NORME DI COMPORTAMENTO 18 dicembre 2020
Norme di comportamento del collegio sindacale di società non quotate
PREMESSA
Le Norme di comportamento del Collegio sindacale suggeriscono e raccomandano modelli comportamentali da adottare per svolgere correttamente l’incarico di sindaco.
Si tratta di norme di deontologia professionale, rivolte a tutti i professionisti iscritti nell’Albo dei Dottori commercialisti e degli Esperti contabili, emanate in conformità a quanto disposto nel vigente Codice deontologico della professione, che, in quanto tali, vanno declinate tenendo in considerazione il caso concreto.
Ogni Norma è composta da Principi, corredati da Riferimenti Normativi essenziali e da Criteri applicativi, volti a fornire ai sindaci gli strumenti operativi per lo svolgimento delle proprie funzioni ed è accompagnata da brevi Commenti che analizzano e chiariscono le scelte adottate, nonché le problematiche interpretative che più spesso emergono nella prassi.
Le Norme riportano i Principi applicabili in via generale ai componenti del Collegio sindacale di tutte le s.p.a non quotate (NOTA 1) e al sindaco unico di s.r.l. che non siano stati incaricati dalla società di effettuare anche la revisione legale. Le Norme sono applicabili ai collegi sindacali di s.a.p.a., nei limiti di compatibilità con la relativa disciplina, e nelle società cooperative, ferme restando, in tal caso, le ulteriori attribuzioni che l’ordinamento affida all’organo di controllo in considerazione della peculiarità del modello cooperativo.
Nondimeno, tali Principi vanno sia integrati con eventuali disposizioni di settore dettate per gli organi di società che operano in settori vigilati, sia applicati in misura proporzionata alla natura, alla dimensione e alla complessità dell’attività in concreto esercitata dalla società.
Occorre puntualizzare che:
– al Collegio sindacale, e al sindaco unico di s.r.l., è attribuito, ai sensi dell’art. 2403 c.c., il dovere di vigilare sull’osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione ed in particolare sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento;
– al soggetto incaricato della revisione legale, ai sensi dell’art. 2409-bis c.c. e ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. 39/2010, è attribuito il dovere di:
— esprimere con apposita relazione un giudizio sul bilancio di esercizio e sul bilancio consolidato, ove redatto;
— verificare nel corso dell’esercizio la regolare tenuta della contabilità sociale e la corretta rilevazione dei fatti di gestione nelle scritture contabili.
Le presenti Norme sostituiscono quelle precedentemente emanate dal Consiglio Nazionale e si applicano a partire dal 1° gennaio 2021. Per tal motivo, per la redazione della relazione rilasciata ai sensi dell’art. 2429 c.c., in occasione dell’approvazione del bilancio relativo all’esercizio 2020, l’organo di controllo potrà attenersi alle indicazioni contenute nella sezione 7 del presente documento.
1. NOMINA, INCOMPATIBILITA E CESSAZIONE DEI COMPONENTI DEL COLLEGIO SINDACALE
La sezione 1 delle Norme, esplicando le disposizioni di cui agli artt. 2397- 2402 del codice civile, affronta le tematiche correlate alla composizione del Collegio sindacale non incaricato della revisione legale, avendo riguardo alla nomina, alle cause di ineleggibilità ed incompatibilità nonché alle situazioni che determinano la cessazione e la sostituzione del sindaco. In questa sezione vengono altresì affrontati le tematiche relative al riconoscimento di una retribuzione dei sindaci che sia equa e adeguata. Rispetto alla previgente versione, le principali modifiche attengono alla Norma 1.4, ove si è posto l’accento sulle differenze tra indipendenza del sindaco e indipendenza del soggetto incaricato della revisione legale e alla Norma 1.6, ove nel caso di cessazione dell’incarico del sindaco, si raccomanda la conservazione della documentazione di supporto alla funzione e alle attività svolte durante l’incarico.
Norma 1.1. Composizione del Collegio sindacale Principi
Il numero dei componenti del Collegio sindacale è stabilito dall’atto costitutivo.
I sindaci devono essere scelti fra soggetti in possesso dei requisiti di professionalità stabiliti dalla legge e dallo statuto.
Nelle s.p.a. non può mai essere nominato il sindaco unico. L’organo monocratico può essere nominato unicamente nelle s.r.l.
Riferimenti normativi
Artt. 2380, 2397, 2398, 2400, 2409-bis, 2477 c.c.
Criteri applicativi
II Collegio sindacale è composto da tre o cinque membri effettivi. Devono inoltre essere nominati due membri supplenti.
Nelle s.p.a., nella s.a.p.a e nelle società cooperative costituite nella forma di s.p.a. non può mai essere nominato un organo monocratico. Il sindaco unico, se del caso incaricato della funzione di revisione, può invece essere nominato nelle s.r.l., anche cooperative.
Il codice civile stabilisce requisiti di professionalità differenziati in relazione alle funzioni svolte dal Collegio sindacale.
Qualora al Collegio sindacale non sia demandato l’espletamento della revisione legale dei conti, almeno un membro effettivo e uno supplente devono essere scelti tra gli iscritti nel registro dei revisori legali. I restanti membri, se non iscritti in tal registro, devono essere scelti:
fra gli iscritti:
– nella sezione A Commercialisti dell’albo dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili; o nell’albo degli avvocati;
– nell’albo dei consulenti del lavoro.
fra i professori universitari di ruolo, in materie economiche o giuridiche.
Qualora al Collegio sindacale sia demandato l’espletamento della revisione legale dei conti, tutti i membri devono essere iscritti nel registro dei revisori legali.
Ulteriori requisiti di professionalità possono essere stabiliti:
– da leggi speciali che regolano specifici settori di attività;
– dallo statuto.
Il presidente del Collegio sindacale è nominato dall’assemblea dei soci, quale soggetto di riferimento e di coordinamento dell’organo di controllo.
Valutazioni in ordine alla composizione del Collegio sindacale
Nella prima riunione il Collegio sindacale valuta, sulla base delle dichiarazioni rese dai sindaci e delle informazioni comunque disponibili, la composizione del Collegio sindacale, verificando in particolare il rispetto dei requisiti di indipendenza previsti dalla legge e dallo statuto (Cfr. Norme 1.3. e 1.4.).
Ai fini di tali valutazioni, i sindaci, una volta eletti o quando ricorrano variazioni, comunicano per iscritto al Collegio sindacale le pertinenti informazioni complete e aggiornate.
Commento
La s.p.a. è tenuta a nominare un organo di controllo composto da tre o cinque membri effettivi, soci o non soci. Devono inoltre essere nominati due sindaci supplenti. Nella s.r.l. l’organo di controllo può essere monocratico.
Con riferimento alle ipotesi in cui intervenga, in corso di carica, una modifica statutaria o una delibera assembleare che comporti la variazione del numero dei componenti il Collegio sindacale si ritiene che:
– in caso di variazione in diminuzione del numero di sindaci, gli stessi rimangono in carica fino alla naturale scadenza, salvo che l’assemblea non disponga diversamente. La modifica statutaria o la delibera assembleare che prevede la diminuzione dei componenti del Collegio sindacale non comporta la cessazione immediata del collegio;
– in caso di variazione in aumento del numero dei sindaci, l’assemblea provvede a nominare i sindaci necessari a completare il Collegio sindacale in carica. I nuovi componenti del Collegio sindacale scadono insieme a quelli già in carica.
Nonostante l’importanza del ruolo svolto (Cfr. Norma 2.1.), la legge non prevede una specifica disciplina per la nomina del presidente del Collegio sindacale che è rimessa alla libera determinazione dell’assemblea dei soci.
Nelle s.r.l., qualora sia stato nominato il c.d. sindaco unico, si applicano le disposizioni sul Collegio sindacale previste per le s.p.a. (art. 2477, co. 5, c.c.), sempre nei limiti di compatibilità con la composizione monocratica dell’organo di controllo.
Le indicazioni contenute nelle Norme dovranno, come ovvio, essere declinate secondo modalità operative che tengano conto della natura individuale dell’organo di controllo.
Alla luce di ciò, quanto ai requisiti di professionalità, si ritiene che il sindaco unico debba essere scelto fra i soggetti iscritti nel registro dei revisori legali quando svolga funzioni di revisione legale, trovando applicazione in via analogica le previsioni di cui all’art. 2409-bis c.c., mentre, nei casi in cui già esista un soggetto incaricato della revisione legale, si ritiene che il sindaco unico possa essere anche scelto tra i soggetti iscritti negli albi professionali dei commercialisti, degli avvocati e dei consulenti del lavoro, ovvero tra i professori universitari di ruolo.
Quanto alla nomina di un supplente, si deve ritenere che lo statuto possa legittimamente prevederla. Una simile scelta consentirebbe la sostituzione immediata dell’unico sindaco che dovesse venir meno nel corso dell’incarico, garantendo dunque la continuità dello svolgimento della funzione di vigilanza.
Norma 1.2. Dichiarazione di trasparenza Principi
I candidati sindaci forniscono all’assemblea dei soci adeguate informazioni sugli incarichi di amministrazione e controllo ricoperti presso altre società.
Riferimenti normativi
Artt. 2400, co. 4, 2409, 2487 c.c.; r.d. 16 marzo 1942, n. 267; d.lgs. 8 luglio 1999, n. 270
Criteri applicativi
Il candidato sindaco, non oltre l’atto di nomina, rende noti all’assemblea gli incarichi di amministrazione e controllo dallo stesso ricoperti presso altre società.
Ai fini di detta dichiarazione, sono da considerarsi incarichi rilevanti quelli riferiti a:
incarichi relativi all’amministrazione di società di capitali, di persone e di cooperative, quali ad esempio quelli di:
– amministratore;
– componente del consiglio di amministrazione;
– componente del consiglio di gestione;
– liquidatore;
– amministratore giudiziario;
– commissario giudiziale o commissario straordinario;
incarichi relativi al controllo societario, quali ad esempio:
– sindaco effettivo o supplente;
– componente del consiglio di sorveglianza;
– componente del comitato per il controllo sulla gestione;
– componente del comitato di sorveglianza;
– revisore legale ovvero socio, amministratore, sindaco di società di revisione o altra persona nell’ambito della società di revisione responsabile dell’incarico di revisione e del suo svolgimento, nonché della relazione di revisione emessa;
– componente dell’organismo di vigilanza.
La dichiarazione di trasparenza deve essere resa anche dai sindaci supplenti.
Commento
L’obiettivo della dichiarazione resa dal professionista è di garantire all’assemblea societaria un’adeguata conoscenza dei candidati.
Mediante la dichiarazione di trasparenza il professionista fornisce all’assemblea notizie ritenute utili ai fini di una corretta, aggiornata e completa informativa finalizzata alla scelta dei futuri sindaci. È opportuno che la dichiarazione sia resa in forma scritta e prima dell’assemblea al fine di agevolare lo svolgimento del processo decisionale, pur se la legge consente di utilizzare un lasso di tempo più ampio, vale a dire quello anteriore all’accettazione.
Nella dichiarazione sono elencate tutte le tipologie di incarico inerenti alle funzioni di amministrazione (di qui la indicazione anche degli incarichi assunti in società personali e della funzione di liquidatore) e di controllo svolte in altre società (quindi anche gli incarichi di revisione legale, ovvero la posizione ricoperta nella società di revisione legale).
Norma 1.3. Nomina, accettazione e cumulo degli incarichi Principi
Il procedimento di nomina dei sindaci deve essere improntato a principi di trasparenza.
Il sindaco dedica allo svolgimento dell’incarico impegno e tempo adeguati. Al momento dell’accettazione dell’incarico e periodicamente nel corso dello stesso, il sindaco valuta attentamente l’impegno e il tempo richiesto per il diligente svolgimento dell’incarico.
Riferimenti normativi
Artt. 2400, 2449, 2477 c.c.; d.lgs. 9 aprile 1991, n. 127
Criteri applicativi
La nomina del Collegio sindacale è effettuata per la prima volta nell’atto costitutivo e, successivamente, con delibera dell’assemblea ordinaria. Fanno eccezione:
– le s.p.a. che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio partecipate dallo Stato o da enti pubblici, quando lo statuto riserva a questi ultimi la nomina di un numero di sindaci proporzionale alla loro partecipazione al capitale sociale;
– le società emittenti strumenti finanziari, quando lo statuto riserva la nomina di uno dei componenti del Collegio sindacale ai possessori dei suddetti strumenti.
La delibera assembleare di nomina deve essere comunicata dalla società al nominato; l’accettazione di quest’ultimo, da formularsi per iscritto, deve essere iscritta, entro 30 giorni dalla delibera, nel registro delle imprese a cura degli amministratori.
I sindaci, al momento di esprimere la formale accettazione della nomina, e quando ricorrano variazioni, devono:
– aver reso la dichiarazione di trasparenza di cui alla Norma 1.2. nel termine ivi previsto;
– aver verificato che:
— non sussistano cause d’ineleggibilità, decadenza o incompatibilità anche secondo i principi e modalità previste nella Norma 1.4.;
— la nomina sia conforme alle disposizioni dello statuto;
— siano state osservate le disposizioni delle leggi speciali per quanto riguarda i requisiti richiesti nelle società operanti in particolari settori;
— aver valutato la propria capacità di svolgere adeguatamente il loro incarico.
Quanto sopra si applica anche ai sindaci supplenti.
Nella prima riunione del Collegio sindacale, i sindaci danno atto della sussistenza in capo a ciascun dei essi dei requisiti previsti dalla legge e dallo statuto.
I sindaci restano in carica tre esercizi e scadono alla data di assemblea convocata per l’approvazione del bilancio (Cfr. Norma 1.6.).
Cumulo degli incarichi
La valutazione dell’impegno e del tempo richiesti dall’incarico deve tener conto dei seguenti fattori:
– ampiezza e complessità dell’incarico in relazione anche alla natura, alla dimensione, al settore di attività, all’assetto organizzativo e alle altre caratteristiche della società;
– composizione e funzioni del Collegio sindacale (con particolare riferimento alla circostanza che il Collegio sindacale svolga anche la funzione di revisione legale dei conti);
– dimensione, struttura e organizzazione di cui si avvale il sindaco (ad esempio, possibilità di utilizzo di dipendenti e ausiliari);
– specializzazione del sindaco e dei soggetti dei quali si avvale;
– eventuali altre attività di lavoro dipendente (anche a tempo parziale) e/o autonomo a carattere continuativo svolte dal sindaco;
– gli eventuali ulteriori incarichi detenuti dal professionista che possano compromettere un diligente svolgimento dell’incarico.
Nel caso in cui il sindaco, effettuata tale valutazione, ritenga di non essere in grado di partecipare adeguatamente alle attività proprie dell’incarico, è opportuno che non lo accetti ovvero vi rinunci, salvo i casi in cui ritenga possibile adottare adeguate misure di salvaguardia.
Data la particolare conformazione dell’incarico che prevede una concentrazione delle attività in alcuni periodi dell’anno, qualora il sindaco abbia assunto un numero di incarichi sindacali superiore a venti, è tenuto a implementare un’attività di autovalutazione periodica che consenta di accertare che il suddetto livello di impegno sia rispettato.
Ai fini del cumulo degli incarichi, non si computano gli incarichi ricoperti in società dichiarate fallite ovvero ammesse al concordato fallimentare (Cfr. Norma 11.7.).
Commento
Sebbene la legge nel disciplinare la nomina dei componenti del Collegio sindacale non menzioni l’accettazione dell’incarico, si ritiene che-sia per la nomina dei primi sindaci effettuata nell’atto costitutivo, sia per le nomine successive – il sindaco designato debba esprimere il proprio consenso in forma scritta. Tale consenso può risultare dal verbale dell’assemblea nella quale è stato espresso ovvero mediante consenso scritto al deposito della nomina presso il registro delle imprese.
Con riferimento al perfezionamento della nomina e alla successiva pubblicità, si osserva che l’accettazione o il consenso al deposito deve essere comunicato alla società prima della decorrenza del termine di trenta giorni previsto per la iscrizione della nomina del sindaco nel registro delle imprese.
In caso di omissione dei previsti adempimenti pubblicitari da parte degli amministratori, i sindaci, anche individualmente, possono provvedere, in via sostitutiva, all’iscrizione della nomina e della cessazione dei componenti del Collegio sindacale.
Al momento dell’accettazione dell’incarico e successivamente nel corso del medesimo, oltre alla valutazione della propria indipendenza, il sindaco valuta le proprie capacità di svolgere diligentemente l’incarico in relazione, tra l’altro, alla dimensione e all’organizzazione del proprio studio, all’ampiezza di ciascun incarico di controllo, alla dimensione della società controllata e agli ulteriori incarichi di controllo svolti.
Al fine di guidare il professionista nella valutazione della capacità di svolgere adeguatamente l’incarico, si è ritenuto di individuare una soglia al cumulo degli incarichi secondo il principio del “comply or explain”. Al superamento di tale soglia, quindi, il sindaco è tenuto a predisporre una comunicazione che dia evidenza al Collegio sindacale degli elementi posti a base delle valutazioni effettuate al fine dell’espressione del giudizio sull’adeguatezza delle proprie capacità in ordine al diligente svolgimento dell’incarico. Il limite fissato quindi non è assoluto, ma individua un livello minimo il cui superamento comporta uno specifico onere di spiegazione e documentazione. Detta autovalutazione non potrà ovviamente non tenere conto dell’organizzazione di studio del sindaco, della possibilità di avvalersi di dipendenti e ausiliari, ex art. 2403- bis c.c. e se tale attività costituisca o meno il “core business” del professionista stesso.
Occorre precisare che, all’atto di nomina, l’assemblea, fatta eccezione per le ipotesi in cui esista una previsione di statuto in tal senso, determina il compenso dei sindaci per l’intero periodo di durata dell’ufficio. La durata dell’incarico e la relativa retribuzione sono fissati e conseguentemente commisurati unicamente ai tre esercizi di riferimento.
Il sindaco supplente effettua la valutazione di adeguatezza della capacità di svolgere l’incarico esclusivamente al momento dell’ingresso in carica quale sindaco effettivo.
Norma 1.4. Indipendenza Principi
I sindaci devono svolgere l’incarico con obiettività e integrità e nell’assenza di interessi, diretti o indiretti, che ne compromettano l’indipendenza.
Le cause di ineleggibilità, decadenza e incompatibilità previste dalla legge sono dirette a garantire l’indipendenza del sindaco, quale requisito indispensabile ai fini di un corretto esercizio delle funzioni di vigilanza affidate al Collegio sindacale.
In generale, il requisito dell’indipendenza deve soddisfare simultaneamente i due seguenti aspetti:
– il corretto atteggiamento professionale che induce il sindaco a considerare nell’espletamento dell’incarico solo gli elementi rilevanti per l’esercizio della sua funzione, escludendo ogni fattore ad esso estraneo;
– la condizione di non essere associato a situazioni o circostanze dalle quali un terzo informato, obiettivo e ragionevole trarrebbe la conclusione che la capacità del sindaco di svolgere l’incarico in modo obiettivo sia compromessa.
L’indipendenza è un requisito posto a presidio dell’obiettività del sindaco che peraltro non deve essere soddisfatto in maniera assoluta.
Poiché non è possibile individuare e definire tutte le circostanze e i rapporti rilevanti che possano comprometterne l’obiettività, il sindaco adotta un sistema di valutazione dei rischi per la propria indipendenza con riferimento allo specifico caso.
Prima di accettare l’incarico, il sindaco identifica i rischi per l’indipendenza, valuta la loro significatività e accerta, sulla base di tali elementi, se siano disponibili ed eventualmente applicabili misure di salvaguardia che consentano di eliminare o ridurre ad un livello accettabile tali rischi. Laddove l’analisi dovesse evidenziare che il rischio per l’indipendenza sia eccessivo e non siano disponibili o non possano essere applicate misure di salvaguardia adeguate a ridurlo ad un livello accettabile, il professionista non accetta l’incarico ovvero vi rinuncia.
Il sindaco sottopone a periodica verifica il rischio per l’indipendenza che possa derivare da specifiche attività, relazioni ed altre circostanze successive alla nomina.
Gli elementi di valutazione dei rischi per l’indipendenza e gli esiti di tali valutazioni sono comunicati dal sindaco al collegio.
Il Collegio sindacale vigila sull’indipendenza dei propri componenti, valutando le informazioni da questi comunicate. Il venir meno del requisito dell’indipendenza di un sindaco non determina il venir meno dell’obiettività del collegio.
Nel caso in cui si accerti la sussistenza di rischi che compromettono l’indipendenza di un sindaco, egli adotta tempestivamente le misure di salvaguardia che consentano di ripristinare la sua indipendenza. Nel caso in cui il requisito non sia ripristinato, devono essere messe in atto le azioni previste per la sostituzione del sindaco.
Riferimenti normativi
Art. 2382, 2399 c.c.; Codice Deontologico della professione di Dottore commercialista ed Esperto contabile.
Criteri applicativi
È opportuno verificare la sussistenza di una concreta minaccia per l’indipendenza del sindaco caso per caso e sulla base di una modalità di valutazione dei rischi che possano comprometterne l’integrità e l’obiettività.
Una minaccia può ritenersi concreta quando sia fondata, attuale, non eventuale e si manifesta in modo stabile, non temporaneo e non occasionale. La natura collegiale dell’organo costituisce di per sé un’adeguata misura di salvaguardia a fronte delle circostanze, isolate o temporanee, che potrebbero compromettere l’indipendenza di un sindaco, ma non del collegio.
La compromissione dell’indipendenza del sindaco potrebbe derivare da:
– rischi derivanti dall’interesse personale: si verifica nelle situazioni in cui il sindaco ha un interesse economico, finanziario o di altro genere nella società o in altre società del gruppo che potrebbe influenzare lo svolgimento della funzione di vigilanza e i risultati della stessa;
– rischi derivanti dall’auto-riesame: si verifica quando il sindaco si trova nelle situazioni in cui il sindaco svolge attività di vigilanza rispetto ai risultati di una prestazione resa o di un giudizio da lui stesso espresso o da un altro soggetto dello studio o della società tra professionisti alla quale il professionista appartiene;
– rischi derivanti dalla prestazione di attività di patrocinio o assistenza tecnica dinanzi alle commissioni tributarie ovvero di consulente tecnico di parte: tale situazione si verifica quando il sindaco assume nelle controversie la funzione di patrocinatore ovvero di consulente tecnico di parte a sostegno, o contro, la posizione della società o di altra società del gruppo;
– rischi derivanti dall’eccessiva familiarità, fiducia o confidenzialità: si verifica quando il sindaco è eccessivamente influenzabile dall’interesse della società soggetta alla sua vigilanza o di altra società del gruppo;
– rischi derivanti dalla intimidazione: si verifica quando si rilevano possibili condizionamenti derivanti dalla particolare influenza esercitata nei suoi confronti dalla società o da altra società del gruppo.
Tali rischi, individuati in via esemplificativa, non esauriscono quelli potenziali per l’indipendenza e possono manifestarsi singolarmente o in concorso tra loro.
Nell’effettuazione della valutazione dei rischi, il sindaco tiene conto:
– dei rapporti e delle relazioni da lui intrattenuti con la società o con altra società del gruppo e con i responsabili di rilievo di dette società;
– dei rapporti e delle relazioni intrattenuti con la società o con altra società del gruppo dagli altri soggetti appartenenti allo studio associato o alla società fra professionisti cui partecipa.
In particolare, non rientrano nelle situazioni di incompatibilità quelle relative alla mera condivisione o ripartizione dei costi nello svolgimento dell’attività professionale.
In presenza di situazioni che mettono a rischio l’indipendenza, il sindaco valuta la significatività delle stesse. Nel valutare la significatività dei rischi devono essere considerati gli elementi di natura sia qualitativa sia quantitativa.
Il sindaco adotta, quindi, le misure di salvaguardia adeguate a fronteggiare il rischio per l’indipendenza. Le misure di salvaguardia possono, tra l’altro, includere:
– l’individuazione e il periodico monitoraggio di relazioni rilevanti intrattenute, direttamente e indirettamente, con la società o con altra società del gruppo dal sindaco stesso o da altro professionista appartenente allo stesso studio associato o alla stessa società tra professionisti;
– l’attività di adeguata comunicazione e discussione delle questioni rilevanti per l’indipendenza con gli altri componenti dell’organo di controllo e con l’organo amministrativo della società;
– la modifica, la limitazione o la cessazione di taluni tipi di relazioni o rapporti con la società o con altre società del gruppo anche attraverso lo studio associato e la società tra professionisti di appartenenza;
– la periodica valutazione dell’adeguatezza e dell’efficacia delle misure di salvaguardia eventualmente adottate;
– nel caso di prestazioni occasionali di semplice esecuzione consentite a un componente del Collegio sindacale (es. invii telematici delle dichiarazioni fiscali, di pratiche camerali, del bilancio, ecc) svolte direttamente nei confronti della società controllata o attraverso lo studio associato o la società tra professionisti cui partecipa che possano comportare il rischio di autoriesame, fare in modo che l’attività di vigilanza sia esercitata dai componenti del Collegio sindacale estranei a dette situazioni.
Nel caso in cui il rischio per l’indipendenza sia eccessivamente significativo, e non siano disponibili misure di salvaguardia, ovvero non siano applicabili o sufficienti a riportare il rischio a un livello accettabile, il sindaco non accetta l’incarico ovvero vi rinuncia.
Obiettività e indipendenza
La legge identifica positivamente alcuni dei rischi per l’obiettività e per l’indipendenza del sindaco.
Ai sensi dell’art. 2399 c.c., il professionista non accetta l’incarico e, se eletto, vi rinuncia se si verifica una delle seguenti situazioni:
a) è interdetto;
b) è inabilitato;
c) è fallito;
d) è stato condannato a una pena che importa l’interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o l’incapacità a esercitare uffici direttivi;
e) è amministratore della società;
f) è amministratore delle società controllate dalla società, delle società che la controllano e di quelle sottoposte a comune controllo;
g) è coniuge, unito civilmente, parente o affine entro il quarto grado degli amministratori della società;
h) è coniuge, unito civilmente, parente o affine entro il quarto grado degli amministratori delle società controllate dalla società, delle società che la controllano e di quelle sottoposte a comune controllo;
i) è legato alla società, alle società da questa controllate, alle società che la controllano e a quelle sottoposte a comune controllo da un rapporto di lavoro o da un rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d’opera retribuita, ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale che ne compromettano l’indipendenza.
Le situazioni indicate da sub a) fino a sub h) individuano delle presunzioni assolute (juris et de jure) di ineleggibilità e decadenza. Al verificarsi di tali situazioni, la causa di ineleggibilità e di decadenza opera di diritto e non è oggetto di alcuna valutazione discrezionale, né estensiva. Ai fini dell’accettazione dell’incarico, inoltre, il professionista è tenuto a valutare attentamente i casi in cui la propria indipendenza risulti compromessa da un rapporto di stabile convivenza.
Con riferimento alle situazioni riconducibili sub i), nel caso in cui ricorrano rapporti di lavoro dipendente con la società o con altra società del gruppo, l’indipendenza risulta certamente compromessa.
Viceversa, in presenza di rapporti non continuativi di consulenza o prestazione d’opera retribuita e ulteriori rapporti di natura patrimoniale, la sussistenza di cause di ineleggibilità e decadenza deve essere valutata caso per caso sulla base dell’analisi dei rischi per l’indipendenza.
Nel valutare la significatività del rischio, interpretando l’analisi nel contesto della previsione normativa contenuta nell’art. 2399 c.c., devono essere considerati i seguenti fattori:
– la continuatività dei rapporti di consulenza o di prestazione d’opera retribuita resi dal sindaco a favore della società e di altre società del gruppo. La natura continuativa è deducibile dall’esistenza di un rapporto contrattuale di durata fra la società e il soggetto incaricato del controllo; in caso di attribuzione non occasionale di incarichi occorre verificare se, per la reiterazione e per la rilevanza degli stessi, il rapporto di consulenza o di prestazione d’opera possa qualificarsi come continuativo e, quindi, essere rilevante nella valutazione del rischio;
– nel caso di sindaco unico, oltre all’assistenza e la consulenza professionale continuativa vanno evitate anche tutte le consulenze di tipo occasionale che possano determinare riesame, quale sindaco, della prestazione eseguita in qualità di consulente o attraverso la propria struttura non essendo ammissibili, in tali contesti, misure di salvaguardia diverse dalle dimissioni;
– la possibilità di un’interferenza tra attività di consulenza e funzione di controllo (c.d. auto-riesame);
– il difetto del requisito di indipendenza finanziaria, rientrante nel più ampio novero dei rischi derivanti da interesse personale. Il rischio di “dipendenza finanziaria” può sussistere concretamente quando i compensi percepiti dal professionista (o che egli prevede di percepire) da una società o da altre società del gruppo e comprendenti sia quelli individuali che quelli provenienti dalla partecipazione allo studio associato o alla società tra professionisti a cui il professionista appartiene sono superiori a un determinato livello rispetto al totale dei compensi da lui percepiti e, quando, allo stesso tempo, il compenso percepito (o che si prevede di percepire) per l’attività di sindaco da una società o da altre società del gruppo non è preponderante sul totale dei compensi percepiti dalla società medesima (o da altre società del gruppo). In tal caso il sindaco potrebbe privilegiare il suo interesse per gli altri servizi compromettendo l’obiettività di giudizio.
Il manifestarsi di tali situazioni non determina direttamente e inevitabilmente la compromissione dell’indipendenza, ma deve indurre il sindaco a ricercare tempestivamente un’adeguata misura di salvaguardia che riduca i rischi a un livello accettabile.
Al fine di dare alcune indicazioni operative che consentano di verificare la ricorrenza del requisito di indipendenza finanziaria, nel caso in cui nei confronti della società siano rese prestazioni ulteriori rispetto a quelle di sindaco, viene proposta la tabella che segue. Il sindaco può, se lo ritiene, utilizzare limiti maggiormente stringenti. La tabella va utilizzata eseguendo la verifica prevista nella prima colonna e successivamente, se superata la soglia di rilevanza, quella prevista nella seconda colonna.
(S+C) / (CT) | Rapporto (S) / (S+C) | RISCHIO DI DIPENDENZA FINANZIARIA |
---|---|---|
>15% | >2/3 | NO |
>5% < 15% | >1/2 | NO |
<5% | IRRILEVANTE | NO |
Definizioni:
(CT) Compensi totali del professionista comprendenti sia quelli individuali che quelli provenienti dalla partecipazione a studio associato o a società tra professionisti
(S) Compensi del professionista sulla società o sul gruppo per l’attività di sindaco
(C) Compensi del professionista sulla società o sul gruppo per attività diversa da quella di sindaco comprendenti sia quelli individuali che quelli provenienti dalla partecipazione a studio associato o a società tra professionisti
(S+C) Compensi totali del professionista sulla società o sul gruppo
Esempio
Al fine di consentire un’immediata e corretta applicazione del modello riguardante la valutazione dell’indipendenza finanziaria del sindaco, si fornisce la seguente esemplificazione numerica.
(CT): 200
(S): 60
(C) 40 (formato da 10 per le prestazioni da lui direttamente rese e da 30 per consulenze prestate dallo studio associato o dalla società tra professionisti di appartenenza che ne percepisce 100 e alla quale lui partecipa nella misura del 30%)
(S+C): 100
Applicando il modello proposto alla tabella suindicata i risultati sarebbero i seguenti:
Prima colonna: (S+C)/CT = 100/200 = 50%
I compensi superano il 15% dei compensi totali.
Seconda colonna: S/(S+C) = 60/100 = 60%
I compensi per l’attività di sindaco non superano i 2/3 dei compensi totali provenienti dalla società o dal gruppo.
Nell’esempio, essendo superata la prima soglia, occorre verificare la seconda. In questo caso essa non viene rispettata e quindi il sindaco si troverebbe in una posizione di potenziale rischio di indipendenza finanziaria a fronte del quale deve mettere in atto adeguate misure di salvaguardia, ad esempio riducendo il valore delle attività diverse da quella di sindaco.
Incarichi sindacali di gruppo
Al fine di accrescere l’efficacia dell’attività di controllo sulla società e la circolazione dell’informazione si ritiene utile che nel Collegio sindacale delle società controllate sia presente almeno un sindaco della società controllante. In tale situazione occorre comunque verificare la sussistenza del requisito dell’indipendenza in base alle valutazioni previste dalle presenti norme.
Incarichi sindacali ai soci
Il requisito di indipendenza del sindaco attiene alla sfera professionale del soggetto e prescinde dalla sua eventuale qualità di socio (art. 2397 c.c.). Al ricorrere di detta qualità occorre comunque verificare se il rapporto sociale e patrimoniale che lega il professionista alla società sia di rilevanza tale da compromettere l’indipendenza del sindaco in base alle valutazioni previste dalle presenti Norme.
Pagamento del compenso
Qualora i compensi dovuti per l’attività di sindaco non siano pagati per un periodo significativo, la somma degli arretrati potrebbe essere considerata una minaccia per l’indipendenza del sindaco stesso. In caso di prolungata e significativa inadempienza, è dunque opportuno che il sindaco valuti con attenzione l’eventuale rinnovo dell’incarico.
Accertamento della lesione dell’indipendenza o della sussistenza di cause di ineleggibilità o decadenza
Quando un componente del Collegio sindacale ha notizia di una situazione che possa mettere a rischio l’obiettività e l’indipendenza propria o di un altro componetene, anche con riferimento a quanto previsto dall’art. 2399 c.c., ne informa tempestivamente l’intero collegio.
Qualora le informazioni fornite dall’interessato, a seguito di richiesta anche da parte di un solo componente, non siano tali da dimostrare l’accettabilità del rischio, il Collegio sindacale chiede al sindaco la tempestiva adozione di adeguate misure di salvaguardia ovvero la rinuncia all’incarico. Nel caso in cui il sindaco non fornisca le informazioni richieste o la misura di salvaguardia non sia efficacemente attuata, è opportuno che il Collegio sindacale o ciascun sindaco, anche individualmente, comunichi, in forma scritta, la situazione riscontrata all’organo amministrativo, affinché quest’ultimo adotti i provvedimenti necessari per la sostituzione del sindaco decaduto.
