CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 luglio 2020, n. 16144
Tributi – Accise – Accisa agevolata su prodotti energetici (gasolio) impiegati per la produzione di energia elettrica – Parametro predeterminato – Maggior consumo – Omesso versamento – Sanzioni – Bilancio energetico – Omesso invio – Sanzioni
Considerato che
1. la CTR dell’Umbria ha accolto parzialmente – quanto alla corretta rideterminazione della misura fissa delle sanzioni, come riconosciuto dall’amministrazione – il gravame interposto dall’impresa E.E. di M.G. (di seguito, E.E.), operante nel settore della lavorazione delle materie plastiche, avverso la sentenza della CTP di Perugia di rigetto del ricorso della medesima contro l’avviso di pagamento n. 2012/A/12548 per euro 183.888,96 a titolo di accisa su prodotti energetici (gasolio) impiegati per la produzione di energia elettrica, interessi e indennità di mora, nonché contro l’atto di contestazione n. 2012/3584/RU per euro 49.159,15 a titolo di sanzione pecuniaria per omesso invio del bilancio energetico e omesso versamento dell’accisa sul gasolio;
2. premesso che con gli atti impugnati è stato contestato all’impresa di aver consumato un quantitativo di gasolio, acquistato con accisa agevolata ai sensi del d.lgs. 26 ottobre 1995, n. 504 (T.U. accise) e del punto 11 della tab. A allo stesso allegata, superiore a quello utilizzato per la produzione dell’energia elettrica, con recupero dell’accisa per l’intero su detto quantitativo, la CTR ha ritenuto che: a) il ritardo della P.A. nel riscontrare la richiesta (risalente al 1999) dell’impresa di effettuazione di prove sperimentali per accertare un eventuale maggior parametro di consumo di gasolio agevolato rispetto al parametro predeterminato non ha comunque comportato conseguenze negative per la contribuente poiché il maggior beneficio eventualmente spettante decorrerebbe retroattivamente dalla data di presentazione della domanda; b) non è stato possibile effettuare tali prove sperimentali a causa di inerzie e negligenze imputabili alla contribuente per il malfunzionamento delle apparecchiature per la misurazione dei dati dell’energia elettrica prodotta e dei consumi di gasolio; c) non può condividersi la deduzione dell’appellante circa la non necessità del bilancio energetico previsto dalla circolare n. 33 del 2006 dell’Agenzia delle Dogane in considerazione dell’inattendibilità della relazione sostitutiva prodotta dall’impresa a causa sia dei malfunzionamenti predetti, sia della mancanza di molte delle informazioni richieste; d) pertanto, in assenza di valida sperimentazione del parametro di consumo, deve applicarsi il parametro predeterminato per legge di cui all’avviso di accertamento;
3. avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione E.E. affidato a due motivi, illustrati con memoria, cui replica l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli con controricorso.
Ritenuto che
4. con il primo motivo di ricorso E.E. denuncia violazione falsa applicazione, ex art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., degli artt. 3 e 14 del T.U. accise, nonché degli artt. 7 e 12 della legge 27 luglio 2000, n. 212: la CTR avrebbe mal applicato le disposizioni concernenti la motivazione degli atti impositivi poiché, al pari della CTP, avrebbe del tutto ignorato le deduzioni difensive opposte dall’impresa al processo verbale di constatazione notificatole il 14 marzo 2011, precedente all’atto impositivo impugnato, deduzioni non menzionate in detto p.v.c.; ciò in violazione dei principi in tema di motivazione degli atti impositivi, i quali devono riportare le ragioni del contribuente;
4.1. il mezzo è inammissibile;
4.2. esso si palesa infatti generico e non autosufficiente poiché non specifica quali rilievi della contribuente non sarebbero stati tenuti presenti nella fase endoprocedimentale dall’amministrazione (ché anzi l’Agenzia li avrebbe, piuttosto, considerati per rilevarne però l'”irritualità”: cfr. p. 19 del ricorso), né riporta in alcun modo le deduzioni asseritamente svolte al riguardo da E.E. in sede di appello; dunque la censura non è idonea a dimostrare di non essere “nuova” poiché il motivo d’appello del quale si lamenta l’omesso esame non risulta compiutamente riportato nella sua integralità nel ricorso, e ciò al fine di consentire al collegio di verificare che le questioni sottoposte non siano nuove e di valutarne la fondatezza senza dover procedere all’esame dei fascicoli d’ufficio o di parte (Sez. 2, 20 agosto 2015, n. 17049; Sez. L, 17 agosto 2012, n. 14561; conf. Sez. 5, 7 dicembre 2017, n. 29368 in motivazione);
