetto “semplificato” (v. messaggio INPS n. 1381/2020).
Quest’ultima modalità consente, a chi non possiede PIN ordinario o dispositivo, SPID, CIE o CNS di accedere alle cinque tipologie di domanda di indennità “facendo richiesta di un nuovo PIN e utilizzando fin da subito gli otto caratteri che si ricevono via SMS o e-mail, senza necessità di attendere la ricezione per posta della seconda parte del PIN”.
Modalità di pagamento delle indennità di cui agli articoli 26, 27, 28, 29, 30 e 38
L’INPS ha comunicato con propria circolare n. 48/2020 di avere accelerato l’adozione di strumenti informatici per la validazione degli strumenti di pagamento anche per le prestazioni non pensionistiche, secondo modalità telematiche basate su processi sistematici e continuativi di interrogazione degli archivi (“c.d. Data Base Condiviso”), sulla scorta di quanto fatto per il pagamento dei trattamenti pensionistici.
In particolare, “attraverso l’utilizzo del Data Base Condiviso – previsto dai vigenti contratti di servizio – vengono svolte le attività di controllo della congruenza fra i dati in possesso dell’Istituto (dati identificativi del titolare della pensione e codice IBAN del conto/libretto/carta indicato per la sua riscossione) e quelli conosciuti da Poste Italiane e dagli Istituti di credito incaricati dei pagamenti (dati identificativi dell’intestatario/cointestatario del conto/libretto/carta), favorendo così lo svolgimento del servizio di titolarità dell’IBAN, in caso di prima liquidazione, e del servizio di allineamento dell’IBAN, nel corso del pagamento delle rate successive alla prima liquidazione”.
A partire dal 10 aprile 2020, l’utilizzo del Data Base Condiviso viene esteso agli accertamenti IBAN riferiti alla liquidazione delle prestazioni non pensionistiche erogate dall’INPS. “Prima dell’accredito delle somme erogate per conto dell’INPS, Poste Italiane e gli Istituti di credito ai quali è contrattualmente affidato il servizio di pagamento delle pensioni e delle prestazioni non pensionistiche effettueranno, anche per conto delle banche per cui svolgono il servizio di ‘istituto collettore’, le verifiche preordinate ad accertare la coincidenza fra i dati identificativi del titolare della prestazione e quelli dell’intestatario/cointestatario dello strumento di riscossione (conto corrente, libretto di risparmio dotato di IBAN, carta prepagata ricaricabile dotata di IBAN) attraverso l’utilizzo del sistema denominato ‘Data Base Condiviso’, in modo da consentire la piena operatività del servizio di titolarità dell’IBAN e del servizio di allineamento dell’IBAN”.
Alla luce dei nuovi sviluppi operativi, per le prestazioni pensionistiche e non pensionistiche erogate dall’Istituto mediante l’accredito su conto corrente bancario o postale, su libretto di deposito a risparmio bancario nominativo dotato di codice IBAN, su libretto di risparmio postale nominativo dotato di codice IBAN o su carta prepagata ricaricabile dotata di codice IBAN, non è più prevista la compilazione e trasmissione dei modelli “AP03” (riscossione pensione a mezzo istituti di credito), “AP04” (riscossione pensione attraverso Poste Italiane), nonché “SR163” e “SR185” (riscossione prestazioni non pensionistiche), né Poste Italiane e gli Istituti di credito sono più tenuti alla loro validazione.
Anche i beneficiari delle indennità speciali previste dalla decretazione di emergenza, pertanto, potranno avvalersi delle predette semplificazioni. Tali modalità restano escluse per i titolari di un IBAN che richiedono il pagamento di prestazioni a carico dell’Istituto con accredito su un IBAN Area SEPA (extra Italia). Tali soggetti, secondo quanto chiarito con messaggio INPS n. 1981/2020, devono trasmettere all’Istituto la documentazione di identificazione personale e di titolarità dello strumento di riscossione.
In sede di presentazione dell’istanza per l’accesso alle indennità, i lavoratori titolari di conti/carte dell’Area SEPA (extra Italia) possono presentare, attraverso l’utilizzo della procedura “Indennità 600€”, dovranno selezionare come modalità di pagamento: “Accredito su IBAN Area SEPA (extra Italia)”. Come chiarito dal messaggio INPS n. 1981 del 14 maggio 2020, “Una volta presentata la domanda, il titolare di un IBAN che richiede il pagamento dell’indennità a carico dell’Istituto con accredito su un IBAN Area SEPA (extra Italia) è tenuto a trasmettere, alla casella di posta certificata dc.bilancicontabilitaservizifiscali@postacert.inps.gov.it, i documenti di seguito indicati:
– copia del documento di identità del beneficiario della prestazione;
– modulo di identificazione finanziaria (financial identification) predisposto dagli Organi della Comunità europea debitamente compilato e sottoscritto. Detto modulo deve essere timbrato e firmato da un rappresentante della banca estera ovvero, come previsto, deve essere corredato di un estratto conto (nel quale siano oscurati i dati contabili) o una dichiarazione della banca emittente dai quali risultino con evidenza il codice IBAN e i dati identificativi del titolare del conto corrente o della carta ricaricabile dotata di IBAN”.
Articolo 39 (d.l. “Cura Italia”) – Diritto di precedenza lavoro agile
Fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, ai lavoratori dipendenti disabili ex legge n. 104/1992 o che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona disabile ai sensi della medesima legge hanno diritto allo svolgimento della prestazione in modalità di lavoro agile, salvo le ipotesi in cui tale modalità sia incompatibile con le caratteristiche della prestazione.
Ai lavoratori del settore privato affetti da gravi e comprovate patologie, per i quali residui una ridotta capacità lavorativa, è riconosciuta la priorità nell’accoglimento delle istanze di svolgimento delle prestazioni lavorative in modalità di lavoro agile.
Articolo 40 (d.l. “Cura Italia”) – Sospensione delle misure di condizionalità per l’attribuzione di alcune prestazioni
Sono sospesi per quattro mesi (12) dall’entrata in vigore del d.l. n. 18/2020:
a) gli obblighi connessi alla fruizione del reddito di cittadinanza di cui al d.l. 28 gennaio 2019, n. 4, e i relativi termini ivi previsti, le misure di condizionalità e i relativi termini comunque previsti per i percettori di NASPI e di DISCOLL dal d.lgs. 4 marzo 2015, n. 22, per i beneficiari di integrazioni salariali dagli articoli 8 e 24-bis del d.lgs. n. 148/2015;
b) gli adempimenti relativi agli obblighi di cui all’articolo 7 della legge 12 marzo 1999, n. 68, le procedure di avviamento a selezione di cui all’articolo 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 56;
c) i termini per le convocazioni da parte dei centri per l’impiego per la partecipazione ad iniziative di orientamento di cui all’articolo 20, comma 3, lettera a), del d.lgs. 14 settembre 2015, n. 15.
La legge 24 aprile 2020, n. 27, di conversione del d.l. n. 18/2020, con l’aggiunta dei commi 1-bis e 1- ter, ha mitigato gli effetti sospensivi introducendo la possibilità che le attività di formazione professionale e orientamento al lavoro, nonché le altre attività connesse ai patti per il lavoro e ai patti per l’inclusione sociale siano rese con modalità a distanza, ove possibile.
Inoltre, per i disoccupati e percettori delle prestazioni succitate, non è oggetto di sospensione l’offerta di lavoro congrua che sia nell’ambito del comune di loro appartenenza.
Infine, ai comuni e gli ambiti territoriali delle regioni è data la possibilità di destinare gli interventi e i servizi sociali per il contrasto alla povertà, di cui all’articolo 7 del d.lgs. n. 147/2017, ai bisogni di assistenza che emergessero nell’attuale situazione emergenziale da COVID-19, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e per un periodo di due mesi.
Articolo 41 (d.l. “Cura Italia”) – Sospensione dell’attività dei Comitati centrali e periferici dell’Inps e dei decreti di loro costituzione
È sospesa l’attività dei Comitati centrali e periferici dell’Inps. I Presidenti dei Comitati amministratori dei Fondi di solidarietà bilaterali già costituiti sono nominati Commissari dei rispettivi Fondi e, esercitando i poteri riservati al Comitato amministratore, provvedono all’erogazione delle prestazioni.
Articolo 42 (d.l. “Cura Italia”) – Disposizioni INAIL
Con decorrenza dal 23 febbraio 2020 e sino al 1° giugno 2020 sono sospesi i termini di decadenza e di prescrizione relativi alle richieste da produrre all’INAIL per l’accesso alle prestazioni erogate dall’Istituto, nonché dei termini di scadenza relativi alla revisione delle rendite.
Il secondo comma regola alcuni aspetti concernenti la tutela assicurativa antinfortunistica nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2), avvenuti in occasione di lavoro (che, al pari della contrazione di altre malattie infettive e parassitarie, è a carico dell’INAIL). Le prestazioni INAIL si applicano anche durante il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato con conseguente astensione dal lavoro, a tutti i casi accertati di infezione dipendente da causa di lavoro. I predetti eventi infortunistici gravano sulla gestione assicurativa e non sono computati ai fini della determinazione dell’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico.
L’INAIL, attraverso la circolare n. 13/2020, ha fornito chiarimenti circa gli ambiti della tutela assicurativa e le modalità di denuncia dell’evento infortunistico.
Con comunicato del 15 maggio 2020, l’INAIL è intervenuto a margine delle preoccupazioni dei datori di lavoro rispetto ai profili di responsabilità civile e penale per le infezioni da COVID-19 dei lavoratori per motivi professionali. L’Istituto ha precisato che dal riconoscimento dell’infezione come infortunio sul lavoro non discende automaticamente l’accertamento della responsabilità civile o penale in capo al datore di lavoro.
“Sono diversi i presupposti per l’erogazione di un indennizzo Inail per la tutela relativa agli infortuni sul lavoro e quelli per il riconoscimento della responsabilità civile e penale del datore di lavoro che non abbia rispettato le norme a tutela della salute e sicurezza sul lavoro. Queste responsabilità devono essere rigorosamente accertate, attraverso la prova del dolo o della colpa del datore di lavoro, con criteri totalmente diversi da quelli previsti per il riconoscimento del diritto alle prestazioni assicurative Inail. Pertanto, il riconoscimento dell’infortunio da parte dell’Istituto non assume alcun rilievo per sostenere l’accusa in sede penale (…)”.
Articolo 43 (d.l. “Cura Italia”) – Contributi alle imprese e agli enti del terzo settore per la sicurezza e potenziamento dei presidi sanitari
L’INAIL provvede entro il 30 aprile 2020 a trasferire ad Invitalia l’importo di 50 milioni di euro da erogare alle imprese e agli enti del terzo settore di cui all’art. 4, comma 1, del d.lgs. n. 117/2017 per l’acquisto di dispositivi e altri strumenti di protezione individuale (13).
L’INAIL è inoltre autorizzato a bandire concorsi per l’assunzione di 100 lavoratori a tempo indeterminato con qualifica di medico ed è autorizzato ad acquisire un contingente di 200 medici specialisti e di 100 infermieri in regime di lavoro autonomo.
Articolo 44 (d.l. “Cura Italia”) – Istituzione del Fondo per il reddito di ultima istanza a favore dei
lavoratori danneggiati dal virus COVID-19
Nella consapevolezza che l’emergenza epidemiologica espone i lavoratori dipendenti e autonomi, ivi inclusi i professionisti, al rischio di cessazione, riduzione o sospensione della loro attività o del loro rapporto di lavoro, il Governo ha istituito un Fondo denominato “Fondo per il reddito di ultima istanza”, volto a garantire il riconoscimento di una indennità (nel limite di spesa 1.150 milioni di euro per l’anno 2020 (14) per i lavoratori dipendenti e autonomi che hanno “cessato, ridotto o sospeso la loro attività o il loro rapporto di lavoro”, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica.
Ai fini del riconoscimento dell’indennità, l’art. 78, comma 2, del Decreto “Rilancio” precisa che i soggetti titolari della prestazione, alla data di presentazione della domanda, non devono essere titolari di contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato né titolari di pensione. Con specifico riferimento ai professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria (di cui ai d.lgs. 30 giugno 1994, n. 509 e 10 febbraio 1996, n. 103), l’art. 46, comma 2, del Decreto “Cura Italia” demanda l’attuazione della disposizione ad apposito decreto ministeriale.
I cennati provvedimenti attuativi sono stati adottati con il decreto 28 marzo 2020 del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, pubblicato sul sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali il 1° aprile 2020. L’articolo 1 del decreto individua in 280 milioni di euro la quota parte del limite di spesa del Fondo per il reddito di ultima istanza, destinato al sostegno del reddito dei lavoratori autonomi e professionisti iscritti ad enti di diritto privato di previdenza obbligatoria.
Il sostegno al reddito viene realizzato mediante l’erogazione di un’indennità di 600 euro per il mese di marzo, riconosciuta ai seguenti soggetti (a condizione che abbiano adempiuto gli obblighi contributivi per l’anno 2019):
a) lavoratori che nel 2018 hanno percepito un reddito complessivo non superiore a 35.000 euro e la cui attività sia stata “limitata dai provvedimenti restrittivi” adottati per fare fronte all’emergenza epidemiologica.
b) lavoratori che nel 2018 hanno percepito un reddito complessivo compreso fra 35.000 e 50.000 euro che abbiano o “cessato”, o “ridotto”, o “sospeso” la loro attività in conseguenza dell’emergenza epidemiologica; a tal fine, valgono i seguenti parametri (articolo 2):
a. cessazione dell’attività: partita IVA chiusa fra il 23 febbraio e il 31 marzo 2020;
b. riduzione o sospensione dell’attività: riduzione pari o superiore al 33% del reddito (determinato in base a ricavi-costi con applicazione del principio di cassa) del primo trimestre del 2020, rispetto al reddito del primo trimestre 2019.
La disposizione di riferimento non fornisce alcuna indicazione in merito ai presupposti in base ai quali verrà verificata la sussistenza del requisito inerente l’intervenuta limitazione dell’attività professionale a causa dei provvedimenti restrittivi adottati per fronteggiare l’emergenza epidemiologica.