In caso di inerzia dell’organo amministrativo, il Collegio sindacale convoca l’assemblea ai sensi dell’art. 2406, co. 2, c.c.
Commento
L’indipendenza è il requisito essenziale che consente ai sindaci di svolgere la funzione di vigilanza secondo principi di obiettività e di integrità.
Va evidenziato, al proposito, che la valutazione dell’indipendenza del sindaco non può limitarsi all’aspetto soggettivo, vale a dire all’indipendenza cosiddetta “di fatto”, cioè l’atteggiamento mentale del sindaco che dimostra la propria obiettività prendendo in considerazione tutti gli elementi rilevanti per l’esercizio del suo compito e nessun fattore a questo estraneo, ma si estende a considerare anche la necessaria sussistenza del requisito oggettivo, ossia la cosiddetta indipendenza “apparente” o “formale”, cioè quella che si manifesta agli occhi dei terzi.
Occorre precisare, altresì, che l’indipendenza non è un requisito che il sindaco debba soddisfare in maniera assoluta, e quindi che imponga di mantenersi liberi da qualsiasi relazione economica, finanziaria o di altro genere con il soggetto controllato, dovendosi viceversa valutare la situazione caso per caso, alla luce del fatto che la sussistenza di rapporti e relazioni con altri soggetti pregiudichi o possa apparire idonea a pregiudicare la necessaria obiettività.
Al fine di guidare il professionista nelle opportune valutazioni relative alla sussistenza delle condizioni soggettive per l’assunzione o il mantenimento dell’incarico, si è ritenuto di fornire allo stesso una metodologia oggettiva di identificazione e di valutazione dei rischi per l’indipendenza del sindaco.
Si è scelto, pertanto, di declinare il requisito dell’indipendenza mediante l’identificazione dei principali elementi di rischio che possono, singolarmente o in concorso tra loro, compromettere l’effettiva capacità del sindaco di svolgere l’incarico con obiettività e imparzialità, ricollegabili essenzialmente all’esistenza di un interesse idoneo a influenzare le modalità concrete di svolgimento della funzione di vigilanza.
Ciò spiega perché la metodologia indicata per la valutazione dell’indipendenza del sindaco si basi su un’analisi della sussistenza di rischi idonei a minacciarne l’obiettività, ma non richieda necessariamente la formalizzazione in apposita documentazione, dovendo invece trovare riscontro, non solo nelle misure di salvaguardia eventualmente adottate, ma soprattutto nelle modalità di concreto svolgimento dell’incarico sindacale.
Tale approccio consente, altresì, di enunciare un criterio preciso e circostanziato, e quindi resistente alle eventuali successive verifiche, per l’interpretazione della “clausola generale” in tema di cause di ineleggibilità e decadenza del sindaco contenuta nell’art. 2399, lett. c), c.c.
È importante sottolineare, in primo luogo, come le circostanze elencate nella lettera sub i) della presente Norma possono diventare rilevanti, al fine di configurare una causa di ineleggibilità e di decadenza, esclusivamente nel caso in cui esse «compromettano l’indipendenza». Tale inciso finale («che ne compromettano l’indipendenza») deve ritenersi, infatti, riferibile a tutte le cause di decadenza elencate sub f) e, conseguentemente, la valutazione della loro rilevanza potrà essere operata alla luce dell’incidenza che le situazioni delineate dal legislatore possono avere, in concreto, sull’obiettività dei soggetti interessati. In secondo luogo, occorre precisare che, ai fini della configurabilità di cause di ineleggibilità e decadenza, la legge fa riferimento alle sole ipotesi di coesistenza dell’incarico di sindaco con altri servizi resi a favore della società.
In tal senso, si è ritenuto di identificare gli specifici fattori di rischio derivanti da rapporti patrimoniali, diretti e indiretti, del sindaco con la società o con altre società del gruppo, intrattenuti a qualsiasi titolo anche tramite l’appartenenza a uno stesso studio associato o a una stessa società fra professionisti.
In particolare, va evidenziato che un’eccessiva dipendenza da compensi derivanti da un unico cliente fa sorgere un rischio di interesse personale e può dare luogo a un difetto di obiettività, reale o percepita, agli occhi di terzi.
Inoltre, il rischio cresce proporzionalmente all’entità dei ricavi totali riscossi da un medesimo cliente e aumenta ulteriormente al crescere della quantità degli ulteriori servizi diversi rispetto all’incarico di sindaco resi a favore del medesimo cliente.
Al riguardo, va evidenziato che le soglie individuate nella Norma indicano alcuni parametri quantitativi che consentono di configurare un’esposizione nei confronti di un unico cliente tale da determinare un significativo rischio di perdita dell’obiettività del sindaco. Al loro superamento vanno adottate adeguate misure di salvaguardia (ivi compresa la non accettazione dell’incarico ovvero la rinuncia).
Norma 1.5. Retribuzione Principi
Il sindaco, all’atto della nomina, valuta se la misura del compenso proposto è idonea a remunerare la professionalità, l’esperienza e l’impegno con i quali deve svolgere l’incarico, tenendo conto del rilievo pubblicistico della funzione svolta.
Riferimenti
art. 36 Cost.; art. 2233, 2402 c.c.; art. 9 d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con modificazioni dall’art. 1, co. 1, della I. 24 marzo 2012, n. 27, art. 29 d.m. 20 luglio 2012, n. 140; legge 4 novembre 2017, n. 172
Criteri applicativi
Il compenso annuale dei sindaci, se non è stabilito nello statuto, è determinato dall’assemblea all’atto della nomina per l’intero periodo di durata del loro ufficio.
La delibera di nomina può prevedere modalità di adeguamento del compenso in caso di modifica delle attività previste dalla legge, dallo statuto o dalle autorità di vigilanza, ovvero in caso di significativa modifica del perimetro aziendale anche in considerazione delle dimensioni, della complessità e delle altre caratteristiche della società che dovrebbero trovare rispondenza nell’adeguatezza del compenso.
Al momento dell’accettazione della nomina, il candidato sindaco valuta l’adeguatezza del compenso proposto tenendo in considerazione:
– l’ampiezza e la complessità dell’incarico in relazione alla natura;
– la dimensione anche economica della società (ad esempio, al volume dei componenti positivi di reddito e delle attività);
– la complessità, il settore di attività, l’assetto organizzativo e le altre caratteristiche della società;
– le competenze professionali e l’esperienza richieste.
Qualora il sindaco cessi dall’incarico prima della scadenza, gli verrà riconosciuto un compenso proporzionato alla durata dell’incarico e adeguato alle attività svolte.
In tale ultimo caso, il sindaco, previa comunicazione all’organo di amministrazione, farà pervenire alla società la richiesta di compenso calcolata in relazione ai mesi di attività effettivamente espletata.
Commento
In aggiunta alle previsioni di cui all’art. 2402 c.c., per la determinazione della retribuzione dei sindaci non può prescindersi da quelle dell’art. 2233 c.c. che, per orientamento costante della giurisprudenza, si pongono in posizione sovraordinata rispetto alle prime. Si precisa, a tal riguardo, che l’art. 2233 c.c. stabilisce che “in ogni caso”, vale a dire, sia quando il compenso è determinato dalle parti, sia quando il compenso è deciso dal Giudice, la misura deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione.
A tal fine, considerata l’abrogazione delle tariffe professionali per effetto dell’art. 9 d.l. n. 1/2012, e considerate altresì le previsioni di cui all’art. 29 d.m. n. 140/2012 indirizzate a regolare le ipotesi in cui la liquidazione del compenso dei sindaci sia effettuata dal Giudice, le parti, all’atto della nomina, potranno utilizzare come parametri di mero di riferimento i criteri predeterminati dal d.m. n. 140/2012. Tali criteri, anche a seguito delle precisazioni offerte dalla legge n. 172/2017, come successivamente modificata e integrata, offrono e sembrano garantire la determinazione di un compenso equo per definizione, secondo le disposizioni dell’art. 2233 c.c., e il riconoscimento ai sindaci di diritti a rilevanza costituzionale (art. 36 Cost.). In considerazione dell’impegno richiesto e delle correlate responsabilità, la determinazione di un compenso equo e soprattutto adeguato all’importanza delle funzioni da espletare effettuata in conformità, quanto meno ai criteri predeterminati dal d.m. n. 140/2012, sembra imprescindibile.
I sindaci maturano il compenso in proporzione alla durata dell’incarico svolto: di talché, in caso di cessazione anticipata rispetto alla scadenza naturale, il compenso verrà calcolato con riferimento ai mesi in cui l’ufficio è stato ricoperto e alle attività svolte.
Norma 1.6. Cessazione dall’ufficio
Principi
La legge assicura la continuità di funzionamento del Collegio sindacale.
Riferimenti normativi
Artt. 2380, 2399, 2400, 2404, 2405, 2406, 2449, 2477, co.3, c.c.
Criteri applicativi
Le cause di cessazione dei sindaci sono:
– la scadenza dell’incarico;
– la decadenza;
– la revoca da parte della società;
– la rinuncia;
– la variazione nel sistema di amministrazione e di controllo;
– il decesso.
Altre cause di cessazione dei sindaci possono essere previste da norme di legge, statutarie o regolamentari.
In caso di decadenza, revoca, rinuncia e decesso di un sindaco effettivo, i membri in carica ne danno tempestiva comunicazione ai sindaci supplenti.
Scadenza dell’incarico
Salvo che si verifichi una causa di cessazione anticipata, i sindaci rimangono in carica per tre esercizi e scadono alla data dell’assemblea convocata per l’approvazione del bilancio relativo al terzo esercizio della carica. La cessazione per scadenza del termine ha effetto dal momento in cui il collegio è stato ricostituito. I sindaci rimangono, dunque, in carica fino all’accettazione dei nuovi sindaci (c.d. prorogatio).
In caso di inerzia degli amministratori, il Collegio sindacale deve provvedere quanto prima alla convocazione dell’assemblea dei soci ai sensi dell’art. 2406 c.c., recante quale ordine del giorno: “Nomina dell’organo di controllo”.
Nella s.r.l., qualora la società deliberi di modificare la clausola statutaria che prevedeva la composizione collegiale dell’organo, gli originari componenti del Collegio sindacale restano in carica fino alla naturale scadenza del loro mandato. Analogo principio trova applicazione nelle ipotesi in cui l’assemblea deliberi di nominare solo un soggetto incaricato della revisione legale.
Decadenza
Il sindaco decade nei casi in cui viene meno uno o più dei requisiti di professionalità e di eleggibilità previsti dalla legge e dallo statuto.
Il sindaco decade altresì in caso di:
– assenza ingiustificata a due riunioni anche non consecutive del Collegio nel corso del medesimo esercizio sociale;
– assenza ingiustificata alle assemblee dei soci, che non siano andate deserte;
– assenza ingiustificata a due adunanze consecutive del consiglio di amministrazione o del comitato esecutivo.
La decadenza ha effetto dal momento dell’accertamento della causa che la determina.
Il Collegio sindacale accerta periodicamente, almeno una volta all’anno, l’eventuale perdita dei requisiti di professionalità, previsti nell’art. 2397 c.c., ed eventuali situazioni di decadenza di cui all’art. 2399 c.c. verificatesi in capo a ciascun componente.
La decadenza sanzionatoria è segnalata dal Collegio sindacale all’assemblea dei soci.
L’accertamento della decadenza produce effetti ex nunc.
Revoca
Il sindaco può essere revocato solo per giusta causa.
La deliberazione che dispone la revoca del sindaco è di competenza dell’assemblea ordinaria.
Fanno eccezione le s.p.a. che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio partecipate dallo Stato o da enti pubblici, nelle quali i sindaci possono essere revocati soltanto dagli enti che li hanno nominati.
La suddetta deliberazione deve essere approvata dal competente Tribunale, sentito il soggetto interessato.
La revoca del sindaco ha effetto dal momento in cui il decreto del Tribunale di approvazione della deliberazione diviene definitivo.
Nella s.r.l., aderendo all’interpretazione della giurisprudenza e in forza del generale rinvio alle disposizioni sul Collegio sindacale di s.p.a., la deliberazione di revoca assunta dall’assemblea deve essere approvata dal Tribunale, rendendosi opportuna una verifica circa l’assenza delle altre circostanze che impongono la presenza dell’organo di controllo, ai sensi dell’art. 2477, co.2., c.c.
Rinuncia
Il sindaco è libero di rinunciare in qualsiasi momento all’incarico (c.d. dimissioni volontarie).
È opportuno che la rinuncia avvenga in forma scritta ovvero risulti negli atti sociali.
La comunicazione dell’avvenuta rinuncia deve essere indirizzata – con qualsiasi mezzo che consenta la certezza della ricezione, anche attraverso la conferma da parte dei destinatari – all’organo amministrativo e ai componenti effettivi e supplenti del Collegio sindacale.
Nella comunicazione sono indicate le ragioni della rinuncia.
La rinuncia del sindaco ha effetto immediato. Nel caso in cui le dimissioni riguardino più componenti del collegio, per stabilirne l’ordine di efficacia, farà fede il momento nel quale esse sono state ricevute dalla società.
In caso di rinuncia:
– laddove sia possibile, il Collegio sindacale è integrato mediante il subingresso di sindaci supplenti;
– laddove ciò non sia possibile o nei casi in cui il numero dei dimissionari sia superiore a quello dei supplenti, gli amministratori devono provvedere tempestivamente a convocare l’assemblea dei soci affinché provveda a integrare il collegio. Tale circostanza non inficia l’effetto immediato della rinuncia.
È ammissibile che nella rinuncia il sindaco indichi espressamente la data di efficacia della stessa.
Con riferimento alla rinuncia del sindaco unico di s.r.l., subentra il sindaco supplente se previsto dallo statuto. Diversamente, nel silenzio dello statuto, gli amministratori sono tenuti a convocare tempestivamente l’assemblea affinché provveda alla nomina dell’organo di controllo.
Variazione del sistema di amministrazione e controllo
Nelle s.p.a., la variazione dal sistema di amministrazione tradizionale a quello dualistico o monistico determina la cessazione dell’organo di controllo.
Salvo diversa deliberazione dell’assemblea straordinaria, la variazione del sistema ha effetto alla data dell’assemblea convocata per l’approvazione del bilancio relativo all’esercizio successivo.
Conservazione della documentazione
Appare opportuno che nella fase antecedente alla cessazione dell’incarico ogni sindaco provveda ad avere copia della documentazione comprovante le modalità con cui il collegio ha svolto l’incarico.
Tale documentazione riguarda:
– i verbali trascritti nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del Collegio sindacale;
– i verbali del consiglio di amministrazione;
– i verbali dell’assemblea dei soci.
Cessazione dell’obbligo di nomina dell’organo di controllo
Se la cessazione dell’obbligo di nomina interviene nel corso dell’incarico, l’organo di controllo rimane in carica fino alla naturale scadenza.
Nelle società a responsabilità limitata, il venir meno per tre esercizi consecutivi del superamento di uno dei limiti di cui all’art. 2477, co. 2, lett. c), determina la cessazione dell’obbligo di nomina dell’organo di controllo.
Commento
Il termine di durata della carica è inderogabile. Esso è posto a tutela di valori di assoluta preminenza nel nostro sistema societario quali, per un verso, l’autonomia e l’indipendenza dell’organo di controllo rispetto agli amministratori e alla maggioranza dei soci, per altro verso, l’esigenza di continuità nell’esercizio delle sue funzioni.
L’esigenza di continuità del Collegio sindacale è accentuata dal principio della c.d. prorogatio per il quale i sindaci, nonostante la scadenza dell’incarico, rimangono in carica fino all’avvenuta sostituzione.
Va evidenziato, tuttavia, che la regola della c.d. prorogatio è contemplata per la sola ipotesi di cessazione “programmata” dall’ufficio, vale a dire al ricorrere della scadenza dell’incarico.
Viceversa, le ipotesi di cessazione connesse a eventi non prevedibili, quali la decadenza e la rinuncia all’incarico, hanno efficacia immediata e comportano la necessità di sostituire immediatamente il componente del collegio.
Deve altresì osservarsi, da un lato, che la rinuncia va qualificata come atto unilaterale recettizio, destinato in quanto tale a produrre i propri effetti dal momento in cui viene ricevuto dal destinatario; dall’altro, che il diritto a porre termine ante tempus al rapporto con la società, riconosciuto al sindaco dalla disposizione di cui all’art. 2401 c.c., si inserisce nell’alveo dei criteri enunciati dal codice civile a garanzia della libera disponibilità del recesso dall’incarico assunto, salva naturalmente la responsabilità del recedente per danni eventualmente causati.
L’istituto della prorogatio assume carattere eccezionale e non suscettibile di applicazione analogica al di fuori delle ipotesi contemplate dalla legge e, pertanto, esso non è applicabile nelle ipotesi di dimissioni del sindaco (rinuncia).
Ancorché la giurisprudenza di legittimità abbia recentemente statuito l’applicabilità in via analogica delle previsioni di cui all’art. 2385 c.c. nei casi in cui il numero dei sindaci dimissionari sia superiore rispetto al numero dei sindaci supplenti (NOTA 2), si ritiene che la forzata permanenza in carica del sindaco rinunziante potrebbe rappresentare non solo una indebita restrizione del proprio diritto alle dimissioni, ma, altresì, un vulnus all’efficacia dell’attività di vigilanza che gli compete; la quale presuppone terzietà e indipendenza di azione e di giudizio, che non debbono essere compromesse da fattori esterni, come potrebbero essere proprio quelli che hanno motivato le dimissioni.
In ogni caso innanzi alle dimissioni del sindaco, non sostituibile con un supplente (per antecedente cessazione di quest’ultimo o per completa intervenuta sostituzione dei sindaci effettivi già cessati con i supplenti) è dovere dell’organo amministrativo attivarsi affinché l’assemblea provveda all’immediata sostituzione dello stesso, anche al fine di prevenire il verificarsi della causa di scioglimento che potrebbe determinarsi in caso di perdurante incompletezza dell’organo di controllo.
Resta fermo che, alla luce delle perduranti incertezze manifestate dalla giurisprudenza in ordine alla efficacia immediata della rinuncia, è opportuno che il sindaco cessato dalla carica verifichi che la società abbia provveduto ad annotare la cessazione dall’incarico presso il competente registro delle imprese.
Decorsi trenta giorni dalla cessazione del sindaco, qualora l’organo di amministrazione non provveda a effettuare gli adempimenti pubblicitari, il sindaco cessato può sollecitare l’avvio del procedimento di iscrizione d’ufficio ex art. 2190 c.c., ai sensi dell’art. 9 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (NOTA 3), facendo pervenire presso il registro delle imprese la documentazione comprovante la cessazione dell’incarico.
Variazione del sistema di amministrazione e controllo
Nelle s.p.a., l’adozione dei modelli alternativi di amministrazione e controllo (sistema monistico e dualistico) comporta la cessazione di diritto degli organi del sistema originario come conseguenza del mutamento del modello di governance. In quanto cessazione di diritto, non può essere qualificata come ipotesi di revoca con conseguente inapplicabilità della relativa disciplina.
La legge stabilisce, inoltre, che l’effetto della variazione del sistema di amministrazione è differito fino alla data di approvazione del bilancio dell’esercizio successivo a quello in cui la variazione è stata deliberata. Da tale momento i sindaci cessano dalle proprie funzioni. Trattandosi di disposizione derogabile, la delibera di variazione del sistema di amministrazione può, tuttavia, individuare un termine differente.
Pubblicità della cessazione
Quanto alla pubblicità della cessazione dell’ufficio, è dovere dei sindaci in carica accertare l’assolvimento dell’obbligo. In caso di inerzia degli amministratori, i sindaci sono legittimati a provvedere, anche individualmente.
Al fine di evitare situazioni di incertezza, i sindaci in carica danno senza indugio comunicazione della cessazione al sindaco supplente in modo che quest’ultimo sia messo tempestivamente a conoscenza dell’incarico e quindi dell’assunzione delle relative funzioni.
Assenza o incompletezza del Collegio sindacale
L’assenza del Collegio sindacale, la mancata integrazione dello stesso da parte dall’assemblea ovvero la perdurante irregolarità della sua composizione configurano una causa di scioglimento della società ai sensi dell’art. 2484, n. 3, c.c.
Nelle s.r.l., in caso di assenza, di mancata integrazione dell’organo di controllo da parte dall’assemblea ovvero di perdurante irregolarità della sua composizione, provvede il Tribunale su richiesta di qualsiasi soggetto interessato o su segnalazione del conservatore del registro delle imprese (art. 2477, co. 5, c.c.).
Norma 1.7. Passaggio di consegne Principi
Ai sindaci neonominati spetta il controllo sulla pregressa gestione solo nel caso in cui riscontrino, nel corso della programmata attività di vigilanza, palesi irregolarità
Riferimenti normativi
Artt. 2403 e 2407 c.c.
Criteri applicativi
I sindaci chiamati a sostituire il collegio scaduto – al fine di scongiurare eventuali pregiudizi alla società e di poter procedere, al contempo, alla corretta esecuzione dell’incarico – devono ricevere piena collaborazione sia a livello informativo, sia attraverso la messa a disposizione di tutta la documentazione atta alla migliore comprensione circa l’esistenza dei rischi inerenti, ivi compresa la pronta consegna del libro dei verbali del Collegio sindacale.
In condizioni normali, l’attività di vigilanza non si estende a fatti anteriori all’assunzione dell’incarico, in quanto il principio dell’affidamento consente di confidare che il comportamento del Collegio sindacale scaduto (specie con riferimento all’ultimo bilancio approvato) sia stato conforme alle regole di diligenza, prudenza, perizia e professionalità richieste dalla natura dell’incarico. Tuttavia, qualora nell’esercizio dell’attività di vigilanza emergessero precedenti gravi irregolarità che comportino effetti anche sulla gestione attuale, compete ai sindaci subentranti l’obbligo di attivarsi immediatamente, segnalandone l’esistenza agli organi competenti, affinché questi assumano i provvedimenti opportuni, ed esercitando, se del caso, tutti i consueti poteri di reazione previsti dalla legge, al fine di evitare che errori pregressi possano creare danni alla società e ai terzi creditori.
Commento
Il dovere di vigilanza che i sindaci di nuova nomina hanno sulla pregressa gestione non si estende ai fatti anteriori all’assunzione della carica. L’eventuale responsabilità potrà essere loro ascritta solo a condizione che le palesi e gravi irregolarità (qualora sussistenti) possano essere rilevate a posteriori con la diligenza professionale richiesta dalla natura dell’incarico di sindaco.
Norma 1.8. Sostituzione Principio
La sostituzione dei sindaci avviene nel rispetto della composizione del Collegio sindacale prevista dalla legge e dallo statuto.
Riferimenti normativi
Artt. 2401 c.c.
Criteri applicativi
Con riferimento al Collegio sindacale non incaricato della revisione legale, in caso di morte, rinuncia o decadenza del sindaco effettivo iscritto nel registro dei revisori legali, subentra il sindaco supplente che sia in possesso del medesimo requisito. Qualora più sindaci supplenti siano iscritti nel registro dei revisori legali, subentra il sindaco supplente più anziano.
I sindaci subentrati rimangono in carica fino alla prima assemblea successiva al loro insediamento, la quale deve provvedere alla nomina dei sindaci effettivi e supplenti necessari per l’integrazione del collegio nel rispetto della composizione del Collegio sindacale prevista dalla legge e dallo statuto.
Qualora con i sindaci supplenti non si completasse il Collegio sindacale, deve essere, senza indugio, convocata l’assemblea perché provveda all’integrazione del medesimo.
I nuovi nominati scadono insieme con i sindaci in carica.
In caso di sostituzione del presidente, la presidenza è assunta, salvo deroghe statutarie, dal più anziano dei sindaci effettivi che resta in carica fino alla prima assemblea successiva al suo insediamento.
Commento
In merito ai criteri da utilizzare per la sostituzione dei sindaci si è ritenuto che, in primo luogo, vadano rispettati quelli che si rendano necessari per mantenere la qualificazione del collegio prevista dalla legge e, in secondo luogo, trovi applicazione il criterio di subingresso per ordine di età.
Si rammenta, infatti, che l’art. 2401 c.c. stabilisce che la sostituzione dei sindaci che siano cessati per morte, rinuncia o decadenza deve avvenire con modalità tali da rispettare quanto previsto dall’art. 2397, co. 2, c.c. Quest’ultima norma disciplina la composizione del Collegio sindacale non incaricato della revisione legale prescrivendo che «almeno un membro effettivo e uno supplente devono essere scelti tra i revisori legali iscritti nell’apposito registro». Si ritiene, in sostanza, che l’unico requisito al quale si riferisce l’art. 2401 c.c. sia quello di sostituire il sindaco/revisore legale con un soggetto di eguale qualifica.
Nelle s.r.l., in caso di nomina di un sindaco unico, al ricorrere di cause di cessazione anticipata dell’organo di controllo (morte, rinunzia o decadenza), fatta eccezione per quelle società che, conformemente a quanto disposto dallo statuto, abbiano provveduto alla nomina del sindaco (unico) supplente (Cfr. Norma 1.1., Commento), l’organo di amministrazione deve senza indugio attivarsi affinché i soci provvedano al conferimento dell’incarico di controllo. In caso di inerzia, è possibile, altresì, ricorrere al meccanismo di nomina giudiziale previsto dall’art. 2477, ult. co., c.c.
2. FUNZIONAMENTO DEL COLLEGIO SINDACALE
La sezione 2 è dedicata alle riunioni e deliberazioni del Collegio sindacale. In essa si forniscono criteri applicativi in ordine alle disposizioni di cui all’art. 2404 c.c., nonché a quelle contenute nella seconda parte dell’art. 2403-bis c.c. in merito all’utilizzo degli ausiliari. Particolare attenzione, nella nuova Norma 2.1, è dedicata alla verbalizzazione e alla tenuta del libro dell’organo di controllo nonché al ruolo del presidente del Collegio sindacale. Nella stessa Norma, ed è questa la novità più rilevante della sezione, vengono altresì tratteggiate le regole che il collegio è tenuto a rispettare nell’ambito delle riunioni attraverso mezzi di telecomunicazione.
Norma 2.1. Funzionamento Principi
Il Collegio sindacale ha piena autonomia nell’organizzazione del proprio funzionamento e nello svolgimento delle proprie attività. Si riunisce con cadenza periodica almeno ogni 90 giorni e tutte le volte che lo ritiene necessario ovvero opportuno.
I sindaci operano, di norma, collegialmente.
I sindaci, una volta cessati dall’incarico, prestano la massima collaborazione ai nuovi sindaci in carica, fornendo loro le informazioni e la documentazione eventualmente richieste.
Se l’atto costitutivo o lo statuto lo consentono, indicandone le modalità, ai sindaci è consentito organizzare riunioni periodiche anche con mezzi di telecomunicazione.
Riferimenti normativi
Art. 2404 c.c.
Criteri applicativi
II Collegio sindacale svolge le proprie attività in modo collegiale e ha piena autonomia nell’organizzazione del proprio funzionamento.
Il presidente ha, di norma, funzione di impulso dell’organizzazione del collegio e coordina i lavori delle riunioni collegiali, pur non avendo compiti diversi e attribuzioni prevalenti rispetto agli altri componenti.
Durante le riunioni consiliari e del comitato esecutivo, interviene il presidente a nome del Collegio, salvo che, lo stesso, in apertura di intervento evidenzi che stia esprimendosi a titolo individuale.
È opportuno che all’inizio dell’incarico il collegio concordi le modalità del suo concreto funzionamento per quanto riguarda i rapporti con la società, segnatamente con il presidente e l’organo delegato e quelli tra i suoi componenti.
Salvo che sia diversamente stabilito, le comunicazioni dirette al collegio sono inviate al presidente che ne dà immediata comunicazione agli altri componenti. La società invia all’indirizzo indicato da quest’ultimo la corrispondenza destinata al collegio.
Il Collegio sindacale può prevedere un’articolazione diversificata delle attività all’interno dell’organo, ad esempio, affidando a un componente lo svolgimento di specifiche attività che sono successivamente oggetto di esame collegiale.
Il Collegio sindacale si riunisce almeno ogni novanta giorni. Se le circostanze lo richiedono, può essere necessario o anche solo opportuno che tali riunioni avvengano anche, in qualsiasi momento, ovvero secondo termini temporali più ravvicinati.
Per consentire ai sindaci di essere presenti alle riunioni del Collegio, il presidente provvede alla loro tempestiva convocazione trasmettendo un elenco di massima dei temi da trattare, temi che gli altri componenti del Collegio sindacale possono chiedere di emendare e integrare.
Se non previste dallo statuto, le modalità di convocazione possono essere stabilite dai sindaci nel corso della prima riunione del collegio successiva alla nomina.
Per permettere ai sindaci di essere presenti alle riunioni del collegio il presidente provvede alla tempestiva comunicazione della data o delle date utilizzabili, concordando date compatibili con le esigenze di tutti i componenti, salvo il caso in cui siano già state concordate, con congruo anticipo, le date delle riunioni. In presenza di specifiche previsioni statutarie, le modalità di convocazione possono essere stabilite dai sindaci nel corso della prima riunione del Collegio sindacale successiva alla nomina.
Il Collegio sindacale è regolarmente costituito con la presenza della maggioranza dei sindaci e delibera a maggioranza assoluta dei presenti.
Il sindaco dissenziente dalle deliberazioni assunte dal collegio ha il diritto di fare iscrivere a verbale il proprio dissenso, indicandone i relativi motivi.
Il sindaco che fosse assente a una riunione del Collegio sindacale prende visione del relativo verbale, al fine di conoscere gli eventuali rilievi formulati dagli altri sindaci e le deliberazioni assunte. È inoltre opportuno che il sindaco sottoscriva per presa visione il verbale trascritto nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del Collegio sindacale.
Il sindaco unico di s.r.l. nello svolgimento delle proprie funzioni si attiene, quanto a tempistiche dei controlli e a verbalizzazioni, alle medesime regole del Collegio sindacale.
Il Collegio sindacale, dopo la nomina, può prendere contatto con il precedente collegio, normalmente in persona del suo presidente, al fine di ottenere le informazioni ritenute utili allo svolgimento dell’incarico. I sindaci cessati dalla carica agevolano l’acquisizione di tali informazioni, fornendo la più ampia collaborazione al nuovo collegio.
Con riferimento alle riunioni svolte tramite mezzi di telecomunicazione, si ritiene che le modalità a cui fa riferimento l’art. 2404 c.c. siano da intendersi quali modalità tecniche cioè audioconferenza, videoconferenza o videoscrittura (Chat room) intendendosi che il mero richiamo ai mezzi di telecomunicazione possa consentire l’utilizzo di una qualsiasi modalità tecnica fra quelle dinanzi evidenziate. Resta inteso che, al di fuori di eventi imprevedibili o eccezionali, la modalità in presenza sia da preferire.
Sono modalità che permettono ai sindaci di interloquire tra loro in tempo reale:
– la videoconferenza, con la quale tutti gli interlocutori si vedono e si parlano;
– l’audioconferenza, con la quale gli interlocutori si parlano, ma non si vedono;
– la chat room, nella quale gli interlocutori interagiscono attraverso videoscrittura.
Di norma ai fini della validità delle riunioni del Collegio sindacale in tele o video conferenza è richiesto che:
– tutti i partecipanti possano essere identificati e di tale identificazione si dia atto nel relativo verbale;
– sia consentito a tutti i partecipanti di seguire la discussione rendendo possibile di intervenire in tempo reale nella trattazione degli argomenti affrontati;
– sia consentito ai singoli componenti del collegio di scambiarsi tempestivamente la documentazione oggetto di analisi.
Ai sensi dell’art. 2404 c.c. non appare necessario indicare il luogo in cui fisicamente il collegio si riunisce ed è quindi sufficiente indicare nel verbale che la riunione si è integralmente svolta fra i vari membri del collegio attraverso mezzi di video – o telecomunicazione evidenziando che ai vari membri del collegio è stata consentita una completa e contestuale informativa e la possibilità di uno scambio documentale.
Qualora per svolgere le verifiche programmate risulti necessario acquisire della documentazione, risulta preferibile che il presidente o, in alternativa, almeno un membro del Collegio sindacale, sia fisicamente presente nella sede della società, unitamente al soggetto responsabile di fornire la documentazione oggetto di verifiche. È auspicabile che in sede o in collegamento sia presente il direttore amministrativo o il direttore generale o l’amministratore delegato.
Il verbale della riunione del collegio, redatto da un componente, potrà essere approvato tramite condivisione dello stesso da parte dei singoli membri del collegio. La sottoscrizione del verbale potrà avvenire anche da parte del solo presidente previa delega espressa nel verbale e la firma. Il verbale dovrà essere trascritto nel libro del Collegio sindacale, e sarà oggetto di ulteriore sottoscrizione da parte dei sindaci collegati in telecomunicazione alla prima occasione utile.
Nel caso in cui il verbale dovesse contenere elementi rilevanti per i quali vi sia urgenza di provvedere da parte dell’organo amministrativo, è raccomandato inviare tale verbale, o un estratto, via Pec all’indirizzo di posta elettronica della società.
Commento
Le poche regole fissate dal legislatore circa il funzionamento del Collegio sindacale permettono a quest’ultimo una grande autonomia nell’organizzazione della propria attività. Si consideri, inoltre, che la funzione di vigilanza è attribuita al Collegio sindacale e non ai singoli membri che lo compongono. I sindaci, quindi, nello svolgere la propria attività, si attengono a questo principio, anche quando si trovino a dover esercitare i poteri individuali che sono loro riconosciuti.
