CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 01 dicembre 2020, n. 27427
Riliquidazione dell’indennità premio servizio – Dipendente comunale – lscrizione obbligatoria al personale non di ruolo – Anno di servizio continuativo e adibizione a servizi di carattere permanente
Fatti di causa
1. La Corte d’Appello di Napoli, riformando la sentenza di primo grado del Tribunale della stessa città, ha rigettato la domanda con cui V.D.S. aveva chiesto, nei confronti dell’I.N.P.S. quale ente erogatore, la riliquidazione dell’indennità premio servizio, con inclusione di un periodo prestato fuori ruolo, dal 22.11.1971 al 1.9.1974, alle dipendenze del Comune di Afragola, presso il quale aveva poi proseguito il lavoro in ruolo fino al 31.12.1999, con successivo trasferimento nei ruoli A.T.A. ai sensi della L. 124/1999, fino al collocamento a riposo il 31.8.2016.
La Corte di merito, premesso che l’art. 1 L. 158/1962 prevede l’iscrizione obbligatoria al personale non di ruolo purché tale personale abbia almeno un anno di servizio continuativo e sia adibito a servizi di carattere permanente che comportino l’obbligo di iscrizione ai fini del trattamento di quiescenza, ha rilevato che il principio dell’automaticità della prestazione pur in assenza di versamento dei contributi postula il duplice requisito dell’esistenza del rapporto di lavoro subordinato e, richiamando il disposto dell’art. 5 R.D.L. 1827/1935, il mancato decorso della prescrizione decennale.
Poiché nel caso in esame i contributi erano da ritenere prescritti, residuava solo azione risarcitoria ex 2116, co. 2, c.c.
2. Avverso tale sentenza la D.S. ha proposto ricorso per cassazione con un unico motivo.
L’I.N.P.S. ha depositato procura, partecipando poi alla discussione orale.
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione di legge, con riferimento agli artt. 112, 113, 115 e 132 c.p.c., nonché agli artt. 1, 4 e 12 L. 152/1968.
2. Il motivo va accolto.
3. La Corte territoriale, pur ritenendo corretta la valutazione del Tribunale in ordine alla natura subordinata del rapporto nel periodo oggetto di causa (contestata dall’I.N.P.S.), ha affermato che ostativo al riconoscimento del diritto rivendicato sarebbe l’omesso versamento dei contributi, non ulteriormente riscuotibili per il maturare della prescrizione.
Nella giurisprudenza di questa Corte è acclarata la natura previdenziale dell’indennità premio servizio (Cass., S.U., 30 maggio 2005, n. 11329 e, più di recente Cass. 17 maggio 2019, n. 13433 e Cass. 18 marzo 2019, n. 7608), avvalorata dal combinarsi del far carico della prestazione ad un ente terzo, sulla base di contribuzione espressamente indicata come «previdenziale» dall’art. 11 L. 152/1968 ed a carico anche del lavoratore.
La Corte territoriale tuttavia, ha fatto infondatamente riferimento, al fine di disattendere la pretesa della D.S., al mancato versamento dei contributi.
E’ indubbiamente erroneo il richiamo del motivo di ricorso all’automatismo di cui all’art. 4, co. 2, lett. b) L. 152/1968, in quanto quella norma riguarda la sanatoria postuma, senza versamento contributivo, per i periodi di servizio fuori ruolo svolto nei periodi antecedenti l’entrata in vigore della normativa di quella stessa legge, che aveva introdotto ex novo la considerazione del “fuori ruolo” per la maturazione dell’indennità oggetto di causa.
Nel caso di specie il periodo coinvolto decorre dal 1971 al 1974 ed è dunque successivo a quello regolato da quella norma.
Tuttavia, secondo il principio iura novit curia, è agevole ravvisare nella regola di automaticità delle prestazioni, di cui all’art. 2116 c.c., il fondamento dell’indifferenza del lavoratore rispetto all’effettivo versamento dei contributi per il sorgere del diritto consequenziale, allorquando sussistano i restanti presupposti di legge previsti per il riconoscimento del beneficio.
D’altra parte, è ancora duplicemente errato il richiamo della Corte d’Appello all’art. 5 (rectius 55) R.D.L. 1827/1935, quale norma da cui desumere che la prescrizione dei contributi sarebbe da considerare necessariamente ostativa rispetto alla maturazione del diritto del lavoratore.
Quella norma, oltre a non riguardare l’indennità di premio servizio (ma l’assicurazione per l’invalidità e per la vecchiaia, nonché tubercolosi, disoccupazione involontaria e maternità), neanche contiene la regola di deroga al principio di automaticità che è stabilita, per parte di quell’ambito previdenziale, nell’art. 27, co. 2, R.D.L. 636/1939, secondo cui «il requisito di contribuzione stabilito per il diritto alle prestazioni di vecchiaia, invalidità e superstiti, si intende verificato anche quando i contributi non siano effettivamente versati, ma risultino dovuti nei limiti della prescrizione decennale».