Le domande vanno presentate, a partire dal 1° aprile ed entro il 30 aprile 2020, ai rispettivi enti di previdenza privata (articolo 3) e possono essere inoltrate ad un solo ente previdenziale e per una sola forma di previdenza obbligatoria.
L’articolo 4 disciplina le modalità di monitoraggio dell’utilizzo delle risorse disponibili. Il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali provvede mensilmente al rimborso degli oneri sostenuti dagli enti di previdenza privati, dietro apposita rendicontazione (articolo 5).
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, rispondendo a un quesito relativo all’accesso all’indennità prevista dal Decreto “Cura Italia” per i lavoratori autonomi e i giovani iscritti alle Casse Professionali nell’anno 2019 o nei primi mesi del 2020, ha chiarito che “l’indennità potrà essere riconosciuta anche in favore di quei lavoratori autonomi e professionisti che, in quanto iscritti agli enti previdenziali di appartenenza durante l’anno 2019 o nei primi mesi del 2020, non possano vantare per l’anno di imposta 2018 un reddito derivante dall’esercizio della professione; ciò a condizione che gli stessi abbiano percepito, in quello stesso anno, un reddito complessivo non superiore a 35.000 euro, ovvero compreso tra i 35.000 e i 50.000 euro (in presenza, chiaramente, degli altri requisiti prescritti dalla legge)”.
Articolo 44-bis (d.l. “Cura Italia”) – Indennità per i lavoratori autonomi nei comuni di cui all’allegato 1 al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° marzo 2020
L’articolo, introdotto dalla legge di conversione del d.l. n. 18/2020, istituisce un’indennità mensile di 500 euro per un massimo di tre mesi in favore dei lavoratori autonomi che svolgono la loro attività lavorativa alla data del 23 febbraio 2020 nei comuni individuati nell’Allegato 1 al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° marzo 2020, o siano ivi residenti o domiciliati alla medesima data.
L’indennità è parametrata all’effettivo periodo di sospensione dell’attività e non concorre alla formazione del reddito ai sensi del testo unico di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.
I lavoratori autonomi interessati sono: i collaboratori coordinati e continuativi, i titolari di rapporti di agenzia e di rappresentanza commerciale e i lavoratori autonomi o professionisti ivi compresi i titolari di attività di impresa, iscritti all’assicurazione generale obbligatoria e alle forme esclusive e sostitutive della medesima, nonché alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
Il trattamento è erogato dall’INPS, previa domanda, nel limite di spesa complessivo di 5,8 milioni di euro per l’anno 2020. L’INPS provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa, fornendo i risultati di tale attività al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze. Qualora dal predetto monitoraggio emerga che è stato raggiunto, anche in via prospettica, il limite di spesa, l’INPS non prende in considerazione ulteriori domande.
Articolo 45 (d.l. “Cura Italia”) – Disposizioni in materia di personale addetto ai lavori necessari al ripristino del servizio elettrico
Al fine di garantire la continuità delle attività indifferibili per l’esecuzione di lavori necessari al ripristino del servizio elettrico sull’intero territorio nazionale, le abilitazioni già in possesso del relativo personale conservano la loro validità fino al 15 giugno 2020 (15), anche nei casi di temporanea impossibilità ad effettuare i moduli di aggiornamento pratico. Resta fermo l’obbligo per il datore di lavoro di erogare la formazione per l’aggiornamento teorico, anche a distanza nel rispetto delle misure di contenimento adottate per l’emergenza epidemiologica da COVID-19.
Articolo 46 (d.l. “Cura Italia”) – Disposizioni in materia di licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo
A decorrere dalla data di entrata in vigore del d.l. n. 18/2020, l’avvio delle procedure di licenziamento collettivo e riduzione di personale di cui agli articoli 4, 5 e 24, della legge 23 luglio 1991, n. 223 è precluso per cinque mesi (16) e nel medesimo periodo sono sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020.
Prima che siano decorsi cinque mesi (17) dalla data di emanazione del decreto, inoltre, il datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, non può recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3, della legge 15 luglio 1966, n. 604. Sono altresì sospese le procedure di licenziamento per giustificato motivo oggettivo in corso di cui all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604 (18).
Sono fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto d’appalto.
Per quanto concerne i licenziamenti intimati per giustificato motivo oggettivo, è lecito ritenere che restino salvi gli effetti dei licenziamenti intimati con preavviso prima dell’entrata in vigore del presente decreto, quandanche la cessazione del rapporto di lavoro dovesse avvenire successivamente al 17 marzo 2020.
Da ultimo, con l’intento di conservare i posti di lavoro e di riportare il maggior numero di lavoratori nel “calderone” del sistema di integrazione salariale, il nuovo comma 1-bis dell’art. 46 aggiunto dall’art. 80, comma 1, lett. b) del Decreto “Rilancio” introduce, in via eccezionale, disposizioni transitorie in materia di revoca dei licenziamenti. Il datore di lavoro che, indipendentemente dal numero dei dipendenti, nel periodo dal 23 febbraio 2020 al 17 marzo 2020 abbia proceduto al recesso del contratto di lavoro per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’art. 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604, può, in deroga alle previsioni di cui all’art. 18, comma 10, della legge 20 maggio 1970, n. 300, revocare in ogni tempo il recesso purché contestualmente faccia richiesta del trattamento di cassa integrazione salariale, di cui agli articoli da 19 a 22 dello stesso d.l. n. 18/2020, a partire dalla data in cui abbia avuto efficacia il licenziamento. In tal caso, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, senza oneri né sanzioni per il datore di lavoro.
4. Disposizioni in materia di sospensione e proroga dei termini di presentazione delle domande di trattamenti previdenziali e assistenziali Articolo 32 (d.l. “Cura Italia”) – Proroga dei termini di presentazione delle domande di disoccupazione agricola nell’anno 2020
Per gli operai agricoli a tempo determinato e indeterminato e per le figure equiparate di cui all’articolo 8 della legge 12 marzo 1968, n. 334, ovunque residenti o domiciliati sul territorio nazionale, il termine per la presentazione delle domande di disoccupazione agricola (che, secondo la normativa vigente deve essere presentata entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello in cui si è verificata la disoccupazione, pena la decadenza dal diritto) è prorogato, solo per le domande in competenza 2019, al giorno 1° giugno 2020.
Articolo 33 (d.l. “Cura Italia”) – Proroga dei termini in materia di domande di disoccupazione NASpI e DIS-COLL
Sono allungati da 68 a 128 giorni i termini di decadenza per la presentazione delle domande di disoccupazione NASpI e DIS-COLL per gli eventi di cessazione involontaria dall’attività lavorativa verificatisi nell’anno 2020. Per le domande presentate oltre il termine ordinario viene fatta salva la decorrenza della prestazione dal sessantottesimo giorno successivo alla data di cessazione involontaria del rapporto di lavoro.
Sono ampliati altresì di 30 giorni i termini previsti per la presentazione della domanda di incentivo all’autoimprenditorialità nonché i termini per l’assolvimento degli obblighi informativi posti a carico del lavoratore.
Indicazioni in merito sono state fornite dall’INPS con messaggio n. 1286/2020.
Articolo 34 (d.l. “Cura Italia”) – Proroga dei termini decadenziali in materia previdenziale e
assistenziale
A decorrere dal 23 febbraio 2020 e sino al 1° giugno 2020, il decorso dei termini di decadenza e di prescrizione relativi alle prestazioni previdenziali, assistenziali e assicurative erogate dall’INPS e dall’INAIL sono sospesi di diritto.
Articolo 37 (d.l. “Cura Italia”) – Sospensione dei termini per il pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria per i lavoratori domestici
È prevista la sospensione dei termini relativi agli adempimenti e ai versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e ai premi per l’assicurazione obbligatoria in scadenza nel periodo dal 23 febbraio 2020 al 31 maggio 2020.
I termini riprendono a decorrere dal 1°giugno 2020, consentendo anche la rateizzazione dei pagamenti senza applicazione di sanzioni e interessi.
5. Altre misure urgenti in materia di lavoro e politiche sociali del Decreto “Rilancio”
Articolo 82 (d.l. “Rilancio”) – Reddito di emergenza
Tra le misure adottate dal Governo destinate ad avere grande impatto sociale, il Decreto “Rilancio” annovera un nuovo strumento istituito per la tutela dei nuclei familiari in condizioni di necessità economica a causa dell’emergenza da COVID-19, il Reddito di emergenza (o “Rem”).
Destinatari
Il “Rem” è destinato ai nuclei familiari per i quali siano verificati, al momento della domanda, tutti i
seguenti requisiti:
a) residenza in Italia, verificata con riferimento al componente richiedente il beneficio;
b) un valore del reddito familiare, nel mese di aprile 2020, inferiore ad una soglia pari all’ammontare di cui al comma 5 (determinata in un minimo di 400 e un massimo di 800 euro);
c) un valore del patrimonio mobiliare familiare con riferimento all’anno 2019 inferiore a una soglia di euro 10.000, accresciuta di euro 5.000 per ogni componente successivo al primo e fino ad un massimo di euro 20.000; il massimale è incrementato di 5.000 euro in caso di presenza nel nucleo familiare di un componente in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza come definite ai fini dell’ISEE;
d) un valore dell’ISEE inferiore a 15.000 euro.
Incompatibilità
Oltre alle condizioni di cui sopra, la disciplina del “Rem” non è compatibile con la presenza di componenti del nucleo familiare che percepiscono o hanno percepito una delle indennità di cui agli articoli 27, 28, 29, 30 e 38 del Decreto “Cura Italia” ovvero di una delle indennità disciplinate in attuazione dell’articolo 44 dello stesso Decreto “Cura Italia” o, ancora, di una delle indennità di cui agli articoli 84 e 85 del Decreto “Rilancio”.
Il “Rem” non è, inoltre, compatibile con la presenza nel nucleo familiare di componenti che al momento della domanda si trovino in una delle seguenti condizioni:
a) essere titolari di pensione diretta o indiretta ad eccezione dell’assegno ordinario di invalidità;
b) essere titolari di un rapporto di lavoro dipendente la cui retribuzione lorda sia superiore agli importi del “Rem”;
c) essere percettori di reddito di cittadinanza, di cui al Capo I del d.l. n. 4/2019 o di misure aventi finalità analoghe di cui all’articolo 13, comma 2, dello stesso decreto.
Ammontare “Rem” e modalità di accesso
Ai fini della determinazione dell’ammontare del “Rem”:
a) il nucleo familiare è costituito dai soggetti componenti la famiglia anagrafica alla data di presentazione, ai sensi dell’articolo 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013 in materia di ISEE;
b) il reddito familiare è inclusivo di tutte le componenti di cui all’articolo 4, comma 2, del d.P.C.M. n. 159/2013 ed è riferito al mese di aprile 2020 secondo il principio di cassa;
c) il patrimonio mobiliare è definito ai sensi dell’articolo 5, comma 4, del d.P.C.M. n. 159/2013.
Ciascuna quota del “Rem” è determinata in un ammontare pari a 400 euro, moltiplicati per il corrispondente parametro della scala di equivalenza previsto per la quantificazione del reddito di cittadinanza, di cui all’art. 2, comma 4, del d.l. n. 4/2020, fino ad un massimo di 2, corrispondente a 800 euro, ovvero fino ad un massimo di 2,1 nel caso in cui nel nucleo familiare siano presenti componenti in condizioni di disabilità grave o non autosufficienza come definite ai fini ISEE.
Il parametro della scala di equivalenza è pari a 1 per il primo componente del nucleo familiare ed è incrementato di 0,4 per ogni ulteriore componente di minore età, fino ad un massimo di 2,1.
Il “Rem” è riconosciuto ed erogato dall’INPS in due quote ciascuna pari all’ammontare di 400 euro. Le domande devono essere presentate entro il termine del mese di giugno 2020 tramite modello predisposto dall’INPS, secondo le modalità stabilite dallo stesso Istituto, ai CAF, previa stipula di una convenzione con l’INPS, o agli istituti di patronato.
Esclusioni
Non hanno diritto al “Rem” i soggetti che si trovano in stato detentivo, per tutta la durata della pena, nonché coloro che sono ricoverati in istituti di cura di lunga degenza o altre strutture residenziali a totale carico dello Stato o di altra amministrazione pubblica. Nel caso in cui il nucleo familiare beneficiario abbia tra i suoi componenti soggetti rientranti nelle predette categorie, non si tiene conto di tali soggetti nella determinazione del parametro della scala di equivalenza di cui sopra.
Verifica dei requisiti
Ai fini della verifica del possesso dei requisiti di accesso al trattamento l’INPS e l’Agenzia delle entrate possono scambiare i dati relativi ai saldi e alle giacenze medie del patrimonio mobiliare dei componenti il nucleo familiare nelle modalità previste ai fini ISEE.
Nel caso in cui in esito a verifiche e controlli emerga il mancato possesso dei requisiti, il beneficio è immediatamente revocato, ferma restando la restituzione di quanto indebitamente percepito e le sanzioni previste a legislazione vigente.
Limiti di spesa
Ai fini dell’erogazione del “Rem” è autorizzato un limite di spesa di 954,6 milioni di euro per l’anno 2020 da iscrivere su apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali denominato “Fondo per il Reddito di emergenza”. L’INPS provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa e comunica i risultati di tale attività al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e al Ministero dell’Economia e delle finanze. Qualora dal predetto monitoraggio emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, rispetto al predetto limite di spesa, non sono adottati altri provvedimenti concessori.