In ogni caso, il presidente dovrà garantire la possibilità per il sindaco dissenziente di manifestare e di far iscrivere a verbale il proprio motivato dissenso.
In sede di pianificazione della propria attività è utile, inoltre, che il Collegio sindacale provveda a prestabilire un calendario delle riunioni e degli incontri che intende svolgere, fissandone in linea di massima il contenuto. Quanto alla cadenza delle riunioni, il legislatore stabilisce che il Collegio sindacale deve riunirsi almeno ogni novanta giorni, termine fissato dall’art. 2404 c.c.
Poiché tale dovere non è accompagnato da sanzione, il termine assume carattere meramente indicativo.
Si è ritenuto opportuno precisare l’importanza della collaborazione tra sindaci in carica e quelli cessati.
Questi ultimi, in caso di loro sostituzione, forniscono ai nuovi sindaci le informazioni acquisite e illustrano le esperienze maturate in relazione ai controlli effettuati nel corso del loro incarico.
Nelle s.r.l., in caso di nomina di un sindaco unico, stante l’assenza della forma collegiale dell’organo, non possono trovare applicazione le disposizioni in tema di s.p.a. che si riferiscono all’obbligo di riunioni periodiche, nonché quelle procedimentali relative ai quorum costitutivi e deliberativi (art. 2404 c.c.).
Tuttavia, si ritiene opportuno che il sindaco unico provveda a redigere periodicamente (almeno ogni novanta giorni, ovvero se le circostanze lo richiedano, anche con scadenze più ravvicinate) appositi verbali nei quali egli dia evidenza dell’attività svolta e dei controlli effettuati, nonché a trascrivere i predetti verbali in un libro dei verbali e delle “determine” dell’organo di controllo (Cfr. Norma 2.3.).
Se l’atto costitutivo o lo statuto della società lo consentono, è permesso ai sindaci, al verificarsi di determinate circostanze, riunirsi periodicamente anche attraverso strumenti di telecomunicazione.
In tali riunioni deve essere consentita a tutti i componenti del Collegio sindacale una partecipazione attiva e informata; tutti i sindaci devono essere messi nelle condizioni di interagire con gli altri membri del Collegio ed eventualmente con gli altri organi delle società invitati, in tempo reale.
Il verbale oggetto della riunione dovrà essere letto e confermato da tutti i membri del collegio e successivamente trascritto nel libro del Collegio sindacale.
Norma 2.2. Utilizzo di propri dipendenti e ausiliari Principi
Nell’espletamento di specifiche operazioni di ispezione e di controllo i sindaci possono, sotto la propria responsabilità e a proprie spese, avvalersi di propri dipendenti e ausiliari.
I dipendenti e gli ausiliari devono essere in possesso dei requisiti di indipendenza previsti per i sindaci.
Riferimenti normativi
Artt. 2399, 2403-bis, co. 4, c.c.
Criteri applicativi
I sindaci possono affidare ai propri dipendenti o ad ausiliari esclusivamente l’espletamento di specifiche attività di controllo e di ispezione.
II sindaco può avvalersi esclusivamente di soggetti a lui legati da un rapporto di lavoro subordinato o autonomo che abbiano i requisiti tecnico-professionali idonei allo svolgimento dei compiti loro affidati.
In particolare, il sindaco può avvalersi di:
– dipendenti e collaboratori del suo studio, compresi i praticanti, che non si trovino in una delle situazioni di ineleggibilità o di decadenza di cui all’art. 2399 c.c.;
– soggetti esterni, persone fisiche o soggetti giuridici collettivi (comprese le persone giuridiche), a condizione che i loro rappresentanti e le persone che operano direttamente presso la società non si trovino in una delle situazioni di ineleggibilità o di decadenza di cui all’art. 2399 c.c.
In ogni caso, i dipendenti e gli ausiliari di cui i sindaci si avvalgono sono tenuti al rispetto dei doveri di riservatezza in merito alle informazioni acquisite.
Ai dipendenti e agli ausiliari del sindaco l’organo amministrativo può rifiutare l’accesso a informazioni riservate, salvo l’onere per quest’ultimo di motivare il proprio rifiuto.
La facoltà di avvalersi di dipendenti e ausiliari è attribuita a ogni componente del Collegio sindacale. Se l’esercizio di tale facoltà avviene a sostegno dell’attività dell’intero organo di controllo, esso deve in ogni caso essere preventivamente deliberato dal collegio. In ogni caso, il sindaco che abbia scelto di avvalersi di propri dipendenti o ausiliari deve darne preventiva informazione al Collegio sindacale e all’organo amministrativo al fine di legittimare l’attività del suo collaboratore. L’attività svolta dai dipendenti e ausiliari viene verbalizzata dal collegio ovvero ne viene tenuta traccia nella documentazione di supporto.
Ai dipendenti e agli ausiliari del sindaco è consentita la partecipazione alle riunioni del Collegio sindacale, salvo diverso avviso del collegio.
Non è delegabile la partecipazione alle riunioni del Collegio sindacale, del consiglio di amministrazione, del comitato esecutivo e delle assemblee.
Commento
Il legislatore consente sia al Collegio sindacale, sia ai sindaci, individualmente, di avvalersi della collaborazione di propri dipendenti o di ausiliari.
I sindaci possono affidare ai dipendenti e agli ausiliari attività d’ispezione e di controllo che siano confinate nell’alveo della fase cognitiva e istruttoria della funzione di vigilanza, mentre rimangono di competenza esclusiva del Collegio sindacale le attività di valutazione e di giudizio.
In ogni caso, il sindaco che si avvale dell’opera del dipendente o dell’ausiliario è responsabile per l’attività che questo svolge sia nei confronti della società sia nei confronti degli altri sindaci, e quindi provvede a dirigerne e controllarne l’operato.
È opportuno che la partecipazione dei dipendenti e degli ausiliari del sindaco alle riunioni sia concordata tra i componenti del collegio.
Norma 2.3. Libro delle adunanze e delle deliberazioni Principi
Delle riunioni, dell’attività svolta e degli accertamenti effettuati il Collegio sindacale redige il verbale che viene trascritto nel libro delle adunanze e delle deliberazioni e sottoscritto dagli intervenuti.
Il libro delle adunanze e delle deliberazioni del Collegio sindacale è tenuto a cura del collegio con modalità che verranno da esso determinate.
Riferimenti normativi
Artt. 2403-bis, co. 4, 2404, co. 3, 2421 c.c.
Criteri applicativi
Il Collegio sindacale o il sindaco unico cura la tenuta del libro delle adunanze e delle deliberazioni nel quale saranno trascritti i verbali delle riunioni e sarà dato conto delle attività effettuate e degli accertamenti eseguiti.
Per la tenuta del libro devono essere osservate le disposizioni dell’ultimo comma dell’art. 2421 c.c.
La responsabilità della verbalizzazione è del presidente o del sindaco unico.
Il presidente può designare per la verbalizzazione un componente del collegio previa accettazione dello stesso ed approvazione dell’organo collegiale.
Il presidente, o il componente segretario ovvero il sindaco unico, per la formale redazione del verbale, possono avvalersi anche di un proprio dipendente o ausiliario, ovvero delle risorse interne messe a disposizione dalla società, ferma restando la responsabilità del presidente e del Collegio sindacale in relazione ai fatti ed alle osservazioni trascritte.
I contenuti del verbale sono definiti dalla maggioranza dei componenti del Collegio sindacale. Il sindaco dissenziente ha il diritto di far mettere a verbale il proprio dissenso rispetto a quanto deciso dalla maggioranza dei componenti del collegio e, eventualmente, pretendere di inserire le proprie “osservazioni”.
Con riferimento alla conservazione del libro, il Collegio sindacale, o il sindaco unico, può custodirlo presso la sede sociale, se non individui altro luogo da rendere comunque noto alla società.
Tutte le riunioni del Collegio sindacale devono essere oggetto di verbalizzazione che dia evidenza:
– della data e del luogo della riunione;
– dei sindaci intervenuti e di quelli assenti, con specifica indicazione di quelli che hanno giustificato la propria assenza;
– delle persone, che invitate, sono intervenute alla riunione e della loro qualifica;
– delle attività svolte e degli accertamenti eseguiti;
– delle eventuali conclusioni raggiunte o deliberazioni adottate, nonché dell’eventuale dissenso di uno o più dei sindaci;
– dei documenti eventualmente pervenuti al collegio da altri organi, comitati o soggetti.
È opportuno che i controlli svolti dai sindaci siano sufficientemente e ordinatamente documentati.
Le modalità di tenuta e di conservazione della documentazione di supporto sono stabilite dal Collegio sindacale, o dal sindaco unico, nell’esercizio della propria autonomia organizzativa.
Al fine di poter dimostrare in qualunque momento l’attività svolta dal collegio, si ritiene opportuno che ciascun sindaco conservi copia dei verbali del Collegio sindacale, e della relativa documentazione di supporto, nonché dei verbali degli altri organi societari ai quali i sindaci partecipano. Resta fermo il diritto di ciascun sindaco di ottenere copia dei verbali del collegio relativi al periodo di durata in carica dello stesso, anche successivamente al termine dell’incarico.
Qualora il verbale contenente le risultanze degli accertamenti eseguiti esponga rilievi, fatti o circostanze significative, è opportuno che sia tempestivamente portato a conoscenza all’organo amministrativo.
Il verbale può essere redatto contestualmente o dopo la riunione, non necessariamente nel libro delle adunanze e delle deliberazioni, potendo la trascrizione anche avvenire in un successivo momento. È possibile provvedere alla progressiva numerazione di ciascun verbale. In ogni caso il verbale deve essere tempestivamente riportato nel libro e firmato dai partecipanti e da chi, assente, ne abbia preso visione.
Commento
Nella verbalizzazione i sindaci devono sempre trascrivere nel libro le opinioni della maggioranza del collegio, maggioranza che, evidentemente, rappresenta l’organo di controllo. Cionondimeno deve essere sempre salvaguardata la possibilità per il sindaco dissenziente di trascrivere le proprie opinioni, evidenziando che le stesse sono riportate a titolo personale.
In assenza di specifiche disposizioni, si ritiene che il libro possa essere conservato presso lo studio del presidente del collegio o di altro componente a ciò delegato. In tal caso è opportuno che quest’ultimo rilasci alla società un’apposita dichiarazione scritta attestante la conservazione del libro presso il proprio studio.
È consigliabile che ogni sindaco conservi copia dei documenti di supporto, nonché dei verbali trascritti nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del Collegio sindacale.
Nelle s.r.l., in caso di nomina di un sindaco unico, benché l’art. 2477 c.c., pur non fornendo indicazioni sul punto, preveda l’applicazione delle disposizioni sul Collegio sindacale di s.p.a., si deve ritenere che, analogamente a quanto richiesto all’organo di controllo pluripersonale, il sindaco unico debba provvedere alla cura e alla conservazione del libro dei verbali dell’organo di controllo al fine di dare evidenza e di documentare adeguatamente l’attività di vigilanza svolta.
In definitiva, si ritiene che, anche in caso di nomina dell’organo di controllo monocratico, la società debba obbligatoriamente dotarsi di un libro attinente allo svolgimento dell’attività di vigilanza, stante quanto previsto nell’art. 2478, n. 4, c.c. e, per rinvio, nell’art. 2404, co. 3, c.c.
La verbalizzazione e la trascrizione sul libro dell’attività svolta dal sindaco unico avviene con periodicità almeno trimestrale e nel rispetto delle indicazioni contenute nella presente Norma.
3. DOVERI DEL COLLEGIO SINDACALE
La sezione 3 è dedicata alle modalità e ai criteri con cui il Collegio sindacale effettua la propria attività di vigilanza. Si tratta, come è noto, di una vigilanza molto ampia che si esercita in ordine alla legge, allo statuto, ai principi di corretta amministrazione, all’adeguatezza e al concreto funzionamento dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile, controlli peraltro enfatizzati dalla novellata formulazione dell’art. 2086 c.c., nonché sul sistema di controllo interno. Meno rilevante risulta l’attività del Collegio sindacale sul bilancio, ove, essendo nominato un revisore esterno, la vigilanza dei sindaci è sostanzialmente limitata alle norme procedurali inerenti alla redazione, all’approvazione e alla pubblicazione dello stesso. La legge enfatizza l’obbligo dei sindaci di mantenere il segreto su tutte le informazioni acquisite nel corso del mandato professionale. Le principali integrazioni attengono alla Norma 3.3 ove in tema di vigilanza sul rispetto dei principi di corretta amministrazione particolare attenzione viene dedicata al conflitto di interessi e ai rapporti con parti correlate alle deleghe conferite ed alle delibere in merito ai finanziamenti e alla Norma 3.4 che meglio connota le verifiche sull’idoneo assetto organizzativo della società. Di nuovo conio è invece la Norma 3.9 destinata a regolare il tema della segretezza e della riservatezza a cui i membri del Collegio sindacale sono tenuti.
Norma 3.1. Caratteristiche e modalità dell’attività di vigilanza Principi
L’attività di vigilanza del Collegio sindacale è effettuata sulla base della diligenza professionale richiesta dalla natura dell’incarico che determina un’obbligazione di mezzi e non di risultato.
Detta attività di vigilanza è effettuata tenendo in considerazione le dimensioni, la complessità e le altre caratteristiche, anche organizzative, specifiche della società.
Nella propria attività di vigilanza il collegio applica una modalità di selezione dei controlli basata sull’identificazione e valutazione dei rischi con modalità adeguate alle dimensioni e alle altre caratteristiche, anche organizzative, specifiche dell’impresa assoggettata a controllo.
Nel definire le modalità di vigilanza, il Collegio sindacale pianifica le attività da porre in essere sulla base della rilevanza dei rischi indicati nei flussi informativi acquisiti dall’organo amministrativo, dalla direzione aziendale, dagli altri organi societari nonché a seguito dello scambio di informazioni con l’incaricato della revisione legale, nonché degli esiti delle operazioni di ispezione e controllo, attribuendo agli stessi una diversa intensità e periodicità di controllo.
Nella pianificazione delle attività di vigilanza il Collegio sindacale esprime un giudizio professionale tenendo in considerazione le valutazioni che un professionista indipendente, ragionevole e informato, dopo aver considerato le informazioni a disposizione del collegio in quel momento, trarrebbe circa la rilevanza dei rischi aziendali come indicati nei flussi informativi acquisiti.
Laddove l’attività di vigilanza dovesse evidenziare significativi rischi di possibili violazioni di legge o di statuto, di inesatta applicazione dei principi di corretta amministrazione, di inadeguatezza dell’assetto organizzativo o del sistema amministrativo-contabile, il Collegio sindacale richiede all’organo amministrativo l’adozione di azioni correttive e ne monitora la realizzazione nel corso dell’incarico. Nel caso in cui le azioni correttive non vengano poste in essere, ovvero siano ritenute dal collegio non sufficienti, ovvero in casi di urgenza, di particolare gravità o di avvenuto riscontro di violazioni, il collegio adotta le iniziative previste dalla legge per la rimozione delle violazioni riscontrate.
Criteri applicativi
Le modalità attraverso le quali il Collegio sindacale effettua l’attività di vigilanza sono modulate sulla complessità e sulle caratteristiche dimensionali, organizzative, di settore e di modello di business proprie del soggetto controllato.
L’attività di vigilanza si esercita attraverso l’analisi delle informazioni acquisite tramite:
– la partecipazione alle riunioni degli organi sociali;
– lo scambio di informazioni con gli amministratori della società, nonché con gli organi di controllo delle società controllate;
– l’acquisizione periodica di informazioni dagli amministratori delegati;
– l’acquisizione e la richiesta di informazioni ai soggetti preposti al controllo interno;
– l’acquisizione di informazioni dall’ODV, quando istituito;
– lo scambio di informazioni con l’incaricato della revisione legale, relativamente alle funzioni di competenza dello stesso;
– l’espletamento di operazioni di ispezione e controllo;
– l’analisi dei flussi informativi acquisiti dalle strutture aziendali.
Sulla base dei flussi informativi acquisiti, il Collegio sindacale pianifica la propria attività di vigilanza tenuto conto dei rischi rilevanti.
In particolare, il Collegio sindacale acquisisce i flussi informativi trasmessi dalle strutture aziendali e ne valuta le conclusioni circa l’esistenza e la rilevanza dei rischi inerenti alla non osservanza della legge e dello statuto, al mancato rispetto dei principi di corretta amministrazione, all’inadeguatezza degli assetti organizzativi, del sistema di controllo interno e del sistema amministrativo-contabile.
Ai fini della valutazione dei rischi e del riscontro di eventuali violazioni, il Collegio sindacale si avvale anche delle informazioni acquisite dal soggetto incaricato della revisione legale (Cfr. Norma 5.3.).
L’attività di vigilanza è finalizzata a valutare l’adeguatezza del sistema di identificazione, misurazione, gestione e monitoraggio dei rischi aziendali in essere, nonché a verificare l’adeguata applicazione delle azioni correttive ritenute idonee per ridurre i rischi aziendali al livello ritenuto accettabile. L’organo di controllo, nello svolgimento della propria attività, può avvalersi di appositi test anche eventualmente a campione.
Commento
Tenuto conto dell’ambito d’intervento del Collegio sindacale, si è ritenuto opportuno determinare una modalità oggettiva di identificazione del perimetro dell’attività di vigilanza e delle sue modalità di esecuzione.
Il principio scelto, anche sulla base delle migliori pratiche internazionali, è quello basato sull’analisi del rischio (risk approach).
Il Collegio sindacale pianifica la propria attività in funzione della rilevanza dei rischi aziendali. La vigilanza è declinata, attraverso la propria competenza e l’esperienza professionale, in attività specifiche il cui contenuto varia al variare delle dimensioni, della complessità e delle altre caratteristiche proprie dell’impresa soggetta a controllo.
Nell’ambito dell’attività di vigilanza è opportuno scambiare periodicamente informazioni oltre che con l’organo amministrativo, gli altri organi societari, la direzione aziendale e i corrispondenti organi di controllo delle società controllate, con il soggetto incaricato della revisione legale.
Norma 3.2. Vigilanza sull’osservanza della legge e dello statuto Principi
Il Collegio sindacale vigila sull’osservanza della legge e dello statuto.
La funzione di vigilanza sull’osservanza della legge e dello statuto consiste nella verifica della conformità degli atti sociali e delle deliberazioni degli organi sociali alle leggi e alle disposizioni statutarie.
All’inizio dell’incarico, e poi periodicamente, il collegio verifica che la struttura organizzativa e le procedure interne siano idonee a garantire che la società operi in conformità alle norme di legge e alle disposizioni di statuto e che consenta la tempestiva rilevazione della crisi dell’impresa e la perdita della continuità aziendale. L’attività di vigilanza nel suo concreto svolgimento deve quindi intendersi circoscritta alle norme che concretamente, con riferimento alla struttura e alle attività della società, possano essere ritenute critiche in ragione della rilevanza del rischio che il loro mancato rispetto possa comportare per la società.
Riferimenti normativi
Art. 2391, 2391-bis; art. 2403, co. 1, c.c.; d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231
Criteri applicativi
Al fine di vigilare sull’osservanza della legge e dello statuto, il Collegio sindacale all’inizio dell’incarico e periodicamente nel corso del medesimo, provvede a definire i flussi informativi, interni ed esterni, ritenuti rilevanti per l’esercizio dell’attività di vigilanza.
Il Collegio sindacale vigila sulla conformità delle delibere assunte dagli organi societari alla normativa legislativa e regolamentare, nonché allo statuto.
La vigilanza sull’osservanza delle previsioni di statuto comporta che il collegio accerti che venga rispettato quanto previsto in ordine a convocazione, formazione e deliberazione dei consigli di amministrazione, dei comitati esecutivi e delle assemblee nonché le regole declinate in merito all’esercizio del diritto di voto.
Nei casi in cui la società sia tenuta alla redazione del bilancio consolidato ovvero nei casi in cui, per particolari esigenze relative alla struttura o all’oggetto sociale, la società decida di approvare il bilancio nei termini di centottanta giorni ex art. 2364, co. 2, c.c., il Collegio sindacale verifica che tale possibilità sia statutariamente prevista.
Circa le assemblee, l’attenzione dovrà essere rivolta ai quorum costitutivi fissati per la prima convocazione o per la convocazione successiva alla prima (nelle s.r.l. i sindaci dovranno anche accertare se tale convocazione è statutariamente prevista), ai quorum deliberativi, anche in relazione ad eventuali previsioni statutarie che contemplino l’esercizio del voto plurimo ai sensi dell’art. 2351 c.c.
Con riferimento a quest’ultimo, i controlli dovranno riguardare: 1) il numero di voti esercitabili da ciascuna azione; 2) se gli argomenti su cui è esercitato il voto plurimo siano conformi alle previsioni statutarie; 3) se l’esercizio del voto plurimo sia esercitato al verificarsi delle condizioni eventualmente previste dallo statuto.
Il collegio è altresì tenuto ad accertare la correttezza nell’effettuazione degli adempimenti posti in essere dagli organi delegati in esecuzione delle delibere degli organi sociali e il rispetto delle norme che disciplinano lo svolgimento delle riunioni degli organi sociali.
È opportuno che il Collegio sindacale verifichi che la società sia in grado di monitorare i rischi di inosservanza della normativa applicabile.
Il Collegio sindacale, ai fini della vigilanza sull’osservanza delle leggi in materia di esistenza e corretta tenuta dei libri contabili, fiscali e societari, delle scritture contabili, degli adempimenti in materia fiscale e previdenziale nonché degli obblighi antiriciclaggio di cui al d.lgs. n. 231/2007, si avvale, tra l’altro, delle informazioni di cui l’incaricato della revisione legale dispone nell’ambito della sua attività in quanto quest’ultimo è tenuto sia agli adempimenti di cui all’art. 14, co. 1, lett. a) e lett.b), d.lgs. n. 39/2010, sia agli adempimenti di adeguata verifica di cui alla normativa antiriciclaggio di cui al d.lgs. n. 231/2007.
In ogni caso, il collegio sindacale conserva copia del verbale di nomina. In ragione delle funzioni esercitate e a seguito dello scambio di informazioni con il soggetto incaricato della revisione legale, in capo a ciascun sindaco permane l’obbligo di segnalazione di eventuali operazioni sospette (NOTA 4).
Il collegio sindacale è tenuto alla vigilanza sull’osservanza da parte della società delle previsioni statutarie e della normativa in materia di privacy di cui al Regolamento UE 2016/79 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, avendo particolare riguardo all’adeguatezza delle misure tecniche e organizzative adottate dalla società per conformarsi agli obblighi imposti dalla normativa.
Il collegio sindacale è tenuto a verificare l’osservanza delle previsioni statutarie e normative in materia di tutela della sicurezza sul lavoro e di tutela ambientale.
Laddove l’attività di vigilanza dovesse evidenziare significativi rischi di possibili violazioni di legge o di statuto, il Collegio sindacale richiede all’organo amministrativo l’adozione di azioni correttive e ne monitora la realizzazione nel corso dell’incarico. Nel caso in cui le azioni correttive poste in essere siano ritenute dal collegio non sufficienti, ovvero in casi di urgenza, di particolare gravità o di avvenuto riscontro di violazioni, il collegio adotta le iniziative previste dalla legge per la rimozione delle violazioni riscontrate.
Il Collegio sindacale riassume le conclusioni dell’attività di vigilanza posta in essere in un apposito paragrafo della relazione da proporre all’assemblea in occasione dell’approvazione del bilancio di esercizio.
Commento
La funzione di vigilanza sull’osservanza della legge e dello statuto attribuita al Collegio sindacale consiste essenzialmente sulla vigilanza, sulla base di un approccio basato sulla valutazione dei rischi, dell’adeguatezza dei metodi, delle procedure e degli strumenti adottati nello svolgimento dell’attività d’impresa per garantire il rispetto della legge e dello statuto.
A tal fine, appare opportuno che il Collegio sindacale richieda alla direzione aziendale un profilo della società, dell’attività aziendale e dell’eventuale presenza di specifici adempimenti normativi legati alla tipologia di attività svolta. È altresì opportuno che il collegio, definite le informazioni rilevanti, richieda un periodico aggiornamento all’organo amministrativo.
Appare, altresì, opportuno che il collegio attivi un flusso di informazioni tempestivo con l’incaricato della revisione legale al fine di scambiare con questi le risultanze delle verifiche svolte nell’ambito delle rispettive competenze.
Lo scambio di informazioni, ai sensi dell’art. 2409-septies c.c., tra sindaci e il soggetto incaricato della revisione legale consente di evitare sovrapposizioni nei controlli e di condividere, nei limiti delle rispettive funzioni, il patrimonio informativo derivante dalle reciproche attività di competenza.
Norma 3.3. Vigilanza sul rispetto dei principi di corretta amministrazione Principi
Il Collegio sindacale vigila sul rispetto dei principi di corretta amministrazione.
La vigilanza sul rispetto dei principi di corretta amministrazione consiste nella verifica della conformità delle scelte di gestione ai generali criteri di razionalità economica.
Il Collegio sindacale vigila sull’adeguatezza delle procedure adottate dal consiglio di amministrazione alfine di regolamentare le operazioni in cui possono acquisire rilievo gli interessi concorrenti o confliggenti degli amministratori, ovvero le operazioni con parti correlate.
Nell’ambito del compimento di operazioni con parti correlate, il Collegio sindacale vigila sull’osservanza delle regole procedurali adottate dal consiglio di amministrazione, nonché sul rispetto delle disposizioni in ordine alla trasparenza.
Nell’ambito dell’attività di vigilanza circa il rispetto dei principi di corretta amministrazione, il Collegio sindacale controlla la formalizzazione di eventuali deleghe conferite all’interno del consiglio di amministrazione e le modalità con cui vengono deliberati i finanziamenti.
Riferimenti normativi
Artt. 2391, 2403, co. 1, 2406, 2409, 2475-ter, 2497-ter c.c.
Criteri applicativi
Il Collegio sindacale, anche tramite la partecipazione alle riunioni del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo, ove esistente, ovvero sulla base delle informazioni assunte o ricevute dall’organo amministrativo e dal soggetto incaricato della revisione legale, se presente, vigila che gli amministratori osservino l’obbligo di diligenza nell’espletamento del loro mandato.
La vigilanza sul comportamento diligente degli amministratori non consiste in un controllo di merito sull’opportunità e la convenienza delle scelte di gestione degli amministratori, bensì riguarda esclusivamente gli aspetti di legittimità delle scelte stesse e la verifica della correttezza del procedimento decisionale degli amministratori.
A tal fine, il Collegio sindacale, sulla base delle informazioni ricevute, vigila che gli amministratori, in relazione alle decisioni assunte relativamente ad operazioni di gestione, abbiano acquisito le necessarie informazioni preventive, abbiano posto in essere le dovute cautele ed effettuato le verifiche normalmente richieste in quelle circostanze.
In particolare, la vigilanza sul procedimento decisionale adottato dagli amministratori si esercita verificando che:
– le scelte gestionali siano ispirate al principio di corretta informazione e di ragionevolezza, che siano congruenti e compatibili con le risorse e il patrimonio di cui la società dispone;
– gli amministratori siano consapevoli della rischiosità e degli effetti delle decisioni assunte.
A tal fine, è auspicabile che l’organo amministrativo ovvero l’assemblea dei soci si esprima su un’esplicita proposta di delibera supportata da idonea documentazione e da eventuali pareri ritenuti necessari.
I sindaci, nel vigilare sul rispetto dei principi di corretta amministrazione, accertano, sulla base delle informazioni ricevute, che gli amministratori non compiano operazioni:
– estranee all’oggetto sociale;
– manifestamente imprudenti, azzardate e palesemente idonee a pregiudicare l’integrità del patrimonio sociale;
– volte a prevaricare o modificare i diritti attribuiti dalla legge o dallo statuto ai singoli soci (NOTA 5).
È altresì auspicabile che il Collegio sindacale richieda all’organo amministrativo idonee informazioni nelle situazioni in cui si evidenzino fondati segnali di crisi e di perdita della continuità aziendale (Cfr. Norma 11.1.).
Particolare attenzione deve essere, altresì, prestata all’informativa sulla pianificazione economica e finanziaria relativa a iniziative rilevanti sia per novità che per dimensione, sulle garanzie rilasciate dalla società e sulle garanzie richieste dalla stessa in merito alle operazioni effettuate.
II Collegio sindacale, pertanto, qualora si renda opportuno per svolgere una prima sintetica analisi circa le “performance” aziendali onde verificare il mantenimento degli equilibri patrimoniali-finanziari ed economici della società, può chiedere alla società il calcolo dei principali indicatori di bilancio di tipo finanziario, economico e patrimoniale, anche su base semestrale.
Per l’attività di vigilanza sulla applicazione di corretti principi di amministrazione, il Collegio sindacale può avvalersi qualora ritenuti necessari, di appositi test, anche eventualmente a campione.
Laddove l’attività di vigilanza dovesse evidenziare significativi rischi di possibili violazioni di legge o di statuto, di inesatta applicazione dei principi di corretta amministrazione, di inadeguatezza dell’assetto organizzativo o del sistema amministrativo-contabile, il Collegio sindacale richiede all’organo amministrativo l’adozione di azioni correttive e ne monitora la realizzazione nel corso dell’incarico. Nel caso in cui le azioni correttive poste in essere siano ritenute dal collegio non sufficienti, ovvero in casi di urgenza, di particolare gravità o di avvenuto riscontro di violazioni, il collegio adotta le iniziative previste dalla legge per la rimozione delle violazioni riscontrate.
Il Collegio sindacale richiede, ove opportuno, agli amministratori chiarimenti sul loro operato quando a seguito dell’attività di vigilanza riscontri criticità nel rispetto dei principi di corretta amministrazione. Nel caso in cui gli amministratori delegati o il presidente non forniscano i chiarimenti richiesti, ovvero le informazioni fornite non siano sufficienti, il collegio segnala il loro operato al comitato esecutivo, ove esistente, o al consiglio di amministrazione, ovvero all’assemblea dei soci. La convocazione dell’assemblea dei soci è richiesta al presidente del consiglio di amministrazione o, qualora egli non provveda tempestivamente ovvero nei casi in cui la violazione dei principi di corretta amministrazione sia di rilevante gravità e vi sia urgenza di provvedere, può essere effettuata direttamente dal Collegio sindacale, previa comunicazione al presidente del consiglio di amministrazione.
Il Collegio sindacale può sempre richiedere che il proprio motivato dissenso, rispetto a decisioni non conformi alla legge, allo statuto o alla corretta amministrazione venga trascritto nel verbale del consiglio di amministrazione (Cfr. Norma 4.2).
Nel caso di rifiuto da parte del presidente del consiglio di amministrazione, il Collegio sindacale provvede con solerzia ad inviare apposita PEC al presidente del consiglio di amministrazione, dando conto delle proprie posizioni, espresse in consiglio, ma non correttamente riportate oppure omesse nel verbale.
Nel caso in cui il consiglio di amministrazione abbia conferito apposite deleghe a un comitato esecutivo o ad amministratori delegati, il collegio deve accertare:
– che lo statuto preveda o l’assemblea deliberi in merito all’attribuzione di deleghe all’interno del consiglio di amministrazione;
– che nel verbale del consiglio di amministrazione le deleghe siano conferite nei limiti di legge, siano accettate, siano specificati il contenuto delle stesse, i limiti e le eventuali modalità di esercizio nonché la sua durata [Cfr. Norma 4.1.);
– quando i poteri conferiti importino una rappresentanza della società a soggetti diversi dagli amministratori, sono da analizzare i limiti della procura e che tali poteri risultino trascritti nel registro delle imprese.
Nel caso in cui la società effettui significativi investimenti mediante ricorso a finanziamenti esterni, è opportuno che il Collegio sindacale verifichi che l’organo di amministrazione abbia provveduto a una pianificazione dell’investimento (eventualmente mediante predisposizione di un business pian) e opportunamente valutato le varie alternative di finanziamento accessibili.
Il Collegio sindacale può manifestare le proprie riserve sull’operazione chiedendone la relativa trascrizione nel verbale del consiglio di amministrazione, qualora:
– l’operazione non sia supportato da idonea documentazione; o a seguito dell’investimento, non sia redatto un idoneo business plan;
– l’accesso all’indebitamento crei rilevanti dubbi sulla continuità aziendale.
Il collegio sindacale vigila sul rispetto delle disposizioni volte a evitare che il perseguimento degli interessi della società nelle singole operazioni possa essere sviato dall’esistenza, in capo agli amministratori o all’organo dirigente, di posizioni di interesse potenzialmente confliggenti.
A tal fine, il collegio sindacale vigila:
– che sia rispettato il precetto di cui all’art. 2391 c.c., e che pertanto l’amministratore che abbia, in una determinata operazione della società, un interesse (anche non confliggente con quello della società), per conto proprio o di terzi, ne dia notizia agli altri amministratori e al Collegio sindacale, precisandone la natura, i termini, l’origine e la portata;
– che, nel caso summenzionato, la deliberazione del consiglio di amministrazione motivi adeguatamente le ragioni e la convenienza per la società dell’operazione;
– che, se si tratta di amministratore delegato, il medesimo si astenga dal compiere l’operazione, investendo della stessa l’organo collegiale.
Il Collegio sindacale riassume le conclusioni dell’attività di vigilanza posta in essere in un apposito paragrafo della relazione da proporre all’assemblea in occasione dell’approvazione del bilancio di esercizio.
Nelle società diverse da quelle richiamate nell’art. 2391-bis c.c., il Collegio sindacale, sulla base delle informazioni ricevute dall’organo di amministrazione, vigila sulle operazioni di maggior rilevanza poste in essere con parti correlate e potenzialmente lesive degli interessi della società.
Commento
La formulazione dell’art. 2403 c.c. contribuisce a chiarire definitivamente che al Collegio sindacale non compete un controllo di merito sull’opportunità e la convenienza delle scelte di gestione degli amministratori, ma solo un controllo di legittimità e di rispetto delle procedure e/o prassi operative; ciò consente al collegio interventi preventivi o sostitutivi esclusivamente nel caso in cui le conseguenze delle delibere appaiano pregiudizievoli per la società.