Ciò posto, è inevitabile prendere le mosse da Corte Costituzionale 5 dicembre 1997, n. 374 la quale, seppur nel contesto di una sentenza di rigetto, ha chiarito come il «principio di “automaticità delle prestazioni”, con riguardo ai sistemi di previdenza e assistenza obbligatorie, trova applicazione non già, come afferma il remittente, “solo in quanto il sistema delle leggi speciali vi si adegui”, ma – come si esprime l’art. 2116 c.c.. – “salvo diverse disposizioni delle leggi speciali”: il che significa che potrebbe ritenersi sussistente una deroga rispetto ad esso solo in presenza di una esplicita disposizione in tal senso». «Detto principio» – prosegue ancora la Consulta – «costituisce una fondamentale garanzia per il lavoratore assicurato, intesa a non far ricadere su di lui il rischio di eventuali inadempimenti del datore di lavoro in ordine agli obblighi contributivi, e rappresenta perciò un logico corollario della finalità di protezione sociale inerente ai sistemi di assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti».
La giurisprudenza di questa Corte si è prontamente collocata in scia a tale ricostruzione del sistema, affermando anch’essa che «il principio di automatismo delle prestazioni previdenziali, di cui all’art. 2116 c.c., così come interpretato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 374 del 1997, trova applicazione, con riguardo ai vari sistemi di previdenza e assistenza obbligatorie, come regola generale rispetto alla quale possono esserci deroghe solo se previste espressamente dal legislatore» (Cass. 2 febbraio 2001, n. 1460 ed altre successive, tra cui Cass. 14 giugno 2007, n. 13874).
Fino ad affermare, con la più recente Cass. 22 giugno 2017, n. 15589 in tema di prestazioni del Fondo di Garanzia contro l’insolvenza, che solo in presenza di una previsione espressa che limiti il principio di automaticità, il diritto del lavoratore potrebbe restare condizionato non solo all’effettivo adempimento dell’obbligazione contributiva da parte del datore di lavoro, ma anche alla mancata prescrizione della stessa.
A quest’ultimo principio va data continuità anche rispetto al caso di specie.
Pertanto, dato per principio quello dell’automaticità, esso è limitato dall’intervenuta prescrizione del diritto dell’ente erogatore alla riscossione dei contributi (c.d. automaticità parziale) solo in quanto vi sia una norma che disponga in tal senso.
Norma che, come detto, esiste per il diritto alle prestazioni di vecchiaia, invalidità e superstiti, ma che non è contenuta nella disciplina dell’indennità premio servizio.
In sostanza, pur se vi sia stata prescrizione del diritto dell’ente alla percezione della contribuzione, il fondamento solidaristico sotteso all’art. 2116 c.c. fa sì che, allorquando, come nel lavoro dipendente, la contribuzione stessa doveva essere versata dal datore di lavoro anche per la quota a carico del lavoratore, l’inadempimento non possa comportare pregiudizio per il lavoratore (dipendente, mentre il principio di automaticità di regola non opera nel caso di lavoratori autonomi che siano obbligati a versare direttamente la propria contribuzione: v. Cass. 24 marzo 2005, n. 6340), se la legge non lo preveda.
4. Dunque, nel caso di specie, la previsione di cui all’art. 1 L. 152/1968, richiamata nel ricorso per cassazione, prevedendo che «l’iscrizione obbligatoria all’INADEL (ora INPS, n.d.r.) ai fini del trattamento di previdenza, è estesa al personale non di ruolo impiegato, sanitario e salariato degli enti tenuti ad iscrivere i propri dipendenti di ruolo all’Istituto medesimo a norma delle disposizioni vigenti, purché il personale predetto abbia almeno un anno di servizio continuativo e sia adibito a servizi di carattere permanente che comportino l’obbligo di iscrizione ai fini del trattamento di quiescenza erogato dagli istituti di previdenza amministrati dal Ministero del tesoro», una volta coniugata con l’art. 2116, co. 1, c.c. comporta l’esistenza del diritto del lavoratore subordinato al computo anche dei periodi fuori ruolo muniti delle caratteristiche di cui alla norma stessa e per i quali il datore non abbia adempiuto all’obbligo di versamento della contribuzione e non consente di ritenere corretto l’operato della Corte territoriale la quale, pur sostenendo la natura subordinata del rapporto, ha escluso il diritto solo per la carenza di contribuzione e per l’asserita prescrizione della medesima.
5. La sentenza impugnata va quindi cassata e la causa rinviata alla medesima Corte d’Appello, in diversa composizione, che deciderà in conformità al seguente principio di diritto: «Il principio di automatismo delle prestazioni previdenziali, di cui all’art. 2116 c.c., trova applicazione, con riguardo ai vari sistemi di previdenza e assistenza obbligatorie, come regola generale rispetto alla quale possono esserci deroghe solo se previste espressamente dal legislatore ed anche la limitazione della automaticità ai solo caso in cui non sia prescritto il diritto dell’ente previdenziale alla percezione dei contributi opera solo ove ciò sia espressamente previsto da apposita norma di legge».
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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