CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 novembre 2020, n. 25518
Tributi – IVA – Consorzio – Ribaltamento costi e ricavi – Condizioni – Commesse acquisite ed eseguite autonomamente – Esclusione
Fatti di causa
1. L’Agenzia delle Entrate («A.E.») propone ricorso, fondato su un motivo, per la cassazione della sentenza, indicata in epigrafe, di rigetto degli appelli dalla stessa proposti avverso le sentenze nn. 4, 5 e 6 emesse nel 2009 dalla CTP di Biella (seconda sezione), di accoglimento di altrettanti ricorsi avverso tre avvisi di accertamento IVA e IRAP 2000, 2001 e 2002.
2. La Cooperativa Sociale L. s.r.l., in particolare, propose separati ricorsi avverso gli avvisi n. 818030200255 per l’anno 2000, n. 818030200323 per l’anno 2001 e n. 818030200386 per l’anno 2002, con i quali l’A.E. accertò maggiori IRAP e IVA.
La pretesa fiscale conseguì ad una verifica della G. di F. a carico di M. Consorzio per i Servizi Integrati, al quale aderiva la contribuente, che evidenziò anomalie di contabilizzazione nei rapporti tra i committenti, il consorzio e i consorziati.
Nel dettaglio, per quanto emerge dalla sentenza impugnata, per le commesse eseguite dalle consorziate il Consorzio (quale mandatario) operò un ricarico (coincidente con una percentuale media del 25% detratta dal corrispettivo percepito dal terzo committente) che determinò, quindi, da un lato, un mancato «ribaltamento» dell’utile prodotto dalle commesse, e, dall’altro, un mancato «ribaltamento» dei costi sopportati per le medesime commesse.
Per le commesse eseguite direttamente dal Consorzio (anche tramite soggetti terzi ma sempre estranei ad esso), l’A.E. ricostruì i costi non ribaltati e sulla base di essi calcolò i costi e i correlativi utili in proporzione alla partecipazione di ciascuna consorziata al fondo consortile.
L’A.E., infine, verificò che i ricavi e i costi per le commesse miste (cioè eseguite parzialmente dal Consorzio e dal consorziato) non furono ribaltati sulla consorziata.
3 La CTP accolse i ricorsi sull’assunto che il comportamento del Consorzio M., da cui derivava l’accertamento in capo alla Cooperativa Consorziata, risultava legittimo.
4. La CTR, riuniti gli appelli proposti dall’A.E., respinse le impugnazioni richiamando, a conferma delle statuizioni di primo grado, altre decisioni della medesima CTR, rese tra le parti o nei confronti di altro consorziato, che avevano ritenuto legittimo l’operato dei contribuenti.
In particolare la CTR escluse che il Consorzio (M.) fosse un centro di imputazione di rapporti giuridici da ripartire per trasparenza, sotto specie di ricavi e costi, a tutti i consorziati in relazione alla quota consortile sottoscritta. Tale imputazione fu accertata come essere esclusa dalle intese e dagli accordi sottoscritti dai consorziati per regolare i reciproci rapporti tra loro sorti, non potendo pertanto operare il ribaltamento dei costi e dei compensi delle commesse in quanto meccanismo operante nel solo caso di commesse acquisite dal consorzio e svolte da tutte le imprese consorziate.
5. Contro la sentenza d’appello l’A.E. ha proposto ricorso fondato su un motivo, la contribuente (regolarmente intimata) non si è costituita, all’adunanza camerale del 12 novembre 2019 questa Corte ha rimesso la causa alla pubblica udienza (ex art. 375, comma 2, c. p.c., come novellato dall’art. 1 bis della l. n. 197 del 2006) ed all’odierna udienza le parti concludono nei termini di cui in epigrafe.
Ragioni della decisione
1. Il ricorso merita accoglimento per le ragioni e nei termini di seguito evidenziati.
2. Con motivo unico, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si deduce violazione di legge «con riferimento al combinato disposto degli artt. 1706, 1713, comma 1, 1719, 1720, comma 1, c. c., degli artt. 1709, 2602, 2615 ter c.c. nonché del principio generale dell’abuso del diritto desunto dall’art. 37 bis, comma 1, del d. P.R. n. 600 del 1973, dall’art. 53 Cost. e dal principio di primazia del diritto comunitario in tema d’IVA, dell’art. 1241 c.c., dell’art. 1705 c. c. e degli artt. 3, comma 3, ultimo periodo, 6, comma 3, primo periodo, 13, commi 1 e 2, nonché dell’art. 21, comma 1, del d.P.R. n. 633 del 1972».
L’Amministrazione ricorrente, in particolare, preso atto della circostanza per la quale la stessa CTR avrebbe ricostruito sullo schema del mandato senza rappresentanza i rapporti tra Consorzio e consorziate (tra le quali la Cooperativa Sociale L. S.r.l.), critica la statuizione impugnata che avrebbe negato il ribaltamento di costi e ricavi, relativi a commesse eseguite solo dalla cooperativa, sulle consorziate, tra le quali la società contribuente, in proporzione alla partecipazione di ciascuna di esse al fondo consortile.