Articolo 83 (d.l. “Rilancio”) – Sorveglianza sanitaria
Ferme restando le prescrizioni in materia di prevenzione dei rischi e protezione del lavoratore rinvenibili nel Testo Unico per la sicurezza, l’articolo 83 del Decreto “Rilancio” impone ai datori di lavoro di garantire, per lo svolgimento in sicurezza delle attività produttive e commerciali, la sorveglianza sanitaria eccezionale dei lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio in ragione di determinati fattori, derivanti anche da patologia COVID-19. A tal fine, fino alla data di cessazione dello stato di emergenza per rischio sanitario sul territorio nazionale, i datori di lavoro pubblici e privati assicurano la sorveglianza sanitaria eccezionale dei lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio, in ragione dell’età o della condizione di rischio derivante da immunodepressione, anche da patologia COVID-19, o da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o comunque da comorbilità che possono caratterizzare una maggiore rischiosità.
Per i datori per i quali non è previsto l’obbligo di nominare il medico competente per l’effettuazione della sorveglianza sanitaria, la sorveglianza sanitaria eccezionale può essere richiesta ai servizi territoriali dell’INAIL che vi provvedono con propri medici del lavoro. La relativa tariffa per l’effettuazione delle prestazioni è definita con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro della Salute, acquisito il parere della Conferenza Stato Regioni, da adottarsi entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore del decreto.
Qualora nell’ambito delle attività di sorveglianza sanitaria venga certificata l’inidoneità alla mansione di un lavoratore, tale circostanza non potrà in ogni caso giustificare il recesso del datore di lavoro dal contratto di lavoro.
L’INAIL è, inoltre autorizzato, per sostenere le imprese nella fase di ripresa delle attività produttive, all’assunzione con contratti di lavoro a tempo determinato di figure sanitarie, tecnico-specialistiche e di supporto di età non superiore a 29 anni, previa convenzione con ANPAL, a valere sulle risorse di cui al PON Giovani, fissando all’uopo un limite massimo di spesa.
Articolo 84 (d.l. “Rilancio”) – Nuove indennità per i lavoratori danneggiati dall’emergenza
epidemiologica da COVID-19
Viene prevista anche nei mesi di aprile e maggio 2020 la concessione di nuove indennità per il sostegno al reddito dei lavoratori danneggiati dall’emergenza epidemiologica da COVID-19.
Indennità per il mese di aprile 2020
Anche per il mese di aprile 2020 è prevista l’erogazione dell’indennità pari a 600 euro di cui agli articoli 27, 28, 29 del Decreto “Cura Italia” in favore dei soggetti che ne abbiano già beneficiato nel mese di marzo 2020.
Si tratta dei liberi professionisti e dei lavoratori titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, dei lavoratori autonomi iscritti alle Gestioni speciali dell’AGO, dei lavoratori (anche somministrati) stagionali del turismo e degli stabilimenti termali.
Per i lavoratori del settore agricolo già beneficiari per il mese di marzo dell’indennità pari a 600 euro di cui all’articolo 30 del Decreto “Cura Italia”, è riconosciuta un’indennità per il mese di aprile 2020 pari a 500 euro.
Indennità per il mese di maggio 2020
Per il mese di maggio 2020, l’indennità è innalzata a 1.000 euro e possono beneficiarne, al ricorrere di specifiche condizioni, le seguenti categorie di lavoratori:
1. i liberi professionisti titolari di partita IVA iscritti alla Gestione separata, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, che abbiano subito una comprovata riduzione di almeno il 33% del reddito del secondo bimestre 2020, rispetto a quello del secondo bimestre 2019. A tal fine il reddito è individuato secondo il principio di cassa come differenza tra i ricavi e i compensi percepiti e le spese effettivamente sostenute nel periodo interessato e nell’esercizio dell’attività, comprese le eventuali quote di ammortamento. È richiesta la presentazione all’INPS di apposita domanda nella quale il soggetto autocertifica il
possesso dei relativi requisiti. L’INPS comunica all’Agenzia delle entrate i dati identificativi dei soggetti che hanno presentato l’autocertificazione per la verifica dei requisiti; l’Agenzia delle entrate comunica all’INPS l’esito dei riscontri effettuati sulla verifica dei requisiti sul reddito di cui sopra con modalità e termini definiti con accordi di cooperazione tra le parti.
2. i lavoratori titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, iscritti alla Gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, che abbiano cessato il rapporto di lavoro alla data di entrata in vigore del decreto.
Indennità per i soggetti senza occupazione o sottoccupati
L’art. 84 in commento introduce alcune indennità per talune categorie di lavoratori per i quali è cessato il rapporto di lavoro o che si trovano in condizioni di sottoccupazione.
Per il mese di maggio 2020, è riconosciuta un’indennità pari a 1000 euro ai lavoratori dipendenti stagionali, o in somministrazione, del settore turismo e degli stabilimenti termali che hanno cessato involontariamente il rapporto di lavoro nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 17 marzo 2020, non titolari di pensione, né di rapporto di lavoro dipendente, né di NASPI, alla data di entrata in vigore del Decreto “Rilancio”.
Per i mesi di aprile e maggio 2020, è riconosciuta un’indennità pari a 600 euro per ciascun mese, ai lavoratori dipendenti e autonomi che, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID 19, hanno cessato, ridotto o sospeso la loro attività o il loro rapporto di lavoro:
a) lavoratori dipendenti stagionali appartenenti a settori diversi da quelli del turismo e degli stabilimenti termali che hanno cessato involontariamente il rapporto di lavoro nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 31 gennaio 2020 e che abbiano svolto la prestazione lavorativa per almeno trenta giornate nel medesimo periodo;
b) lavoratori intermittenti, di cui agli articoli da 13 a 18 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, che abbiano svolto la prestazione lavorativa per almeno trenta giornate nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 31 gennaio 2020;
c) lavoratori autonomi, privi di partita IVA, non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, che nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 23 febbraio 2020 siano stati titolari di contratti autonomi occasionali riconducibili alle disposizioni di cui all’articolo 2222 c.c. e che non abbiano un contratto in essere alla data del 23 febbraio 2020. Gli stessi, per tali contratti, devono essere già iscritti alla data del 23 febbraio 2020 alla Gestione separata, con accredito nello stesso arco temporale di almeno un contributo mensile;
d) incaricati alle vendite a domicilio di cui all’articolo 19 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, con reddito annuo 2019 derivante dalle medesime attività superiore ad euro 5.000 e titolari di partita IVA attiva e iscritti alla Gestione Separata alla data del 23 febbraio 2020 e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie.
I soggetti di cui sopra, alla data di presentazione della domanda, non devono essere in alcuna delle seguenti condizioni:
a) titolari di altro contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, diverso dal contratto intermittente di cui agli articoli 13 e 18 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81:
b) titolari di pensione.
Indennità lavoratori dello spettacolo
È, inoltre, erogata un’indennità di 600 euro per i mesi di aprile e maggio 2020 in favore dei lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo che hanno i requisiti di cui all’art. 38 del Decreto “Cura Italia” e che non siano titolari di rapporto di lavoro dipendente o titolari di pensione alla data di entrata in vigore del Decreto “Rilancio”.
La medesima indennità viene erogata per le predette mensilità anche ai lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo con almeno 7 contributi giornalieri versati nel 2019, cui deriva un reddito non superiore ai 35.000 euro.
Modalità di erogazione e regime fiscale
Le indennità di cui al presente articolo non concorrono alla formazione del reddito ai sensi del T.U.I.R. e sono erogate dall’INPS in unica soluzione, previa domanda, nel limite di spesa complessivo di 3.840,8 milioni di euro per l’anno 2020. L’INPS provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa e comunica i risultati di tale attività al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze. Qualora dal predetto monitoraggio emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, rispetto al predetto limite di spesa, non sono adottati altri provvedimenti concessori.
Percettori di reddito di cittadinanza
I lavoratori rientranti nella platea dei soggetti beneficiari delle indennità di cui ai commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 10 dell’art. 84 del Decreto “Rilancio” sopra commentate, che siano appartenenti a nuclei familiari già percettori del reddito di cittadinanza per i quali l’ammontare del beneficio in godimento risulti inferiore a quello delle indennità sopra enunciate, potranno beneficiare di una integrazione del reddito di cittadinanza fino all’ammontare della stessa indennità dovuto in ciascuna mensilità.
Le indennità di cui sopra non sono, dunque, compatibili con il beneficio del reddito di cittadinanza in godimento pari o superiore a quello dell’indennità.
Norma di decadenza
Da ultimo, la disciplina segna anche il passaggio alla “Fase due” statuendo un termine decadenziale di quindici giorni dalla data di entrata in vigore del Decreto “Rilancio” per la richiesta delle indennità di 600 euro relative al mese di marzo 2020 e disciplinate dagli articoli 27, 28, 29, 30 e 38 del Decreto “Cura Italia”.
Articolo 85 (d.l. “Rilancio”) – Indennità per i lavoratori domestici
La disposizione colma una grave lacuna del sistema di sostegno al reddito dei lavoratori domestici in condizione di bisogno a causa dell’emergenza epidemiologica.
Ai lavoratori domestici, non conviventi con il datore di lavoro, è riconosciuta per i mesi di aprile e maggio 2020, un’indennità mensile pari a 500 euro, per ciascun mese, a condizione che abbiano in essere, alla data del 23 febbraio 2020, uno o più contratti di lavoro per una durata complessiva superiore a 10 ore settimanali.
L’indennità non è cumulabile con le altre indennità previste dal Decreto “Cura Italia” e dal Decreto “Rilancio” e non spetta, altresì, ai percettori del reddito di emergenza ovvero ai percettori del reddito di cittadinanza. Per questi ultimi è prevista soltanto la possibilità di una integrazione dell’ammontare del beneficio qualora risulti pari o superiore all’ammontare dell’indennità.
L’indennità per i lavoratori domestici non spetta ai titolari di pensione, ad eccezione dell’assegno ordinario di invalidità di cui all’articolo 1 della legge 12 giugno 1984, n. 222 e ai titolari di rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato diverso dal lavoro domestico.
L’indennità è erogata dall’INPS in unica soluzione, previa domanda, nel limite di spesa complessivo di 460 milioni di euro per l’anno 2020, da presentare presso gli Istituti di Patronato. L’INPS provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa e comunica i risultati di tale attività al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e al Ministero dell’Economia e delle finanze; qualora dal predetto monitoraggio emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, rispetto al predetto limite di spesa, non sono adottati altri provvedimenti concessori.
Articolo 86 (d.l. “Rilancio”) – Divieto di cumulo tra indennità
Le indennità di cui agli articoli 84, 85, 78 e 98 del Decreto “Rilancio” non sono tra loro cumulabili e non sono cumulabili con l’indennità di cui all’articolo 44 del Decreto “Cura Italia”. Sono invece cumulabili con l’assegno ordinario di invalidità di cui alla legge 12 giugno 1984, n. 222.
Articolo 87 (d.l. “Rilancio”) – Utilizzo risorse residue per trattamenti di integrazione salariale in deroga
Il Governo appresta specifiche misure anche in favore dei lavoratori che hanno cessato la Cassa integrazione guadagni in deroga nel periodo dal 1° dicembre 2017 al 31 dicembre 2018 e non hanno diritto all’indennità di disoccupazione NASPI, modificando l’articolo 1, comma 251, della legge 30 dicembre 2018, n. 145. A tali soggetti è concessa, nel limite massimo di dodici mesi e in ogni caso con termine entro il 31 dicembre 2020, in continuità con la prestazione di Cassa integrazione guadagni in deroga, un’indennità pari al trattamento di mobilità in deroga, comprensiva della contribuzione figurativa. A tale indennità non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 2, comma 67 della legge 28 giugno 2012, n. 92.
Le prestazioni sono concesse nel limite massimo delle risorse già assegnate alle Regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell’articolo 44, comma 6-bis, del d.lgs. 14 settembre 2015, n. 148, ove non previamente utilizzate. Le Regioni e le Province autonome concedono l’indennità esclusivamente previa verifica della disponibilità finanziaria da parte dell’INPS.
Articolo 88 (d.l. “Rilancio”) – Fondo competenze
Viene istituito un “Fondo Nuove Competenze”, costituito presso l’ANPAL con una dotazione iniziale di 230 milioni di euro a valere sul PON SPAO, al fine di consentire la graduale ripresa dell’attività dopo l’emergenza epidemiologica.
A tal fine, per l’anno 2020, i contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello aziendale o territoriale da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, ovvero dalle loro rappresentanze sindacali operative in azienda ai sensi della normativa e degli accordi interconfederali vigenti, possono realizzare “specifiche intese di rimodulazione dell’orario di lavoro per mutate esigenze organizzative e produttive dell’impresa, con le quali parte dell’orario di lavoro viene finalizzato a percorsi formativi”.
Gli oneri relativi alle ore di formazione, comprensivi dei relativi contributi previdenziali e assistenziali, sono a carico del “Fondo Nuove Competenze”.
Articolo 90 (d.l. “Rilancio”) – Lavoro agile
La disposizione istituisce il diritto allo smart working anche nel settore privato, fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, in favore dei genitori lavoratori dipendenti che hanno almeno un figlio minore di anni 14. Il diritto è riconosciuto a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa o che non vi sia genitore non lavoratore.
Il diritto può essere esercitato dal lavoratore anche in assenza di accordi individuali di lavoro agile, fermo restando il rispetto degli obblighi informativi previsti dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, e a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione. La prestazione lavorativa in lavoro agile può essere svolta anche attraverso strumenti informatici nella disponibilità del dipendente qualora non siano forniti dal datore di lavoro.
I datori di lavoro del settore privato, anche in tali ipotesi, dovranno comunicare al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, in via telematica, i nominativi dei lavoratori e la data di cessazione della prestazione di lavoro in modalità agile, ricorrendo alla documentazione resa disponibile sul sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.
Mentre resta ferma la disciplina del lavoro agile prevista per i datori di lavoro pubblici dall’art. 87 del Decreto “Cura Italia”, limitatamente al perdurare dello stato di emergenza e comunque non oltre il 31 dicembre 2020, la modalità di lavoro agile può essere applicata dai datori di lavoro privati a ogni rapporto di lavoro subordinato anche in assenza degli accordi individuali ivi previsti; gli obblighi di informativa di cui all’articolo 22 della legge n. 81/2017, sono assolti in via telematica anche ricorrendo alla documentazione resa disponibile sul sito dell’INAIL.