I sindaci devono dunque avere cognizione e vigilare sulla corretta e appropriata formazione del procedimento decisionale degli amministratori, ma non sono tenuti a valutare la convenienza delle scelte gestionali, compito primario dell’organo amministrativo.
II Collegio Sindacale, nel vigilare sul rispetto dei principi di corretta amministrazione, può avvalersi, qualora ritenuti necessari, di appositi test, anche eventualmente a campione, che possono costituire un valido strumento operativo, sia in fase di insediamento che a regime.
Tali strumenti, tuttavia, non dovranno essere interpretati quali condizioni necessarie per poter formulare un adeguato giudizio, in quanto sul predetto tema:
– il dato normativo risulta estremamente generico e privo di connotazioni pratiche (la legge non individua una soluzione univoca e puntuale);
– sussiste l’estrema variabilità del campo di indagine in quanto condizionato dalle caratteristiche, dalla natura e dalle dimensioni della società.
La determinazione delle metodologie di verifica e di controllo volte a contrastare inadempienze e atteggiamenti omissivi o inerti in ambito organizzativo e gestionale è rimessa alla determinazione dei membri del Collegio Sindacale, in relazione alle peculiarità della concreta realtà aziendale.
Con riguardo alle operazioni maggiormente significative è necessario, altresì, che il collegio verifichi che le scelte siano state assunte sulla base di una procedura che sia idonea a fornire agli amministratori le migliori informazioni fra quelle disponibili e sulla base di piani economici, patrimoniali e finanziari che possano essere considerati appropriati. In tale ambito, assumono particolare importanza gli strumenti di pianificazione e controllo e soprattutto il riscontro della coerenza dei piani aziendali di medio-lungo periodo con quelli di breve periodo, nonché con la rendicontazione infrannuale. L’effettuazione di significativi investimenti mediante ricorso a finanziamenti esterni richiedono una adeguata verifica della pianificazione dell’investimento (eventualmente mediante predisposizione di un business plan), della valutazione delle alternative disponibili di finanziamento.
Norma 3.4. Vigilanza sulle operazioni con parti correlate Principi
Il collegio sindacale vigila sull’adeguatezza delle procedure adottate dal consiglio di amministrazione per la regolamentazione delle operazioni con parti correlate, nonché sulla conformità delle stesse alle norme di legge e regolamentari.
Le procedure adottate dal consiglio di amministrazione sono adeguate se garantiscono una corretta e trasparente regolamentazione delle operazioni con parti correlate.
Nell’ambito del compimento di operazioni con parti correlate, il collegio sindacale vigila sull’osservanza delle regole procedurali adottate dal consiglio di amministrazione, anche con riguardo alla trasparenza e alla correttezza delle operazioni.
Riferimenti Normativi
Artt. 2391-bis, 2427, punto 22-bis, c.c., 2497-ter c.c., IAS n. 24
Criteri applicativi
Ove sussistano i presupposti di cui all’art. 2391-bis c.c., all’inizio dell’incarico, il collegio sindacale acquisisce conoscenza delle procedure adottate dall’organo di amministrazione per la regolamentazione delle operazioni con parti correlate.
In particolare, all’inizio dell’incarico e nel corso del medesimo, il collegio sindacale verifica:
– la conformità delle procedure adottate alle disposizioni di legge e regolamentari;
– l’adeguatezza delle procedure adottate in relazione alle dimensioni, alla complessità e alle altre caratteristiche, anche organizzative, della società, nonché la loro idoneità ad assicurare la trasparenza e la correttezza delle operazioni con parti correlate;
– l’osservanza delle regole procedurali adottate in occasione del compimento di operazioni con parti correlate.
Il Collegio sindacale vigila, inoltre, che l’informativa di bilancio in ordine alla natura e all’estensione dei rapporti e delle operazioni con parti correlate sia esaustiva.
Laddove l’organo di amministrazione non abbia predisposto tali regole, il Collegio sindacale ne richiede l’adozione e ne monitora la realizzazione nel corso dell’incarico.
Il Collegio sindacale stabilisce con il soggetto incaricato della revisione legale uno specifico flusso informativo ex art. 2409-septies c.c., al fine di essere informato sull’esito delle verifiche da quest’ultimo effettuate, in conformità a quanto previsto dai Principi di revisione (NOTA 6).
In caso di inerzia degli organi sociali, il Collegio sindacale ne informa il presidente del consiglio di amministrazione se presente e, nei casi di urgenza, di particolare gravità o di avvenuto riscontro delle violazioni, adotta le iniziative previste dalla legge (Cfr. Norma 6.1.).
Il Collegio sindacale riassume le conclusioni dell’attività di vigilanza posta in essere in un apposito paragrafo della relazione da proporre all’assemblea in occasione dell’approvazione del bilancio di esercizio.
Commento
Il Collegio sindacale, laddove le stesse risultino individuabili, deve tener conto che le “parti correlate”, in virtù della loro capacità di realizzare un controllo (di fatto o di diritto), possono trovarsi in una posizione tale da esercitare una influenza dominante sull’organo di amministrazione o sulla direzione dell’impresa. In merito, l’art. 2427, punto 22-bis, c.c., dispone che nella Nota Integrativa devono essere indicate le operazioni realizzate con parti correlate, precisandone l’importo, la natura del rapporto e ogni altra informazione necessaria per la comprensione del bilancio relativa a tali operazioni qualora le stesse non siano state concluse a normali condizioni di mercato (NOTA 7); infatti le predette operazioni non devono essere misurate solo in termini di prezzo, ma necessitano di una analisi più ampia che investe tutto il rapporto economico instaurato, al fine di raggiungere la chiarezza informativa che costituisce la ratio della disposizione richiamata (NOTA 8).
Si rammenta, infine, come l’art. 2497-ter c.c. disponga un preciso obbligo di analitica motivazione a carico dell’organo di amministrazione quando le decisioni delle società soggette ad attività di direzione e coordinamento, siano dalla holding influenzate. Tali decisioni, inoltre, devono recare puntuale indicazione delle ragioni e degli interessi la cui valutazione è stata determinante rispetto all’assunzione della decisione stessa. Di tali decisioni la legge richiede che venga fornito adeguato conto nella relazione sulla gestione. Qualora l’operazione abbia una notevole rilevanza quantitativa e qualitativa, è opportuno verificare, altresì, l’esistenza di un parere di un esperto ovvero la realizzazione di due diligence.
Norma 3.5. Vigilanza sull’adeguatezza e sul funzionamento dell’assetto organizzativo
Principi
Il Collegio sindacale vigila sull’adeguatezza e sul concreto funzionamento dell’assetto organizzativo della società.
Per assetto organizzativo si intende: (i) il sistema di funzionigramma e di organigramma e, in particolare, il complesso delle direttive e delle procedure stabilite per garantire che il potere decisionale sia assegnato ed effettivamente esercitato a un appropriato livello di competenza e responsabilità, (ii) il complesso procedurale di controllo.
Un assetto organizzativo è adeguato se presenta una struttura compatibile alle dimensioni della società, nonché alla natura e alle modalità di perseguimento dell’oggetto sociale, nonché alla rilevazione tempestiva degli indizi di crisi e di perdita della continuità aziendale e possa quindi consentire, agli amministratori preposti, una sollecita adozione delle misure più idonee alla sua rilevazione e alla sua composizione.
Riferimenti normativi
Artt. 2086 c.c., 2403, co. 1, c.c., 2381, co. 3 e 5, c.c.
Criteri applicativi
Il Collegio sindacale vigila sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo e sul suo concreto funzionamento.
Il Collegio sindacale vigila sul processo di valutazione da parte degli amministratori dell’adeguatezza dell’assetto organizzativo rispetto alla natura, alle dimensioni, alla complessità e alle altre caratteristiche specifiche della società, verificando che sia idoneo a rilevare tempestivamente indizi di crisi e di perdita di continuità aziendale così da rendere possibile agli organi delegati (o all’organo di amministrazione) di adottare idonee misure per il superamento della crisi o il recupero della continuità.
Il Collegio sindacale pone particolare attenzione alla completezza delle funzioni aziendali esistenti, alla separazione e alla contrapposizione di responsabilità nei compiti e nelle funzioni e alla chiara definizione delle deleghe o dei poteri di ciascuna funzione.
In via generale, un assetto organizzativo può definirsi adeguato quando presenta i seguenti requisiti, in relazione alle dimensioni e alla complessità della società, alla natura e alle modalità di perseguimento dell’oggetto sociale:
– organizzazione gerarchica;
– redazione di un organigramma aziendale con chiara identificazione delle funzioni, dei compiti e delle linee di responsabilità;
– esercizio dell’attività decisionale e direttiva della società da parte dell’amministratore delegato nonché dei soggetti ai quali sono attribuiti i relativi poteri;
– sussistenza di procedure che assicurano l’efficienza e l’efficacia della gestione dei rischi e del sistema di controllo, nonché la completezza, la tempestività, l’attendibilità e l’efficacia dei flussi informativi anche con riferimento alle società controllate;
– esistenza di procedure che assicurino la presenza di personale con adeguata professionalità e competenza a svolgere le funzioni assegnate;
– presenza di direttive e di procedure aziendali, loro aggiornamento periodico ed effettiva diffusione.
L’obiettivo è quello di accertare l’esistenza di adeguate procedure interne, nonché di verificare l’adeguatezza e l’efficacia dei flussi informativi generati.
Ai fini della valutazione dell’adeguatezza dell’assetto organizzativo, notevole importanza assume la verifica della corrispondenza fra la struttura decisionale aziendale e le deleghe depositate presso il registro delle imprese. Similmente, assume rilevanza la presenza di piani strutturati di formazione del personale dipendente.
Il Collegio Sindacale, nel vigilare sul concreto funzionamento dell’assetto organizzativo, può avvalersi, qualora ritenuti necessari, di appositi test, anche eventualmente a campione.
All’inizio dell’incarico, il Collegio sindacale:
– legge i verbali precedenti relativi al periodo di tempo ritenuto significativo;
– acquisisce la conoscenza dell’assetto organizzativo, prendendo in considerazione l’oggetto sociale, il settore di attività e il mercato in cui la società opera oltre che la sua struttura interna, nonché il funzionigramma, da intendersi come configurazione (orizzontale) di compiti, funzioni e competenze, e l’organigramma, da intendersi come configurazione (verticale) di relazioni di sovra e subordinazione, poteri e responsabilità;
Nel corso dell’incarico, il Collegio sindacale:
– vigila che l’organo amministrativo valuti costantemente l’adeguatezza degli assetti organizzativi, assumendo le eventuali conseguenti idonee iniziative per mitigare i rischi connessi a eventuali carenze significative constatate;
– vigila sull’adeguatezza e sul concreto funzionamento dell’assetto organizzativo, anche con specifico riferimento ai processi di gestione dei rischi, di controllo interno, di revisione interna, se applicabile, e di informativa finanziaria e non finanziaria;
– pianifica e svolge interventi di vigilanza periodici sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo;
– segnala agli amministratori, eventuali profili di non adeguatezza riscontrati nell’assetto organizzativo aziendale all’inizio dell’incarico ovvero riscontrati successivamente, informandone il soggetto incaricato della revisione legale, se presente;
– verifica l’efficacia delle azioni correttive adottate dalla società.
Nel corso dell’attività di vigilanza, il Collegio sindacale chiede all’organo amministrativo, flussi informativi, con periodicità e approfondimenti legati alla valutazione dei rischi associati, sull’attività di monitoraggio dell’adeguatezza degli assetti organizzativi e sulle misure adottate o che intende adottare per rimediare a eventuali carenze significative riscontrate.
Nell’attività di vigilanza relativa alla valutazione dell’assetto organizzativo, il Collegio sindacale si avvale anche delle informazioni acquisite dall’internal audit (dove esistente), dall’OdV (dove esistente) e dal soggetto incaricato della revisione legale, considerando, in particolare, i rischi da questi segnalati.
Laddove l’attività di vigilanza dovesse evidenziare significativi rischi di inadeguatezza dell’assetto organizzativo, il Collegio sindacale richiede all’organo amministrativo l’adozione di immediate azioni correttive e ne monitora la realizzazione nel corso dell’incarico. Nel caso in cui le azioni correttive poste in essere siano ritenute dal collegio non sufficienti, ovvero in casi di urgenza, di particolare gravità o di avvenuto riscontro di violazioni, il collegio adotta le iniziative previste dalla legge per la rimozione delle violazioni riscontrate.
Il Collegio sindacale riassume le conclusioni dell’attività di vigilanza posta in essere in un apposito paragrafo della relazione da proporre all’assemblea in occasione dell’approvazione del bilancio di esercizio.
Commento
Il dovere di vigilanza del Collegio sindacale è un compito di alta sorveglianza tendente ad una concezione del controllo come funzione fisiologica della gestione che si innesta nell’esercizio del potere amministrativo come strumento di indirizzo e di correzione permanente degli affari verso l’obbiettivo di un pieno rispetto delle regole vigenti.
Data la relazione di interdipendenza tra le dimensioni aziendali e l’assetto organizzativo, al crescere della dimensione aziendale la struttura organizzativa deve divenire più articolata e, conseguentemente, la società dovrà avvertire particolarmente l’esigenza di adottare procedure volte a monitorare i diversi processi aziendali. La modesta dimensione della società può consentire assetti organizzativi semplificati in ragione della semplicità dei processi, sia in termini di numero degli stessi, sia con riferimento alla tipologia delle attività e al numero delle persone coinvolte.
L’adozione di un adeguato assetto organizzativo da parte della società, con la cura della informatizzazione ed il contenimento della manualità, consente di limitare la discrezionalità e mantenere la coerenza dei comportamenti al fine di conferire ordine all’operatività aziendale e accrescere la capacità di coordinamento e quindi l’efficienza delle diverse strutture funzionali.
Il sistema organizzativo, pur declinato secondo la natura e la dimensione e complessità dell’impresa, deve individuare in maniera sufficientemente chiara l’attribuzione delle responsabilità, le linee di dipendenza gerarchica, la descrizione dei compiti e la rappresentazione del processo aziendale di formazione e attuazione delle decisioni. I poteri autorizzativi e di firma devono essere quindi assegnati in coerenza con le responsabilità organizzative e gestionali in essere.
Il Collegio Sindacale, nel vigilare sul concreto funzionamento dell’assetto organizzativo, può avvalersi, qualora ritenuti necessari, di appositi test, anche eventualmente a campione, che, possono costituire un valido strumento operativo, sia in fase di insediamento che a regime.
Tali strumenti, tuttavia, non dovranno essere interpretati quali condizioni necessarie per poter formulare un adeguato giudizio, in quanto sul predetto tema:
– il dato normativo risulta estremamente generico e privo di connotazioni pratiche (la legge non individua una soluzione univoca e puntuale);
– sussiste l’estrema variabilità del campo di indagine in quanto condizionato dalle caratteristiche, dalla natura e dalle dimensioni della società.
La determinazione delle metodologie di verifica e di controllo volte a contrastare inadempienze e atteggiamenti omissivi o inerti in ambito organizzativo e gestionale è rimessa alla determinazione dei membri del Collegio Sindacale, in relazione alle peculiarità della concreta realtà aziendale.
Norma 3.6. Vigilanza sull’adeguatezza e sul funzionamento del sistema di controllo interno
Principi
Il Collegio sindacale vigila sull’adeguatezza del sistema di controllo interno tenendo conto delle dimensioni e della complessità della società.
Il sistema di controllo interno può essere definito come l’insieme delle direttive, delle procedure e delle prassi operative adottate dall’impresa allo scopo di raggiungere, attraverso un adeguato processo di identificazione, misurazione, gestione e monitoraggio dei principali rischi, i seguenti obiettivi:
– obiettivi strategici, volti ad assicurare la conformità delle scelte del management alle direttive ricevute e all’oggetto che la società si propone di conseguire, nonché a garantire la salvaguardia del patrimonio aziendale e a tutelare gli interessi degli stakeholders;
– obiettivi operativi, volti a garantire l’efficacia e l’efficienza delle attività operative aziendali;
– obiettivi di reporting, volti a garantire l’attendibilità e l’affidabilità dei dati;
– obiettivi di conformità, volti a assicurare la conformità delle attività aziendali, alle leggi e ai regolamenti in vigore.
Un sistema di controllo interno risulta adeguato se permette la chiara e precisa indicazione dei principali fattori di rischio aziendale e ne consente il costante monitoraggio e la corretta gestione.
Riferimenti normativi
Artt. 2086 c.c., 2403, co. 1, c.c., 2381, co. 3 e 5, c.c.
Criteri applicativi
Sebbene il codice civile non preveda espressamente la vigilanza sul sistema di controllo interno fra i doveri del Collegio sindacale, si ritiene opportuno che, in applicazione del più ampio dovere di vigilare sull’assetto organizzativo, il Collegio sindacale vigili anche sull’adeguatezza e sul funzionamento del sistema di controllo interno.
In tale ambito, il collegio effettua un controllo sintetico complessivo volto a verificare che le procedure aziendali consentano un efficiente monitoraggio dei fattori di rischio, nonché la pronta emersione e una corretta gestione delle criticità. L’adozione e il corretto funzionamento di un adeguato sistema di controllo interno è responsabilità esclusiva degli amministratori, mentre il Collegio sindacale è chiamato a vigilare esclusivamente su tale adeguatezza e sul suo concreto funzionamento.
Per le verifiche sull’affidabilità del sistema di controllo interno l’organo di controllo può avvalersi, qualora ritenuti necessari di appositi test, anche eventualmente a campione (Cfr. Norma 3.5., Commento).
La vigilanza del Collegio sindacale è rivolta esclusivamente alla valutazione della capacità del sistema di controllo interno di prevenire non conformità significative rispetto alla legge, allo statuto e ai principi di corretta amministrazione e non è rivolta ad esprimere un giudizio sull’efficacia dello stesso.
Nella valutazione dell’adeguatezza e del funzionamento del sistema di controllo interno, il Collegio sindacale dà priorità alle direttive, procedure e prassi operative che governano le attività in relazione alle quali sono stati rilevati rischi significativi per l’impresa alla luce della loro rilevanza e della probabilità di accadimento.
Sul piano operativo, il Collegio sindacale esamina, in particolare, la documentazione aziendale disponibile, come a titolo esemplificativo i manuali operativi, i regolamenti interni, l’organigramma e le eventuali altre mappature dei processi disponibili (pur se realizzate per altre finalità quali, ad esempio, la certificazione di qualità o la organizzazione dei processi stessi).
Nell’ambito dello scambio di informazioni con il soggetto incaricato della revisione legale, il Collegio sindacale può richiedere, in particolare, informazioni sui risultati dei controlli da questi svolti. Trova applicazione, pertanto, quanto disposto dalla Norma 5.3. in ordine all’acquisizione delle informazioni dal soggetto incaricato della revisione legale.
Laddove l’attività di vigilanza dovesse evidenziare significativi rischi di inadeguatezza del sistema di controllo interno, il Collegio sindacale richiede all’organo amministrativo l’adozione di azioni correttive e ne monitora la realizzazione nel corso dell’incarico. Nel caso in cui le azioni correttive poste in essere siano ritenute dal collegio non sufficienti, ovvero in casi di urgenza, di particolare gravità o di avvenuto riscontro di violazioni, il collegio adotta le iniziative previste dalla legge per la rimozione delle violazioni riscontrate.
Il Collegio sindacale riassume le conclusioni dell’attività di vigilanza posta in essere in un apposito paragrafo della relazione da proporre all’assemblea in occasione dell’approvazione del bilancio di esercizio.
Commento
Data la relazione di interdipendenza tra la complessità e le dimensioni aziendali e la struttura organizzativa della società, il collegio vigila sull’adeguatezza del sistema di controllo interno sulla base di un giudizio professionale che tenga conto delle caratteristiche della società oggetto di vigilanza, in relazione alle dimensioni e alla complessità aziendali, alla complessità del settore in cui la società opera, nonché agli obiettivi che quest’ultima si propone di conseguire.
Norma 3.7. Vigilanza sull’adeguatezza e sul funzionamento del sistema amministrativo-contabile
Principi
Il Collegio sindacale vigila sull’adeguatezza dell’assetto amministrativo-contabile e sul suo concreto funzionamento.
Il sistema amministrativo-contabile può definirsi come l’insieme delle direttive, delle procedure e delle prassi operative dirette a garantire la completezza, la correttezza e la tempestività di una informativa societaria attendibile, in accordo con i principi contabili adottati dall’impresa.
Un sistema amministrativo-contabile risulta adeguato se permette:
la completa, tempestiva e attendibile rilevazione contabile e rappresentazione dei fatti di gestione; la produzione di informazioni valide e utili per le scelte di gestione e per la salvaguardia del patrimonio aziendale;
la produzione di dati attendibili per la formazione del bilancio d’esercizio.
Riferimenti normativi
Art. 2403, co. 1, c.c.
Criteri applicativi
L’adeguatezza e il corretto funzionamento del sistema amministrativo-contabile è responsabilità esclusiva degli amministratori; il Collegio sindacale è chiamato a vigilare su tale adeguatezza e sul suo concreto funzionamento.
La valutazione di adeguatezza è un giudizio professionale emesso sulla base di un’analisi delle caratteristiche del sistema come desumibili dai flussi informativi acquisiti dal Collegio sindacale, tenuto conto delle dimensioni e delle caratteristiche dell’impresa nella quale esso si trova ad operare.
Il Collegio sindacale, al fine di controllare il concreto funzionamento dell’assetto amministrativo – contabile, può avvalersi, qualora ritenuti necessari, di appositi test, anche eventualmente a campione.
In occasione dello scambio di informazioni con l’incaricato della revisione legale, il collegio può richiedere informazioni in merito alle eventuali considerazioni formulate dal medesimo in ordine ai controlli informativi e organizzativi istituiti dalla società su cui il revisore abbia fatto affidamento (Cfr. Norma 5.3.).
Laddove l’attività di vigilanza dovesse evidenziare significativi rischi di inadeguatezza dell’assetto amministrativo-contabile, il Collegio sindacale richiede all’organo amministrativo l’adozione di azioni correttive e ne monitora la realizzazione nel corso dell’incarico. Nel caso in cui le azioni correttive poste in essere siano ritenute dal collegio non sufficienti, ovvero in casi di urgenza, di particolare gravità o di avvenuto riscontro di violazioni, il collegio adotta le iniziative previste dalla legge per la rimozione delle violazioni riscontrate.
Il Collegio sindacale riassume le conclusioni dell’attività di vigilanza posta in essere in un apposito paragrafo della relazione da proporre all’assemblea in occasione dell’approvazione del bilancio di esercizio.
Commento
L’attività e le operazioni aziendali sono rappresentate da fatti di gestione e l’esistenza di un adeguato sistema amministrativo-contabile comporta la ragionevole garanzia della completa e attendibile rilevazione contabile di tali fatti.
L’attività di vigilanza del Collegio sindacale è dunque volta a verificare l’esistenza di un sistema idoneo ad assicurare la completezza e correttezza dei dati economico-finanziari. È opportuno ricordare che non si tratta di un giudizio di merito sui risultati dell’attività amministrativo-contabile, bensì di un giudizio sintetico sull’efficienza e la funzionalità del sistema, svolto alla luce dei rischi rilevanti emersi in tali aree operative.
Al riguardo, si ricorda che, pur convergendo nel complessivo assetto organizzativo della società, l’assetto amministrativo e l’assetto contabile son tra loro distinti, anche nel dettato normativo.
Gli assetti amministrativi sono riferibili a una dimensione dinamico – funzionale dell’organizzazione, intendendosi per tale l’insieme delle procedure e dei processi atti ad assicurare il corretto e ordinato svolgimento delle attività aziendali e delle singole fasi. Gli assetti contabili sono quella parte degli assetti amministrativi orientati a una corretta traduzione contabile dei fatti di gestione, sia ai fini di programmazione, sia ai fini di consuntivazione per la gestione e la comunicazione all’esterno dell’impresa.
Operativamente si tratta di associare i fatti economici maggiormente rilevanti secondo la loro rischiosità complessiva con i processi gestionali che li alimentano, rilevandone le responsabilità gestionali, le direttive, le procedure e le prassi operative di governo delle attività, nonché gli strumenti (anche informatici) di gestione dei rischi di errore ad esse associati.
Il Collegio Sindacale, nel vigilare sul concreto funzionamento dell’assetto amministrativo – contabile, può avvalersi, qualora ritenuti necessari, di appositi test, anche eventualmente a campione, che, seppur in modo astratto, possono costituire un valido strumento operativo, sia in fase di insediamento che a regime (Cfr. Norme 3.3. e 3.5., Commento).
È utile evidenziare, infine, che il soggetto incaricato della revisione legale, offre un importante riferimento esterno e indipendente, con particolare riguardo agli aspetti di attendibilità del sistema amministrativo- contabile.
Al fine di vigilare sull’adeguatezza dell’assetto amministrativo-contabile è, quindi, opportuna una periodica attività di scambio di dati e di informazioni tra il Collegio sindacale e il soggetto incaricato della revisione legale, come precisato dalla Norma 5.3 alla quale si rinvia.
Norma 3.8. Vigilanza in ordine al bilancio di esercizio e alla relazione sulla gestione
Principi
Il Collegio sindacale vigila sull’osservanza da parte degli amministratori delle norme procedurali inerenti alla redazione, all’approvazione e alla pubblicazione del bilancio d’esercizio.
Riferimenti normativi
Artt. 2403, co. 1, 2423-2435-bis, 2441, 2446, 2447-novies c.c.
Criteri applicativi
Il Collegio sindacale nella sua attività di vigilanza sul bilancio d’esercizio vigila sull’osservanza, da parte degli amministratori, delle disposizioni del codice civile relative al procedimento di formazione, controllo, approvazione e pubblicazione del bilancio di esercizio.
Il Collegio sindacale effettua un controllo sintetico complessivo volto a verificare che il bilancio sia stato correttamente redatto. La verifica della rispondenza ai dati contabili spetta, infatti, all’incaricato della revisione legale.
In particolare, il collegio verifica:
– la rispondenza del bilancio e della relazione ai fatti e alle informazioni di cui il Collegio sindacale è a conoscenza a seguito della partecipazione alle riunioni degli organi sociali, dell’esercizio dei suoi doveri di vigilanza e dei suoi poteri di ispezione e controllo (artt. 2403, 2403-bis, 2405 c.c.).
Il collegio verifica altresì:
– che l’iscrizione in bilancio dei costi d’impianto e di ampliamento e7 sviluppo siano conformi alle prescrizioni dell’art. 2426, co. 1, n. 5, c.c. (Cfr. Norma 8.4.);
– che l’iscrizione in bilancio dell’avviamento sia conforme alle prescrizioni dell’art. 2426, co. 1, n. 6, c.c.;
– la correttezza e la legittimità dell’eventuale deroga dell’art. 2423, co. 5, c.c. cui abbiano fatto ricorso gli amministratori.
Qualora il Collegio sindacale sia in possesso, in virtù della propria attività di vigilanza, di notizie su determinati fatti o situazioni che incidono sulla rappresentazione in bilancio di operazioni sociali può richiedere ulteriori chiarimenti e informazioni all’organo amministrativo ovvero all’incaricato della revisione legale.
Nel caso in cui non siano forniti i chiarimenti richiesti ovvero le informazioni ricevute non siano sufficienti, il collegio manifesta le proprie osservazioni e proposte nella relazione presentata all’assemblea in occasione dell’approvazione del bilancio di esercizio (Cfr. Norma 7.1.).
Il Collegio sindacale svolge, inoltre, i seguenti compiti che presentano significativi profili contabili, acquisite, ove necessario, le opportune informazioni in possesso dell’incaricato della revisione legale:
– formula, con apposita relazione, osservazioni sulla situazione patrimoniale della società nel caso in cui risulta che il capitale è diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite, ai sensi dell’art. 2446, co. 1, c.c.;
– formula il parere sulla congruità del prezzo di emissione delle azioni in presenza di esclusione o di limitazione del diritto d’opzione, ai sensi dell’art. 2441, co. 6, c.c. (Cfr. Norma 10.1);
– redige una relazione di accompagnamento al rendiconto finale del patrimonio destinato a uno specifico affare ai sensi dell’art. 2447-novies c.c.
Il Collegio sindacale riassume le conclusioni dell’attività di vigilanza posta in essere in un apposito paragrafo della relazione da proporre all’assemblea in occasione dell’approvazione del bilancio di esercizio.
Commento
Il Collegio sindacale, nel caso in cui non sia incaricato della revisione legale, è chiamato a svolgere sul bilancio d’esercizio esclusivamente l’attività di vigilanza sull’osservanza della legge e dello statuto.
Al Collegio sindacale spetta dunque un controllo sull’osservanza da parte degli amministratori delle norme procedurali inerenti alla formazione, al deposito e alla pubblicazione, non dovendo effettuare controlli analitici di merito sul contenuto del bilancio, né esprimere un giudizio sulla sua attendibilità.
Il Collegio sindacale non ha, quindi, alcun obbligo di eseguire procedure di controllo per accertare la verità, la correttezza e la chiarezza del bilancio.
Norma 3.9. Vigilanza in ordine al bilancio consolidato
Principi
Il Collegio sindacale vigila sull’osservanza delle norme procedurali inerenti alla redazione e alla pubblicazione del bilancio consolidato.
Riferimenti normativi
Art. 41 del d.lgs. 4 aprile 1991, n. 127.
Criteri applicativi
Nell’ambito della sua attività di vigilanza, il Collegio sindacale, che non sia incaricato della revisione legale dei conti, può esprimere, se lo ritiene opportuno in ambito assembleare o in altro ambito, proprie osservazioni e proposte sul bilancio consolidato.
In particolare, il collegio:
– in occasione della sua nomina, richiede all’organo amministrativo un’informazione scritta sulla composizione del gruppo e dei rapporti di partecipazione come definiti dall’art. 2359 c.c. e dall’art. 26 del d.lgs. n. 127/1991;
– rileva, nell’ambito della struttura organizzativa della capogruppo, l’esistenza di una funzione responsabile dei rapporti con le società controllate e collegate e ne valuta l’efficienza e l’operatività;
– acquisisce la relazione di revisione predisposta a norma dell’art. 14 del d.lgs. n. 39/2010;
– nell’attività di vigilanza sul rispetto dei principi di corretta amministrazione, ottiene dall’organo amministrativo tempestive informazioni sulle operazioni di maggior rilievo economico, finanziario e patrimoniale effettuate nell’ambito dei rapporti di gruppo;
– scambia dati e informazioni rilevanti con l’incaricato della revisione legale;
– svolge sul bilancio consolidato e sulla relazione consolidata sulla gestione le medesime attività di vigilanza previste dalla Norma 3.7. in tema di bilancio d’esercizio.
Il Collegio sindacale riassume le conclusioni dell’attività di vigilanza posta in essere in un apposito paragrafo della relazione da proporre all’assemblea in occasione dell’approvazione del bilancio di esercizio.
Commento
In capo al Collegio sindacale non è previsto alcun obbligo di relazione né di formali espressioni di giudizio in ordine al bilancio consolidato (il quale, come è noto, non è soggetto all’approvazione da parte dell’assemblea dei soci), che sono invece richiesti al soggetto incaricato della revisione legale. Ciò non impedisce al collegio la facoltà di esprimere in assemblea, nella relazione al bilancio d’esercizio o in altro ambito, opinioni e proposte sul bilancio consolidato, anche discordi rispetto al giudizio espresso dall’incaricato della revisione legale.
Norma 3.10. Segreto dei sindaci e obbligo di riservatezza
Principi
Il Collegio sindacale ha l’obbligo di mantenere il segreto su tutte le informazioni acquisite nel corso del mandato professionale. Il segreto deve essere preservato sui fatti e documenti di cui i sindaci hanno avuto conoscenza in ragione del loro ufficio, anche a seguito della cessazione dalla carica.
Anche in considerazione di tale obbligo il collegio, nell’adempimento dei propri poteri e doveri, ha il diritto di ottenere informazioni su ogni questione attinente la gestione e l’amministrazione della società.
In caso di rifiuto di fornire informazioni da parte degli amministratori e/o di ostacoli alle richieste informative dei sindaci, qualora sussistano i presupposti dalla legge, il Collegio sindacale può, previa comunicazione al presidente del consiglio di amministrazione, convocare l’assemblea dei soci.
L’obbligo di segretezza viene meno in caso di azioni di responsabilità e in caso di denunzia di violazioni davanti all’Autorità Giudiziaria.
Riferimenti normativi
Artt. 2403 c.c., 2403-bis c.c., 2407, co. 1, c.c.; art. 622 c.p.
Criteri applicativi
Ai sensi dell’art. 2407, co. 1, c.c., ognuno dei membri che compongono l’organo di controllo deve mantenere il segreto in merito ai fatti ed ai documenti di cui egli ha conoscenza in ragione del proprio ufficio. La violazione del segreto d’ufficio attiene alla rilevazione di fatti o documenti sociali di cui i membri del Collegio sindacale prendono cognizione nello svolgimento del proprio ruolo di controllo. Il segreto ha ad oggetto in particolare informazioni e notizie che possono determinare vantaggi alla concorrenza, come ad esempio segreti industriali, condizioni a cui la società ha deciso di partecipare ad appalti pubblici o privati, particolari rischi a cui la società è esposta. Altresì precluse agli organi di controllo sono rivelazioni a terzi di fatti o notizie che possano determinare discredito per la società.