2.1. Il motivo merita accoglimento nei termini che seguono, in applicazione di plurime statuizioni delle Sezioni Unite, emesse proprio con riferimento a rapporti tra consorzio M. e consorziate (Cfr., Cass. Sez. U, 14/06/2016, n. 12190, Rv. 639970-01, nonché le coeve Cass. Sez. U, nn. 12191, 12192, 12193 e 12194).
2.2. Come ribadito anche da successive statuizioni di questa Sezione (tra queste Cass. sez. 5, 03/03/2017, n. 5398), le citate Sezioni Unite hanno chiarito, così fornendo risposta alla questione concernente la rilevanza (per i fini d’interesse in questa sede) dello scopo mutualistico, che l’esercizio di un’impresa commerciale ed il relativo intento di lucro non sono inconciliabili con lo scopo mutualistico proprio della cooperativa, dovendosi ormai ritenere superata l’identificazione, da un lato, della società con lo scopo di lucro, e dall’altro, della cooperativa con l’interesse mutualistico. «Lo scopo mutualistico non esclude» quindi «la natura commerciale dell’impresa, con la conseguenza che la struttura consortile può svolgere un’attività commerciale propria verso terzi e può quindi allontanarsi dal modello neutrale verso le proprie consorziate, con possibile disallineamento fra le reciproche fatturazioni» (in tal senso tutte le citate decisioni delle Sezioni Unite, seguite dalle successive pronunce di questa Sezione tributaria, peraltro anche in giudizi riguardanti proprio società facenti parte del consorzio M., tra le quali ex purimis: Cass. sez. 5, nn. 21860, 21861, 21862, 21863 e 21864 del 28/10/2016; Cass. sez. 5, nn. 22210 e 22211 del 03/11/2016; Cass. sez. 5, n. 22435 del 04/11/2016; Cass. sez. 5, n. 24380 del 30/11/2016; Cass. sez. 5, n. 5398 del 03/03/2017; Cass. sez. 5, n. 18415 del 26/07/2017; isolata è invece rimasta l’unica decisione di segno diverso, Cass. sez. 5, n. 21764 del 20/09/2017, comunque non condivisa anche dalle successive statuizioni di questa Sezione, tra le quali: Cass. sez. 5, n. 31711 del 07/12/2018, e Cass. sez. 5, n. 33282 del 21/12/2018).
La società cooperativa ben può quindi avere anche uno scopo di lucro (anche ai fini fiscali).
Ciò posto, la distinta soggettività fiscale e l’autonoma responsabilità delle obbligazioni tributarie connesse alle operazioni poste in essere da ciascuna consorziata, nonché dalla società consortile, comportano la necessaria distinzione tra le operazioni realizzate, da quest’ultima, in esecuzione del patto mutualistico e quelle costituenti esercizio di un’autonoma attività commerciale.
Le Sezioni Unite hanno peraltro specificato che alla possibile coesistenza della causa mutualistica con lo scopo lucrativo non corrisponde automaticamente il riconoscimento dell’effettiva sussistenza di entrambi, in pari misura, in una società consortile. Oltre all’accertamento volto a verificare se il ricorso all’organizzazione consortile sia finalizzato unicamente a conseguire un indebito risparmio fiscale (si vedano Cass. Sez. U, 23/12/2008, nn. 30055, 30056 e 30057), occorre pur sempre esaminare i rapporti intercorsi tra la società consortile e la consorziata nella fase di assegnazione dei lavori o dei servizi ai singoli consorziati, in base alle modalità attraverso le quali è svolta l’attività della società consortile ed alla loro correlazione con gli scopi di volta in volta perseguiti.
Dai detti interventi di questa Corte emerge dunque l’assoluta rilevanza della natura delle operazioni o dei servizi espletati dal consorzio o dalle consorziate e del rapporto sottostante all’assegnazione dei servizi a queste ultime al fine di verificare l’an (oltre che il quantum) del c.d. ribaltamento di costi e ricavi dal primo alle seconde.
Qualora, difatti, il consorzio acquisisca una commessa e proceda autonomamente ad eseguirla, indipendentemente dalla partecipazione delle consorziate, non si deve procedere ad alcun ribaltamento di costi e ricavi tra tutti i consorziati; esso è invece doveroso nel caso in cui il consorzio, pur avvalendosi di proprie strutture, svolga servizi complementari, comunque correlati alla finalità mutualistica di utilizzo del servizio consortile (Cass. sez. 5, n. 5398 del 2017, cit.).
Le citate Sezioni Unite (come ribadito anche da Cass. sez. 5, n. 5398 del 2017, cit.) hanno quindi individuato le seguenti ipotesi giustificanti differenze tra quanto fatturato dal consorzio al terzo committente e quanto fatturato dal consorziato al consorzio:
a) differenza costituita dal costo delle spese di gestione generali ripartito tra i singoli consorziati e addebitato al consorziato in occasione della commissione dei lavori;
b) differenza costituita dal costo di specifici servizi forniti dal consorzio al consorziato in relazione ai lavori che questo è deputato a svolgere;
c) differenza costituita dalle provvigioni dovute dal consorziato (mandante) al consorzio (mandatario senza rappresentanza), escluse dall’imponibile IVA, in base all’art. 13 del d.P.R. 633/72;
d) differenza costituita dal costo e dagli utili per ulteriori servizi forniti solo dal consorzio, quale soggetto imprenditoriale, in favore del terzo committente, in relazione ai lavori posti in essere dal consorziato a seguito della commessa in suo favore.
