CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 settembre 2020, n. 18890
Tributi – Accertamento induttivo – Ricavi da cessione di immobili – Rettifica in via induttiva – Criteri – Valutazione del giudice – Necessità
Rilevato che
Con la sentenza impugnata è stata confermata la pronuncia della Commissione tributaria provinciale di Varese, con la quale era stata rigettata l’impugnativa promossa dalla M. s.r.l. (esercente attività di costruzione e vendita di immobili) avverso l’avviso di accertamento (n. T9303TC00050/2009) con cui l’Agenzia delle Entrate aveva rettificato – rispetto a quanto dalla contribuente dichiarato – in via induttiva i ricavi derivanti da distinte compravendite di quattro unità immobiliari effettuate nel periodo di imposta 2003 (in quanto per due immobili il prezzo di acquisto era risultato inferiore all’importo dei mutui erogati agli acquirenti e per gli altri due il prezzo in questione era stato ritenuto di poco superiore ai costi del solo materiale impiegato), così rideterminando un maggior imponibile di € 307.793,00;
per la cassazione della decisione ha proposto ricorso la M. s.r.l., affidato a tre motivi;
l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
Considerato che
Con il primo motivo, la società ricorrente – denunciando violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 4 e/o 5, c.p.c. – si duole che il giudice di appello abbia omesso di considerare che, nella ricostruzione del valore degli immobili, vi era stata, in primo luogo, l’applicazione dei coefficienti di attualizzazione ISTAT non pertinenti (in quanto non relativi alle costruzioni residenziali), in secondo, quanto a due porzioni immobiliari, una valutazione inesatta delle relative dimensioni – avendo l’Ufficio confuso la superficie con la rendita catastale -, e, in terzo, con riguardo ad un immobile, la avvenuta inclusione nei costi di costruzione dei soli costi del materiale e non anche di quelli (invece ricompresi) di manodopera;
con il secondo motivo – denunciando violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. – lamenta che il predetto giudice abbia omesso di pronunciare sulla dedotta nullità ex art. 42, commi 2 e 3, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, per difetto di motivazione dell’avviso di accertamento impugnato, carente di allegazione o riproduzione, nelle parti rilevanti, dei contratti di mutuo relativi a due cessioni immobiliari;
con il terzo motivo – denunciando violazione o falsa applicazione dell’art. 115, primo comma, c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. – si duole che la CTR abbia ritenuto che le presunzioni indicate dall’Ufficio non fossero scalfite dalle contestazioni generiche della società, in quanto non suffragate da alcun elemento probatorio, omettendo di considerare che essa società aveva esposto nell’atto introduttivo del giudizio la corretta rideterminazione dei maggiori ricavi sulla base dei dati di fatto esposti che, in quanto non contestati dall’Ufficio, dovevano ritenersi per provati;
il primo motivo – con il quale è nella sostanza dedotto il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio – è fondato, poiché, a fronte della evidenziazione di tre precisi fatti e circostanze (sopra riportati), indicati nei gradi di merito e potenzialmente idonei, ove vagliati, a condurre ad un esito diverso del giudizio, non vi è stata alcuna effettiva presa di posizione (non integrata dalla affermazione di genericità delle contestazioni formulate dalla contribuente, ritenute non suffragate da alcun elemento probatorio) ad opera del giudice del gravame;
il secondo motivo è invece infondato, poiché – premesso che l’accertamento di un maggior reddito derivante dalla cessione di beni immobili può essere fondato anche soltanto sull’esistenza di uno scostamento tra il minor prezzo indicato nell’atto di compravendita e l’importo del mutuo erogato all’acquirente (cfr., al riguardo, Cass. 9/06/2017, n. 14388; in senso conforme, v., tra le altre, Cass. 18/12/2019, n. 33623) – l’eventualità avanzata in ricorso circa la possibile destinazione della maggiore somma presa a mutuo al finanziamento di spese notarili o per mobilio non tiene conto della disposizione della Banca d’Italia (cfr. circ. del 29/03/1988, n. 4, con l’aggiornamento del 26/06/1995) secondo cui “il limite di finanziabilità”, cioè l’ammontare massimo che i finanziamenti possono assumere in rapporto al valore dei beni ipotecati, è stabilito nella misura dell’80% (elevabile fino al 100% in presenza di garanzie integrative) (così Cass. 31/05/2018, n. 13912);
pertanto, i rilievi contenuti nel motivo, incentrati sul pregiudizio ipoteticamente derivante dalla mancata verifica del contenuto dei due contratti di mutuo, sono implicitamente (e giustamente) disattesi dalla CTR, in quanto irrilevanti sul piano logico e giuridico;
il terzo motivo, imperniato sulla affermata acquisizione al processo di elementi di prova, in forza del principio di non contestazione, in relazione ad alcune circostanze – due delle quali, ossia quella concernente la erronea applicazione del coefficiente di trasformazione ISTAT e quella riguardante il non corretto calcolo della metratura di alcune porzioni immobiliari, già comunque oggetto della statuizione di accoglimento di cui sopra -, va dichiarato inammissibile, poiché, da un lato, esso è privo di autosufficienza, non essendo state riportate in ricorso le richiamate controdeduzioni dell’Ufficio dalle quali emergerebbe la non contestazione, e, dall’altro, investe un elemento valutativo riservato al giudice di merito, atteso che, nel vigore del novellato art. 115 c.p.c., spetta al predetto giudice apprezzare, nell’ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l’esistenza ed il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte (cfr., sul punto, Cass. 7/02/2019, n. 3680; cfr., altresì, Cass. 28/10/2019, n. 27490, ove è precisato che “L’accertamento della sussistenza di una contestazione ovvero d’una non contestazione, rientrando nel quadro dell’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza dell’atto della parte, è funzione del giudice di merito, sindacabile in cassazione solo per vizio di motivazione“);
in accoglimento del primo motivo di ricorso la sentenza impugnata va quindi cassata, con rinvio alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione, per un nuovo esame ed anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo, dichiara inammissibile il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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