Tenuto conto degli obblighi di cui sopra, che sopravvivono alla cessazione dell’incarico per tutto il tempo che permane l’interesse della società alla segretezza, e alle responsabilità civili e penali a cui sono sottoposti tutti i membri del Collegio sindacale che indebitamente rivelino le informazioni acquisite nel corso del mandato professionale, gli amministratori non possono creare nessun ostacolo alle richieste informative dell’organo di controllo formulate nell’ambito delle riunioni consiliari, dei comitati esecutivi, delle verifiche periodiche ed anche nell’ambito di eventuali ispezioni individuali, avendo facoltà di rifiutare l’accesso ad informazioni riservate solo agli ausiliari del collegio ex art. 2403-bis c.c.
Qualora ciò accadesse, i sindaci sono tenuti ad evidenziare tali ostacoli nei propri verbali periodici e, laddove il rifiuto a fornire informazioni venga manifestato in sede consiliare, a chiedere che di tale rifiuto «e venga data evidenza nei verbali delle adunanze del consiglio di amministrazione. Nei casi più gravi, devono evidenziare tali situazioni anche all’assemblea di bilancio, provvedendo a convocare la stessa nei casi di urgenza.
Nelle ipotesi in cui gli amministratori occultino documenti o con altri artifici impediscano o comunque ostacolino lo svolgimento delle attività di controllo attribuite al Collegio sindacale, i sindaci, devono informarne i soci in sede assembleare, nei casi più gravi convocando la stessa ai sensi dell’art. 2406 c.c., previa comunicazione al presidente del consiglio di amministrazione, mettendo i soci nelle condizioni di agire ai sensi dell’art. 2625 c.c.
La riservatezza viene meno anche quando i sindaci sono assoggettati ad azioni di responsabilità o nel caso di denunzie di reati commessi dagli amministratori di fronte all’Autorità Giudiziaria.
Commento
Il Collegio sindacale è tenuto ad espletare la propria attività di controllo in ogni fase della vita della società, gestionale ed amministrativa. Le notizie acquisite dall’organo di controllo nell’una e nell’altra fase, sia nell’ambito delle partecipazioni ai consigli di amministrazione ed ai comitati esecutivi (ex art. 2405 c.c.), sia nell’ambito delle verifiche periodiche e delle ispezioni individuali, non possono essere rivelate a soggetti estranei al consiglio di amministrazione ed agli altri membri del Collegio sindacale. Ciò vale, a livello civilistico, per le espresse previsioni dell’art. 2407, co. 1, e a livello penale per la configurazione del reato di rivelazione di segreto professionale di cui all’art. 622 c.p. che punisce la condotta di chiunque, acquisendo informazioni nell’ambito del proprio ufficio, riveli a terzi le stesse senza giusta causa o le impieghi per il proprio o altrui profitto e tale rilevazione provochi nocumento alla società. Per i sindaci, va ricordato che l’art. 622, co. 2, c.p. prevede peraltro un aggravio di pena.
Non pare invece ammissibile per il collegio attivarsi ex art. 2625 c.c., essendo previsto a riguardo che il potere di querela nei confronti degli amministratori riguardi unicamente i soci. È tuttavia potere dei sindaci informare i soci in assemblea in tema di ostacolo ai controlli, convocando eventualmente la stessa in virtù dei fatti censurabili adducibili agli amministratori ex art. 2406 c.c.
Le rilevanti conseguenze, civili e penali, a cui soggiace il Collegio sindacale che riveli indebitamente (non solo per iscritto, ma anche verbalmente) a creditori e terzi fatti e notizie apprese nell’ambito della propria attività di controllo, pone in capo agli amministratori l’obbligo di fornire ai sindaci tutte le informazioni che essi richiedano.
4. PARTECIPAZIONE ALLE RIUNIONI DEGLI ORGANI SOCIALI
La sezione 4 si pone l’obiettivo di definire i rapporti tra il Collegio sindacale e gli altri organi della società, come individuati nell’art. 2405 c.c. Particolare attenzione viene dedicata, nella Norma 4.1, al ruolo dei sindaci nelle assemblee speciali, mentre la Norma 4.2 si sofferma sulla rilevanza dei flussi informativi nel consiglio di amministrazione e nei comitati esecutivi, evidenziando i comportamenti a cui il Collegio sindacale è tenuto nel caso in cui le decisioni vengano assunte sulla base di carenti informazioni. Un’importante novità è rappresentata dalla Norma 4.3 che si sofferma sulla vigilanza dei sindaci nelle delicate situazioni di società gestite da un amministratore unico.
Norma 4.1. Partecipazione all’assemblea dei soci, alle assemblee speciali degli azionisti, all’assemblea degli obbligazionisti e dei portatori di strumenti finanziari
Principi
Ai fini dell’adempimento dei doveri di vigilanza, i sindaci, adeguatamente informati, partecipano all’assemblea dei soci e alle assemblee speciali degli azionisti.
Il Collegio sindacale accerta che siano osservate le formalità e le disposizioni, fissate dalla legge e previste nello statuto, per la regolare convocazione e costituzione delle assemblee, e, nel corso delle riunioni, deve verificarne il regolare svolgimento.
I sindaci sono tenuti a intervenire nel corso del dibattito, qualora ravvisino violazioni della legge o dello statuto della società ovvero dei principi di corretta amministrazione, manifestando il proprio motivato dissenso o le proprie riserve e chiedendone la relativa verbalizzazione.
Qualora, nonostante l’intervento dei sindaci, fossero assunte deliberazioni ritenute in contrasto con la legge o con lo statuto ovvero nell’eventualità che le deliberazioni assunte non siano tempestivamente sostituite con altre conformi alla legge e allo statuto, il Collegio sindacale è legittimato ad impugnare dette deliberazioni. Se esistono diverse categorie di azioni o strumenti finanziari che conferiscono diritti amministrativi, i sindaci devono verificare che le delibere dell’assemblea che pregiudichino i diritti di una di esse siano approvate anche dall’assemblea speciale degli appartenenti alla categoria interessata.
I sindaci possono, altresì, partecipare all’assemblea degli obbligazionisti e a quella dei portatori di strumenti finanziari.
Riferimenti normativi
Artt. 2366, 2368, 2369, 2375, 2376, 2377, 2378, 2403, 2405, 2415, u.c., 2479-ter c.c.
Criteri applicativi
I sindaci, tutti regolarmente convocati, partecipano all’assemblea dei soci e alle assemblee speciali degli azionisti mentre possono partecipare all’assemblea degli obbligazionisti e dei portatori di strumenti finanziari.
II Collegio sindacale vigila che:
– siano osservate le formalità e le disposizioni fissate dalla legge e previste nello statuto, per la regolare convocazione e siano altresì rispettate le previste formalità pubblicitarie;
– le delibere siano assunte nel rispetto dei punti dell’ordine del giorno e dei quorum costitutivi e deliberativi ed il regolare svolgimento dei lavori assembleari;
– le deliberazioni dell’assemblea risultino dal verbale che potrà essere redatto con modalità e criteri fissati dal presidente;
– il verbale sia redatto senza ritardo; per non ledere l’interesse dei soci (diritto di impugnativa) o di terzi, i tempi per la definizione del verbale dovranno essere contenuti nel limite di trenta giorni (Cfr. artt. 2435 e 2436 c.c.);
– il verbale sia redatto e sottoscritto dal presidente e dal segretario;
– nel verbale siano riassunte, su richiesta dei soci, le dichiarazioni rese dagli stessi e relative all’argomento posto all’ordine del giorno;
– il verbale sia poi trascritto (anche quelli redatti per atto pubblico) nel libro verbali delle assemblee dei soci;
– nel caso in cui l’assemblea di prima convocazione sia andata deserta, venga verbalizzata la diserzione oppure venga accertato che, nel verbale relativo ai lavori assembleari in seconda convocazione, vi sia in merito espressa dichiarazione del presidente;
– il verbale venga redatto in modo adeguato a documentare i fatti avvenuti, le dichiarazioni rese e le decisioni assunte, non trascurando, in ogni caso, l’esigenza di evitare che siano riportate a verbale notizie di natura riservata o riferite a circostanze che, se rese note, potrebbero ledere l’immagine della società (specie se il verbale è destinato, in quanto depositato presso il registro delle imprese, a divenire accessibile a soggetti terzi).
Il Collegio sindacale vigila altresì che il verbale dia conto:
– della data dell’assemblea;
– dell’identità dei partecipanti e del capitale rappresentato da ciascuno di essi (anche per allegato);
– delle modalità e del risultato delle votazioni con l’indicazione dei soci favorevoli, astenuti e contrari ad ogni singola deliberazione.
Il Collegio sindacale accerta che siano osservate le formalità e le disposizioni, fissate dalla legge e previste nello statuto, per la regolare convocazione e costituzione dell’assemblea dei soci (o dell’assemblea speciale degli azionisti, all’assemblea degli obbligazionisti e dei portatori di strumenti finanziari).
I sindaci sono tenuti a intervenire nel corso del dibattito, qualora ravvisino violazioni della legge o dello statuto della società ovvero dei principi di corretta amministrazione, manifestando il proprio motivato dissenso o le proprie riserve e chiedendone la relativa verbalizzazione.
In ogni caso, ciascun sindaco può chiedere che le proprie dichiarazioni o osservazioni siano verbalizzate. Dal verbale, pertanto, dovrà desumersi la natura individuale delle osservazioni.
Qualora lo ritenga opportuno, il Collegio sindacale può chiedere che il verbale, contenente le dichiarazioni e le osservazioni dei sindaci, sia redatto contestualmente all’assemblea o immediatamente dopo. In tal caso, il verbale è comunicato senza indugio ai singoli componenti del collegio per verificare la trascrizione delle stesse. Il Collegio sindacale può, altresì, chiedere la modificazione o la integrazione delle proprie dichiarazioni o osservazioni trascritte sul verbale.
II Collegio sindacale può, altresì, chiedere che al verbale, sia allegata una sua relazione redatta per iscritto. Nel corso della riunione, i sindaci riferiscono all’assemblea in merito a:
– le irregolarità significative, non sanate, di cui sono venuti a conoscenza, anche per il tramite delle segnalazioni del soggetto incaricato della revisione legale, se presente;
– le denunzie presentate dai soci ai sensi dell’art. 2408 c.c.;
– le denunzie proposte al Tribunale ai sensi dell’art. 2409 c.c.;
– l’esercizio dell’azione di responsabilità contro gli amministratori ai sensi dell’art. 2393 c.c.;
– le ulteriori iniziative eventualmente adottate dal Collegio stesso.
Nell’assemblea dei soci convocata per l’approvazione del bilancio i sindaci devono riferire sull’attività di vigilanza svolta, sulle omissioni e sui fatti censurabili rilevati e devono formulare le proposte in ordine al bilancio e alla sua approvazione (art. 2429, co. 2, c.c.).
Al fine di consentire una consapevole partecipazione e di rendere possibili tempestivi interventi, è opportuno che i sindaci partecipino alle riunioni adeguatamente informati e documentati sui temi che costituiranno oggetto di valutazione e di deliberazione. A tale riguardo, appare altresì opportuno, se del caso, che i sindaci facciano annotare nel verbale dell’adunanza il difetto di preventiva informazione che ha impedito il formarsi di un meditato convincimento sull’argomento, anche a prescindere da eventuali impugnative delle relative deliberazioni.
Le opinioni espresse nel corso delle assemblee sono, in linea di principio, espressione di una valutazione collegiale, salvo che il presidente o i singoli membri del Collegio sindacale non chiariscano, in apertura di intervento di esprimersi a titolo individuale.
Qualora, nonostante l’intervento dei sindaci, fossero assunte deliberazioni ritenute in contrasto con la legge o con lo statuto ovvero ancora nell’eventualità che le deliberazioni assunte non siano tempestivamente sostituite con altre conformi alla legge e allo statuto, il Collegio sindacale è legittimato ad impugnare dette deliberazioni.
Nel caso di violazione dei principi di corretta amministrazione che non sia rilevata o rilevabile nel corso dell’assemblea ma solo successivamente, i sindaci segnalano tempestivamente tale violazione all’organo amministrativo ovvero, in caso di inerzia, all’assemblea affinché assuma gli opportuni provvedimenti.
Il sindaco che non partecipa all’assemblea acquisisce le informazioni ritenute necessarie od opportune dagli altri sindaci o dagli amministratori.
I sindaci devono altresì accertare se la società ha emesso titoli di categoria speciale come ad esempio azioni privilegiate, postergate nelle perdite (art. 2348 c.c.), azioni correlate (art. 2350 c.c.), azioni senza diritto di voto, a voto limitato, scaglionato o subordinato, (art. 2351, co. 1 c.c.), a voto plurimo a voto condizionato (art. 2351, co. 3 c.c.), azioni a favore dei prestatori di lavoro (art. 2349 c.c.), azioni riscattabili (art. 2347-sexies c.c., subordinatamente alla condizione che il potere di riscatto sia attribuito al socio e l’assemblea generale voglia modificarne la disciplina), o strumenti finanziari che conferiscono diritti amministrativi (artt. 2346, 2349 e 2411 c.c.).
In questi casi, il Collegio sindacale è tenuto a verificare che, qualora la delibera dell’assemblea generale pregiudichi i diritti di una categoria, le scelte assembleari siano approvate anche dall’assemblea speciale degli appartenenti alla categoria interessata, ex art. 2376 c.c.
L’eventuale lesione degli interessi dei soci in sede assembleare deve essere valutata dal Collegio sindacale o dal sindaco unico anche nelle s.r.l. PMI che abbiano emesso diverse categorie di quote.
Commento
La partecipazione alle assemblee dei soci, alle assemblee speciali degli azionisti, all’assemblea degli obbligazionisti e dei portatori di strumenti finanziari costituisce un indispensabile strumento messo a disposizione dei sindaci per l’adempimento della funzione di vigilanza. Si consideri, peraltro, che il dovere di partecipare all’assemblea dei soci qualifica in modo rilevante la funzione tanto da essere sanzionato con la decadenza nel caso in cui il sindaco (che sia stato regolarmente informato) non partecipi, senza giustificato motivo anche ad una sola assemblea dei soci. Per tal motivo, in assenza di regolare convocazione del collegio sindacale, la delibera potrebbe essere dichiarata invalida.
Il controllo dei sindaci riguarda anche, nel caso in cui la società abbia emesso diverse categorie di azioni o strumenti finanziari di cui all’art. 2476 c.c., la circostanza che, in sede di assemblee “generali” (ordinarie o straordinarie), non vengano pregiudicati i diritti degli azionisti possessori di specifiche categorie di titoli senza l’approvazione dell’assemblea speciale. In questi casi, si ritiene che la deliberazione dell’assemblea speciale costituisca condizione essenziale di efficacia di quella assunta dall’assemblea generale.
Norma 4.2. Partecipazione alle riunioni del consiglio di amministrazione o del comitato esecutivo
Principi
Ai fini dell’adempimento del dovere di vigilanza, i sindaci, adeguatamente informati, partecipano alle riunioni del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo.
Il Collegio sindacale accerta che siano osservate le formalità e le disposizioni, fissate dalla legge e dallo statuto, per la regolare convocazione e costituzione dell’organo amministrativo e, nel corso delle riunioni, deve verificarne il regolare svolgimento.
Al fine di consentire ai sindaci di esercitare le proprie funzioni di vigilanza e controllo è necessario che adeguate informazioni vengano fornite dal presidente contestualmente ai consiglieri e ai membri Collegio sindacale.
I sindaci sono tenuti a intervenire nel corso delle riunioni consiliari qualora ravvisino violazioni della legge o dello statuto della società ovvero dei principi di corretta amministrazione, manifestando il proprio motivato dissenso o le proprie riserve e chiedendo la verbalizzazione, se necessario analitica, dei loro interventi.
Riferimenti normativi
Artt. 2381, 2388, 2391, 2403, 2405, 2406, 2475-ter c.c.
Criteri applicativi
Non rinvenendosi nel codice civile specifiche disposizioni relative alla verbalizzazione delle deliberazioni delle riunioni del consiglio di amministrazione, il Collegio sindacale accerta che siano osservate le formalità e le disposizioni fissate dalla legge e dallo statuto, per la regolare convocazione, la formulazione dell’Ordine del giorno, l’invio di adeguate informazioni e la costituzione del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo e, nel corso della riunione, ne verifica il regolare svolgimento.
Al riguardo, particolare attenzione è opportuno venga prestata nei casi in cui uno o più amministratori siano portatori di interessi rispetto ad una data operazione e nel caso di società soggetta ad attività di direzione e coordinamento con riferimento alle decisioni influenzate dalle direttive impartite dalla società controllante che svolge attività di direzione e coordinamento.
Al fine di consentire una consapevole e proattiva partecipazione, è necessario che i sindaci, tutti regolarmente convocati, partecipino alle riunioni del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo adeguatamente informati e documentati, in particolar modo, sui temi che costituiranno oggetto di valutazione e di deliberazione da parte degli amministratori.
A tal riguardo, appare opportuno che i sindaci, anche individualmente, chiedano che il presidente del consiglio di amministrazione invii agli amministratori e al Collegio sindacale la documentazione di supporto alle decisioni poste all’ordine del giorno contestualmente all’avviso di convocazione del consiglio di amministrazione.
In caso di rifiuto da parte del presidente ad assecondare la richiesta, i sindaci ne informano tutti i membri del Consiglio di amministrazione per sollecitare una delibera positiva.
È sempre consentito, anche ai singoli sindaci richiedere al presidente e all’organo delegato ulteriori informazioni, documenti e chiarimenti, aggiuntivi rispetto a quelli loro inviati antecedentemente o contestualmente alla riunione consiliare.
Appare altresì opportuno, se del caso, che i sindaci facciano annotare nel verbale dell’adunanza il difetto di preventiva informazione che ha impedito l’esercizio di una preventiva e contestuale vigilanza in merito agli argomenti posti all’ordine del giorno.
I sindaci sono tenuti, in particolare, a intervenire nel corso del dibattito, qualora ravvisino violazioni della legge o dello statuto della società ovvero dei principi di corretta amministrazione, manifestando il proprio motivato dissenso o le proprie riserve e chiedendone la relativa verbalizzazione, se necessario anche analitica.
In ogni caso, ciascun sindaco richiede che le proprie dichiarazioni od osservazioni siano verbalizzate. Dal verbale dovrà desumersi anche la natura individuale delle osservazioni.
Qualora lo ritenga opportuno, il Collegio sindacale può chiedere che il verbale, contenente le dichiarazioni e le osservazioni dei sindaci, sia redatto contestualmente o immediatamente dopo la riunione del consiglio di amministrazione o, comunque, senza indugio.
In ogni caso, prima della trascrizione del verbale nel libro delle adunanze e deliberazioni del consiglio di amministrazione, lo stesso deve essere inviato in bozza ai singoli componenti del Collegio sindacale affinché i sindaci verifichino la corretta trascrizione delle proprie dichiarazioni e degli interventi. I sindaci possono, quindi, richiedere la modificazione o l’integrazione delle trascrizioni riguardanti le proprie dichiarazioni o osservazioni se quanto verbalizzato differisce dagli interventi svolti nel corso della seduta consiliare.
Nel caso di rifiuto da parte del presidente del consiglio di amministrazione, il collegio provvederà celermente ad inviare apposita pec al presidente e al segretario del consiglio di amministrazione contenenti le proprie difformi posizioni, espresse in consiglio, omesse o non risultanti dal verbale.
Il collegio può, se del caso, redigere una specifica relazione e richiedere che venga allegata al verbale del consiglio. Inoltre, potrà denunciare l’accaduto agli altri amministratori nel corso della prima riunione consiliare utile, verbalizzando interventi circostanziati.
Qualora le violazioni evidenziate siano di rilevante gravità e vi sia urgenza di provvedere, il collegio, previa comunicazione al presidente del consiglio di amministrazione, può provvedere direttamente alla convocazione dell’assemblea, affinché siano assunti gli opportuni provvedimenti ovvero al fine di informare tempestivamente i soci delle violazioni riscontrate ex art. 2406, co. 2, c.c. (Cfr. Norma 6.2.).
In caso di inerzia degli organi sociali, qualora la deliberazione assunta integri le irregolarità di cui all’art. 2409 c.c., il Collegio sindacale può proporre denunzia al Tribunale (Cfr. Norma 6.4.).
Nel caso di violazione dei principi di corretta amministrazione che non siano rilevati o rilevabili nel corso della riunione ma solo successivamente, i sindaci appena riscontrata la violazione, la segnalano senza indugio all’organo amministrativo affinché provveda ad eliminarla o, quantomeno, ad eliminarne gli effetti negativi, ovvero, in caso di inerzia, all’assemblea affinché assuma gli opportuni provvedimenti.
Nel caso in cui un amministratore, il quale si trovi ad avere in una determinata operazione della società un interesse, per conto proprio o di terzi, non adempia al dovere di comunicare tale situazione agli altri amministratori oppure nel caso in cui la deliberazione del consiglio o del comitato esecutivo sia adottata con il voto determinante dell’amministratore interessato, il Collegio sindacale, laddove ne venga a conoscenza, può impugnare la deliberazione, qualora la medesima possa recare danno alla società (art. 2391 c.c.).
Il Collegio sindacale può altresì impugnare le deliberazioni del consiglio di amministrazione di s.p.a. che non siano state adottate in conformità della legge o dello statuto.
In ogni caso, se dalla condotta degli amministratori contraria alle norme di legge, allo statuto e/o ai principi di corretta amministrazione sia derivato un danno alla società, ai creditori sociali o ai soci, il Collegio sindacale può promuovere l’esercizio dell’azione sociale di responsabilità nei confronti degli amministratori (art. 2393 c.c.)
Il sindaco che non partecipa alla riunione acquisisce le informazioni ritenute necessarie od opportune dagli altri sindaci o dagli amministratori. Qualora non abbia partecipato ad una o più riunioni del consiglio di amministrazione e/o del comitato esecutivo con giustificato motivo, alla prima occasione utile verifica la verbalizzazione dell’assenza giustificata.
Commento
La partecipazione alle adunanze del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo costituisce un indispensabile strumento a disposizione dei sindaci per l’adempimento dei doveri e poteri di vigilanza. Si consideri, infatti, che la partecipazione alle riunioni degli organi di amministrazione e delegati, nonché alle assemblee non solo assicura l’acquisizione di informazioni necessarie per lo svolgimento dell’attività di vigilanza e controllo da esercitare sulla corretta amministrazione, ma consente, altresì, di vigilare ex ante sull’attività di cura (da parte dell’organo delegato) e di valutazione (da parte del consiglio di amministrazione) della generale adeguatezza dell’assetto organizzativo. Le decisioni degli amministratori, se assunte in carenza di adeguata informazione, incidono sulla dinamica consiliare e sul conseguente processo decisionale, potendo investire la modalità procedurale di assunzione delle delibere. Per tal motivo, in assenza di regolare convocazione del collegio sindacale, la deliberazione assunta potrebbe essere dichiarata invalida.
I sindaci dovranno valutare se la gestione dei flussi informativi assumerà rilievo in termini di invalidità.
In particolare, la presenza alle adunanze degli organi sociali permette ai sindaci di intervenire sulle potenziali delibere contrarie alla legge ed allo statuto, imprudenti e/o non improntate ad una corretta amministrazione, e comunque di intervenire ex ante prima che la loro esecuzione possa determinare effetti negativi e/o dannosi in capo alla società, anche a presidio dell’integrità patrimoniale. Per poter svolgere le attività a cui l’organo di controllo è tenuto, il collegio ed i singoli membri hanno il potere di acquisire tutte le informazioni che devono essere fornite agli amministratori ai sensi dell’art. 2381, co. 1, c.c., posto che il controllo, compendiandosi nel monitoraggio sull’esercizio di determinate funzioni, sullo svolgimento di determinate attività e sul compimento di atti e operazioni, ruota in modo centrale sull’acquisizione di informazioni relative agli organi investiti dell’attività gestoria e sugli atti e le operazioni poste in essere. In virtù di quanto sopra, i sindaci possono chiedere al presidente l’invio della documentazione a supporto dei temi all’ordine del giorno oggetto di verifica, contestualmente all’avviso di convocazione del Consiglio di amministrazione deliberante e inviati agli amministratori. In aggiunta, i sindaci possono richiedere al presidente e all’organo delegato ulteriori informazioni, documenti e chiarimenti, sia prima sia contestualmente alla riunione consiliare.
Norma 4.3. Rapporti con l’amministratore unico della società
Principio
Il Collegio sindacale è tenuto a chiedere informazioni all’amministratore unico con cadenza almeno semestrale. In situazioni di assunzioni di rischi significativi o di crisi d’impresa è opportuno che tali informazioni siano assunte ogni trimestre.
Riferimenti Normativi
Art. 2380-bis c.c.
Criteri applicativi
Nel caso di società che abbiano nominato un amministratore unico, il Collegio sindacale può chiedere informazioni allo stesso, soprattutto in merito alle decisioni più rilevanti e dei fatti che possono essere fonte di rischi significativi per la società.
Tali informazioni possono essere acquisite:
– attraverso richieste formulate per iscritto, a mezzo PEC inviata dal presidente dell’organo di controllo, previo accordo con gli altri membri dell’organo di controllo o a maggioranza. Ovviamente nel caso di sindaco unico alla richiesta di informativa provvederà quest’ultimo;
– attraverso la consultazione del libro delle determine dell’amministratore unico, se istituito. Il collegio può chiedere l’esibizione di tale libro nel corso delle verifiche periodiche o richiedere l’invio delle determine via mail;
– nel corso delle ispezioni periodiche. In questo ultimo caso, è opportuno che il Collegio sindacale comunichi all’amministratore il proprio verbale che riepiloghi i dati e le informazioni acquisiti. In alternativa, il Collegio sindacale può chiedere all’amministratore la sottoscrizione del verbale del collegio, contestualmente redatto, così che quest’ultimo confermi che quanto trascritto coincida con le informazioni fornite dall’amministratore.
Commento
Il contesto in cui il Collegio sindacale di norma si imbatte nelle maggiori difficoltà nell’acquisizione di informazioni è quello delle società al cui vertice si pone un amministratore unico. In questo caso, infatti, l’amministratore agisce autonomamente e non ha nessun obbligo di informativa, preventiva o successiva nei riguardi dei sindaci. Appare opportuno, pertanto, che il Collegio sindacale richieda periodicamente, almeno con cadenza semestrale, all’amministratore unico notizie in forma scritta sull’andamento della gestione e sulle principali operazioni aziendali. La richiesta di informazioni può avvenire con cadenza temporale ravvicinata qualora il Collegio sindacale valuti che la situazione della società, o il verificarsi di eventi particolarmente significativi per la stessa, lo rendano opportuno.
Qualora l’amministratore unico rifiuti di fornire le informazioni e i dati richiesti, il Collegio sindacale esercita i poteri reattivi di indagine, segnalazione intervento che gli spettano e, ricorrendo i presupposti richiesti dalla legge, adotta concrete e idonee iniziative dirette a impedire atti di mala gestio (Cfr. Norma 6.2; Norma
Norma 4.4. Partecipazione alle decisioni degli organi di s.r.l.
Principi
Nelle società a responsabilità limitata, il Collegio sindacale (e il sindaco unico) vigila sulle decisioni adottate mediante consultazione scritta o sulla base del consenso espresso per iscritto, verificando il rispetto della procedura prevista dalla legge e dello statuto e potendo esercitare i poteri ad esso attributi.
Ai fini dell’adempimento del dovere di vigilanza, i sindaci, adeguatamente informati, partecipano alle riunioni del consiglio di amministrazione.
Riferimenti
Artt. 2406, 2475, 2475-ter, 2479, 2479-ter c.c.
Criteri applicativi
Nel caso di decisioni da assumersi mediante consultazione scritta o sulla base del consenso espresso per iscritto, il Collegio sindacale – o il sindaco unico – verifica la conformità della procedura adottata alle previsioni dell’art. 2475 c.c. e alle disposizioni statutarie che autorizzano simili decisioni, ne disciplinano la formazione e ne regolano il perfezionamento della volontà.
Nell’ambito dell’acquisizione delle decisioni extra-assembleari il Collegio sindacale, o il sindaco unico, può esercitare gli stessi poteri di reazione riconosciuti all’organo di controllo con riferimento alla partecipazione all’assemblea dei soci (Cfr. Norma 4.1.). I sindaci sono tenuti all’esercizio dei loro poteri anche in relazione ad eventuali irregolarità emergenti dai consigli di amministrazione tenuti secondo le disposizioni di cui all’art. 2475, co. 4, c.c.
I sindaci partecipano alle adunanze del Consiglio di amministrazione, quando istituito, adeguatamente informati e documentati circa i temi che costituiranno oggetto di valutazione e di deliberazione da parte degli amministratori. Trova applicazione la Norma 4.2.
Nelle s.r.l., nel caso in cui un amministratore si trovi ad avere in una determinata operazione della società un interesse, per conto proprio o di terzi, in conflitto con quello della società, il Collegio sindacale, o il sindaco unico, può impugnare la decisione del consiglio di amministrazione che sia adottata con il voto determinante dell’amministratore interessato, qualora la medesima possa recare un danno alla società (Cfr. art. 2475-ter c.c.)
Gli stessi poteri possono essere esercitati dal Collegio sindacale, o dal sindaco unico, rispetto alle decisioni assunte dai soci con il voto determinante di soci che hanno, per conto proprio o di terzi, un interesse in conflitto con quello della società (ex art. 2479-ter, co. 2, c.c.).
Commento
Nelle s.r.l. il Collegio sindacale, o il sindaco unico, è tenuto, altresì, a vigilare in ordine alle decisioni adottate mediante consultazione scritta o sulla base del consenso espresso per iscritto. Pertanto, il Collegio sindacale deve essere previamente informato dell’avvio del procedimento decisionale, dei contenuti e delle modalità previste.
In forza di quanto previsto nell’art. 2475, co. 6, c.c., al fine di poter garantire la vigilanza sull’adeguatezza degli assetti e sul loro concreto funzionamento, i sindaci di s.r.l. devono poter partecipare alle adunanze del consiglio di amministrazione, adeguatamente informati e in possesso della documentazione che si renderà necessaria per l’assunzione della deliberazione.
5. POTERI DI CONTROLLO DEL COLLEGIO SINDACALE
La sezione 5 attiene ai poteri di ispezione e controllo attribuiti ai sindaci dall’art. 2403-bis c.c. Tali poteri possono e devono essere esercitati dal Collegio sindacale anche con scambi di informazione con gli altri soggetti preposti ai controlli societari. Sono quindi analizzati gli scambi informativi con il soggetto incaricato della revisione legale, con l’internal auditor (se nominato), con l’eventuale organismo di vigilanza di cui al d.lgs 231/2001 a cui è dedicata la Norma 5.5 oggetto di integrazione e, nei gruppi, con i membri degli organi di controllo delle controllate.
Norma 5.1. Atti di ispezione e controllo
Principi
I sindaci, esercitando i poteri loro attribuiti dalla legge, procedono, anche individualmente, ad atti di ispezione e controllo avvalendosi, se del caso, di propri dipendenti e di ausiliari.
Riferimenti normativi
Art. 2403-bis c.c.
Criteri applicativi
I sindaci possono, in qualsiasi momento, senza che alcun limite o restrizione possa esser loro eccepita, procedere ad atti di ispezione e di controllo.
Tali poteri sono esercitati, di norma, in via collegiale.
Qualora un sindaco ritenesse comunque di procedere autonomamente ad atti di ispezione e controllo, è opportuno che di essi, così come dei riscontri effettuati e dei risultati ottenuti, sia data tempestiva informazione scritta, anche attraverso specifico verbale, agli altri componenti.
Si ritiene altresì opportuno che, in ragione dell’importanza che il Collegio sindacale riveste nella circolazione dell’informazione, sia previsto un periodico confronto con altri organi di controllo eventualmente presenti.
Gli atti di ispezione e di controllo effettuati dal collegio sono oggetto di apposita verbalizzazione. Il verbale deve essere trascritto nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del Collegio sindacale e sottoscritto dagli intervenuti.
Per quanto concerne il ricorso ai dipendenti e agli ausiliari dei sindaci si rinvia alla Norma 2.2.
Commento
Secondo l’attuale disciplina il potere di procedere ad atti di ispezione e controllo è esercitabile dal sindaco anche individualmente; tuttavia, è auspicabile, stante la natura collegiale dell’organo di controllo, che tale potere sia esercitato collegialmente.
In altri termini, si ritiene opportuno che il componente che intenda avvalersi di tale potere solleciti preventivamente una deliberazione collegiale in merito. Conseguentemente, il sindaco dovrebbe attivarsi solo in via sussidiaria, ossia in caso di deliberazione difforme, in caso di impossibilità di convocazione o di impossibilità a deliberare da parte del collegio oppure nei casi di indifferibile urgenza.
Si consideri, inoltre, che l’espletamento di ispezioni e controlli costituisce attività propedeutica e complementare al regolare, coordinato e informato funzionamento del Collegio sindacale, nonché all’assunzione di decisioni che, in ogni caso, devono avere il carattere della collegialità.
Il Collegio sindacale ricopre un ruolo di estrema rilevanza nella circolazione e nella valutazione dell’informazione. Esso rappresenta il crocevia dei flussi informativi tra i diversi organi e le differenti funzioni sociali. Per questa ragione è fondamentale il confronto con gli altri soggetti che, per previsione statutaria o disposizione di legge, partecipano alla governance e al corretto funzionamento della società. Da ciò discende la necessità di un confronto periodico con questi ultimi. Tale scambio informativo appare meritevole di un’adeguata programmazione in sede di pianificazione dell’attività del collegio.
Norma 5.2. Acquisizione di informazioni dall’organo amministrativo
Principi
Il Collegio sindacale può chiedere agli amministratori notizie circa l’andamento delle operazioni sociali o su determinati affari. Tale potere può essere esercitato anche con riferimento a società controllate.
Il Collegio sindacale ottiene periodica informazione dagli organi delegati sul generale andamento della gestione, sulla sua prevedibile evoluzione e sulle operazioni di maggiore rilievo effettuate dalla società e da sue controllate.
Il Collegio sindacale è informato dagli amministratori di potenziali conflitti di interessi.