Articolo 92 (d.l. “Rilancio”) – Disposizioni in materia di NASPI E DIS-COLL
Le disposizioni in materia di NASPI E DIS-COLL, il cui periodo di fruizione termina nel periodo compreso tra il 1° marzo 2020 e il 30 aprile 2020, sono prorogate per ulteriori due mesi per un importo pari a quello dell’ultima mensilità spettante per la prestazione originaria, a condizione che il percettore non sia beneficiario delle indennità di cui agli articoli 27, 28, 29, 30, 38 e 44 del Decreto “Cura Italia” o agli articoli 84, 85 e 98 del Decreto “Rilancio”.
Articolo 93 (d.l. “Rilancio”) – Disposizione in materia di proroga o rinnovo di contratti a termine
Dopo un primo intervento normativo operato in sede di conversione del decreto “Cura Italia”, il legislatore torna ad occuparsi di contratto a tempo determinato, con l’intento di armonizzare le disposizioni già emanate in deroga alla disciplina ordinaria dei rapporti di lavoro a termine.
A tal fine, in deroga all’articolo 21 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81, il Decreto “Rilancio” introduce la possibilità di rinnovare o prorogare fino al 30 agosto 2020 i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato in essere alla data del 23 febbraio 2020, anche in assenza delle condizioni disciplinate dall’articolo 19, comma 1, del medesimo d.lgs. n. 81/2015. In via eccezionale, dunque, le proroghe e i rinnovi dei contratti di lavoro a termine stipulati potranno essere “acausali”, anche qualora la durata complessiva ecceda i 12 mesi.
La formulazione della norma, però, pecca di chiarezza e genera dubbi interpretativi in merito alla circostanza che siano ammessi a deroga tutti gli accordi di proroga e rinnovo sottoscritti fino al 30 agosto 2020 oppure che i rapporti di lavoro a termine in forza di accordi proroga o rinnovo debbano concludersi entro il 31 agosto 2020. Quest’ultima opzione interpretativa, senza dubbio, è quella più coerente a livello sistematico.
L’ampiezza della deroga deve, però, essere correttamente circoscritta alle “condizioni”, ovvero alle ragioni giustificatrici l’apposizione del termine previste dall’articolo 19, comma 1, del d.lgs. 81/2015, e non anche alla durata massima di 24 mesi. Pertanto, il superamento della durata massima consentita comporterà la conversione del rapporto di lavoro anche se avvenuta in virtù di rinnovi e proroghe “acausali”.
Articolo 94 (d.l. “Rilancio”) – Promozione del lavoro agricolo
La disposizione promuove il lavoro in agricoltura neutralizzando, almeno in parte, l’effetto “perverso” di disincentivazione al lavoro dei percettori di indennità di disoccupazione (NASPI e DIS-COLL), di reddito di cittadinanza nonché di ammortizzatori sociali, limitatamente al periodo di sospensione a zero ore. Tali soggetti possono stipulare con datori di lavoro del settore agricolo contratti a termine non superiori a 30 giorni, rinnovabili per ulteriori 30 giorni, senza subire la perdita o la riduzione dei trattamenti di sostegno al reddito, nel limite di 2.000 euro per l’anno 2020.
Con riferimento ai redditi percepiti in forza dei suddetti contratti di lavoro agricolo, il lavoratore percettore del reddito di cittadinanza è dispensato dalla comunicazione di cui all’art. 3, comma 8, del d.l. n. 4/2019, dovuta in caso di variazione della condizione occupazionale (di nuova attività lavorativa) da parte di uno o più componenti il nucleo familiare nel corso dell’erogazione del Reddito di cittadinanza, con riferimento ai redditi percepiti per effetto di tali contratti a termine.
Articolo 95 (d.l. “Rilancio”) – Misure di sostegno alle imprese per la riduzione del rischio da contagio nei luoghi di lavoro
In forza di tale disposizione di legge, l’INAIL promuove interventi straordinari destinati alle imprese che abbiano introdotto nei luoghi di lavoro interventi per la riduzione del rischio di contagio attraverso l’acquisto di apparecchiature, attrezzature, dispositivi elettronici per l’isolamento o il distanziamento dei lavoratori e altri strumenti di protezione individuale.
Destinatarie degli interventi sono le imprese, anche individuali, iscritte al Registro delle imprese o all’Albo delle imprese artigiane, alle imprese agricole iscritte nella sezione speciale del Registro delle imprese, alle imprese agrituristiche e alle imprese sociali di cui al d.lgs. 3 luglio 2017 n. 112, iscritte al Registro delle imprese, che hanno introdotto nei luoghi di lavoro interventi per la riduzione del rischio di contagio successivamente al 17 marzo 2020 (data di entrata in vigore del Decreto “Cura Italia”).
Gli interventi realizzati devono favorire l’attuazione del Protocollo di regolamentazione delle misure per il contenimento ed il contrasto della diffusione del COVID-19 negli ambienti di lavoro, condiviso dal Governo e dalle Parti sociali in data 14 marzo 2020, come integrato il 24 aprile 2020, e devono prevedere l’acquisto di:
a) apparecchiature e attrezzature per l’isolamento o il distanziamento dei lavoratori, compresi i relativi costi di installazione;
b) dispositivi elettronici e sensoristica per il distanziamento dei lavoratori;
c) apparecchiature per l’isolamento o il distanziamento dei lavoratori rispetto agli utenti esterni e rispetto agli addetti di aziende terze fornitrici di beni e servizi;
d) dispositivi per la sanificazione dei luoghi di lavoro; sistemi e strumentazione per il controllo degli accessi nei luoghi di lavoro utili a rilevare gli indicatori di un possibile stato di contagio;
e) dispositivi ed altri strumenti di protezione individuale.
L’importo massimo concedibile mediante gli interventi di cui al presente articolo è pari ad euro 15.000 per le imprese fino a 9 dipendenti, euro 50.000 per le imprese da 10 a 50 dipendenti, euro 100.000 per le imprese con più di 50 dipendenti. I contributi sono concessi con procedura automatica, ai sensi dell’articolo 4 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 123, e sono incompatibili con gli altri benefici, anche di natura fiscale, aventi ad oggetto i medesimi costi ammissibili.
I contributi per l’attuazione degli interventi di cui al presente articolo sono concessi in conformità a quanto previsto nella Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020-C (2020) 1863- final “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del Covid-19”, come modificata e integrata dalla Comunicazione della Commissione del 3 aprile 2020-C (2020) 2215-final.
Articolo 96 (d.l. “Rilancio”) – Disposizioni in materia di noleggio autovetture per vigilanza sul lavoro
L’articolo in esame reca disposizioni in materia vigilanza sul lavoro, stabilendo la possibilità per l’INL di provvedere, con onere a carico del proprio bilancio, al noleggio di autovetture da utilizzare per lo svolgimento dell’attività ispettiva, anche in deroga alla normativa vigente in materia.
Articolo 97 (d.l. “Rilancio”) – Semplificazioni relative alle prestazioni del Fondo di garanzia di cui all’articolo 2 della legge 29 maggio 1982, n. 297
L’articolo reca semplificazioni relative alle prestazioni del “Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto” istituito presso l’INPS con lo scopo di sostituirsi al datore di lavoro in caso di insolvenza del medesimo nel pagamento del trattamento di fine rapporto, di cui all’articolo 2 della legge n. 297/1982. Ricorrendone i presupposti, il Fondo effettua i pagamenti mediante accredito sul conto corrente del lavoratore beneficiario ed è surrogato di diritto al lavoratore o ai suoi aventi causa nel privilegio Spettante sul patrimonio dei datori di lavoro, nonché dei suoi eventuali condebitori solidali, ai sensi degli articoli 2751-bis e 2776 c.c., per le somme da esso pagate.
Articolo 98 (d.l. “Rilancio”) – Disposizioni in materia di lavoratori sportivi
Nell’ambito delle misure di sostegno al reddito dei lavoratori in difficoltà a causa della crisi epidemiologica, il Decreto “Rilancio” reitera per i mesi di aprile e maggio 2020 la misura indennitaria di 600 euro già prevista dall’art. 96 del Decreto “Cura Italia” in favore dei lavoratori impiegati con rapporti di collaborazione presso:
– il Comitato Olimpico Nazionale (CONI),
– il Comitato Italiano Paralimpico (CIP),
– le federazioni sportive nazionali, le discipline sportive associate, gli enti di promozione sportiva, riconosciuti dal CONI e dal CIP,
– le società e associazioni sportive dilettantistiche, di cui all’articolo 67, comma 1, lett. m), del TUIR, già attivi alla data del 23 febbraio 2020.
Misura del trattamento
La società Sport e Salute S.p.A. riconosce un’indennità pari a 600 euro, per i mesi di aprile e maggio 2020, che non concorre alla formazione del reddito.
Esclusioni
I trattamenti non spettano ai percettori:
– di altro reddito da lavoro;
– del reddito di cittadinanza;
– del reddito di emergenza;
– delle prestazioni relative alla cassa integrazione, al fondo di integrazione salariale e alle indennità di cui agli articoli 19, 20, 21, 22, 27, 28, 29, 30, 38 e 44 del Decreto “Cura Italia”, così come prorogate e integrate dal Decreto “Rilancio”.
Modalità di richiesta
Le domande degli interessati, unitamente all’autocertificazione della preesistenza del rapporto di collaborazione e della mancata percezione di altro reddito da lavoro, del reddito di cittadinanza e delle prestazioni sopra riportate, sono presentate alla società Sport e Salute s.p.a. che le istruisce secondo l’ordine cronologico di presentazione, sulla base del registro di cui all’articolo 7, comma 2, del decretolegge 28 maggio 2004, n. 136, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 luglio 2004, n. 186, acquisito dal Comitato Olimpico Nazionale (CONI) sulla base di apposite intese. Ai soggetti già beneficiari per il mese di marzo dell’indennità di cui all’articolo 96, l’indennità di 600 euro è erogata anche per i mesi di aprile e maggio 2020, senza necessità di ulteriore domanda.
Con decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze, di concerto con l’Autorità delegata in materia di sport, da adottare entro 7 giorni dalla data di entrata in vigore del Decreto “Rilancio”, sono individuate le modalità di attuazione dei commi da 1 a 3 dell’art. 98, di presentazione delle domande, i documenti richiesti e le cause di esclusione. Sono, inoltre, definiti i criteri di gestione delle risorse, ivi incluse le spese di funzionamento, le forme di monitoraggio della spesa e del relativo controllo, nonché le modalità di distribuzione delle eventuali risorse residue ad integrazione dell’indennità erogata per il mese di maggio 2020.
Limiti stanziamento economico
Per le finalità di cui al comma 1, art. 98, le risorse trasferite a Sport e Salute s.p.a. sono incrementate di 200 milioni di euro per l’anno 2020.
Ammissione alla Cassa integrazione guadagni in deroga
Ai sensi dell’art. 98, comma 7, i lavoratori dipendenti iscritti al Fondo Pensione Sportivi Professionisti delle categorie minori, individuate tra quelli con retribuzione annua lorda non superiore a 50.000 euro, possono accedere al trattamento di integrazione salariale in deroga ai sensi dell’articolo 22 del Decreto “Cura Italia”. La durata del trattamento è limitata a un periodo massimo di 9 settimane.
Articolo 100 (d.l. “Rilancio”) – Avvalimento Comando dei Carabinieri per la tutela del Lavoro
La disposizione richiama quanto già disposto dalla Convenzione concernente gli obiettivi assegnati all’Ispettorato Nazionale del Lavoro (2019-2021) sottoscritta tra il Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali e il Direttore dell’Ispettorato Nazionale del lavoro in data 25 novembre 2019, in relazione alla situazione emergenziale in corso nel nostro Paese, che comporta la necessità di intensificare le ispezioni al fine di consentire una regolare dinamica di ripresa delle attività produttive che salvaguardi le basilari esigenze di salute e sicurezza dei lavoratori.
La Convenzione citata prevede in via generale la possibilità del Ministro del Lavoro di “avvalersi del Comandante dei carabinieri per la tutela del lavoro e per il suo tramite delle strutture dallo stesso gerarchicamente dipendenti onde disporre a pieno di specifiche professionalità, le cui prerogative, tipiche della polizia giudiziaria meglio si attagliano alle citate esperienze operative”.
L’avvalimento previsto dalla norma dovrà avvenire nell’ambito dell’attuale contingente di organico e di mezzi assegnato dall’Ispettorato al Comando dei Carabinieri per la tutela del lavoro. Pertanto, la norma non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica
Articolo 101 (d.l. “Rilancio”) – Spese per acquisto di beni e servizi INPS
La disposizione, in deroga alle normative vigenti, consente all’INPS di incrementare, per l’esercizio 2020, il valore medio dell’importo delle spese sostenute per l’acquisto di beni e servizi nel limite massimo di 68 milioni, allo scopo di consentire lo sviluppo dei servizi diretti all’erogazione delle prestazioni finalizzate a contenere gli effetti negativi sul reddito dei lavoratori dell’emergenza epidemiologica COVID-19.
Articolo 102 (d.l. “Rilancio”) – Spese per acquisto di beni e servizi INAIL
La disposizione, in deroga alle normative vigenti, consente all’INAIL di incrementare, per l’esercizio 2020, il valore medio dell’importo delle spese sostenute per l’acquisto di beni e servizi nel limite massimo di 45 milioni, allo scopo di consentire lo sviluppo dei servizi diretti all’erogazione delle prestazioni finalizzate a contenere gli effetti negativi sul reddito dei lavoratori dell’emergenza epidemiologica COVID-19.
Articolo 103 (d.l. “Rilancio”) – Emersione di rapporti di lavoro
Settori di attività ammessi alle procedure di emersione
La disposizione detta un’articolata disciplina per l’emersione dei lavoratori cosiddetti in “nero” e per la relativa regolarizzazione dei rapporti di lavoro, esclusivamente, nei seguenti tre settori di attività individuati:
a) agricoltura, allevamento e zootecnia, pesca e acquacoltura e attività connesse;
b) assistenza alla persona per se stessi o per componenti della propria famiglia, ancorché non conviventi, affetti da patologie o handicap che ne limitino l’autosufficienza;
c) lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare.