4.3. la doglianza – che si sostanzia nella denuncia di un’omessa pronuncia, come tale da articolarsi propriamente con riferimento al n. 4) dell’art. 360, comma 1, c.p.c. e non, come nella specie, con riferimento al n. 3) – è anche mal confezionata in quanto inammissibilmente sostenuta, in via esclusiva, da argomentazioni in punto di violazione di legge, dal che consegue la sua radicale inemendabilità (Sez. U, 24 luglio 2013, n. 17931; Sez. 6-5, 22 febbraio 2018, n. 4289);
4.4. giova poi ulteriormente notare che parte ricorrente propone una doglianza di ordine meramente formale, come tale affatto fuori fuoco rispetto alla portata precettiva degli artt. 7 e 12 della legge n. 212 del 2000: in carenza di un’esplicita comminatoria di nullità dell’atto, infatti, non può che aversi riguardo alla concreta lesione del diritto di difesa del contribuente – invero nella specie nemmeno allegato da E.E.-, secondo un principio generale desumibile dal sistema (si v., p. es., Sez. 5, 21 novembre 2018, n. 30039, secondo cui «L’avviso di accertamento soddisfa l’obbligo di motivazione quando pone il contribuente nella condizione di conoscere esattamente la pretesa impositiva, individuata nel petitum e nella causa petendi, mediante una fedele e chiara ricostruzione degli elementi costitutivi dell’obbligazione tributaria, anche quanto agli elementi di fatto ed istruttori posti a fondamento dell’atto impositivo, in ragione della necessaria trasparenza dell’attività della Pubblica Amministrazione, in vista di un immediato controllo della stessa», nonché analogamente, tra le altre, Sez. 5, 26 marzo 2014, n. 7056);
4.5. del resto, con riferimento al consimile tema delle osservazioni del contribuente ex art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000, Sez. 6-5, 31 marzo 2017, n. 8378 afferma condivisibilmente che è valido l’avviso di accertamento che non menzioni le dette osservazioni «atteso che, da un lato, la nullità consegue solo alle irregolarità per le quali sia espressamente prevista dalla legge oppure da cui derivi una lesione di specifici diritti o garanzie tale da impedire la produzione di ogni effetto e, dall’altro lato, l’Amministrazione ha l’obbligo di valutare tali osservazioni, ma non di esplicitare detta valutazione nell’atto impositivo»;
4.6. infine, è appena il caso di osservare che il precedente invocato dalla ricorrente (Sez. 5, 22 febbraio 2008, n. 4624) è inconferente, riguardando esso l’ipotesi – affatto differente e disciplinata da regole proprie – della determinazione del reddito effettuata sulla base dell’applicazione del cd. redditometro; pure non in termini è l’altro precedente (Sez. 6-5, 2 luglio 2018, n. 17210) richiamato da E.E. in memoria, trattandosi di ordinanza che espressamente si conforma (cfr. p. 3) alla poc’anzi citata Sez. 6-5, n. 8378/2017;
5. con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 24 del T.U. accise, del punto 11 della tabella A allegata al T.U. medesimo, dell’art. 10 del d.m. n. 322 del 1995, nonché dell’art. 3 della legge n. 212 del 2000: secondo la ricorrente nessuna disposizione legislativa o regolamentare prevede la presentazione del bilancio energetico quale condizione per la fruizione dell’agevolazione in questione, sicché non potrebbe a tal fine bastare la previsione della circolare dell’Agenzia delle Dogane n. 33/D del 2006, in ogni caso non applicabile retroattivamente ad annualità pregresse, come nella specie;
5.1. anche questo mezzo è inammissibile;
5.2. esso infatti non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, che attiene non all’obbligatorietà in sé della presentazione del bilancio energetico, bensì alla mancata effettuazione delle prove sperimentali, addebitabile alla ricorrente, e all’inattendibilità della relazione tecnica sui consumi presentata dalla medesima ricorrente, in quanto basata su dati tecnici falsati dal guasto ai misuratori amperometrici, donde la necessità del parametro predeterminato per legge ai fini della quantificazione dei consumi in relazione alla chiesta agevolazione.
6. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e le spese del giudizio di cassazione poste a carico della ricorrente come liquidate in dispositivo; doppio contributo unificato sempre a carico della ricorrente, sussistendone i presupposti di legge.
P.Q.M.
dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi euro 5.000,00 oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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