Ai fini dell’adempimento della funzione di vigilanza il Collegio sindacale è destinatario di obblighi informativi da parte degli amministratori specificatamente individuati dalla legge o dallo statuto.
Riferimenti normativi
Artt. 2381, co. 5, 2403-bis, co. 2, c.c., 2405 c.c.
Criteri applicativi
Il Collegio sindacale può richiedere agli amministratori notizie sull’andamento delle operazioni sociali o su determinati affari, anche con riguardo alle società controllate. Con riferimento a queste ultime le informazioni possono essere richieste anche direttamente agli organi di controllo delle società controllate.
I dati e le informazioni fornite dagli amministratori, sia a seguito degli obblighi di informazione cui sono tenuti, sia a seguito di richiesta di notizie da parte del Collegio sindacale, devono – tra l’altro – riguardare:
– l’assetto organizzativo, amministrativo-contabile della società;
– l’attività svolta e le operazioni di maggior rilievo economico, finanziario e patrimoniale effettuate dalla società e dalle società da essa controllate;
– le operazioni infragruppo e con parti correlate;
– le operazioni in cui un amministratore abbia un interesse per conto proprio o di terzi o che siano effettuate dal soggetto che esercita l’attività di direzione e coordinamento.
Le informazioni richieste agli amministratori possono essere rilasciate per iscritto dagli stessi, con un apposito rapporto, oppure verbalmente. In questo ultimo caso, è opportuno che il Collegio sindacale comunichi agli amministratori il proprio verbale o un estratto del verbale che riepilogherà i dati e le informazioni ricevute, chiedendo conferma del contenuto. Tale procedura si rende particolarmente raccomandabile a fronte di riunioni fra il Collegio sindacale ed amministratore unico, in relazione al mancato ausilio, in merito alle scelte ed alle strategie aziendali dei verbali del consiglio di amministrazione
In ogni caso, il verbale deve essere trascritto nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del Collegio sindacale e sottoscritto dagli intervenuti.
Non è necessaria un’autonoma verbalizzazione del Collegio sindacale quando le informazioni sono fornite in occasione di un’adunanza del consiglio di amministrazione, anche a seguito dello specifico obbligo degli organi delegati di riferire sul generale andamento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione, nonché sulle operazioni di maggior rilievo, per dimensioni o caratteristiche, effettuate dalla società e dalle sue controllate.
Le fonti informative del Collegio sindacale sono rappresentate da tutte le comunicazioni di cui lo stesso è destinatario, o su cui è chiamato a esprimere il proprio parere, o a formulare osservazioni; in particolare:
– le notizie degli amministratori delegati circa il generale andamento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione, nonché sulle operazioni di maggior rilievo, per dimensioni o caratteristiche, effettuate dalla società e dalle sue controllate (art. 2381, co. 5, c.c.);
– la denunzia da parte dei soci di fatti censurabili posti in essere dagli amministratori (art. 2408 c.c.);
– le notizie circa ogni interesse degli amministratori in una determinata operazione della società (art. 2391 c.c.);
– le notizie di dissenso di un amministratore rispetto alle delibere assunte dal consiglio di amministrazione (art. 2392, co. 3, c.c.);
– la notifica dell’azione sociale di responsabilità esercitata dai soci (art. 2393-bis c.c.);
– la comunicazione dell’amministratore che rinuncia al suo ufficio (art. 2385 c.c.);
– la relazione sulle proposte di aumento di capitale con esclusione o limitazione del diritto di opzione (art. 2441, co. 6, c.c.);
– la relazione sulla situazione patrimoniale della società il cui capitale è diminuito oltre un terzo per perdite (artt. 2446 e 2482-bis c.c.);
– il rendiconto finale del patrimonio destinato allo specifico affare (art. 2447-novies c.c.);
– la relazione sulla gestione e il bilancio (art. 2429 c.c.).
In tali circostanze, il Collegio sindacale verifica l’adempimento dell’eventuale dovere informativo a carico degli amministratori e, in caso di omissione, verbalizza la violazione ed eventualmente ne sollecita l’adempimento.
Commento
L’attuale normativa pone, accanto al potere attribuito ai sindaci di chiedere notizie agli amministratori, un corrispondente obbligo informativo anche in capo agli organi delegati. Questi ultimi, infatti, con la periodicità fissata dallo statuto e in ogni caso almeno ogni sei mesi, devono riferire al consiglio di amministrazione e al Collegio sindacale sul generale andamento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione, nonché sulle operazioni di maggior rilievo, per dimensioni o caratteristiche, effettuate dalla società e dalle sue controllate (art. 2381, co. 5, c.c.).
Anche al fine di acquisire elementi probatori relativi all’acquisizione delle informazioni necessarie per l’espletamento delle funzioni di vigilanza, è opportuno che il Collegio sindacale, se di tale informativa non sia data evidenza negli atti di altro organo sociale, dia atto dell’adempimento del dovere informativo nel libro delle adunanze e delle deliberazioni, menzionando le informazioni richieste e quelle acquisite.
Norma 5.3. Scambio di informazioni con il soggetto incaricato della revisione legale
Principi
Ai fini dello svolgimento della funzione di vigilanza, il Collegio sindacale scambia tempestivamente informazioni con il soggetto incaricato della revisione legale.
Riferimenti normativi
Artt. 2403-bis, co. 3, 2409-septies c.c.
Criteri applicativi
Il Collegio sindacale scambia periodicamente dati e informazioni con il soggetto incaricato della revisione legale, se nominato, per l’espletamento dei rispettivi compiti.
La differente natura delle funzioni svolte da tali soggetti fa sì che le informazioni che essi possiedono siano diverse. Pertanto, le informazioni che il Collegio sindacale scambia con l’incaricato della revisione legale devono intendersi limitate a quelle che si rendono necessarie per svolgere la propria funzione.
Il Collegio sindacale può chiedere all’incaricato della revisione legale:
– le eventuali comunicazioni destinate alla direzione (c.d. lettere di suggerimenti);
– le informazioni relative alla frequenza pianificata delle verifiche ex art. 14, co. 1, lett. b) d.lgs. n. 39/2010 e secondo il principio di revisione (SA Italia) 250 B;
– gli esiti delle verifiche periodiche ex art. 14, co. 1, lett. b), del d.lgs. n. 39/2010 e secondo il principio di revisione (SA Italia) 250 B;
– le informazioni sulla generale portata e pianificazione della revisione e sui risultati significativi emersi dalla revisione legale;
– la relazione di revisione legale sul bilancio d’esercizio e, se redatto, sul bilancio consolidato;
– le informazioni, utili ai fini dell’adempimento degli obblighi di segnalazione di operazioni sospette e di irregolarità, in merito all’uso del contante e dei titoli al portatore di cui al d.lgs. n. 231/2007 (Cfr. Norma 3.2.)
È opportuno che le relazioni siano comunicate al Collegio sindacale in tempo utile per consentirgli l’espressione di un consapevole giudizio, ai fini dell’elaborazione della relazione all’assemblea dei soci.
Sono altresì oggetto di scambio nei limiti dei rispettivi compiti:
– i dati e le informazioni rilevanti in ordine:
– all’osservanza della legge e dello statuto; o al rispetto dei principi di corretta amministrazione;
– all’assetto organizzativo, al sistema amministrativo-contabile, al sistema di controllo interno, al processo di informativa finanziaria, al sistema di revisione interna e al sistema di gestione del rischio;
– alla valutazione della continuità aziendale;
– le comunicazioni e le richieste, scritte e verbali, del soggetto incaricato della revisione legale rivolte agli amministratori e ai dirigenti;
– l’esistenza di fatti censurabili o di irregolarità;
– i dati e le informazioni che, in relazione al tipo di controllo effettuato dal soggetto incaricato della revisione legale, possano costituire indizi di un comportamento illegittimo o comunque anomalo da parte della società.
In particolare, il Collegio sindacale può evidenziare al soggetto incaricato della revisione legale eventuali elementi del processo di informativa finanziaria ovvero rappresentazioni di voci contenute nel progetto di bilancio ritenuti, a suo giudizio, meritevoli di particolare analisi e richiedere allo stesso di comunicarne gli esiti.
Salvo casi specifici che richiedano maggiore frequenza, è opportuno che il Collegio sindacale incontri il soggetto incaricato della revisione legale nel corso dell’esercizio e scambi informazioni con quest’ultimo almeno in occasione delle fasi di avvio delle attività di revisione e di quelle conclusive di verifica del bilancio. Ogni incontro può essere oggetto di verbalizzazione nella quale vengono sintetizzati i principali aspetti emersi dallo scambio di informazioni.
Le informazioni acquisite, le richieste formulate e le risposte, anche se negative, sono verbalizzate nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del Collegio sindacale.
In particolare, nel verbale devono evidenziarsi:
– i dati e le informazioni ricevuti dal soggetto incaricato della revisione legale;
– i dati e le informazioni comunicati al soggetto incaricato della revisione legale;
– l’inesistenza di dati e di informazioni specificatamente richiesti al soggetto incaricato della revisione legale cui non sia seguita la dovuta comunicazione;
– la mancata comunicazione di dati o di informazione richiesti da parte del soggetto incaricato della revisione legale.
Lo scambio di informazioni con il soggetto incaricato della revisione legale non implica un dovere per il Collegio sindacale di condividere copia dei verbali di verifica periodica dallo stesso redatti.
Commento
Il Collegio sindacale ha rapporti, in via diretta e autonomamente dagli altri organi, con il soggetto incaricato della revisione legale. In particolare, nell’espletamento della propria attività di vigilanza, il collegio è chiamato, da un lato, a proporre la nomina e a formulare il parere in merito alla revoca del soggetto incaricato della revisione legale (art. 13 d.lgs. n. 39/2010), dall’altro lato, ad attuare un reciproco scambio di dati e informazioni rilevanti per l’espletamento delle rispettive funzioni di controllo (art. 2409-septies c.c.).
Le comunicazioni potranno avvenire anche tramite scambio di corrispondenza, relazioni scritte e comunicazioni non strutturate quali cali conference o video-conferenza.
Norma 5.4. Rapporti con la funzione di controllo interno
Principi
Ai fini dello svolgimento della funzione di vigilanza e sulla base del criterio di proporzionalità che tiene conto della natura e della dimensione de/l’attività esercitata, il Collegio sindacale acquisisce informazioni relative al sistema di controllo interno adottato dalla società.
Riferimenti normativi
Artt. 2086, 2403 c.c.
Criteri applicativi
Il Collegio sindacale acquisisce informazioni relative al sistema di controllo interno e al suo concreto funzionamento in conformità a quanto previsto dalla Norma 3.5.
All’inizio dell’incarico e nel corso dello stesso, il Collegio sindacale acquisisce dal preposto a tale funzione ovvero, se quest’ultimo non è presente, dall’organo amministrativo le informazioni relative alla struttura di controllo interno, alle eventuali anomalie riscontrate nell’operatività delle procedure di controllo, nonché ai rischi identificati e alle procedure definite per la gestione e il contenimento sulla base dei sistemi formalizzati al fine di disciplinare i processi decisionali e la trasparenza dei processi di governo.
A tale proposito, posto che i sistemi di gestione prevedono una serie di procedure finalizzate proprio a disciplinare attività e processi dell’azienda, nonché a fronteggiare e/o governare eventuali rischi, può essere proficuo implementare l’interazione del collegio con i responsabili dei sistemi di gestione eventualmente adottati dall’azienda (NOTA 9).
In considerazione della circostanza che in forza delle previsioni dell’art. 2086 c.c. il criterio di proporzionalità deve guidare l’applicazione degli orientamenti sulla “governance” per assicurare che i processi siano compatibili con i profili di rischio e il modello di business della società, le dimensioni, la natura e la complessità delle attività svolte devono orientare le scelte di governance.
Il Collegio sindacale può stabilire con il preposto al sistema di controllo interno, ove presente, termini e modalità per lo scambio di informazioni rilevanti concordando, eventualmente, un programma di incontri nel corso dell’anno. È opportuno che il Collegio sindacale incontri almeno una volta nel corso dell’esercizio il preposto al sistema di controllo interno e si assicuri di ricevere dallo stesso una relazione informativa periodica.
Le informazioni acquisite, le richieste formulate e le risposte, anche se negative, sono verbalizzate nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del Collegio sindacale.
Commento
Nel caso in cui la società abbia deciso di adottare un sistema di controllo interno maggiormente strutturato e di nominare un soggetto specificatamente preposto a tale funzione, quest’ultimo evidentemente costituisce per il Collegio sindacale un importante interlocutore.
Norma 5.5. Rapporti con l’organismo di vigilanza
Principi
Ai fini dello svolgimento dell’attività di vigilanza, il Collegio sindacale acquisisce informazioni dall’organismo di vigilanza in merito alla funzione ad esso assegnata dalla legge al fine di vigilare sull’adeguatezza, sul funzionamento e sull’osservanza del modello adottato ex d.lgs. n. 231/2001.
Il Collegio sindacale verifica che il modello preveda termini e modalità dello scambio informativo dell’organismo di vigilanza a favore dell’organo amministrativo e dello stesso Collegio sindacale.
Riferimenti normativi
Artt. 2086 c.c., 2380-bis c.c., 2381 c.c., 2403 c.c., 2407 c.c., 2475 c.c.; d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 Criteri applicativi
In presenza dell’organismo di vigilanza (OdV) e nel caso in cui esso non sia composto in parte da sindaci ovvero non sia affidata al Collegio sindacale la relativa funzione, il Collegio acquisisce informazioni al fine di verificare gli aspetti inerenti all’autonomia richiesta dal legislatore per l’efficace esercizio delle funzioni assegnate all’organismo di vigilanza stesso. Ove applicabile, la verifica di tali aspetti si baserà sulle indicazioni presenti nei codici di comportamento redatti dalle associazioni rappresentative degli enti e ritenuti idonei dal Ministero della Giustizia a prevenire i reati, come richiamati dall’art. 6, co. 3, d.lgs. n. 231/2001.
Il Collegio sindacale acquisisce dall’organismo di vigilanza le informazioni relative al modello organizzativo adottato dalla società, al suo funzionamento ed alla sua efficace attuazione.
Il Collegio sindacale, nell’esercizio del dovere di vigilanza che gli compete e nel rispetto dell’indipendenza necessariamente riconosciuta all’OdV, può stabilire con quest’ultimo termini e modalità per lo scambio di informazioni rilevanti, concordando, eventualmente, un programma di incontri nel corso dell’anno, finalizzato a verificare l’esistenza delle condizioni previste dall’art. 6, comma 1, lett. d), del d.lgs. n. 231/2001.
Le informazioni acquisite, le richieste formulate e le relative risposte sono verbalizzate nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del Collegio sindacale.
Il Collegio sindacale dovrà, quindi, verificare che nel modello organizzativo siano previsti appositi flussi informativi finalizzati a garantire l’informazione periodica sull’attività svolta dall’OdV, specie con riferimento all’attività di vigilanza circa l’adeguatezza del Modello, la sua efficace attuazione ed il suo aggiornamento, in particolare con riguardo all’inserimento dei nuovi reati presupposto presi in considerazione ed all’illustrazione delle procedure volte a presidiare le relative aree di rischio.
Alla luce di quanto sopra, nel caso in cui la società non abbia adottato il modello organizzativo, è necessario che il Collegio sindacale solleciti gli Amministratori ad un’adeguata riflessione in merito e, in assenza di valide ragioni, stimoli le necessarie attivazioni.
Qualora l’organo amministrativo non intenda dotare la società del modello organizzativo nonostante le sollecitazioni dell’organo di controllo e senza adeguate motivazioni, il Collegio sindacale può farne menzione nella relazione ex art. 2429 c.c., al fine di far constatare all’assemblea la propria attivazione in tal senso ed evitare, in ogni caso, qualsiasi possibile conseguenza, di cui all’art. 2407, co. 2, c.c.
Commento
Nelle società che abbiano adottato un modello organizzativo per la prevenzione dei reati ai sensi del d.lgs. n. 231/2001, l’OdV a tal fine istituito costituisce un importante interlocutore per il Collegio sindacale; ciò in quanto il modello organizzativo, soggetto alle attività di verifica di detto organismo, è parte del sistema di controllo interno di cui il Collegio sindacale valuta l’adeguatezza e il funzionamento.
Occorre inoltre considerare che, attesi l’aumento delle ipotesi di reato (anche di natura colposa) incluse tra i reati presupposto e la rilevanza delle sanzioni (pecuniarie e interdittive) previste per le singole violazioni, l’eventuale commissione di reati presupposto, con conseguente applicazione delle relative sanzioni, può avere effetti significativi sugli equilibri economico – finanziari della società e sulla stessa continuità aziendale. Pertanto, anche in relazione ai precisi obblighi introdotti dal nuovo art. 2086 c.c., la valutazione dell’adeguatezza di tali assetti non può prescindere da una verifica delle misure organizzative volte a monitorare il rischio di commissione di eventuali reati presupposto e a ridurre tale rischio entro margini accettabili.
Il Collegio sindacale verifica che gli amministratori abbiano valutato l’adozione del modello organizzativo e, ove nominato, l’operatività dell’OdV in conformità alle previsioni del modello, nonché l’autonomia e l’indipendenza del medesimo OdV necessarie per svolgere in modo efficace la funzione assegnatagli (determinata, fra l’altro, dalla severità del sistema sanzionatorio previsto dal d.lgs. n. 231/2001 che, con diverse misure, potrebbe finanche compromettere le prospettive di continuità aziendale).
Va rilevato che, ove applicabile, la verifica di tali aspetti si baserà sulle indicazioni presenti nei codici di comportamento redatti dalle associazioni rappresentative degli enti e ritenuti idonei a prevenire i reati dal Ministero della Giustizia, come richiamati dall’art. 6, co. 3, d.lgs. n. 231/2001.
Nel caso in cui uno o più componenti dell’OdV siano stati scelti fra i sindaci della società, tale flusso informativo acquisisce, evidentemente, migliore diffusione e maggiore tempestività.
Si rammenta, al riguardo, che la stessa funzione di OdV può essere attribuita al Collegio sindacale (ex art. 6, co. 4-bis, d.lgs. n. 231/2001). Il legislatore ritiene, dunque, che la coincidenza delle due funzioni in un unico organo non comporti la loro sovrapposizione, né comprometta l’indipendenza dell’OdV. Le due funzioni rimangono tuttavia distinte, pur se coordinate fra loro, e delle attività svolte nell’espletamento delle stesse dovrà essere fornita separata evidenza documentale, dovendo pertanto darsi contezza dell’attività svolta ex d.lgs. n. 231/2001 in verbali e in carte di lavoro distinti rispetto al libro delle adunanze e delle deliberazioni del Collegio sindacale e ai relativi documenti di supporto.
Norma 5.6. Rapporti con gli organi di controllo delle società controllate
Principi
Nello svolgimento delle proprie funzioni, ricorrendo i presupposti di legge, il Collegio sindacale vigila sull’attività svolta per tramite delle società controllate, acquisendo e scambiando informazioni con gli organi di amministrazione e controllo di queste ultime.
Riferimenti normativi
Artt. 2359, 2403-bis, co. 2 e 3, c.c.
Criteri applicativi
In caso di situazioni di controllo ai sensi dell’art. 2359 c.c., la funzione di vigilanza del Collegio sindacale si estende anche all’attività svolta dalla società mediante le società controllate. Particolare attenzione deve essere posta all’esame delle operazioni infragruppo e sulle informazioni fornite dagli amministratori nella relazione sulla gestione delle società controllate.
A tal fine, il Collegio sindacale può:
– chiedere agli amministratori della società (anche con riferimento a determinati affari) notizie relative alle società controllate;
– scambiare informazioni con gli organi di amministrazione e con i corrispondenti organi di controllo delle società controllate.
A tal fine, il Collegio sindacale concorda con i corrispondenti organi delle società controllate termini e modalità per lo scambio di informazioni rilevanti prevedendo, eventualmente, incontri periodici.
Possono essere oggetto di reciproco scambio le informazioni ritenute utili ad adempiere le funzioni di propria competenza. In particolare, sono da considerarsi rilevanti le informazioni relative a:
– funzionamento dei sistemi di amministrazione e controllo;
– andamento generale dell’attività sociale;
– le eventuali irregolarità riscontrate nello svolgimento dell’attività di vigilanza.
I sindaci possono, altresì, chiedere all’organo amministrativo di acquisire dagli amministratori delle controllate tutte le informazioni ritenute rilevanti per vigilare sull’attività della società controllante.
I dati e le informazioni acquisite anche durante gli incontri sono oggetto di verbalizzazione da riportare nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del Collegio sindacale e sottoscritta dagli intervenuti.
II Collegio sindacale, nella sua opera di monitoraggio costante della continuità aziendale, è chiamato a vigilare sulla concessione di finanziamenti a società controllate o collegate. In particolare, il collegio valuta se tali finanziamenti possano esser considerati come operazioni di grave imprudenza o atti ad alto grado di rischio o privi di serie e ragionevoli prospettive di successo economico o non suffragati da idonei elementi probatori, volti a testimoniare il raggiungimento di un risultato complessivo a favore dell’intero gruppo (c.d. “teoria dei vantaggi compensativi”). A tal fine, il Collegio sindacale può intensificare gli scambi di informazioni con gli organi di controllo delle società controllate.
Commento
Lo scambio di informazioni tra gli organi di controllo del gruppo è un’attività particolarmente importante ai fini dello svolgimento delle funzioni e in particolare dell’attività di vigilanza svolta per la società controllante.
La vigilanza sarà tanto più mirata quanto maggiore è la dimensione del gruppo e la complessità della catena di controllo. Di conseguenza può essere necessario definire anche incontri periodici nei quali scambiarsi le informazioni più rilevanti.
6. POTERI/DOVERI DI REAZIONE DEL COLLEGIO SINDACALE: CONVOCAZIONE DELL’ASSEMBLEA. DENUNZIA DI FATTI CENSURABILI E DI GRAVI IRREGOLARITÀ. AZIONE DI RESPONSABILITÀ
La sezione 6 declina i poteri/doveri di reazione del Collegio sindacale a fronte di atti di mala gesti o, gravi irregolarità ed omissioni degli amministratori. Per meglio connotare gli strumenti di reazione nell’ambito di un’unica sezione, la Norma sulla convocazione dell’assemblea per fatti censurabili del consiglio di amministrazione è stata spostata nella sezione 6, diventando la nuova Norma 6.1.
Modifiche e integrazioni di una certa rilevanza hanno interessato la Norma 6.3 nella quale sono stati chiariti i doveri del Collegio sindacale a fronte di presunti atti di mala gestio degli amministratori denunziati dai soci ex art. 2408 c.c. È stata del pari rivista la Norma 6.4 nella quale si è recepita l’importante novità normativa apportata all’art. 2477 c.c. che reintroduce il controllo giudiziario anche nelle s.r.l.
Norma 6.1. Potere di convocazione dell’assemblea dei soci
Principi
Nello svolgimento della funzione di vigilanza, il Collegio sindacale, ricorrendone i presupposti, convoca l’assemblea dei soci formulando, se del caso, proposte e osservazioni.
Riferimenti normativi
Artt. 2406, 2408 c.c.
Criteri applicativi
I sindaci, allorché provvedano a convocare l’assemblea dei soci, sono tenuti a darne preventiva comunicazione al presidente del consiglio di amministrazione o all’amministratore unico. In mancanza del presidente del consiglio di amministrazione, la preventiva comunicazione deve essere indirizzata a tutti gli amministratori in carica, affinché i medesimi siano debitamente informati.
Dal momento che la legge attribuisce il potere di convocazione dell’assemblea all’organo di controllo in forma collegiale, occorre che il Collegio sindacale assuma previa delibera in tal senso.
Se un componente ritiene opportuno che il collegio si avvalga di tale potere, deve prospettarlo nel corso delle riunioni periodiche del collegio o richiedere una specifica riunione al fine di sollecitare la deliberazione collegiale in merito.
II Collegio sindacale può delegare al presidente il compimento degli atti inerenti e conseguenti alla convocazione dell’assemblea (redazione dell’avviso di convocazione e comunicazione dello stesso).
Il Collegio sindacale redige l’ordine del giorno e, se ritenuto opportuno, può predisporre una specifica relazione scritta da proporre all’assemblea dei soci.
Qualora la legge o lo statuto non prevedano un termine entro il quale convocare l’assemblea, la convocazione si considera omessa quando sono interamente trascorsi trenta giorni dal momento in cui gli amministratori o i sindaci sono venuti a conoscenza del presupposto che rende obbligatoria la convocazione (ex art. 2631 c.c.)
Il Collegio sindacale può venire a conoscenza del presupposto della convocazione sia direttamente durante le ordinarie attività di verifica trimestrale, sia indirettamente, a seguito di interlocuzioni con gli amministratori o la direzione aziendale o la funzione di controllo interno, se presente. È opportuno che il Collegio sindacale, nella propria verbalizzazione, dia evidenza della data di conoscenza del presupposto che rende obbligatoria la convocazione e delle modalità con cui detta conoscenza è avvenuta.
Commento
Il potere-dovere di convocazione dell’assemblea dei soci è attribuito ai sindaci collegialmente sia come obbligo proprio, qualora nell’espletamento del loro incarico ravvisino fatti censurabili di rilevante gravità e vi sia urgente necessità di provvedere, sia come potere sostitutivo, nei casi di inadempimento da parte dell’organo amministrativo.
In merito alla convocazione dell’assemblea a seguito della denuncia dei soci ex art. 2408 c.c. si rinvia alla Norma 6.2.
Norma 6.2. Riscontro di fatti censurabili
Principi
Il Collegio sindacale nei casi in cui riscontri fatti censurabili esercita ¡poteri di reazione ad esso attribuiti dalla legge.
Riferimenti normativi
Artt. 2086, 2403, 2403-bis, 2381, co. 5, 2406, co. 2, 2408, 2409 c.c.2477, co. 6, c.c.
Criteri applicativi
Il Collegio sindacale, quando riscontra fatti determinanti:
– violazioni della legge, dello statuto o dei principi di corretta amministrazione;
– inadeguatezza dell’assetto organizzativo, dell’assetto amministrativo-contabile, anche rispetto alla capacità di rilevare tempestivamente indizi di crisi o segnali e circostanze in cui la continuità sia messa in pericolo;
– irregolarità nella gestione;
– assenza di informazioni particolarmente rilevanti;
ne dà tempestiva notizia all’organo amministrativo, affinché siano adottate le opportune azioni correttive, delle quali il collegio monitora l’attuazione e l’efficacia.
Nel caso in cui gli amministratori non pongano rimedio ai fatti riscontrati, il Collegio sindacale può richiedere ai medesimi la convocazione dell’assemblea dei soci, durante la quale il Collegio presenta apposita relazione ai soci da depositare possibilmente tre giorni prima di quello fissato per l’assemblea. Il Collegio può anche relazionare verbalmente direttamente nel corso dell’assemblea.
In caso di inerzia, qualora i fatti individuati siano di rilevante gravità e vi sia urgenza di provvedere, previa comunicazione al presidente del consiglio di amministrazione, il Collegio sindacale provvede direttamente alla convocazione dell’assemblea dei soci, presentando sue conclusioni e proposte attraverso una relazione ai soci da depositare possibilmente prima di quello fissato per l’assemblea ovvero, qualora lo richiedano specifici motivi di opportunità, direttamente in assemblea.
In ogni caso, se i fatti censurati riscontrati a seguito della denunzia da parte dei soci integrano le irregolarità di cui all’art. 2409 c.c., il Collegio sindacale adotta gli atti ritenuti necessari come la segnalazione all’assemblea e/o la denunzia al Tribunale ex art. 2409 c.c. (Cfr. Norma 6.4).
Commento
Le attività del Collegio sindacale sono finalizzate, tra l’altro, a valutare preventivamente, a monitorare contestualmente e a controllare successivamente il rispetto della legge, dell’atto costitutivo, dello statuto e dei principi di corretta amministrazione nonché la diffusione di informazioni rilevanti e di adeguati flussi informativi da parte dell’organo amministrativo e l’adeguatezza e il funzionamento dell’assetto organizzativo e amministrativo-contabile, anche in funzione della rilevazione tempestiva di indizi di crisi o di situazioni che possono far sorgere dubbi sulla capacità dell’impresa di continuare a operare nella prospettiva della continuità.
Laddove, a seguito dell’attività di vigilanza, i sindaci riscontrino situazioni di inosservanza delle norme di legge e dello statuto e/o di disposizioni regolamentari, nonché di violazione dei principi di corretta amministrazione, nonché dell’adeguatezza e del funzionamento dell’assetto organizzativo e amministrativo-contabile rispetto alle finalità individuate dall’ordinamento, i medesimi sono chiamati ad attivarsi in relazione ai poteri di reazione che la legge concede loro.
La misura della reazione deve essere commisurata alla gravità e alla rilevanza dei fatti censurati, tenendo conto anche della natura e delle modalità di perseguimento dell’oggetto sociale, delle dimensioni della società e del settore di attività in cui la società opera.
Norma 6.3. Denunzia ex art. 2408 c.c.
Principi
Il Collegio sindacale indaga sui fatti censurabili denunziati dai soci e ne riferisce all’assemblea. Esso provvede alla convocazione della stessa quando nei casi di rilevante gravità vi sia la necessità di provvedere
Riferimenti normativi
Art. 2408 c.c., 2406, co. 2, c.c.
Criteri applicativi
Nel caso in cui un socio o più soci denunzino fatti censurabili al Collegio sindacale, i sindaci devono tempestivamente esaminare la denunzia al fine di valutarne la fondatezza.
Se la denunzia appare fondata, il Collegio svolge le necessarie indagini, dedicandovi tempo e risorse adeguate rispetto alle verifiche da effettuare e alle proprie capacità, se del caso avvalendosi della funzione di internai auditing, ove esistente.
Il collegio indaga sui fatti denunziati in modo da poter formulare conclusioni su di essi non potendosi limitare a riscontrare l’indicazione di fatti astratti di rilevante gravità per farne discendere l’informativa nella prima assemblea utile o una specifica convocazione.
Laddove necessario o opportuno, il Collegio sindacale richiede agli amministratori di intervenire affinché adottino gli opportuni provvedimenti.
Qualora ciò non avvenga ovvero anche in caso di inerzia degli amministratori, il Collegio sindacale in presenza di fatti censurabili di rilevante gravità e, qualora vi sia urgente necessità di provvedere, procede alla convocazione dell’assemblea alla quale presenta una propria circostanziata relazione sulle indagini svolte e i relativi riscontri.
In ogni caso, se i fatti riscontrati a seguito della denunzia da parte dei soci integrano le irregolarità di cui all’art. 2409 c.c., il Collegio sindacale, dopo aver informato l’assemblea e in assenza di opportune deliberazioni da parte della stessa, può presentare la denunzia al Tribunale.
Se, al contrario, a seguito delle indagini effettuate e alle eventuali azioni correttive intraprese, i fatti rilevati risultano sanati e ne sia evitato il ripetersi, il Collegio sindacale ne dà notizia nella prima assemblea utile, senza cioè provvedere a una specifica e apposita convocazione.
Nel caso in cui la denunzia appaia infondata, il Collegio sindacale ne dà notizia:
– nella prima assemblea utile, nel caso in cui la denunzia sia stata proposta da tanti soci che rappresentino il ventesimo del capitale sociale ovvero da tanti soci che, nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, rappresentino il cinquantesimo del capitale sociale, salvo che lo statuto non preveda percentuali minori di partecipazione;
– nella propria relazione annuale, qualora la denunzia sia stata presentata da un solo socio o da un numero di soci inferiore rispetto alla menzionata minoranza qualificata.
Commento
A seguito della denunzia dei soci legittimati il Collegio sindacale ha l’obbligo di attivarsi, svolgendo primariamente le indagini necessarie al fine di raccogliere ulteriori informazioni e accertare la fondatezza dei fatti denunziati. L’ordinamento non prevede scadenze per le indagini del Collegio sindacale, dipendendo la durata di quest’ultime dalla tipologia e dall’importanza delle censure denunziate e dall’attività di verifica che si renda necessaria per accertarne la fondatezza. La funzione di controllo attribuita al Collegio sindacale, che normalmente si estrinseca in termini di attività di vigilanza, cioè di supervisione generale e di sistema sulle diverse aree di competenza, può infatti spingersi sino allo svolgimento di specifiche attività ispettive nel caso di segnali di manifesta incompletezza, insufficienza, inattendibilità o irregolarità. La pervasività di tali verifiche ispettive è in ogni caso subordinata alla parziale limitatezza dei mezzi e delle risorse a disposizione del Collegio. Per tale ragione, il Collegio sindacale, nell’espletamento di indagini che richiedano il coinvolgimento di un numero significativo di risorse e/o l’espletamento di specifiche verifiche e/o controlli, può avvalersi della funzione di internai auditing, quando esistente.
Se la denunzia è fondata il collegio interviene affinché gli stessi organi sociali – gli amministratori ovvero, in caso di loro inerzia, l’assemblea dei soci – adottino gli opportuni provvedimenti o comportamenti preventivi o correttivi.
Norma 6.4. Denunzia ex art. 2409 c.c.
Principi
Il Collegio sindacale provvede alla denunzia al Tribunale in caso di fondato sospetto che gli amministratori, in violazione dei loro doveri, abbiano compiuto gravi irregolarità nella gestione che possono arrecare danno alla società o a una o più società controllate.
Riferimenti normativi
Artt. 2086, 2406, co. 2, 2409 c.c.
Criteri applicativi
Il Collegio sindacale è legittimato a presentare la denunzia al Tribunale, quando nell’espletamento della funzione di vigilanza abbia riscontrato o abbia ragionevoli motivi per sospettare che l’organo di amministrazione stia compiendo o abbia compiuto, in violazione dei propri doveri, dolosamente o colposamente, gravi irregolarità che possono arrecare un danno alla società o alle società da essa controllate.