Di fatto, le figure professionali interessate sono quelle delle colf, badanti e lavoratori del settore agricolo e della pesca.
Nel contesto emergenziale sanitario, la disposizione è finalizzata, da un lato, a garantire livelli adeguati di tutela della salute individuale e collettiva e, dall’altro, a contrastare la piaga dell’utilizzo illegale del lavoro dei migranti privi di permesso di soggiorno, il cui sfruttamento si concentra nei predetti segmenti del mercato del lavoro.
Soggetti destinatari
I datori di lavoro italiani o cittadini di uno stato membro UE o i datori di lavoro stranieri in possesso del titolo di soggiorno possono presentare istanza:
1. per concludere un contratto di lavoro subordinato con cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale;
2. per dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare, tuttora in corso, con cittadini italiani o cittadini stranieri;
3. per l’assunzione di lavoratori in possesso del permesso di soggiorno temporaneo di sei mesi,
previsto in via speciale (vedi infra).
Nella procedura di emersione possono essere coinvolti i cittadini stranieri la cui presenza in Italia sia precedente all’8 marzo 2020 e che da quella data non abbiano lasciato il territorio nazionale e che siano stati “fotosegnalati”, identificati o siano in possesso di documenti che ne attestino la presenza nel territorio. A tal proposito, la norma precisa che gli stranieri devono essere stati sottoposti a rilievi fotodattiloscopici prima dell’8 marzo 2020 ovvero devono aver soggiornato in Italia precedentemente alla suddetta data, in forza di una dichiarazione di presenza, resa ai sensi della legge 28 maggio 2007, n. 68, o di attestazioni costituite da documentazioni di data certa proveniente da organismi pubblici. Il richiamo a quest’ultime documentazioni, operato in modo generico, parrebbe ammettere tra la documentazione probante qualsiasi tipologia di documentazione, in via esemplificativa, anche documentazione di tipo sanitario (es.: certificati pronto soccorso, di ricovero, …).
L’esistenza di simili criteri di selezione degli stranieri per l’ammissibilità alla procedura di emersione esclude dal campo di applicazione della disciplina in commento lo straniero che abbia fatto ingresso in Italia senza permesso di soggiorno, ovvero in condizioni di “clandestinità”, che non sia in grado di dimostrare la presenza sul territorio nazionale secondo le prescritte modalità che, dunque, non potrà essere ammesso alla procedura di emersione e regolarizzazione. Inoltre, coordinando la disposizione con quanto previsto dalla disciplina in materia di cause di “rigetto”, dalla procedura di emersione restano anche esclusi gli stranieri per i quali sia stato emesso un provvedimento di espulsione, in quanto le relative istanze sono rigettate ex lege.
Tra i soggetti destinatari della disposizione rientrano anche i cittadini stranieri in possesso di un permesso di soggiorno scaduto dal 31 ottobre 2019, non rinnovato o convertito in altro titolo di soggiorno, ai quali è concessa la possibilità di richiedere un permesso di soggiorno temporaneo della durata di sei mesi, valido solo nel territorio nazionale. A tal fine, i predetti cittadini devono risultare presenti sul territorio nazionale alla data dell’8 marzo 2020, senza che se ne siano allontanati dalla medesima data, e devono aver svolto attività di lavoro, nei tre settori di attività prescritti legalmente, antecedentemente al 31 ottobre 2019.
Entro i termini di validità concessi, il permesso di soggiorno temporaneo potrà essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro qualora il cittadino straniero esibisca un contratto di lavoro subordinato o la documentazione retributiva e previdenziale comprovante lo svolgimento dell’attività lavorativa in conformità alle previsioni di legge nei richiamati settori di attività.
Procedimento amministrativo
Ai sensi del comma 5, le istanze di emersione possono essere presentate a far data dal 1° giugno al 15 luglio 2020, secondo le modalità stabilite con decretazione ministeriale da adottarsi entro dieci giorni dall’entrata in vigore del Decreto “Rilancio”, presso:
a) l’INPS, per i lavoratori italiani o per i cittadini di uno Stato membro UE;
b) lo sportello unico per l’immigrazione, di cui all’art. 22 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 e successive modificazioni, per i lavoratori stranieri;
c) la Questura per il rilascio dei permessi di soggiorno.
Nelle istanze è indicata la durata del contratto di lavoro e la retribuzione convenuta, non inferiore a quella prevista dal contratto collettivo di lavoro di riferimento stipulato dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Nelle more della definizione dei procedimenti di emersione, la presentazione delle istanze consente lo svolgimento dell’attività lavorativa. Il cittadino straniero privo di permesso di soggiorno svolge l’attività di lavoro esclusivamente alle dipendenze del datore di lavoro che ha presentato l’istanza.
Le istanze sono presentate previo pagamento di un contributo forfettario stabilito nella misura di 500 euro per ciascun lavoratore, a copertura degli oneri connessi all’espletamento della procedura di emersione, ivi incluso il costo di trasmissione della domanda. Per i lavoratori con permesso di soggiorno temporaneo, il contributo è pari a 130 euro, al netto dei costi dell’istanza di rilascio (di cui al comma 16) che restano a carico dell’interessato e che non possono superare i 30 euro. È inoltre previsto il pagamento di un contributo forfettario per le somme dovute dal datore di lavoro a titolo retributivo, contributivo e fiscale, da determinarsi con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, con il Ministro dell’Interno e il Ministro delle Politiche agricole e forestali.
Rilascio del permesso di soggiorno temporaneo
L’istanza di rilascio del permesso di soggiorno temporaneo è presentata dal cittadino straniero al Questore, dal 1° giugno al 15 luglio 2020, unitamente alla documentazione in possesso, individuata dal decreto del Ministro dell’Interno di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, il Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali e il Ministro delle Politiche agricole e forestali, idonea a comprovare l’attività lavorativa svolta nei settori ammissibili e riscontrabile da parte dell’Ispettorato Nazionale del lavoro cui l’istanza è altresì diretta (comma 16).
All’atto della presentazione della richiesta, è consegnata un’attestazione che consente all’interessato:
– di soggiornare legittimamente nel territorio dello Stato fino ad eventuale comunicazione dell’Autorità di pubblica sicurezza;
– di svolgere lavoro subordinato, esclusivamente nei settori di attività ammessi;
– di presentare l’eventuale domanda di conversione del permesso di soggiorno temporaneo in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
L’onere è a carico dell’interessato ed è determinato con decreto del Ministro dell’Interno di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, il Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali e il Ministro delle Politiche agricole e forestali, nella misura massima di 30 euro.
Cause di inammissibilità
Sono inammissibili (comma 8) le istanze di emersione, limitatamente ai casi di conversione del permesso di soggiorno in motivi di lavoro, presentate da datori di lavoro condannati negli ultimi cinque anni, anche con sentenza non definitiva per:
a) favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia e dell’immigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite, nonché per il reato di cui all’art.600 del codice penale;
b) intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro ai sensi dell’articolo 603-bis c.p.;
c) reati previsti dall’articolo 22, comma 12, del Testo unico di cui al d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni e integrazioni.
Cause di rigetto
Ai sensi del comma 9, costituisce causa di rigetto dell’istanza di emersione, limitatamente ai casi di conversione del permesso di soggiorno in motivi di lavoro, la mancata sottoscrizione, da parte del datore di lavoro, del contratto di soggiorno presso lo sportello unico per l’immigrazione ovvero la successiva mancata assunzione del lavoratore straniero, salvo cause di forza maggiore non imputabili al datore medesimo, comunque intervenute a seguito dell’espletamento di procedure di ingresso di cittadini stranieri per motivi di lavoro subordinato ovvero di procedure di emersione dal lavoro irregolare.
Non sono ammessi alle procedure di emersione i cittadini stranieri (comma 10):
a) nei confronti dei quali sia stato emesso un provvedimento di espulsione (ai sensi dell’articolo 13, commi 1 e 2, lett. c), del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, e dell’articolo 3 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, e ss.mm.);
b) che risultino segnalati, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali in vigore per l’Italia, ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato;
c) che risultino condannati, anche con sentenza non definitiva, compresa quella pronunciata anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 c.p.p., per uno dei reati previsti dall’articolo 380 c.p.p. o per i delitti contro la libertà personale ovvero per i reati inerenti gli stupefacenti, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia e dell’emigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite;
d) che comunque siano considerati una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l’Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone. Nella valutazione della pericolosità si tiene conto anche di eventuali condanne, anche con sentenza non definitiva, compresa quella pronunciata a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 c.p.p., per uno dei reati previsti dall’articolo 381 c.p.p..
Sospensione dei procedimenti penali e amministrativi
Dalla data di entrata in vigore del Decreto “Rilancio” fino alla conclusione dei procedimenti di emersione, sono sospesi i procedimenti penali e amministrativi nei confronti del datore di lavoro e del lavoratore, rispettivamente:
a) per l’impiego di lavoratori per i quali è stata presentata la dichiarazione di emersione, anche se di carattere finanziario, fiscale, previdenziale o assistenziale;
b) per l’ingresso e il soggiorno illegale nel territorio nazionale, con esclusione degli illeciti di cui all’articolo 12 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni.
Non sono in ogni caso sospesi i procedimenti penali nei confronti dei datori di lavoro per le seguenti ipotesi di reato:
a) favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia e dell’immigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite, nonché per il reato di cui all’art. 600 c.p.;
b) intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro ai sensi dell’articolo 603-bis c.p..
La sospensione cessa nel caso in cui non venga presentata l’istanza di emersione nei modi richiesti, ovvero si proceda al rigetto o all’archiviazione della medesima istanza. Si procede comunque all’archiviazione dei procedimenti penali e amministrativi a carico del datore di lavoro se l’esito negativo del procedimento derivi da cause indipendenti dalla volontà o dal comportamento del datore medesimo. Nel caso di utilizzazione lavorativa irregolare di stranieri che hanno presentato istanza di rilascio del permesso di soggiorno temporaneo, le sanzioni previste dall’art. 22, comma 1, del d.lgs. del 14 settembre 2015, n. 151 sono raddoppiate, così come sono raddoppiate le sanzioni previste dall’art. 603-bis c.p..
Convocazione presso lo sportello unico e contratto di soggiorno
Lo sportello unico per l’immigrazione (SUI) convoca le parti per la stipula del contratto di soggiorno, per la comunicazione obbligatoria di assunzione e la compilazione della richiesta del permesso di soggiorno per lavoro subordinato. La mancata presentazione delle parti senza giustificato motivo comporta l’archiviazione del procedimento.
Compito dello SUI è di verificare l’ammissibilità delle dichiarazioni, di acquisire il parere della questura sull’insussistenza di motivi ostativi all’accesso alle procedure ovvero al rilascio del permesso di soggiorno, nonché il parere del competente Ispettorato territoriale del lavoro in ordine alla capacità economica del datore di lavoro e alla congruità delle condizioni di lavoro applicate.
Nelle more della definizione dei procedimenti di emersione, lo straniero non può essere espulso, tranne che nei casi previsti al comma 10 e sopra richiamati.
Ai sensi del comma 17, nei casi di emersione di lavoratori privi di permesso di soggiorno, la sottoscrizione del contratto di soggiorno congiuntamente alla comunicazione obbligatoria di assunzione e il rilascio del permesso di soggiorno comportano, per il datore di lavoro e per il lavoratore, l’estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi relativi alle violazioni di cui al comma 11 per l’impiego di lavoratori per i quali è stata presentata la dichiarazione di emersione e per l’ingresso e il soggiorno illegale nel territorio nazionale.
Relativamente al contratto di soggiorno che deve essere sottoscritto nell’ambito della procedura di emersione, in assenza di deroghe espresse alla disciplina legale che lo regola, è dato ritenere che i datori di lavoro dovranno assumersi carico, con la sottoscrizione, anche degli eventuali costi di rimpatrio dei lavoratori emersi che dovessero perdere i requisiti di permanenza sul territorio italiano.
Nei casi di procedure di emersione di stranieri con permesso di lavoro temporaneo, l’estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi di cui al richiamato comma 11 consegue esclusivamente al rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Nel caso di istanza di emersione riferita a lavoratori italiani o a cittadini di uno Stato membro UE, la relativa presentazione all’INPS comporta l’estinzione dei reati e degli illeciti di cui al comma 11, lett. a) per l’impiego di lavoratori per i quali è stata presentata la dichiarazione di emersione.
Il contratto di soggiorno stipulato sulla base di un’istanza contenente dati non rispondenti al vero è nullo ai sensi dell’articolo 1344 del codice civile e il permesso di soggiorno eventualmente rilasciato è revocato ai sensi dell’articolo 5, comma 5, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni.
Contrasto al caporalato
Al fine di contrastare efficacemente i fenomeni di concentrazione dei cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale in condizioni inadeguate a garantire il rispetto delle condizioni igienico-sanitarie necessarie al fine di prevenire la diffusione del contagio da COVID-19, le Amministrazioni dello Stato competenti e le Regioni, anche mediante l’implementazione delle misure previste dal Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato 2020-2022, adottano soluzioni e misure urgenti idonee a garantire la salubrità e la sicurezza delle condizioni alloggiative, nonché ulteriori interventi di contrasto del lavoro irregolare e del fenomeno del caporalato.
Per i predetti scopi il Tavolo operativo istituito dall’art. 25-quater del d.l. n. 119/2018, convertito con modificazioni dalla legge n. 136/2018, si avvale del supporto operativo del Dipartimento per la protezione civile e della Croce Rossa Italiana.
6. Schemi riepilogativi dei principali interventi per il sostegno al lavoro
Di seguito riportiamo alcuni schemi riepilogativi delle misure che hanno formato oggetto di analisi nelle pagine precedenti.