Quanto ai rapporti tra consorzio e consorziata, per commesse assunte da quest’ultima per il tramite del primo, questa Corte ha poi chiarito che il mandato senza rappresentanza riceve ai fini IVA una particolare disciplina, in virtù della quale i rapporti tra mandatario e mandante perdono la loro neutralità, assurgendo ad autonomi presupposti per l’applicazione del tributo. Ciò lo si evince dall’art. 3, comma 3, del d.P.R. 633 del 1972, secondo cui le prestazioni di servizi rese o ricevute dai mandatari senza rappresentanza sono considerate prestazioni di servizi anche nei rapporti tra il mandante e il mandatario, nonché dall’art. 13, comma 2, lett. b), del medesimo d. P.R., che fissa la base imponibile per le prestazioni di servizi rese o ricevute dai mandatari senza rappresentanza ragguagliandola al prezzo di fornitura del servizio pattuito dal mandatario, diminuito della provvigione, e al prezzo di acquisto del servizio ricevuto dal mandatario, aumentato della provvigione (Cass. sez. 5, n. 5398 del 2017, cit.).
La detta ricostruzione è peraltro conforme all’interpretazione fornita dalla Corte di giustizia, secondo cui, nel rapporto di mandato senza rappresentanza, ai fini IVA il mandatario – che agisce in nome proprio ma per conto del mandante – è come se ricevesse o fornisse i servizi in nome proprio; di conseguenza, nel mandato alla vendita si trasferisce un servizio avente identica natura di quello che, per finzione giuridica, è stato acquisito dal mandatario (Corte giust. 14 luglio 2011, causa C-464/10; sul punto si veda anche Cass. sez. 5, n. 5398 del 2017, cit.).
Ne discende, come statuito dalle stesse Sezioni Unite, che non è legittima alcuna differenza tra importo fatturato dal mandatario al terzo e dal mandante al mandatario, e quindi, nella specie, dalla singola impresa al consorzio e quello fatturato dal consorzio al terzo, salva la rilevanza fiscale della provvigione, se pattuita e formalizzata. Lo scolorare della causa mutualistica, difatti, non rende incompatibile con lo svolgimento dell’attività consortile la pattuizione di una provvigione, la sussistenza e l’entità della quale vanno provate dalla consorziata.
2.3. Premessa la ricostruzione di cui innanzi, nella specie, dalla sentenza impugnata oltre che dallo stesso ricorso emerge che la CTR, pur avendo ricostruito sullo schema del mandato senza rappresentanza i rapporti tra consorzio e consorziate (quindi anche con la società contribuente), ha escluso l’operatività del ribaltamento in termini generali ed assoluti.
Non emerge altresì che il Giudice d’appello abbia diversificato le ipotesi a seconda che si sia trattato: di costi e ricavi inerenti attività commerciale a scopo di lucro autonomamente eseguita dal consorzio; di costi per spese di gestione generale, da ripartirsi pro quota tra i consorziati ed in occasione di commesse eseguite dal singolo consorziato o miste; di costi inerenti specifici servizi forniti dal consorzio al consorziato in relazione a commesse assunte da quest’ultimo o miste, o dei costi e dei ricavi inerenti commesse svolte dal singolo consorziato (mandante) ed assunte tramite il consorzio (mandatario senza rappresentanza).
3. All’accoglimento del ricorso consegue la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Commissione tributaria regionale per il Piemonte, in diversa composizione, che, oltre a provvedere in merito alle spese del presente giudizio di legittimità, farà applicazione del seguente principio di diritto, enunciato ex art. 384 c.p.c.
«In materia di IVA, qualora il consorzio acquisisca una commessa e proceda autonomamente ad eseguirla, svolgendo una propria attività commerciale a scopo di lucro indipendentemente dalla partecipazione delle consorziate, non si deve procedere ad alcun ribaltamento dei relativi costi e ricavi tra tutti i consorziati che, invece, è doveroso nel caso in cui il consorzio, pur avvalendosi di proprie strutture, svolga servizi complementari comunque correlati alla finalità mutualistica di utilizzo del servizio consortile. Ne consegue la doverosità del ribaltamento: dei costi per spese di gestione generale del consorzio, ripartiti tra i singoli consorziati prò quota rispetto alla partecipazione di ciascuno di essi al consorzio ma in occasione di commesse eseguite dallo stesso consorziato o miste; dei costi di specifici servizi forniti dal consorzio al consorziato in relazione a commesse assunte da quest’ultimo o miste, nonché dei costi e dei ricavi inerenti commesse svolte dal singolo consorziato (mandante) ed assunte tramite il consorzio (mandatario senza rappresentanza)».
P.Q.M
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale per il Piemonte, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
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