Le irregolarità devono riguardare violazioni della legge, dello statuto e dei principi di corretta amministrazione, gravi inadeguatezze dell’assetto organizzativo e dell’assetto amministrativo-contabile, inadeguatezze palesate anche rispetto alla capacità di rilevare tempestivamente indizi di crisi o segnali e circostanze in cui la continuità sia messa in pericolo, gravi inadeguatezze dei flussi informativi.
La rilevanza delle irregolarità deve essere valutata in relazione alla natura e alle caratteristiche dell’attività esercitata e alle dimensioni della società.
La gravità delle irregolarità deve essere valutata in rapporto ai potenziali effetti delle violazioni conseguenti sia agli atti che alle omissioni ascrivibili agli amministratori.
Le gravi irregolarità devono essere attuali e idonee a produrre un danno patrimoniale rilevante alla società o alle sue controllate, anche potenziale. Può integrare una grave irregolarità la mancata o ritardata attivazione dell’organo di amministrazione per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.
Appare opportuno, qualora i sospetti di irregolarità non assumano la connotazione di fondatezza e gravità che determina l’immediata applicazione dell’art. 2409 c.c., che i sindaci svolgano preventivamente un’attenta attività di approfondimento e di verifica degli elementi che inducono a sospettare il compimento di irregolarità gestionali, se del caso anche in contraddittorio con gli stessi amministratori, e che diano preliminarmente corso a iniziative volte ad adottare gli opportuni e adeguati provvedimenti, quali:
– darne notizia a tutti gli amministratori;
– sollecitare la convocazione del consiglio di amministrazione o del comitato esecutivo ovvero dell’assemblea dei soci e, in caso di inerzia, convocare direttamente quest’ultimo organo sociale.
Qualora tali procedure si rivelassero inefficaci per la mancata adozione, da parte dell’assemblea, delle opportune deliberazioni ovvero per la mancata attivazione dei soci legittimati ai sensi del co.1 e, comunque, in caso d’urgenza, il Collegio sindacale procede senza indugio alla denunzia al Tribunale.
È legittimato alla denunzia al Tribunale il Collegio sindacale, inteso come organo, e non ciascuno dei suoi componenti. Presupposto della denunzia, pertanto, è una specifica delibera del Collegio sindacale, con la quale, tra l’altro, il presidente (ovvero altro componente del Collegio) deve essere autorizzato a conferire apposita procura alla lite a un difensore.
In caso di voto contrario da parte di uno o più componenti, la verbalizzazione della deliberazione evidenzia il dissenso motivato.
Commento
Il Collegio sindacale ha il potere-dovere di promuovere il controllo giudiziario della società ex art. 2409 c.c. a fronte del fondato sospetto, rilevato nel corso della propria attività di vigilanza, del compimento di irregolarità gestionali qualificabili come gravi e non superabili tramite gli ordinari rimedi endosocietari.
In linea con l’orientamento maggioritario della giurisprudenza, l’intervento del Collegio sindacale è quindi richiesto in caso di irregolarità attuali (cioè non rimosse dagli amministratori all’epoca della rinuncia) di cui il Collegio ha fondati sospetti e tali da poter determinare un danno, anche potenziale di valore significativo.
Si ritiene, opportuno, anche se ciò non è espressamente previsto dalla legge, che prima di attivare la procedura in commento sia opportuno che il Collegio sindacale attivi procedure endosocietarie, richiedendo formalmente agli amministratori di corregere i loro atti di malagestio o convocando l’assemblea (almeno nei casi in cui i soci non coincidano completamente con gli amministratori).
Si tratta di potere doveroso che, pur configurandosi come estremo rimedio, potrà essere esercitato al verificarsi degli specifici presupposti e la cui attivazione non può di per sé esporre i sindaci a responsabilità.
Gravi irregolarità sono riscontrabili anche in occasione di comportamenti totalmente omissivi da parte dell’organo di amministrazione rispetto agli obblighi previsti dall’art. 2086, secondo comma, c.c.
A seguito della recente modifica apportata dall’art. 2477 c.c., con l’inserimento del sesto comma, infine, l’organo di controllo (anche monocratico) della s.r.l. è legittimato a presentare la denunzia al Tribunale ai sensi dell’art. 2409 c.c.
Norma 6.5. Azione di responsabilità
Principi
Il Collegio sindacale può esercitare l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori per i danni arrecati alla società.
Riferimenti normativi
Art. 2393 c.c.
Criteri applicativi
Il Collegio sindacale può promuovere l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori quando, nell’esercizio dei propri poteri di vigilanza, riscontri il compimento da parte degli amministratori di gravi irregolarità nella gestione sociale che hanno cagionato ovvero continuano a cagionare un danno concreto alla società.
In particolare, è opportuno che l’azione sia tempestivamente promossa quando il suo eventuale ritardo possa aggravare le conseguenze degli eventi dannosi.
La deliberazione per promuovere l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori è assunta a maggioranza dei due terzi dei componenti del Collegio sindacale.
Commento
A differenza della denunzia ex art. 2409 c.c. che svolge tipicamente una funzione preventiva di ripristino del buon governo della società, l’azione di responsabilità sociale, operando successivamente, persegue la finalità di ripristino del patrimonio sociale.
La legittimazione a esercitare l’azione sociale di responsabilità nei confronti degli amministratori spetta in primo luogo all’assemblea dei soci (art. 2393-bis c.c.).
È opportuno, pertanto, che il Collegio sindacale agisca di propria iniziativa, valutandone sussistenti i presupposti, soltanto in ipotesi di inerzia da parte dell’organo assembleare e tenuto conto degli elementi eventualmente emersi nel corso della relativa assemblea.
7. RELAZIONE ALL’ASSEMBLEA DEI SOCI
La sezione 7 è dedicata alla relazione dei sindaci all’assemblea dei soci in merito ai controlli effettuati dal Collegio sindacale nelle proprie verifiche periodiche, alle eventuali osservazioni sul bilancio e ai rapporti tra questo documento e quello redatto dal soggetto incaricato della revisione legale, anche al fine di definire con maggior precisione le rispettive responsabilità. Novità rilevante della Norma è la possibilità concessa ai sindaci, in caso di giudizio negativo al bilancio espresso dal soggetto incaricato della revisione legale, di non esprimersi in assemblea in merito all’approvazione del bilancio.
Norma 7.1. Struttura e contenuto della relazione dei sindaci
Principi
Il Collegio sindacale ha l’obbligo di riferire all’assemblea dei soci sui risultati dell’esercizio sociale e sull’attività svolta nell’adempimento dei propri doveri mediante una relazione.
Riferimenti normativi
Artt. 2423, co. 5, 2429, co. 1 e 2, c.c.
Criteri applicativi
Nella relazione annuale, il Collegio sindacale riferisce all’assemblea sui risultati dell’esercizio sociale e sulla attività svolta nell’adempimento dei propri doveri, nonché presenta osservazioni e proposte in ordine al bilancio e alla sua approvazione, con particolare riferimento all’esercizio della deroga di cui all’art. 2423, co. 5, c.c.
Nella relazione, il Collegio sindacale riferisce circa gli esiti dell’attività di vigilanza svolta, evidenziandone gli elementi più significativi, nonché i fatti rilevanti accaduti durante l’esercizio sociale; all’interno di tali argomenti trova collocazione la facoltà di presentare osservazioni e proposte in ordine al bilancio e alla sua approvazione, con particolare riferimento all’esercizio della deroga di cui all’art. 2423, co. 5, c.c.
Di seguito, si individuano i criteri applicativi volti a definire la struttura e il contenuto di massima da osservarsi in sede di redazione della relazione predisposta dal Collegio sindacale non incaricato della revisione legale dei conti.
– Titolo della relazione “Relazione del Collegio sindacale all’assemblea dei soci ai sensi dell’art. 2429, co. 2, c.c.”.
– Destinatari della relazione
La relazione è indirizzata all’assemblea dei soci.
Sezione A
– Sintesi e risultati dell’attività di vigilanza svolta – omissioni e fatti censurabili
Il contenuto di tale sezione riguarda l’attività di vigilanza svolta dal Collegio sindacale che è compiuta anche in osservanza delle presenti Norme.
Il Collegio sindacale deve sinteticamente riferire all’assemblea circa l’attività svolta nell’adempimento dei propri doveri di vigilanza e, in particolare, circa le conclusioni cui è pervenuto all’esito dei controlli eseguiti e dell’attività svolta.
Sulla base delle informazioni acquisite, il Collegio sindacale relaziona sui seguenti profili di valutazione: o osservanza della legge e dello statuto (Cfr. Norma 3.2.); o rispetto dei principi di corretta amministrazione (Cfr.Norma 3.3.);
– adeguatezza e funzionamento dell’assetto organizzativo e del sistema di controllo interno (Cfr. Norme 3.4. e 3.5.);
– adeguatezza e funzionamento dell’assetto amministrativo-contabile (Cfr.Norma 3.6.);
– bilancio di esercizio e alla relazione sulla gestione (Cfr. Norma 3.7.).
In questa sezione, il Collegio sindacale segnala inoltre eventuali omissioni e ritardi da parte degli amministratori e riferisce sulle eventuali denunzie proposte dai soci, dando conto delle azioni intraprese e degli esiti ottenuti. Il collegio segnala il rilascio di eventuali pareri nel corso dell’esercizio.
Sezione B
– Proposte in ordine al bilancio, alla sua approvazione e alle materie di competenza del Collegio sindacale
Il Collegio sindacale deve formulare proprie osservazioni e proposte in ordine al bilancio avendo riguardo, in particolare, alla tempestività e alla correttezza della formazione dei documenti che lo compongono nonché del procedimento con cui sono stati predisposti e presentati all’assemblea, nei limiti della funzione che gli è demandata, come indicato alla Norma 3.7.
La relazione deve contenere uno specifico riferimento all’esercizio della deroga di cui all’art. 2423, co. 5, c.c.
e, nel caso questa sia intervenuta, segnalarne le ragioni ed esprimere le osservazioni del Collegio sindacale in merito alla loro fondatezza. Qualora sussistano i presupposti, la relazione deve anche esprimere il consenso del collegio all’iscrizione nell’attivo di bilancio dei costi di impianto e di ampliamento, dei costi di ricerca, di sviluppo aventi utilità pluriennale (art. 2426, n. 5, c.c.), nonché dell’avviamento (art. 2426, n. 6, c.c.) (Cfr. Norma 8.4.).
Infine, il Collegio sindacale deve formulare il proprio parere in ordine all’approvazione o non approvazione del bilancio; al riguardo va ribadito che al collegio la legge non affida gli accertamenti di natura contabile, demandati esclusivamente al soggetto incaricato della revisione legale. Il Collegio sindacale, infatti, non ha alcun obbligo, neanche in via sostitutiva, di revisione del bilancio d’esercizio e del consolidato laddove l’incarico sia affidato ad un soggetto incaricato della revisione legale. Il soggetto incaricato della revisione legale è, infatti, il responsabile del giudizio professionale sul bilancio d’esercizio e consolidato, ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. 39/2010, e basato sulla revisione legale. Con i responsabili della revisione il collegio procederà a scambiare informazioni rilevanti ai sensi dell’art. 2409-septies c.c. (Cfr. Norma 5.3.).
Pertanto, nell’esprimere le proprie osservazioni e proposte all’assemblea dei soci, il collegio dovrà tener conto del giudizio sul bilancio fornito ex art. 14 d.lgs. n. 39/2010 dal soggetto incaricato della revisione legale e delle informazioni scambiate con lo stesso ai sensi dell’art. 2409-septies c.c.
Nei casi di relazioni di revisione contenenti giudizi con modifica, il collegio dovrà analizzare le motivazioni sottostanti all’espressione del giudizio al fine di giungere alle proprie osservazioni e proposte sull’approvazione del bilancio.
I giudizi con modifica possono, infatti, derivare da diverse fattispecie:
a) Giudizio con rilievi per deviazioni dalle norme e dai principi contabili di riferimento.
Tale giudizio viene reso a fronte di errori, non corretti dalla direzione aziendale, valutati dal soggetto incaricato della revisione legale di effetto significativo ma non pervasivo. In questi casi il Collegio sindacale, fatte le peculiari valutazioni del caso concreto e nell’ipotesi condivida le conclusioni del soggetto incaricato della revisione legale, può invitare l’assemblea ad approvare il bilancio previa richiesta di correzione dello stesso, secondo quanto indicato nella relazione di revisione.
b) Giudizio con rilievi per limitazioni nelle procedure di revisione
II giudizio in esame viene rilasciato dal soggetto incaricato della revisione legale quando nello svolgimento delle procedure di revisione necessarie per acquisire gli elementi probativi sufficienti ed appropriati per l’espressione del giudizio abbia riscontrato limitazioni di effetto valutato potenzialmente significativo ma non pervasivo.
Le limitazioni possono derivare da situazioni oggettive, ossia non dipendenti dalla direzione aziendale, oppure da restrizioni da questa imposte.
Nel primo caso il collegio, fatte le peculiari valutazioni del caso concreto e nell’ipotesi condivida le conclusioni del soggetto incaricato della revisione legale, può invitare l’assemblea ad approvare il bilancio evidenziando a sua volta le limitazioni riscontrate dal soggetto incaricato della revisione legale e la loro attualità alla data di approvazione del bilancio stesso.
Nel secondo caso il collegio, sempre fatte le peculiari valutazioni del caso concreto e nell’ipotesi condivida le conclusioni del soggetto incaricato della revisione legale, può invitare l’assemblea ad approvare il bilancio previa richiesta agli amministratori di eliminazione delle limitazioni alle procedure di revisione che hanno determinato il giudizio con modifica.
c) Dichiarazione di impossibilità di esprimere un giudizio sul bilancio
La dichiarazione di impossibilità ad esprimere un giudizio sul bilancio da parte del soggetto incaricato della revisione legale può determinarsi in due circostanze:
i) nel caso il soggetto incaricato della revisione legale abbia riscontrato limitazioni nelle procedure di revisione valutate di effetto potenzialmente pervasivo;
ii) in situazioni estremamente rare caratterizzate da molteplici incertezze significative, per il bilancio nel suo complesso, circa l’utilizzo da parte degli amministratori del presupposto della continuità aziendale e da appropriata informativa di bilancio.
Nel caso sub i) il collegio, fatte le peculiari valutazioni del caso concreto e nell’ipotesi condivida le conclusioni del soggetto incaricato della revisione legale, può:
– invitare l’assemblea a non approvare il bilancio laddove le limitazioni riscontrate dal soggetto incaricato della revisione legale siano imputabili alla direzione aziendale;
– nel caso le limitazioni dipendano da situazione oggettive, formulare le proprie osservazioni sul bilancio per quanto riguarda le attività di vigilanza, riferendo ai soci, nella propria relazione, di non essere in grado di formulare una proposta circa l’approvazione dello stesso a causa delle limitazioni con effetto potenzialmente pervasivo segnalate dal soggetto incaricato della revisione legale.
Nel caso sub ii) il collegio, fatte le peculiari valutazioni del caso concreto e nell’ipotesi condivida le conclusioni del soggetto incaricato della revisione legale, può formulare le proprie osservazioni sul bilancio per quanto riguarda le attività di vigilanza, riferendo ai soci, nella propria relazione, di non essere in grado di formulare una proposta circa l’approvazione dello stesso a causa delle molteplici incertezze significative per il bilancio nel suo complesso segnalate dal soggetto incaricato della revisione legale.
d) Giudizio negativo
Il soggetto incaricato della revisione legale esprime un giudizio negativo laddove, avendo acquisito elementi probativi sufficienti ed appropriati, conclude che gli errori, singolarmente o nel loro insieme, siano significativi e pervasivi per il bilancio. Il collegio, fatte le peculiari valutazioni del caso concreto e nell’ipotesi condivida le conclusioni del soggetto incaricato della revisione legale, inviterà l’assemblea a non approvare il bilancio.
Dissenso
Il sindaco dissenziente ha il diritto di far iscrivere a verbale i motivi del proprio dissenso e ha la facoltà di riferire all’assemblea la propria opinione difforme rispetto alla relazione approvata dalla maggioranza dei componenti del Collegio sindacale.
In caso di dissenso, la relazione può essere redatta dalla maggioranza del collegio, dando evidenza della sussistenza del dissenso di un sindaco e delle relative motivazioni. La relazione così redatta è sottoscritta da tutti i sindaci. Nel caso in cui il sindaco dissenziente non intenda comunque sottoscrivere la relazione, ad esempio perché non concorda sulle motivazioni del dissenso come espresse nella relazione, essa è sottoscritta dalla maggioranza dei sindaci specificando l’esistenza del dissenso, ferma restando per il sindaco dissenziente la facoltà di espressione sopra precisata.
Sezione C
Aspetti procedurali
La relazione all’assemblea si conclude con approvazione da parte del collegio: è dunque apposta l’indicazione del luogo e della data di redazione e la sottoscrizione di ciascuno dei sindaci, indicando il proprio ruolo all’interno del Collegio sindacale (presidente o sindaco effettivo).
La relazione del Collegio sindacale è collegiale e la sua approvazione è oggetto di verbalizzazione, e il verbale è trascritto nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del Collegio sindacale.
Salvo quanto previsto per il caso di dissenso, la relazione viene sottoscritta, con firma autografa o elettronica, da tutti i membri del Collegio sindacale. Nel caso in cui la relazione sia approvata con consenso unanime essa può essere sottoscritta dal solo presidente precisando tale situazione.
La relazione, approvata dal Collegio sindacale, è depositata presso la sede della società almeno quindici giorni prima della data dell’assemblea convocata per l’approvazione del bilancio.
Commento
La relazione annuale del Collegio sindacale, predisposta in occasione dell’assemblea convocata per l’approvazione del bilancio, è finalizzata principalmente a garantire un’informativa efficace e trasparente agli azionisti e ai diversi stakeholders.
La relazione del Collegio sindacale è il documento mediante il quale i sindaci riferiscono all’assemblea sugli esiti dell’attività di vigilanza svolta nel corso dell’esercizio, nonché, per quanto concerne alla funzione loro attribuita, sulla “qualità” informativa del progetto di bilancio presentato ai soci per l’approvazione. Inoltre, la relazione del Collegio sindacale, con la sua pubblicazione nel registro delle imprese quale allegato del bilancio d’esercizio, provvede a dar conto della valutazione del collegio sull’informativa della società che è resa ai terzi.
Il Collegio sindacale dovrà relazionare all’assemblea qualora nelle sue verifiche periodiche ravveda carenze significative negli idonei assetti organizzativi finalizzati a rilevare in modo tempestivo segnali di crisi e se gli amministratori abbiano agito secondo corretti principi di amministrazione nella gestione della crisi.
Il collegio può esprimere, in questa prospettiva, il proprio dissenso in ordine alla denominazione, classificazione, iscrizione e valutazione di specifiche poste di bilancio rispetto alle quali è richiesto un suo specifico parere a norma di legge o sul contenuto di specifiche informazioni fornite, od omesse, in nota integrativa, sugli schemi di bilancio e nella relazione sulla gestione, che risultino in palese contraddizione con quanto riscontrato dall’organo di controllo nell’ambito della sua attività di vigilanza.
Il Collegio sindacale deve, infine, formulare le proprie osservazioni e le proprie proposte in ordine all’approvazione, o meno, del bilancio. Al riguardo, occorre ribadire che la legge non affida al Collegio sindacale gli accertamenti di natura contabile, demandati esclusivamente al soggetto incaricato della revisione legale. A conferma di quanto sopra depone, peraltro, la circostanza che al Collegio sindacale non è concesso accedere e monitorare le carte di lavoro del soggetto incaricato della revisione legale che resta quindi artefice unico dei controlli contabili e del giudizio sul bilancio.
Lo stesso principio di revisione ISA Italia n. 700 supporta tale conclusione laddove nella sezione della relazione di revisione intitolata “Responsabilità degli amministratori e del Collegio sindacale per il bilancio d’esercizio” prevede che: “Il Collegio sindacale ha la responsabilità della vigilanza, nei termini previsti dalla legge, sul processo di predisposizione dell’informativa finanziaria della società”, diversamente da quanto precisato con riferimento alla responsabilità dell’incaricato della revisione legale nella sezione a ciò dedicata.
8. PARERI E PROPOSTE DEL COLLEGIO SINDACALE
La sezione 8 è stata incisivamente modificata e integrata con 5 nuove Norme. La Norma 8.1 è dedicata all’approvazione vincolante richiesta al collegio in caso di cooptazione degli amministratori; le Norme 8.2. e 8.3. si soffermano sulla proposta motivata del Collegio sindacale per la nomina dell’incaricato della revisione legale e sul parere in caso di cessazione anticipata di quest’ultimo. La Norma 8.4. è dedicata all’unico vero parere contabile rimasto in capo ai sindaci attinente alla iscrizione nell’attivo dello stato patrimoniale dei costi di impianto, ampliamento, sviluppo ed ampliamento. Infine, nuova è anche la Norma 8.5. relativa al parere reso in ordine alla remunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche. Laddove il parere o le osservazioni vengono richiesti nell’ambito di un iter più complesso (criteri di valutazione delle azioni nel recesso ex art. 2437-ter c.c., osservazioni in caso di perdite significative ex art. 2446 c.c., congruità del prezzo di emissione delle azioni in caso di aumento di capitale con esclusione o limitazione del diritto di opzione ex art. 2441 c.c., attestazione del rispetto dei limiti di emissioni obbligazionarie 2412 c.c.), l’attività espletata dal Collegio sindacale è oggetto di esame nell’ambito delle Norme dedicate alle operazioni o ai procedimenti esaminati nel loro complesso.
Norma 8.1. Approvazione della delibera di nomina per cooptazione di amministratori
Principi
Il Collegio sindacale è tenuto ad approvare la deliberazione con cui gli amministratori provvedono a sostituire uno o più amministratori venuti a mancare nel corso dell’esercizio. Tale approvazione oltre che obbligatoria risulta vincolante per gli amministratori.
Riferimenti normativi
Artt. 2386, 2477 c.c.
Criteri applicativi
In merito alla valutazione a cui il Collegio sindacale è tenuto circa la scelta dell’amministratore (o degli amministratori) in pectore si ritiene che essa debba attenere, sia alla legalità, sia all’opportunità della scelta.
Fermo restando che la maggioranza degli amministratori deve essere costituita da soggetti nominati dall’assemblea, è opportuno che il collegio richieda agli amministratori in carica, antecedentemente alla data fissata per la riunione recante all’ordine del giorno la cooptazione, la seguente documentazione:
– un’autocertificazione del candidato amministratore di non essere soggetto ad una causa di ineleggibilità e decadenza ex art. 2382 c.c.;
– l’eventuale attestazione del possesso dei requisiti di professionalità e indipendenza del candidato (se richiesta dallo statuto o dal regolamento sociale).
Il diniego all’approvazione della nomina dell’amministratore, da parte del Collegio sindacale, deve essere opportunamente motivato.
L’approvazione, o la mancata approvazione, del Collegio sindacale alla nomina del cooptato (o dei cooptati) può avvenire sia con apposito assenso, o con dissenso motivato, espresso ed annotato nel verbale della riunione, sia attraverso la presentazione agli amministratori di specifico e autonomo verbale del collegio da allegare al libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione.
Il Collegio sindacale, deve poi accertare che all’ordine del giorno della prima assemblea successiva alla nomina sia inserito un punto relativo alla nomina degli amministratori.
Se nel corso dell’esercizio vengono a mancare uno o più amministratori, gli altri amministratori devono provvedere alla sostituzione con una deliberazione che deve essere approvata dal Collegio sindacale, purché la maggioranza sia sempre costituita da amministratori nominati dall’assemblea. Tale approvazione, oltre che obbligatoria, risulta vincolante per gli amministratori.
Commento
Ai sensi dell’art. 2386 c.c., comma primo, una volta che gli amministratori in carica abbiano designato gli amministratori da cooptare, la relativa deliberazione deve essere approvata dal Collegio sindacale, o dal sindaco unico di s.r.l., laddove la cooptazione sia prevista nello statuto della società.
In tal caso, non si tratta di un parere ma di una “approvazione” della delibera consiliare da parte del Collegio sindacale, in assenza della quale la delibera di nomina del cooptato da parte degli amministratori in carica risulterà invalida. Da ciò consegue che, qualora il Collegio sindacale (o il sindaco unico nelle srl in cui si renda statutariamente applicabile la procedura dell’art. 2386 c.c.) non approvasse la delibera degli amministratori, il consiglio dovrebbe procedere a nuove designazioni, le quali dovrebbero passare nuovamente al vaglio dell’organo di controllo.
Si ritiene che al fine di fornire il proprio assenso vincolante in merito al soggetto (o ai soggetti) cooptato (cooptati) la valutazione del Collegio sindacale concerna, oltre alla legalità anche il merito, cioè il possesso dei requisiti di professionalità e indipendenza.
Per quanto attiene alla s.a.p.a., trova applicazione la Norma 9.2.
Norma 8.2. Proposta motivata del Collegio sindacale per la nomina del soggetto incaricato della revisione legale
Principio
Salva l’ipotesi di prima nomina del soggetto incaricato della revisione legale, il Collegio sindacale esprime una proposta motivata per il conferimento dell’incarico di revisione legale per l’intera durata dell’incarico, nonché in merito agli eventuali criteri per l’adeguamento del corrispettivo.
Riferimenti normativi
Art. 13 d.lgs. n. 39/2010
Criteri applicativi
In occasione della nomina del soggetto incaricato alla revisione legale, fatta eccezione per le società di nuova costituzione, spetta al Collegio sindacale lo svolgimento dell’attività istruttoria e la valutazione dei potenziali revisori, persone fisiche o società di revisione, anche in relazione alle dimensioni, alla natura dell’attività esercitata e all’organizzazione della società in cui il soggetto incaricato della revisione legale dovrà essere nominato, sui quali il collegio dovrà presentare all’assemblea una proposta motivata sul conferimento dell’incarico di revisione legale.
La presentazione dei candidati revisori alla società può avvenire anche su indicazione del Collegio sindacale, o dei soci, nel pieno rispetto del principio di indipendenza.
Ai fini di una congrua valutazione dei soggetti canditati all’incarico di revisione, il collegio potrà anche interloquire con gli aspiranti canditati.
Le proposte di incarico dei soggetti che potranno essere incaricati della revisione dovranno essere presentate alla società e indirizzate per conoscenza anche all’organo di controllo.
Possibili criteri di selezione
I criteri di valutazione per la selezione del soggetto incaricato della revisione legale dei conti possono essere individuati, inter alla, tra i seguenti:
– procedure e direttive adottate per garantire l’indipendenza e altre norme pertinenti l’incarico;
– approccio di revisione utilizzato;
– piano di lavoro che assicuri un’adeguata copertura delle aree maggiormente significative;
– comprensione dell’impresa e del contesto in cui opera;
– modalità con le quali si attuano gli scambi di informazione con l’organo di controllo (frequenza; forma);
– reputazione (elemento particolarmente rilevante);
– direttive e procedure sul sistema di controllo di qualità;
– personale, esperti, collaboratori, che costituiscono il team di revisione;
– rispetto degli obblighi di formazione professionale continua;
– esperienza nel settore specifico;
– appropriata esperienza rispetto all’incarico da conferire;
– tempo da dedicare direttamente all’incarico da parte del responsabile della revisione;
– rete professionale adeguata alle esigenze di copertura territoriale;
– se presente, valutazione dell’adeguatezza della copertura assicurativa;
– corrispettivo della revisione. Bisogna prediligere l’offerta economicamente più vantaggiosa e non la più bassa.
Proposta motivata
La proposta motivata dell’organo di controllo deve contenere:
– indicazione del numero delle proposte pervenute;
– indicazione del corrispettivo richiesto da ciascun candidato soggetto incaricato della revisione legale;
– valutazione del piano di revisione presentato da ciascun candidato soggetto incaricato della revisione legale;
– valutazione circa il requisito dell’indipendenza del candidato soggetto incaricato della revisione legale (sulla base della documentazione dallo stesso presentata);
– valutazione del possesso di idonea organizzazione;
– proposta all’assemblea di uno o più nominativi in possesso dei requisiti richiesti.
È opportuno che la proposta sia redatta per iscritto e depositata, se possibile, entro il termine di convocazione dell’assemblea chiamata ad approvare il bilancio di esercizio, o dell’assemblea delegata alla nomina.
Dal momento che la legge non individua termini e formalità di redazione, la proposta motivata può essere presentata direttamente ai soci in sede assembleare; è opportuno che essa sia redatta in forma scritta.
Nel caso di più candidature, il Collegio sindacale potrà fornire all’assemblea anche una valutazione comparativa tra i profili dei candidati e stilare una graduatoria assegnando un ordine preferenziale ed evidenziando, se del caso, le proposte ritenute non idonee fornendo al riguardo adeguata motivazione.
L’assemblea nominerà di norma il candidato soggetto incaricato della revisione legale che il Collegio sindacale ha ritenuto maggiormente idoneo, ma, motivandone le ragioni, potrà anche scegliere il soggetto inserito nella lista del collegio con ordine di preferenza inferiore.
L’assemblea non potrà tuttavia optare per un soggetto che il Collegio sindacale ha ritenuto non idoneo o rispetto al quale il Collegio sindacale non ha potuto esprimere una valutazione adeguata.
Qualora l’assemblea volesse proporre un soggetto differente e non ricompreso nella lista presentata dal collegio, quest’ultimo dovrà essere messo in condizione di esprimere il parere motivato ad esso riservato dalla legge e quindi l’assemblea di nomina dovrà essere riconvocata.
Il collegio verifica che dal verbale assembleare emerga in ogni caso:
– l’oggetto della revisione legale;
– il riferimento agli esercizi interessati;
– il compenso spettante al soggetto incaricato della revisione legale, determinato ai sensi dell’art. 10, comma 9, d.lgs. n. 39/2010 ed eventuali rimborsi spese con modalità dei relativi calcoli;
– eventuali criteri/clausole di variabilità del compenso per indicizzazione e fatti eccezionali ed imprevedibili finalizzati all’adeguamento del corrispettivo in costanza di incarico;
– la durata dell’incarico.
In caso di cessazione anticipata dell’incarico di revisione legale, il Collegio sindacale presenta una proposta motivata di nomina affinché l’assemblea possa conferire tempestivamente un nuovo incarico ad altro soggetto (art. 13, co. 3, d.lgs. n. 39/2010).
In caso di revoca del soggetto incaricato della revisione legale, il Collegio sindacale presenta la suddetta proposta unitamente al proprio parere sulla revoca (Cfr. Norma 8.3.).
Commento
Nell’ambito della nomina del soggetto incaricato della revisione legale su proposta motivata del Collegio sindacale, i sindaci sono tenuti ad assumere informazioni sufficienti per esprimere all’assemblea la propria proposta sul conferimento dell’incarico, che si fonderà su una serie di informazioni richieste e fornite dai candidati revisori.
Nell’esprimere la proposta motivata relativa alla nomina, il Collegio sindacale valuta, in particolare, gli aspetti relativi all’indipendenza dell’incarico della revisione legale, all’idoneità tecnica del soggetto incaricato della revisione legale anche con riguardo alla sua organizzazione. Si terrà conto anche dell’adeguatezza del corrispettivo in relazione all’ampiezza e alla complessità dell’incarico.
Norma 8.3. Pareri del Collegio sindacale in relazione alle ipotesi di cessazione anticipata dell’incarico di revisione legale
Principi
Il Collegio sindacale esprime il proprio parere in caso di revoca per giusta causa del soggetto incaricato della revisione legale e negli altri casi di cessazione anticipata dell’incarico di revisione legale previsti dall’ordinamento.
Riferimenti normativi
Art. 13 d.lgs. n. 39/2010; d.m. n. 261/2012; Determina della ragioneria generale dello Stato del 2 aprile 2013.
Criteri applicativi
Revoca per giusta causa
Il Collegio sindacale in caso di revoca per giusta causa dell’incarico di revisione legale è tenuto a:
– formulare il proprio parere all’assemblea dei soci in ordine al ricorrere della giusta causa di revoca;
– presentare contestualmente la proposta motivata all’assemblea dei soci per il conferimento dell’incarico ad altro soggetto (Cfr.Norma 8.2.).
Ai fini dell’espressione del parere il Collegio sindacale:
– assume le necessarie informazioni dall’organo di amministrazione della società circa la ricorrenza della giusta causa di revoca;
– valuta la proposta di revoca trasmessa dagli amministratori all’assemblea e ai sindaci e le motivazioni su cui essa si basa;
– valuta le osservazioni formulate dall’incaricato della revisione legale in ordine alla proposta di revoca;
– verifica la ricorrenza della giusta causa in conformità a quanto disposto dall’art. 4 d.m. n. 261/2012 (NOTA 10).
A seguito della revoca, il Collegio sindacale vigila che il soggetto incaricato della revisione legale revocato non assuma un nuovo incarico di revisione presso la società prima che sia trascorso un anno dalla revoca.
Dimissioni del soggetto incaricato della revisione legale
Il Collegio sindacale, in caso di dimissioni presentate dal soggetto incaricato della revisione legale alla società, è tenuto a formulare il proprio parere all’assemblea dei soci convocata per la presa d’atto delle dimissioni e il conferimento di un nuovo incarico di revisione. A tal fine, il Collegio sindacale:
– verifica che le dimissioni presentate dal soggetto incaricato della revisione legale siano state da quest’ultimo comunicate al rappresentante legale e al presidente del Collegio sindacale;
– verifica la ricorrenza di circostanze idonee a motivare le dimissioni come descritte dall’art. 5, co. 1, del d. m. n. 261/2012 ovvero la rilevanza delle altre circostanze dedotte dall’incaricato della revisione legale per motivare l’impossibilità della prosecuzione dell’incarico di revisione, anche in considerazione delle finalità dell’attività di revisione legale, come previsto dall’art. 5, co. 2, del d.m. n. 261/2012 (NOTA 11);
– verifica che, nei casi summenzionati, le dimissioni siano state formulate in tempi e modi idonei per consentire alla società di provvedere conseguentemente (art. 5, co. 3, del d.m. n. 261/2012);
– verifica le ipotesi di dimissioni presentate per grave e comprovato impedimento ai sensi dell’art. 13, co. 4, d.lgs. n. 39/2010.