Articolo 19 (d.l. “Cura Italia”) – Norme speciali in materia di trattamento ordinario di integrazione salariale e assegno ordinario
TIPOLOGIA MISURA E CAUSA DI INTERVENTO: trattamento ordinario di integrazione salariale o assegno ordinario con causale “emergenza COVID-19” in caso di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19.
DATORI DI LAVORO DESTINATARI: datori di lavoro rientranti nel campo di applicazione della Cassa integrazione guadagni ordinaria e quelli rientranti nel campo di applicazione dei Fondi di solidarietà bilaterali, ai sensi del d.lgs. n. 148/2015.
NOTA BENE: il decreto istituisce l’Assegno ordinario anche per le imprese con più di 5 dipendenti.
LAVORATORI DESTINATARI: operai, impiegati, quadri, apprendisti alle dipendenze dei datori di lavoro richiedenti la prestazione alla data del 25 marzo 2020.
DURATA DEL TRATTAMENTO: il trattamento di integrazione salariale speciale COVID-19, in entrambi i casi su menzionati, può essere richiesto dai datori di lavoro per una durata massima di diciotto settimane così suddivise:
– quattordici settimane fruibili per periodi decorrenti dal 23 febbraio 2020 al 31 agosto 2020; l’incremento delle ulteriori cinque settimane è previsto per i soli datori di lavoro che abbiano interamente fruito il periodo precedentemente concesso fino alla durata di nove settimane;
– quattro settimane fruibili per i periodi decorrenti dal 1° settembre 2020 al 31 ottobre 2020, ai sensi dell’art. 22-ter del d.l. “Cura Italia”, nell’ambito delle misure di rafforzamento della tutela occupazionale.
CONSULTAZIONE SINDACALE: a far data dalla pubblicazione del decreto “Rilancio” è nuovamente necessario che i datori di lavoro espletino la fase di informazione sindacale e, qualora richieste, quelle di consultazione ed esame congiunto, che devono essere svolti anche in via telematica entro i tre giorni successivi a quello della comunicazione preventiva.
PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO: i datori di lavoro potranno presentare la domanda di concessione del trattamento di integrazione salariale ordinaria o dell’assegno ordinario speciale con causale “emergenza COVID-19”:
– entro il 31 maggio 2020 per quanto riguarda le domande riferite a periodi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa che hanno avuto inizio nel periodo ricompreso tra il 23 febbraio 2020 e il 30 aprile 2020;
– entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio la sospensione, per le domande riferite a periodi di sospensione successivi al 30 aprile 2020.
NOTA BENE: in sede di valutazione delle domande gli Uffici terranno conto del carattere eccezionale della nuova causale “emergenza COVID-19” e delle esigenze di velocizzazione delle procedure, dando per verificata la sussistenza dei requisiti della transitorietà e della non imputabilità dell’evento ai fini dell’integrabilità della causale.
ALIQUOTE CONTRIBUTIVE DI FINANZIAMENTO: in relazione ai periodi di trattamento ordinario di integrazione salariale e assegno ordinario concessi a fronte dell’emergenza epidemiologica non è dovuto il pagamento del contributo addizionale previsto dagli articoli 5, 29, comma 8, secondo periodo, e 33, comma 2, del d.lgs. 14 settembre 2015, n. 148.
Articolo 20 (d.l. “Cura Italia”) – Trattamento ordinario di integrazione salariale per le aziende che si trovano già in Cassa integrazione straordinaria
TIPOLOGIA MISURA E CAUSA DI INTERVENTO: trattamento ordinario di integrazione salariale (CIGO)
per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19.
DATORI DI LAVORO DESTINATARI: aziende che, alla data di entrata in vigore del d.l. 23 febbraio 2020, n. 6, hanno in corso un trattamento di integrazione salariale straordinario (CIGS).
LAVORATORI DESTINATARI: la concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale può riguardare anche i medesimi lavoratori beneficiari delle integrazioni salariali straordinarie a totale copertura dell’orario di lavoro.
DURATA DEL TRATTAMENTO: le aziende interessate possono presentare domanda di concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale per un periodo non superiore a nove settimane per periodi decorrenti dal 23 febbraio 2020 al 31 agosto 2020, incrementate di ulteriori cinque settimane nel medesimo periodo per i soli datori di lavoro che abbiamo interamente fruito il periodo precedentemente concesso. È altresì riconosciuto un eventuale ulteriore periodo di durata massima di quattro settimane di trattamento di cui al presente comma per periodi decorrenti dal 1° settembre 2020 al 31 ottobre 2020.
La concessione del trattamento ordinario sospende e sostituisce il trattamento di integrazione straordinario già in corso.
CONSULTAZIONE SINDACALE: prevista una semplificazione limitatamente ai termini procedimentali, mediante disapplicazione degli articoli 24 e 25 del d.lgs. 14 settembre 2015, n. 148, in via transitoria, per l’espletamento dell’esame congiunto e alla presentazione delle relative istanze per l’accesso ai trattamenti straordinari di integrazione salariale.
PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO: i datori di lavoro potranno presentare la domanda di concessione del trattamento di integrazione salariale ordinaria o dell’assegno ordinario speciale con causale “emergenza COVID-19”:
– entro il 31 maggio 2020 per quanto riguarda le domande riferite a periodi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa che hanno avuto inizio nel periodo ricompreso tra il 23 febbraio 2020 e il 30 aprile 2020;
– entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio la sospensione, per le domande riferite a periodi di sospensione successivi al 30 aprile 2020.
NOTA BENE: in sede di valutazione delle domande gli Uffici terranno conto del carattere eccezionale della nuova causale “emergenza COVID-19” e delle esigenze di velocizzazione delle procedure, dando per verificata la sussistenza dei requisiti della transitorietà e della non imputabilità dell’evento ai fini dell’integrabilità della causale.
ALIQUOTE CONTRIBUTIVE DI FINANZIAMENTO: nell’ipotesi di sospensione e sostituzione della cassa integrazione guadagni straordinaria, per il trattamento CIGO COVID-19 non prevede pagamento del contributo addizionale di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 (v. comma 3, art. 20).
Articolo 21 (d.l. “Cura Italia”) – Trattamento di assegno ordinario per i datori di lavoro che hanno trattamenti di assegni di solidarietà in corso
TIPOLOGIA MISURA E CAUSA DI INTERVENTO: assegno ordinario erogato dai Fondi bilaterali di solidarietà e dal Fondo di integrazione salariale per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19.
DATORI DI LAVORO DESTINATARI: datori di lavoro, iscritti al Fondo di integrazione salariale, che alla data di entrata in vigore del d.l. 23 febbraio 2020, n. 6, siano ricorsi all’assegno di solidarietà.
LAVORATORI DESTINATARI: la concessione dell’assegno ordinario può riguardare anche i medesimi
lavoratori beneficiari dell’assegno di solidarietà a totale copertura dell’orario di lavoro.
DURATA DEL TRATTAMENTO: i datori di lavoro possono presentare domanda di concessione dell’assegno ordinario per un periodo non superiore a nove settimane per periodi decorrenti dal 23 febbraio 2020 al 31 agosto 2020, incrementate di ulteriori cinque settimane nel medesimo periodo per i soli datori di lavoro che abbiamo interamente fruito il periodo precedentemente concesso. È altresì riconosciuto un eventuale ulteriore periodo di durata massima di quattro settimane di trattamento di cui al presente comma per periodi decorrenti dal 1° settembre 2020 al 31 ottobre 2020.
NOTA BENE: la concessione del trattamento ordinario sospende e sostituisce l’assegno di solidarietà già in corso.
CONSULTAZIONE SINDACALE: i datori di lavoro che presentano domanda di trattamento salariale speciale COVID-19 sono dispensati dall’osservanza delle tempistiche prescritte all’art. 14, d.lgs. n. 148/2015, restando salva “l’informazione, la consultazione e l’esame congiunto che possono essere svolti in via telematica” entro tre giorni successivi a quello della richiesta.
NOTA BENE: il trattamento potrà essere concesso anche in caso di assenza o di mancato accordo. PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO: i datori di lavoro potranno presentare la domanda di concessione del trattamento di integrazione salariale ordinaria o dell’assegno ordinario speciale con causale “emergenza COVID-19” entro:
– il 31 maggio 2020 per quanto riguarda le domande riferite a periodi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa che hanno avuto inizio nel periodo ricompreso tra il 23 febbraio 2020 e il 30 aprile 2020;
– entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio la sospensione, per le domande riferite a periodi di sospensione successivi al 30 aprile 2020.
NOTA BENE: in sede di valutazione delle domande gli Uffici terranno conto del carattere eccezionale della nuova causale “emergenza COVID-19” e delle esigenze di velocizzazione delle procedure, dando per verificata la sussistenza dei requisiti della transitorietà e della non imputabilità dell’evento ai fini dell’integrabilità della causale.
ALIQUOTE CONTRIBUTIVE DI FINANZIAMENTO: limitatamente ai periodi di assegno ordinario non si applica quanto previsto in materia di contribuzione addizionale dall’articolo 29, comma 8, secondo periodo, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148.
Articolo 22 (d.l. “Cura Italia”) – Nuove disposizioni per la Cassa integrazione in deroga
TIPOLOGIA MISURA E CAUSA DI INTERVENTO: trattamento di integrazione salariale in deroga (c.d.
CIGD) per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19, con decorrenza dal 23 febbraio 2020.
NOTA BENE: il trattamento CIGD può essere concesso esclusivamente con la modalità di pagamento diretto della prestazione da parte dell’INPS.
DATORI DI LAVORO DESTINATARI: datori di lavoro del settore privato, ivi inclusi quelli agricoli, della pesca e del terzo settore compresi gli enti religiosi civilmente riconosciuti, per i quali non trovino applicazione le tutele previste dalle vigenti disposizioni in materia di sospensione o riduzione di orario, in costanza di rapporto di lavoro (comprese le aziende destinatarie dei soli trattamenti CIGS).
Sono destinatari anche i datori di lavoro titolari di partita iva esercenti arti e professioni regolamentate che non rientrano nel campo di applicazione dei fondi di solidarietà bilaterali di cui al d.lgs. n. 148/2015.
NOTA BENE: sono esclusi dal campo di applicazione dell’ammortizzatore sociale i datori di lavoro domestico.
LAVORATORI DESTINATARI: dipendenti già in forza alla data del 25 marzo 2020.
DURATA DEL TRATTAMENTO: le Regioni e le Province autonome possono riconoscere, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, trattamenti di cassa integrazione salariale in deroga, per la durata della sospensione del rapporto di lavoro e comunque per un periodo non superiore a diciotto settimane, di cui quattordici settimane fruibili per periodi decorrenti dal 23 febbraio 2020 al 31 agosto 2020 e quattro settimane fruibili per i periodi decorrenti dal 1 settembre 2020 al 31 ottobre 2020, ai sensi dell’articolo 22-ter del Decreto “Cura Italia”.
CONSULTAZIONE SINDACALE: ad eccezione delle imprese che occupano fino a cinque dipendenti, il trattamento di cassa integrazione guadagni in deroga (c.d. CIGD) può essere richiesto previo accordo con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale per i datori di lavoro, concluso anche con modalità telematica. Al fine di soddisfare le esigenze di velocizzazione delle procedure, dunque, le imprese che non occupano oltre cinque dipendenti possono accedere al trattamento CIGD anche in mancanza di accordo sindacale, ricorrendone gli ulteriori presupposti.
PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO:
Per periodi fino a nove settimane: i trattamenti di integrazione salariale in deroga sono concessi con decreto delle regioni e delle province autonome interessate, da trasmettere all’INPS in modalità telematica entro quarantotto ore dall’adozione, la cui efficacia è in ogni caso subordinata alla verifica del rispetto dei prescritti limiti di spesa. Le regioni e le province autonome, unitamente al decreto di concessione, inviano la lista dei beneficiari all’INPS, che provvede all’erogazione delle predette prestazioni.
Le domande di CIGD dovranno essere presentate alla regione e alle province autonome, che le istruiranno secondo l’ordine cronologico di presentazione delle stesse.
In caso di aziende multilocalizzate in più regioni le domande possono essere presentate al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Per periodi successivi alle prime nove settimane: la competenza in materia di concessione dei predetti
trattamenti passa all’’Inps, al quale i datori di lavoro devono inviare telematicamente la domanda con la lista dei beneficiari indicando le ore di sospensione per ciascun lavoratore per tutto il periodo autorizzato. Tali domande andranno trasmesse decorsi trenta giorni dall’entrata in vigore del d.l. “Rilancio”. Decorsi i predetti trenta giorni, la medesima domanda deve essere trasmessa entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa.
ALIQUOTE CONTRIBUTIVE DI FINANZIAMENTO: non è prevista contribuzione.
– Articolo 23 (d.l. “Cura Italia”) – Congedo e indennità per i lavoratori dipendenti del settore privato, i lavoratori iscritti alla Gestione separata di cui all’art. 2, comma 26 della legge 8 agosto 1995, n. 335, e i lavoratori autonomi, per emergenza COVID -19
a) CONGEDO INDENNIZZATO
MISURA E DURATA: diritto alla fruizione di un congedo parentale speciale indennizzato per l’anno 2020 a decorrere dal 5 marzo, per un periodo continuativo o frazionato comunque non superiore a trenta giorni.
DESTINATARI:
– genitori lavoratori dipendenti del settore privato con figli di età non superiore ai 12 anni genitori lavoratori dipendenti che abbiano particolari bisogni di cura familiare in conseguenza dei provvedimenti di sospensione dei servizi educativi per l’infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado, di cui al Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 marzo 2020;
– genitori con figli con disabilità in situazione di gravità accertata ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, iscritti a scuole di ogni ordine e grado o ospitati in centri diurni a carattere assistenziale;
– genitori lavoratori iscritti in via esclusiva alla Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
MODALITÀ DI FRUIZIONE: la fruizione del congedo è riconosciuta alternativamente ad entrambi i genitori, per un totale complessivo di trenta giorni, ed è subordinata alla condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa o altro genitore disoccupato o non lavoratore.
NOTA BENE: qualora i genitori lavoratori, nelle more della emanazione del decreto e durante il periodo di sospensione previsto a decorrere dal 5 marzo, abbiano già fatto ricorso ad eventuali periodi di congedo parentale di cui agli articoli 32 e 33 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, quest’ultimi saranno convertiti nel congedo speciale, di cui al comma 1 dell’art. 22, con diritto alla specifica indennità.
INDENNITÀ: i periodi di congedo sono accompagnati da una indennità pari al 50 per cento della retribuzione, calcolata secondo quanto previsto dall’articolo 23 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e sono coperti da contribuzione figurativa.
Per i genitori lavoratori iscritti in via esclusiva alla Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in considerazione della peculiarità del rapporto di collaborazione, è riconosciuta una indennità, per ciascuna giornata indennizzabile, pari al 50 per cento di 1/365 del reddito individuato secondo la base di calcolo utilizzata ai fini della determinazione dell’indennità di maternità.
NOTA BENE: la medesima indennità è estesa ai genitori lavoratori autonomi iscritti all’INPS ed è commisurata, per ciascuna giornata indennizzabile, al 50 per cento della retribuzione convenzionale giornaliera stabilita annualmente dalla legge, a seconda della tipologia di lavoro autonomo svolto
b) ASTENSIONE NON INDENNIZZATA
MISURA E DURATA: astensione dal rapporto di lavoro senza alcun indennizzo con diritto alla conservazione del posto di lavoro e contestuale divieto di licenziamento.
DESTINATARI: i genitori lavoratori dipendenti del settore privato con figli minori di 16 anni, a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa o che non vi sia genitore non lavoratore.
MODALITÀ DI FRUIZIONE: ai sensi dell’art. 23, comma 6, i genitori lavoratori dipendenti del settore privato con figli minori di 16 anni, hanno diritto di astenersi dal lavoro per il periodo di sospensione dei servizi educativi per l’infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado.
NOTA BENE: il decreto rimanda all’INPS la definizione delle modalità operative per accedere ai congedi parentali straordinari retribuiti.
INDENNITÀ: il decreto esclude sia la corresponsione di indennità sia il riconoscimento di contribuzione figurativa.
c) BONUS BABY SITTING
MISURA E DESTINATARI: in alternativa ai congedi parentali retribuiti, i medesimi lavoratori beneficiari possono scegliere la corresponsione di un bonus per l’acquisto di servizi di baby-sitting nel limite massimo complessivo di 1.200 euro, da utilizzare per prestazioni effettuate a decorrere dal 5 marzo 2020.
MODALITÀ DI EROGAZIONE: il bonus viene erogato mediante il libretto famiglia di cui all’art. 54-bis, della legge 24 aprile 2017, n. 50.
NOTA BENE: il decreto rimanda all’INPS la definizione delle modalità operative per accedere al bonus baby sitting.
Articolo 25 (d.l. “Cura Italia”) – Congedo e indennità per i lavoratori dipendenti del settore pubblico, nonché bonus per l’acquisto di servizi di baby-sitting per i dipendenti del settore sanitario pubblico e privato accreditato, per emergenza COVID -19
a) CONGEDO E ASTENSIONE
MISURA E CAMPO DI APPLICAZIONE: i genitori lavoratori dipendenti del settore pubblico, nonché del settore sanitario privato accreditato, hanno diritto alla fruizione di un congedo parentale speciale per l’anno 2020 a decorrere dal 5 marzo e fino al 31 luglio 2020, per un periodo continuativo o frazionato comunque non superiore a trenta giorni, qualora questi siano genitori di figli di età non superiore ai 12 anni o con figli con disabilità in situazione di gravità accertata ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, iscritti a scuole di ogni ordine e grado o ospitati in centri diurni a carattere assistenziale.
MODALITÀ DI EROGAZIONE: L’erogazione dell’indennità, nonché l’indicazione delle modalità di fruizione del congedo sono a cura dell’amministrazione pubblica con la quale intercorre il rapporto di lavoro.
b) BONUS BABY SITTING
MISURA E DESTINATARI: i genitori lavoratori dipendenti del settore sanitario, pubblico e privato accreditato, appartenenti alla categoria dei medici, degli infermieri, dei tecnici di laboratorio biomedico, dei tecnici di radiologia medica e degli operatori sociosanitari del settore pubblico, hanno diritto a fruire, in alternativa al congedo, del bonus baby sitting.
IMPORTO: 2.000 euro complessivi.
MODALITÀ DI EROGAZIONE DEL BONUS: il lavoratore presenta domanda tramite i canali telematici dell’Inps e secondo le modalità tecnico-operative stabilite dal medesimo Istituto indicando, al momento della domanda stessa, l’importo del bonus che si intende utilizzare.
Articolo 26 (d.l. “Cura Italia”) – Misure urgenti per la tutela del periodo di sorveglianza attiva dei lavoratori del settore privato
MISURA E CAMPO DI APPLICAZIONE: equiparazione alla malattia del periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva in conseguenza del Covid-2019, con riferimento ai lavoratori dipendenti del settore privato.
MODALITÀ DI ATTRIBUZIONE: il medico curante redige il certificato di malattia con gli estremi del provvedimento che ha dato origine alla quarantena con sorveglianza attiva o alla permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva. Qualora il lavoratore si trovi in malattia accertata da COVID-19, il certificato è redatto dal medico curante nelle consuete modalità telematiche, senza necessità di alcun provvedimento da parte dell’operatore di sanità pubblica.
LIMITE DI SPESA: in deroga alle disposizioni vigenti, gli oneri a carico dei datori di lavoro, che presentano domanda all’ente previdenziale e ad altri istituti previdenziali sono posti a carico dello Stato nel limite massimo di spesa di 380 milioni di euro per l’anno 2020.
Articoli 27, 28, 29, 30, 31 e 38 (d.l. “Cura Italia”) – Indennità MISURA TRATTAMENTO: indennità una tantum di ammontare pari a 600 euro per il mese di marzo.
DESTINATARI:
– liberi professionisti titolari di partita iva (attiva alla data del 23 febbraio 2020) e lavoratori titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (attivi alla medesima data), iscritti alla Gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, della legge n. 335/1995, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie;
– co.co.co. che svolgono attività in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche.
– lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell’Ago, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie,
– lavoratori dipendenti stagionali del settore turismo e degli stabilimenti termali che hanno cessato involontariamente il rapporto di lavoro nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e la data di entrata in vigore del decreto, non titolari di pensione e non titolari di rapporto di lavoro dipendente alla medesima data;
– operai agricoli a tempo determinato, non titolari di pensione, che nel 2019 abbiano effettuato almeno 50 giornate effettive di attività di lavoro agricolo;
– lavoratori iscritti al Fondo pensioni Lavoratori dello spettacolo, con almeno 30 contributi giornalieri versati nell’anno 2019 al medesimo Fondo, cui deriva un reddito non superiore a 50.000 euro, e non titolari di pensione
Articolo 96 (d.l. “Cura Italia”) – Indennità collaboratori sportivi
DESTINATARI: titolari di rapporti di collaborazione presso federazioni sportive nazionali, enti di promozione sportiva, società e associazioni sportive dilettantistiche, di cui all’art. 67, comma 1, lett. m), del TUIR, già in essere alla data del 23 febbraio 2020.
MISURA E TRATTAMENTO: l’indennità di 600 euro riconosciuta da Sport e Salute S.p.A. per il mese di marzo 2020
MODALITÀ DI RICORSO: le domande, unitamente all’autocertificazione della preesistenza del rapporto di collaborazione e della mancata percezione di altro reddito da lavoro, sono presentate alla società Sport e Salute s.p.a. che, sulla base del registro di cui all’art. 7, comma 2, del decreto legge 28 maggio 2004, n. 136, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 luglio 2004, n. 186, acquisito dal CONI sulla base di apposite intese, le istruisce secondo l’ordine cronologico di presentazione.
Articolo 44 (d.l. “Cura Italia”) – Istituzione del Fondo per il reddito di ultima istanza a favore dei
lavoratori danneggiati dal virus COVID-19
DESTINATARI: i lavoratori dipendenti e autonomi, ivi inclusi i professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria di cui ai decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509 e 10 febbraio 1996, n. 103, che – in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID 19 – hanno cessato, ridotto o sospeso la loro attività, al rischio di cessazione, riduzione o sospensione della loro attività o del loro rapporto di lavoro.
Ai sensi del decreto 28 marzo 2020 del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, l’indennità è riconosciuta ai lavoratori autonomi e professionisti iscritti ad enti di diritto privato di previdenza obbligatoria (a condizione che abbiano adempiuto gli obblighi contributivi per l’anno 2019):
a) che nel 2018 hanno percepito un reddito complessivo non superiore a 35.000 euro e la cui attività sia stata “limitata dai provvedimenti restrittivi” adottati per fare fronte all’emergenza epidemiologica.
b) che nel 2018 hanno percepito un reddito complessivo compreso fra 35.000 e 50.000 euro che abbiano o “cessato”, o “ridotto”, o “sospeso” la loro attività in conseguenza dell’emergenza epidemiologica e, a tal fine, valgono i seguenti parametri:
1. cessazione dell’attività: partita IVA chiusa fra il 23 febbraio e il 31 marzo;
2. riduzione o sospensione dell’attività: riduzione pari o superiore al 33% del reddito (determinato in base a ricavi-costi con applicazione del principio di cassa) del primo trimestre del 2020, rispetto al reddito del primo trimestre 2019;
c) i lavoratori autonomi e professionisti iscritti agli enti previdenziali di appartenenza durante l’anno 2019 o nei primi mesi del 2020, privi per l’anno di imposta 2018 di un reddito derivante dall’esercizio della professione; ciò a condizione che gli stessi abbiano percepito, in quello stesso anno, un reddito complessivo non superiore a 35.000 euro, ovvero compreso tra i 35.000 e i 50.000 euro (in presenza, chiaramente, degli altri requisiti prescritti dalla legge).
MISURA E TRATTAMENTO: istituzione del “Fondo per il reddito di ultima istanza” che garantisce il riconoscimento alla platea di soggetti interessati una indennità, nei limiti di spesa 300 milioni di euro per l’anno 2020.
Il decreto 28 marzo 2020 individua in 200 milioni di euro (su 300 complessivi stanziati dall’art. 44 del d.l. n. 18/2020) la quota parte del limite di spesa del Fondo per il reddito di ultima istanza, destinato al sostegno del reddito dei lavoratori autonomi e professionisti iscritti ad enti di diritto privato di previdenza obbligatoria, prevedendo l’erogazione di un’indennità di 600 euro per il mese di marzo.
MODALITÀ DI RICORSO: Le disposizioni attuative per la gestione del Fondo saranno concordate con le associazioni delle Casse professionali cui potrà essere destinata quota parte del Fondo stesso.
Le domande vanno presentate, a partire dal 1° aprile ed entro il 30 aprile 2020, ai rispettivi enti di previdenza privata e possono essere inoltrate ad un solo ente previdenziale e per una sola forma di previdenza obbligatoria.
L’art. 4 disciplina le modalità di monitoraggio delle risorse disponibili.
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali provvede mensilmente al rimborso degli oneri sostenuti dagli enti di previdenza privati, dietro apposita rendicontazione.
Articolo 44-bis (d.l. “Cura Italia”) – Indennità per i lavoratori autonomi nei comuni di cui all’Allegato 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° marzo 2020
DESTINATARI:
– collaboratori coordinati e continuativi;
– titolari di rapporti di agenzia e di rappresentanza commerciale;
– lavoratori autonomi o professionisti ivi compresi i titolari di attività di impresa, iscritti all’assicurazione generale obbligatoria e alle forme esclusive e sostitutive della medesima, nonché alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, che svolgono la loro attività lavorativa alla data del 23 febbraio 2020 nei comuni individuati nell’allegato 1 al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° marzo 2020, o siano ivi residenti o domiciliati alla medesima data.
MISURA E TRATTAMENTO: indennità mensile di 500 euro per un massimo di tre mesi. L’indennità è parametrata all’effettivo periodo di sospensione dell’attività e non concorre alla formazione del reddito ai sensi del TUIR.
MODALITÀ DI RICORSO: il trattamento è erogato dall’INPS, previa domanda, nel limite di spesa complessivo di 5,8 milioni di euro per l’anno 2020.
Articolo 82 (d.l. “Rilancio”) – Reddito di emergenza
DESTINATARI: Nuclei familiari per i quali siano verificati, al momento della domanda, tutti i seguenti requisiti:
a) residenza in Italia, verificata con riferimento al componente richiedente il beneficio;
b) un valore del reddito familiare, nel mese di aprile 2020, inferiore a una soglia pari all’ammontare di cui al comma 5 (determinata in un minimo di 400 e un massimo di 800 euro);
c) un valore del patrimonio mobiliare familiare con riferimento all’anno 2019 inferiore a una soglia di euro 10.000, accresciuta di euro 5.000 per ogni componente successivo al primo e fino ad un massimo di euro 20.000, il massimale è incrementato di 5.000 euro in caso di presenza nel nucleo familiare di un componente in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza come definite ai fini dell’ISEE;
d) un valore dell’ISEE inferiore ad euro 15.000.
MISURA E TRATTAMENTO: il Rem è erogato dall’INPS in due quote ciascuna pari all’ammontare di 400 euro. Le domande per il Rem devono essere presentate entro il termine del mese di giugno 2020.
Il Rem è riconosciuto ai nuclei familiari in possesso di determinati requisiti fra i quali un determinato valore del reddito familiare, del patrimonio mobiliare familiare e dell’ISEE.
MODALITÀ DI RICORSO: il Rem è riconosciuto ed erogato dall’INPS previa richiesta tramite modello di domanda predisposto dall’INPS, presentato secondo le modalità stabilite dall’Istituto. Le richieste di Rem possono essere presentate presso i CAF, previa stipula di una convenzione con l’INPS. Le richieste del Rem possono essere altresì presentate presso gli istituti di patronato.
Articolo 84, commi 1-7 (d.l. “Rilancio”) – Nuove indennità per i lavoratori danneggiati dall’emergenza epidemiologica da COVID-19
DESTINATARI: liberi professionisti e co.co.co, lavoratori autonomi iscritti alle Gestioni speciali dell’AGO, lavoratori (anche somministrati) stagionali del turismo e degli stabilimenti termali, lavoratori del settore agricolo già beneficiari per il mese di marzo della relativa indennità.
MISURA E TRATTAMENTO: Per il mese di aprile 2020 prevista l’erogazione di un’indennità pari a 600 euro in favore dei soggetti che ne abbiano già beneficiato nel mese di marzo 2020.
Per il mese di maggio 2020, l’indennità è innalzata a 1.000 euro.
MODALITÀ DI RICORSO E CONDIZIONI: Per il mese di maggio 2020, l’indennità è innalzata a 1.000 euro e possono beneficiarne, al ricorrere di specifiche condizioni, le seguenti categorie di lavoratori:
1. i liberi professionisti iscritti alla Gestione separata, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, che abbiano subito comprovate perdite (riduzione di almeno il 33% del reddito del secondo bimestre 2020 rispetto a quello del secondo bimestre 2019). I soggetti devono presentare all’Inps la domanda unitamente all’autocertificazione del possesso dei requisiti.
2. i lavoratori titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, iscritti alla Gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, che abbiano cessato il rapporto di lavoro alla data di entrata in vigore del presente decreto.
Articolo 84, commi 8-11 (d.l. “Rilancio”) – Nuove indennità per i lavoratori danneggiati dall’emergenza epidemiologica da COVID-19
DESTINATARI (1): Lavoratori dipendenti stagionali del settore turismo e degli stabilimenti termali che hanno cessato involontariamente il rapporto di lavoro nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 17 marzo 2020, non titolari di pensione, né di rapporto di lavoro dipendente, né di NASPI, alla data di entrata in vigore del Decreto “Rilancio”.
MISURA E TRATTAMENTO: è riconosciuta un’indennità per il mese di maggio 2020 pari a 1000 euro.
MODALITÀ DI RICORSO E CONDIZIONI: Le indennità non concorrono alla formazione del reddito e sono erogate dall’INPS in unica soluzione, previa domanda, nel limite di spesa complessivo di 3.840,8 milioni di euro per l’anno 2020.
DESTINATARI (2):
a) lavoratori dipendenti stagionali appartenenti a settori diversi da quelli del turismo e degli stabilimenti termali che hanno cessato involontariamente il rapporto di lavoro nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 31 gennaio 2020 e che abbiano svolto la prestazione lavorativa per almeno trenta giornate nel medesimo periodo;
b) lavoratori intermittenti, di cui agli articoli da 13 a 18 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81, che abbiano svolto la prestazione lavorativa per almeno trenta giornate nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 31 gennaio 2020;
c) lavoratori autonomi, privi di partita IVA, non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, che nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 23 febbraio 2020 siano stati titolari di contratti autonomi occasionali riconducibili alle disposizioni di cui all’articolo 2222 c.c. e che non abbiano un contratto in essere alla data del 23 febbraio 2020. Gli stessi, per tali contratti, devono essere già iscritti alla data del 23 febbraio 2020 alla Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, con accredito nello stesso arco temporale di almeno un contributo mensile;
d) incaricati alle vendite a domicilio di cui all’articolo 19 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114, con reddito annuo 2019 derivante dalle medesime attività superiore ad euro 5.000 e titolari di partita IVA attiva e iscritti alla Gestione Separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, alla data del 23 febbraio 2020 e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie.
MISURA E TRATTAMENTO: Indennità per i mesi di aprile e maggio, pari a 600 euro per ciascun mese.
MODALITÀ DI RICORSO E CONDIZIONI: Le indennità non concorrono alla formazione del reddito e sono erogate dall’INPS in unica soluzione, previa domanda, nel limite di spesa complessivo di 3.840,8 milioni di euro per l’anno 2020.
Articolo 85 (d.l. “Rilancio”) – Indennità per i lavoratori domestici
DESTINATARI: Lavoratori domestici, non conviventi con il datore di lavoro che abbiano in essere, alla data del 23 febbraio 2020, uno o più contratti di lavoro per una durata complessiva superiore a 10 ore settimanali.
MISURA E TRATTAMENTO: Per i mesi di aprile e maggio 2020, un’indennità mensile pari a 500 euro, per ciascun mese, a condizione.
MODALITÀ DI RICORSO E CONDIZIONI: L’indennità di cui al presente articolo è erogata dall’INPS in unica soluzione, previa domanda, nel limite di spesa complessivo di 460 milioni di euro per l’anno 2020.
Le domande possono essere presentate presso gli Istituti di Patronato.
Articolo 98 (d.l. “Rilancio”) – Disposizioni in materia di lavoratori sportivi (Indennità)
DESTINATARI: Lavoratori impiegati con rapporti di collaborazione presso:
– il Comitato Olimpico Nazionale (CONI);
– il Comitato Italiano Paralimpico (CIP);
– le federazioni sportive nazionali, le discipline sportive associate, gli enti di promozione sportiva, riconosciuti dal CONI e dal CIP;
– le società e associazioni sportive dilettantistiche, di cui all’articolo 67, comma 1, lettera m), del TUIR già attivi alla data del 23 febbraio 2020.
MISURA E TRATTAMENTO: Indennità di 600 euro per i mesi di aprile e maggio 2020.
MODALITÀ DI RICORSO E CONDIZIONI: Le domande degli interessati, unitamente all’autocertificazione della preesistenza del rapporto di collaborazione e della mancata percezione di altro reddito da lavoro, e del reddito di cittadinanza e delle prestazioni indicate al comma 1, sono presentate alla società Sport e Salute s.p.a.
Articolo 103 (d.l. “Rilancio”) – Emersione di rapporti di lavoro
CAMPO DI APPLICAZIONE: Emersione e regolarizzazione dei rapporti di lavoro nei tre settori di attività
a) agricoltura, allevamento e zootecnia, pesca e acquacoltura e attività connesse;
b) assistenza alla persona per se stessi o per componenti della propria famiglia, ancorché non conviventi, affetti da patologie o handicap che ne limitino l’autosufficienza;
c) lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare.
I datori di lavoro possono presentare istanze:
1. per concludere un contratto di lavoro subordinato con cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale;
2. per dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare, tuttora in corso, con cittadini italiani o cittadini stranieri;
3. per l’assunzione di lavoratori in possesso del permesso di soggiorno temporaneo di sei mesi, previsto in via speciale.
LAVORATORI DESTINATARI:
I) Cittadini stranieri la cui presenza in Italia sia precedente all’8 marzo e che da quella data non abbiano lasciato il territorio nazionale e che, alternativamente, siano stati:
– “fotosegnalati”, ovvero sottoposti a rilievi fotodattiloscopici prima dell’8 marzo 2020;
– “identificati”, ovvero aver soggiornato in Italia precedentemente alla suddetta data, in forza di una dichiarazione di presenza;
– in possesso di documentazione avente data certa proveniente da organismi pubblici che ne attesti la presenza.
II) Cittadini stranieri in possesso di un permesso di soggiorno scaduto dal 31 ottobre 2019, non rinnovato o convertito in altro titolo di soggiorno.
MODALITÀ DI RICORSO E CONDIZIONI: Le istanze di emersione possono essere presentate a far data dal 1° giugno al 15 luglio 2020, secondo le modalità stabilite con decretazione ministeriale da adottarsi entro dieci giorni dall’entrata in vigore del Decreto “Rilancio”, presso:
a) l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) per i lavoratori italiani o per i cittadini di uno Stato membro dell’Unione europea;
b) lo sportello unico per l’immigrazione, di cui all’art. 22 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 e successive modificazioni per i lavoratori stranieri irregolari privi di permesso di soggiorno;
c) la Questura per il rilascio dei permessi di soggiorno.
Le istanze sono presentate previo pagamento di un contributo forfettario stabilito nella misura di 500 euro per ciascun lavoratore, a copertura degli oneri connessi all’espletamento della procedura di emersione, ivi incluso il costo di trasmissione della domanda. Per i lavoratori con permesso di soggiorno temporaneo, il contributo è determinato nella misura di 130 euro al netto dei costi dell’istanza di rilascio, che non possono superare i 30 euro.
Lo sportello unico per l’immigrazione (SUI) convoca le parti per la stipula del contratto di soggiorno, per la comunicazione obbligatoria di assunzione e la compilazione della richiesta del permesso di soggiorno per lavoro subordinato. La mancata presentazione delle parti senza giustificato motivo comporta l’archiviazione del procedimento.
BENEFICI: Dalla data di entrata in vigore del presente decreto fino alla conclusione dei procedimenti di emersione, sono sospesi i procedimenti penali e amministrativi nei confronti del datore di lavoro e del lavoratore.
La sospensione cessa nel caso in cui non venga presentata l’istanza di emersione nei modi richiesti, ovvero si proceda al rigetto o all’archiviazione della medesima. Si procede comunque all’archiviazione dei procedimenti penali e amministrativi a carico del datore di lavoro se l’esito negativo del procedimento derivi da cause indipendenti dalla volontà o dal comportamento del datore medesimo.
—
Note :
(1)Il Decreto “Cura Italia” – pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 17 marzo 2020 n. 70 ed entrato in vigore, ex articolo 127 del d.l., il giorno stesso della sua pubblicazione, ossia il 17 marzo – ha introdotto una serie di misure di potenziamento del servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19, per complessivi 25 miliardi, aggiungendosi ai precedenti interventi confluiti nei decreti-legge n. 14 del 9 marzo 2020, n. 11 dell’8 marzo 2020, n. 9 del 2 marzo e n. 6 del 22 febbraio.
La legge di conversione del d.l. n. 18/2020 è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 29 aprile 2020 n. 110, S.O. n. 16, ed è entrata in vigore, ex articolo 1 della stessa legge, il giorno successivo a quello della sua pubblicazione, ossia il 30 aprile.
(2) Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’8 aprile 2020 n. 94 ed entrato in vigore, ex articolo 44 del d.l., il giorno successivo a quello della sua pubblicazione, ossia il 9 aprile.
(3) Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 19 maggio 2020 n. 128, S.O. n. 21, ed entrato in vigore, ex articolo 266 del d.l., il giorno stesso della sua pubblicazione, ossia il 19 maggio.
(4) Cfr. Circolare INPS n. 47/2020, sub. paragrafo A.
(5) Importo così modificato dall’art. 68 del Decreto “Rilancio”.
(6) Importo così aumentato dall’art. 69, comma 1, lett. b) del Decreto “Rilancio”.
(7) Articolo aggiunto dall’art. 71 del Decreto “Rilancio”.
(8) Articolo aggiunto dall’art. 71 del Decreto “Rilancio”.
(9) Commi inserito, in sede di conversione, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 aprile 2020, n. 27.
(10) Art. 22, comma 3, del Decreto “Cura Italia”, come modificato dall’art. 70, comma 1, lett. b) del Decreto “Rilancio”.
(11) Modifica operata dall’art. 74 del Decreto “Rilancio”.
(12) Modifica apportata dalla legge di conversione del d.l. n. 18/2020.
(13) L’estensione dei contributi agli enti del terzo settore è stata operata dall’art. 77 del Decreto “Rilancio”, allo scopo di sostenere la continuità, in sicurezza, delle attività di interesse generale degli stessi enti.
(14) Misura così aumentata dall’art. 78, comma 1, lett. a) del Decreto “Rilancio”.
(15) Termine così prorogato dall’art. 79 del Decreto “Rilancio”.
(16) Parole così sostituite dall’art. 80 del Decreto “Rilancio” rispetto alle precedenti “60 giorni“.
(17) Si veda la nota precedente.
(18) Periodo aggiunto dall’art. 80 del Decreto “Rilancio”.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CONSIGLIO NAZIONALE DOTT COMM E ESP CON - Comunicato 02 giugno 2020 - Commercialisti, analisi delle misure fiscali per contrastare l’emergenza Covid-19 - Nel documento una ricognizione delle disposizioni su sospensione versamenti e adempimenti e su…
- Commercialisti, le misure sul lavoro per contrastare l’emergenza da Covid-19 - CONSIGLIO NAZIONALE DOTT COMM E ESP CON - Comunicato 23 giugno 2020
- CONSIGLIO NAZIONALE DOTT COMM E ESP CON - Comunicato 11 novembre 2019 - Manovra: commercialisti, nessuna attenzione per il lavoro autonomo - Postal (Consigliere nazionale): "Bene taglio cuneo fiscale, ma grave l’assenza di misure parallele per le Partite Iva"
- CONSIGLIO NAZIONALE dei DOTT COMM e degli ESP CON - Comunicato del 4 aprile 2023 - Siglato Protocollo di intesa tra Consiglio Nazionale Commercialisti ed Ente Nazionale Microcredito
- CONSIGLIO NAZIONALE DOTT COMM E ESP CON - Comunicato 04 novembre 2021 - Crisi di impresa e risanamento aziendale: il ruolo dell’organo di controllo - Pubblicato un documento della Fondazione Nazionale dei Commercialisti sulle misure urgenti previste…
- CONSIGLIO NAZIONALE DOTT COMM E ESP CON - Comunicato 27 ottobre 2020 - Commercialisti e consulenti del lavoro: "Anche ai professionisti misure di ristoro"
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Gli amministratori deleganti sono responsabili, ne
La Corte di Cassazione, sezione I, con l’ordinanza n 10739 depositata il…
- La prescrizione quinquennale, di cui all’art. 2949
La Corte di Cassazione, sezione I, con l’ordinanza n. 8553 depositata il 2…
- La presunzione legale relativa, di cui all’a
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 10075 depos…
- Determinazione del compenso del legale nelle ipote
La Corte di Cassazione, sezione III, con l’ordinanza n.10367 del 17 aprile…
- L’agevolazione del c.d. Ecobonus del d.l. n.
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza n. 7657 depositata il 21 ma…