A seguito della presa d’atto delle dimissioni da parte dell’assemblea il Collegio sindacale vigila che:
– venga attivato tempestivamente il procedimento di selezione e nomina del nuovo soggetto incaricato della revisione legale (Cfr. Norma 8.2.);
– il procedimento di nomina del nuovo soggetto incaricato della revisione legale si concluda entro sei mesi dalle dimissioni;
– il soggetto incaricato della revisione legale dimissionario continui a esercitare la propria funzione fino a quando la delibera di conferimento del nuovo incarico non sia diventata efficace (vale a dire dalla data di accettazione dell’incarico da parte del soggetto incaricato della revisione legale prescelto) e comunque non oltre sei mesi dalle dimissioni;
– il soggetto incaricato della revisione legale dimissionario non assuma un nuovo incarico di revisione presso la società prima che sia trascorso un anno dalle dimissioni.
Risoluzione consensuale dell’incarico
Il Collegio sindacale in caso di risoluzione consensuale dell’incarico di revisione è tenuto a formulare il proprio parere all’assemblea dei soci convocata per deliberare sulla risoluzione.
Ai fini dell’espressione del parere, il Collegio sindacale:
– verifica le modalità e le circostanze in cui la società e il soggetto incaricato della revisione addivengono alla risoluzione consensuale, escludendo un utilizzo improprio dell’istituto;
– valuta i motivi su cui si basa la risoluzione consensuale del contratto di revisione;
– verifica che la risoluzione consensuale non impedisca la continuità della revisione legale;
– valuta le osservazioni formulate dal soggetto incaricato della revisione legale.
A seguito della risoluzione consensuale del contratto, il Collegio sindacale vigila che le funzioni di revisione continuino ad essere esercitate dallo stesso soggetto incaricato della revisione legale, fino a quando la deliberazione di conferimento del nuovo incarico a un soggetto diverso non sia divenuta efficace e, comunque, non oltre sei mesi dalla data della risoluzione consensuale (art. 7, co. 2 e 3, d.m. n. 261/2012).
I pareri del Collegio sindacale devono essere adeguatamente motivati e sono il risultato di una decisione assunta collegialmente di cui deve essere fornita evidenziazione in un apposito verbale da trascriversi nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del Collegio sindacale.
È necessario che ciascun parere sia redatto per iscritto (NOTA 12); è altresì opportuno che il parere sia depositato presso la sede sociale anteriormente alla data di prima convocazione dell’assemblea chiamata ad esprimersi in ordine alla revoca e alla risoluzione consensuale o alla presa d’atto delle dimissioni.
In ogni caso, dal momento che l’ordinamento non individua un termine per il deposito, il parere può essere presentato direttamente ai soci in sede assembleare.
II Collegio sindacale, inoltre, vigila che la società effettui le comunicazioni prescritte dall’ordinamento, nel termine di quindici giorni dalla data in cui l’assembla ha adottato le corrispondenti determinazioni, in ordine alla cessazione anticipata dell’incarico di revisione e, in caso di omissione, provvede in via sostitutiva a effettuarle, incaricando all’uopo il presidente (NOTA 13).
Commento
L’art. 13, commi 3 e ss., del d.lgs n. 13/2010 (ndr art. 13, commi 3 e ss., del d.lgs n. 39/2010) prevede che il Collegio sindacale sia tenuto a rilasciare un parere nelle ipotesi di revoca per giusta causa e di dimissioni del soggetto incaricato della revisione legale, nonché nell’ipotesi di risoluzione consensuale del contratto di revisione da parte della società e del soggetto incaricato della revisione legale.
La normativa primaria è stata corredata del Decreto del MEF del 28 dicembre 2012, adottato sentita la Consob e recante il “Regolamento concernente i casi e le modalità di revoca, dimissioni e risoluzione consensuale dell’incarico di revisione legale, in attuazione dell’articolo 13, comma 4, del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39”.
Le modalità con cui effettuare gli obblighi di comunicazione al MEF, imposti dall’art. 13, co. 7, d.lgs. n. 39/2010 e disciplinati nell’art. 10 del d.m. n. 261/2012, sono contenute nella Determina della Ragioneria generale del 2 aprile 2013.
I pareri del Collegio sindacale sono obbligatori – e, per tal motivo, rappresentano una condizione di validità della delibera assembleare – ma non vincolanti per l’assemblea che, pertanto, può disattenderli. In ogni caso, si reputa opportuno che i pareri siano adeguatamente motivati, considerata la rilevanza della cessazione anticipata dell’incarico e le ricadute che essa può comportare per la società e per il soggetto incaricato della revisione legale.
Norma 8.4. Iscrizione nell’attivo dello stato patrimoniale di costi di impianto, ampliamento, sviluppo e per avviamento
Principi
Nel caso di iscrizione di costi pluriennali, di impianto, di ampliamento e di sviluppo è necessario il consenso del Collegio sindacale. Anche l’avviamento può essere iscritto nell’attivo con il consenso del Collegio sindacale.
Riferimenti Normativi
Art. 2426 co. 1, n. 5 e n. 6, c.c.
Criteri Applicativi
I costi pluriennali sono costi che non esauriscono la loro utilità nell’esercizio in cui sono sostenuti e, per la loro natura straordinaria, possono essere iscritti nell’attivo sulla base di una scelta fondata su criteri di discrezionalità tecnica, con il consenso del Collegio sindacale.
In particolare, trattasi dei costi di impianto, di ampliamento, di sviluppo, e di avviamento, quest’ultimo se acquisito a titolo oneroso.
II Collegio sindacale, per fornire il proprio consenso, deve annualmente accertare che sia ragionevolmente dimostrata l’utilità futura di tali costi, che esista una correlazione oggettiva con i relativi benefici futuri e che sia prevedibile, con ragionevole certezza, la loro recuperabilità. A tal fine, il Collegio sindacale scambia le necessarie informazioni con il soggetto incaricato della revisione legale.
La norma richiede un esplicito intervento del Collegio sindacale nell’accertamento dei requisiti necessari per procedere alla capitalizzazione, dando prevalenza al principio della prudenza, attraverso l’espressione del consenso.
Il Collegio sindacale, nell’esprimere il proprio consenso, farà riferimento al principio della rilevanza.
Per procedere alla capitalizzazione dei costi pluriennali occorrerà l’incontro delle manifestazioni di volontà del consiglio di amministrazione e del Collegio sindacale.
Se gli amministratori non forniscono al Collegio sindacale elementi probativi sufficienti ed appropriati su cui basare il consenso, questi, nella propria relazione, dichiarerà di essere impossibilitato a esprimere il consenso e illustrerà sinteticamente le limitazioni nelle procedure di controllo che hanno determinato l’impossibilità ad esprimere il consenso.
Trattandosi di un’approvazione, cioè di acconsentire che un atto si compia, si ritiene che sia opportuno che il consenso sia espresso in forma scritta, contenuta nei documenti ufficiali che saranno sottoposti all’assemblea per l’approvazione del bilancio.
I sindaci riportano gli accertamenti svolti e le conclusioni raggiunte a sostegno della capitalizzazione dei costi pluriennali nella relazione dei Sindaci al progetto di bilancio.
In aggiunta, sempre svolgendo un’attività ispirata al principio di prudenza, i sindaci verificano anche che non siano distribuiti dividendi qualora non abbiano verificato che nella proposta di distribuzione degli utili e nella conseguente delibera dell’assemblea dei soci residuino riserve disponibili sufficienti a coprire l’ammontare dei costi di impianto e ampliamento e dei costi di sviluppo non ammortizzati.
Commento
L’art. 2426, co. 1, n. 5 n. 6, c.c. prevede testualmente l’iscrizione dei costi pluriennali con il consenso del Collegio sindacale, senza indicare la modalità con cui deve essere espresso tale consenso.
Gli amministratori, sentito il Collegio sindacale, potranno dare atto nello stesso progetto di bilancio che l’iscrizione dei costi pluriennali, ivi incluso l’avviamento, è stata operata con il consenso del Collegio sindacale.
II Collegio sindacale riporta gli accertamenti svolti e le conclusioni raggiunte a sostegno della capitalizzazione dei costi pluriennali nella relazione sul progetto di bilancio.
Norma 8.5. Parere su remunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche
Principio
La remunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche in conformità dello statuto è stabilita dal consiglio di amministrazione, sentito il parere obbligatorio del Collegio sindacale.
Riferimenti normativi
Art. 2389 co. 3 c.c.
Criteri applicativi
L’oggetto del parere obbligatorio reso dal Collegio sindacale, ai sensi dell’art. 2389 c.c. riguarda le remunerazioni determinate per:
– la carica di amministratore delegato la cui delega sia stata conferita sulla base di una previsione statutaria
– la carica di presidente e/o del vicepresidente investito di mansioni operative;
– di coloro che fanno parte di speciali comitati previsti dallo statuto, per i quali sia previsto un impegno maggiore rispetto a quello di semplice amministratore.
Il parere del Collegio sindacale, obbligatorio ma non vincolante, è richiesto quando la remunerazione degli amministratori investiti delle cariche venga integralmente delegato dall’assemblea o dallo statuto al consiglio di amministrazione.
Le valutazioni del collegio devono essere fondate sulla ragionevolezza della remunerazione attribuita che, da un lato, non deve risultare sproporzionata ed irragionevole in relazione alla situazione economico patrimoniale della società, ma, dall’altro lato, deve anche essere adeguata in relazione alla professionalità, all’esperienza e alla competenza, nonché alla responsabilità propria della delega, così da rappresentare per il delegato una giusta motivazione per un idoneo ed opportuno svolgimento dell’incarico.
Il parere deve essere fornito nel corso del consiglio di amministrazione avente all’ordine del giorno la nomina e/o la remunerazione dell’amministratore investito di particolari cariche e potrà essere emesso sia con apposito assenso espresso ed annotato nel verbale del consiglio di amministrazione, sia attraverso la presentazione in consiglio di amministrazione di apposito autonomo verbale. È opportuno che un eventuale dissenso del Collegio sindacale rispetto agli importi deliberati venga opportunamente motivato.
Commento
In relazione alla disposizione dell’art. 2389 c.c., quando, all’interno del consiglio di amministrazione vengono stabilite specifiche remunerazioni ad amministratori dotati di particolari deleghe il consiglio di amministrazione non è legittimato a stabilirne i relativi importi senza il parere del Collegio sindacale. Si tratta di un parere non vincolante ma obbligatorio, in assenza del quale deve ritenersi che la delibera del consiglio di amministrazione possa essere invalidata.
Nessun parere è richiesto quando l’assemblea abbia provveduto alla fissazione del compenso globale per la funzione amministrativa, demandando ai singoli amministratori la ripartizione dello stesso, né ovviamente, quando sia l’assemblea a fissare il compenso per ciascun amministratore, dotato o meno di particolari cariche, o a fissare i compensi dei membri del comitato esecutivo.
Il Collegio sindacale non è tenuto a esprimere alcun parere per incarichi eventualmente attribuiti agli amministratori, in relazione alla loro specifica professionalità o competenze particolari, ma estranei al rapporto di amministrazione.
9. ATTIVITÀ DEL COLLEGIO SINDACALE IN CASO DI OMISSIONE E SOSTITUZIONE DEGLI AMMINISTRATORI
La sezione 9 è finalizzata a esplicitare le attività suppletive del Collegio sindacale rispetto a quelle del consiglio di amministrazione. Il potere vicario del Collegio sindacale si esercita nei casi di omissioni degli amministratori o di sostituzione degli amministratori, laddove si renda necessario comunicare al Tribunale l’intervenuta causa di liquidazione della società e di provvedere ai dovuti provvedimenti pubblicitari presso il competente registro delle imprese. Più partitamente, in modo innovativo rispetto al passato, la Norma 9.2. si sofferma sui doveri/poteri sostitutivi del Collegio sindacale nella gestione ordinaria della società nel caso di sostituzione temporanea dell’amministratore unico o del consiglio di amministrazione venuti a mancare.
Norma 9.1. Attività del Collegio sindacale in caso di omissione degli amministratori
Principi
I sindaci sono chiamati a svolgere funzioni vicarie dell’organo amministrativo nei casi espressamente previsti dalla legge.
Riferimenti normativi
Artt. 2367, commi 1 e 2, 2386, co. 5, 2406, co. 1, 2487 c.c., art. 2630 c.c., art. 2631, c.c.
Criteri applicativi
In caso di inerzia o di omissione degli amministratori, i sindaci sono chiamati a:
– convocare l’assemblea dei soci, secondo quanto stabilito dalla Norma 5.7., cui si rinvia;
– presentare al Tribunale le istanze relative allo scioglimento e alla liquidazione della società;
– eseguire le pubblicazioni previste dalla legge.
Queste ultime da eseguire presso l’ufficio del registro delle imprese-sono relative a denunzie, comunicazioni o depositi previsti dalla legge – devono essere effettuate dal Collegio sindacale quando non siano state eseguite dagli amministratori o che siano state eseguite in modo incompleto.
Per i sindaci, i termini per l’esecuzione di tali adempimenti pubblicitari decorrono successivamente alla scadenza prevista per gli amministratori.
Le menzionate attività e le relative istanze sono oggetto di una specifica riunione del Collegio sindacale della quale deve esser redatto verbale da riportare nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del Collegio sindacale.
Il Collegio sindacale può attribuire il compimento di specifiche attività a un proprio componente.
Di tali attribuzioni è data evidenza nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del Collegio sindacale.
Commento
Oltre alle situazioni contemplate nell’art. 2386 c.c. relative a specifiche ipotesi di cessazione dell’intero organo di amministrazione, l’omissione degli amministratori e il potere vicario del Collegio sindacale è contemplato nell’art. 2485, co. 2, c.c. in relazione all’omissione da parte degli amministratori degli adempimenti previsti al verificarsi di una delle cause di scioglimento della società stabilite dall’art. 2484 c.c.: in tal caso, l’ordinamento prevede l’intervento sostitutivo dell’autorità giudiziaria a seguito dell’ istanza presentata dai singoli soci, amministratori, ovvero dal Collegio sindacale.
È opportuno, quindi, che il Collegio sindacale, quando riscontri il ritardo da parte degli amministratori nell’eseguire i relativi adempimenti, provveda dapprima a sollecitare l’organo amministrativo. Se gli amministratori persistono nella loro inerzia, i sindaci chiedono al Tribunale l’emissione del provvedimento di scioglimento della società.
Dal momento che la legge non prevede un termine entro il quale gli amministratori devono procedere ai menzionati adempimenti, limitandosi a disporre che gli stessi siano adempiuti senza indugio, i sindaci devono ponderare la tempestività del loro intervento sulla base del tempo che è ragionevolmente necessario affinché gli amministratori – tenuto conto delle circostanze del caso concreto – accertino il verificarsi della causa di scioglimento e quindi adottino gli opportuni provvedimenti. Resta fermo il potere dei sindaci di procedere con la convocazione dell’assemblea dei soci.
In capo ai sindaci sussiste altresì l’obbligo di effettuare gli adempimenti pubblicitari omessi dagli amministratori da eseguirsi presso il registro delle imprese ex art. 2630 c.c.
Norma 9.2. Attività del Collegio sindacale in occasione della sostituzione degli amministratori
Principi
Il Collegio sindacale convoca i soci per la nomina dell’organo di amministrazione quando vengono a cessare l’amministratore unico o tutti gli amministratori.
Nei casi di impossibilità di adozione della relativa delibera/decisione, il Collegio sindacale fa istanza al Tribunale per l’accertamento della causa di scioglimento della società.
Riferimenti normativi:
Artt. 2385, 2386, co. 5; 2484, co. 3, 2485, co. 2, 2486 c.c.
Criteri applicativi
Nei casi di:
– decesso dell’amministratore unico o di tutti gli amministratori;
– malattia che comporti l’impossibilità di amministrare in capo all’amministratore unico o tutti gli amministratori;
– cause di ineleggibilità sopravvenuta o di decadenza dell’amministratore unico o di tutti gli amministratori;
– revoca assembleare dell’amministratore unico o di tutti gli amministratori;
– arresto o reclusione dell’amministratore unico o di tutti gli amministratori;
– presenza nello statuto della società di una clausola simul stabunt simul cadent che richiami il quinto comma dell’art. 2386 c.c.,
il Collegio sindacale esegue l’iscrizione presso il registro delle imprese della cessazione degli amministratori, entro i successivi trenta giorni dalla data della cessazione ovvero dalla data in cui il Collegio ne è venuto a conoscenza, se successiva.
Il Collegio sindacale convoca d’urgenza i soci, inserendo all’ordine del giorno la nomina del nuovo organo di amministrazione.
Il Collegio sindacale, nel frattempo, compie gli atti di ordinaria amministrazione con l’obiettivo finalizzato alla conservazione del patrimonio sociale e alla salvaguardia della continuità aziendale, dando attuazione, se del caso, agli obiettivi predefiniti e programmati dall’organo di amministrazione venuto a cessare.
Nel caso in cui i soci non addivengano alla sostituzione dell’organo amministrativo, trattandosi di ipotesi ascrivibile ai casi di cui all’art. 2484, co. 1, n. 3, c.c., il Collegio sindacale può presentare al Tribunale le istanze per l’accertamento della causa di scioglimento e la liquidazione della società.
In caso di cessazione dell’organo amministrativo di s.a.p.a., il Collegio sindacale deve, altresì, nominare un amministratore provvisorio che rimane in carica per il periodo massimo di centottanta giorni entro il quale i soci devono provvedere alla sostituzione degli amministratori cessati, ovvero allo scioglimento della società.
Le menzionate attività e istanze sono oggetto di specifica riunione del Collegio sindacale della quale deve essere redatto verbale da riportare nel libro delle adunanze del Collegio sindacale.
Commento
La Norma si pone in stretta correlazione con la precedente e si sofferma sulle funzioni vicarie svolte dal Collegio sindacale in occasione della sostituzione dell’organo di amministrazione, quando esso sia venuto a cessare per l’intero. In tali casi, l’art. 2386, co. 5, c.c. declina i poteri vicari del collegio fino alla nomina del nuovo organo di amministrazione.
Oltre alla convocazione d’urgenza dei soci che dovranno provvedere alla scelta dei componenti del nuovo organo di amministrazione, nelle more della nuova nomina, il Collegio sindacale sarà delegato alla ordinaria gestione societaria. Tale gestione dovrà essere di tipo conservativo, non potrà mai consentire al Collegio sindacale di redigere il bilancio, né di porre in essere alcun atto di gestione straordinaria.
L’art. 2385, co. 3, c.c.prevede che “la cessazione degli amministratori dall’ufficio per qualsiasi causa deve essere iscritta entro trenta giorni nel registro delle imprese a cura del collegio sindacale”. Al riguardo, in considerazione delle prassi invalse presso alcune camere di commercio, si ritiene opportuno precisare che qualora la cessazione riguardi l’amministratore unico o tutti gli amministratori, alla comunicazione della cessazione deve provvedere il collegio sindacale; diversamente, cioè qualora la cessazione riguardi uno o più amministratori, alla comunicazione della cessazione, e/o dell’eventuale sostituzione devono provvedere i componenti rimasti in carica nel consiglio di amministrazione, mentre i sindaci saranno tenuti ad intervenire solo in caso di omissione di questi ultimi, esercitando i poteri vicari di cui alla Norma 9.1.
Nei casi in cui sia richiesto il suo intervento, il Collegio dovrà procedere all’iscrizione anche in ipotesi di impugnativa della deliberazione di revoca dalla carica, qualora l’efficacia della stessa non sia stata oggetto di sospensione ex art. 2378, co. 3, c.c.
10. ATTIVITÀ DEL COLLEGIO SINDACALE NELLE OPERAZIONI STRAORDINARIE E IN ALTRE VICENDE SOCIETARIE
La sezione 10 accoglie una serie di norme finalizzate ad analizzare il comportamento che i sindaci tengono nel corso di operazioni straordinarie delle società: aumenti di capitale (Norma 10.1., nella quale viene meglio analizzato il parere del Collegio sindacale in caso di limitazione o esclusione del diritto di opzione); riduzione del capitale, trasformazione, fusione e scissione. La Norma sui conferimenti (10.5.) si arricchisce della tematica relativa alla cessione di azienda mentre alle problematiche e ai rischi dei sindaci nel caso di affitto di azienda (operazione spesso posta in essere in situazione di crisi) è dedicata la nuova Norma 10.6. Viene confermata la Norma – che da 10.6. è diventata 10.7. – sulle problematiche dei finanziamenti dei soci nei confronti della società attraverso l’emissione di obbligazioni o modalità dirette. Risultano lievemente modificate le Norme sui rapporti fra soci e società e vengono monitorate le problematiche attinenti agli istituti del recesso e dell’esclusione. La sezione si conclude con due Norme relative alla vigilanza esercitata dal Collegio sindacale nelle società unipersonali. La prima riguarda le società operanti in situazioni fisiologiche, la seconda, del tutto innovativa, è dedicata al caso particolare del decesso del socio unico (Norma 10.12.).
Norma 10.1. Attività del Collegio sindacale in caso di aumento di capitale
Principi
Il Collegio sindacale, nello svolgimento della funzione riconosciutegli dalla legge, acquisisce ogni informazione utile alla verifica del rispetto dei principi di corretta amministrazione.
In caso di aumento del capitale, con esclusione o limitazione del diritto di opzione, il Collegio sindacale emette il proprio parere e vigila sulla corretta esecuzione dell’aumento di capitale, sollecitando gli amministratori alla regolare e puntuale esecuzione delle formalità e degli adempimenti previsti dalla legge.
Riferimenti normativi
Artt. 2343, 2343-ter e 2343-quater, 2438, 2439, 2440, 2441, 2442, co. 1, 2443, 2444 c.c., 2481, 2481-bis, 2481-ter c.c.
Criteri applicativi
Negli aumenti di capitale a pagamento il Collegio sindacale accerta che, nelle s.p.a., le azioni in precedenza emesse siano state interamente liberate (art. 2438 c.c.) e, che, nelle società a responsabilità limitata, i conferimenti precedenti siano stati integralmente eseguiti (art. 2481, co. 2, c.c.).
In caso di aumento di capitale sociale con conferimenti in denaro, il collegio deve inoltre vigilare sul rispetto della legge in ordine al versamento da parte dei sottoscrittori di almeno il venticinque per cento, o del maggior importo previsto dalla delibera di aumento, del valore nominale del capitale sottoscritto e, se previsto, dell’intero sovrapprezzo (art. 2439 e 2481-bis c.c.). In caso di sottoscrizione parziale dell’aumento di capitale deliberato dall’assemblea il Collegio sindacale verifica se la deliberazione medesima lo abbia espressamente previsto.
In caso di aumento di capitale tramite conferimento di beni in natura e di crediti, i sindaci verificano che sia stata predisposta la relazione di stima prevista per le s.p.a. dall’art. 2343 c.c. o la valutazione ex art. 2343-ter c.c. ed essi verificano che ricorrano le condizioni che consentono di adottare il procedimento alternativo al tradizionale, secondo le previsioni del richiamato art. 2343-ter c.c.
Per quanto concerne le s.r.l., una clausola statutaria deve prevedere la possibilità di conferire in natura o di conferire la prestazione d’opera o di servizi del socio, occorrendo, in tali ipotesi, rispettare le previsioni di cui all’art. 2464, commi 5 e 6, c.c., oltre quanto previsto dall’art. 2465 c.c. è fuor di dubbio, infatti, che nonostante l’art. 2481-bis c.c. taccia sul punto, la disciplina dettata per i conferimenti in natura in sede di costituzione trovi applicazione anche in sede di aumento di capitale.
Il Collegio sindacale di s.p.a. accerta, ai sensi dell’art. 2343-ter, co. 3, c.c., che il conferente abbia presentato la documentazione dalla quale risulta il valore attribuito ai valori mobiliari e agli strumenti del mercato monetario conferiti e, se si tratta di conferimenti di beni in natura e/o crediti, che sussistano le condizioni indicate nel secondo comma dell’art. 2343-ter c.c.
Il Collegio sindacale di s.p.a. verifica che gli amministratori nel termine di centottanta giorni dalla iscrizione della delibera nel registro delle imprese abbiano controllato le valutazioni contenute nella relazione di cui all’art. 2343 c.c.
Inoltre, il Collegio sindacale deve verificare che gli amministratori eseguano, nel termine di trenta giorni dall’iscrizione della società, i controlli previsti dall’art. 2343-quater c.c.
Il collegio verifica che l’offerta di opzione ai soci e, se presenti, ai possessori di obbligazioni convertibili, sia depositata ai sensi dell’art. 2441, co. 2, c.c. presso l’ufficio del registro delle imprese e contestualmente resa nota tramite avviso pubblicato sul sito internet della società, o in mancanza presso la sede sociale. Il collegio verifica altresì che per l’esercizio del diritto di opzione ai soci sia concesso un termine non inferiore a quindici giorni dalla pubblicazione dell’offerta.
In caso di proposte di aumento di capitale sociale con esclusione o limitazione del diritto di opzione, il Collegio sindacale verifica che le delibere rispettino le previsioni dell’art. 2441 c.c. e accerta il deposito dell’apposita relazione dell’organo amministrativo nei termini previsti ed emette la relazione sulla congruità del prezzo di emissione delle azioni.
Tale parere è finalizzato ad accertare:
– in primo luogo, i criteri utilizzati in relazione alla determinazione del prezzo di emissione;
– in secondo luogo, se il sovrapprezzo di emissione delle azioni, in presenza di riserve nel patrimonio netto sia congruo, cioè tale da non danneggiare, di fatto, il valore delle azioni dei soci la cui possibilità di partecipare alla ricapitalizzazione è stata limitata o esclusa.
La relazione del consiglio di amministrazione deve essere presentata al Collegio sindacale almeno 30 giorni prima del giorno fissato dall’assemblea, mentre il parere dell’organo di controllo deve rimanere depositato presso la sede sociale almeno nei 15 giorni anteriori all’assise (art. 2441, comma 6, c.c.).
I soci, all’unanimità, possono rinunciare ai termini previsti per il deposito della relazione.
In caso di aumento in denaro, i soci, all’unanimità, possono rinunciare al parere di congruità del collegio sindacale sul valore del sovrapprezzo.
In caso di aumento di capitale a titolo gratuito, il collegio verifica che le riserve e i fondi da imputare ad aumento di capitale sociale siano disponibili (ai sensi dell’art. 2442, co. 1, c.c. per le s.p.a. e dell’art. 2481-ter, co. 1, c.c. per le società a responsabilità limitata).
Nel caso in cui la facoltà di aumentare il capitale sociale sia stata delegata all’organo amministrativo, il Collegio sindacale vigila sul rispetto delle formalità previste dall’art. 2443 c.c. per le s.p.a. e dall’art. 2481 c.c. per le società a responsabilità limitata.
II Collegio sindacale verifica il deposito da parte degli amministratori dell’attestazione di avvenuta sottoscrizione dell’aumento di capitale ai sensi dell’art. 2444 c.c. e della dichiarazione prevista dall’art. 2343- quater, co. 3, c.c. In caso di omissione dell’organo amministrativo in ordine al deposito, il collegio provvede, in via sostitutiva, a tale adempimento.
Commento
La vigilanza sull’operazione di aumento del capitale sociale rientra tra i doveri dei sindaci, che devono monitorare le attività dell’amministrazione ed essere informati sull’andamento delle operazioni sociali di carattere straordinario o comunque di particolare rilevanza.
La funzione del Collegio sindacale non si esaurisce nel controllo formale delle operazioni poste in essere dall’organo amministrativo, ma si estende alla valutazione delle stesse alla luce dei principi di corretta amministrazione, definiti nella Norma 3.3.
Un parere specifico è richiesto ai sindaci nel caso di aumento di capitale con esclusione o limitazione del diritto di opzione, finalizzato alla congrua valutazione del valore delle nuove azioni.
In caso di aumento di capitale tramite conferimento di azienda, il comportamento dei sindaci deve essere conforme a quanto previsto nella Norma 10.5.
Norma 10.2. Attività del Collegio sindacale in caso di riduzione del capitale sociale
Principi
Sulla base delle informazioni acquisite, il Collegio sindacale vigila sulla corretta e tempestiva riduzione del capitale, sollecitando gli amministratori alla regolare esecuzione delle formalità e degli adempimenti previsti dalla legge.
Riferimenti normativi
Artt. 2327, 2445, 2446, 2447 c.c., artt. 2463, n. 4, 2482, 2482-bis, 2482-ter, 2482-quater c.c.
Criteri applicativi
Riduzione volontaria
In caso di riduzione volontaria del capitale sociale, il Collegio sindacale verifica, in particolare, che:
– l’avviso di convocazione dell’assemblea straordinaria dei soci indichi, in termini sufficientemente chiari e precisi, le ragioni e le modalità della riduzione;
– la riduzione sia effettuata nel rispetto dei limiti e delle condizioni previste dalla legge, verificando in particolare che la riduzione rispetti i limiti per l’ammontare minimo del capitale sociale (artt. 2327 e 2463, n. 4, c.c.), nonché nelle s.p.a. quelli previsti per l’emissione di obbligazioni (art. 2413, co. 1, c.c.) e per l’acquisto di azioni proprie (art. 2357 c.c.);
– la delibera venga eseguita solo dopo il decorso di novanta giorni dall’iscrizione della medesima nel registro delle imprese, purché non vi siano state opposizioni dei creditori.
Riduzione per perdite
Il Collegio sindacale, in caso di durevole diminuzione del capitale sociale di oltre un terzo in conseguenza di perdite, verifica che l’organo amministrativo provveda alla convocazione tempestiva dell’assemblea e alla presentazione a quest’ultima di una relazione sulla situazione patrimoniale della società (ai sensi dell’art. 2446 c.c. per le s.p.a. e dell’art. 2482-bis c.c. per le società a responsabilità limitata).
Su tale relazione il Collegio sindacale formula le proprie osservazioni.
In particolare:
– valuta le ragioni che hanno determinato le perdite, se le stesse sono state correttamente individuate e illustrate dall’organo amministrativo;
– esamina i criteri di valutazione adottati, tenendo conto delle prospettive di continuità aziendale;
– dà atto dei fatti di rilievo avvenuti successivamente alla redazione della relazione e dell’evoluzione della gestione sociale.
I sindaci fanno pervenire le loro osservazioni che restano depositate in copia nella sede della società unitamente alla relazione degli amministratori durante gli otto giorni precedenti l’assemblea (fatta salva nella s.r.l una differente previsione dell’atto costitutivo).
Qualora gli amministratori non provvedano, il Collegio sindacale procede alla convocazione dell’assemblea ex art. 2406 c.c., affinché adotti gli opportuni provvedimenti.
I sindaci vigilano sulla completezza dei documenti da presentare in assemblea e verificano che gli amministratori diano conto dei fatti di rilievo avvenuti dopo la redazione della relazione.
Nel caso in cui l’assemblea si avvalga della facoltà di rinviare l’adozione di opportuni provvedimenti, il collegio in sede di approvazione di bilancio del successivo esercizio deve verificare che l’assemblea riduca il capitale sociale in proporzione alle perdite accertate, se la perdita non risulta ridotta a meno di un terzo o se non sono stati adottati altri provvedimenti risolutivi.
In caso di inerzia dell’assemblea, il collegio, ove non provveda l’organo amministrativo, deve chiedere al Tribunale l’emissione del provvedimento di riduzione del capitale sociale (Cfr.Norma 9).
Nel caso in cui la ricapitalizzazione della società avvenga non attraverso l’abbattimento del capitale per perdite e successiva ricapitalizzazione, ma con mera ricapitalizzazione, si dovrà appurare che il patrimonio netto sia pari ad almeno i 2/3 del capitale risultante da detto aumento.
Riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale
In caso di perdite che riducono il capitale al disotto del minimo legale, il Collegio sindacale verifica che l’organo amministrativo convochi l’assemblea affinché deliberi la riduzione del capitale sociale e il contemporaneo aumento del capitale a un ammontare non inferiore al minimo oppure la trasformazione della società (art. 2447 c.c. per le s.p.a. e art. 2482-ter c.c. per le società a responsabilità limitata).
I sindaci fanno pervenire le loro osservazioni che restano depositate in copia nella sede della società, unitamente alla relazione degli amministratori, durante gli otto giorni precedenti l’assemblea.
Nel caso in cui l’assemblea non adotti i menzionati provvedimenti ovvero non accerti la sussistenza di una causa di scioglimento della società, i sindaci presentano al Tribunale istanza per l’accertamento della causa di scioglimento della società (art. 2484, co. 1, n. 4). Si veda la Norma 10.10.
Commento
Anche nell’ambito della riduzione del capitale sociale, l’attività dei sindaci è rivolta principalmente alla vigilanza sul rispetto dei principi di corretta amministrazione e sull’osservanza della legge e dello statuto.
Con riferimento alla riduzione del capitale volontaria, sebbene la legge attribuisca ai soci la più ampia autonomia di ridurre il capitale sociale salvo il rispetto dei limiti minimi previsti da essa, si raccomanda al collegio di verificare con particolare attenzione che nella convocazione dell’assemblea e nel corso della medesima l’organo amministrativo provveda a indicare specificamente lo scopo della riduzione e le relative modalità di attuazione.
Si osserva che se, dal punto di vista formale, i sindaci sono chiamati a verificare che nella convocazione e in sede assembleare siano correttamente esposte le condizioni e le modalità della riduzione, dal punto di vista sostanziale, l’assemblea ha pieni poteri di ridurre il capitale con il solo limite del rispetto delle norme generali in tema di conflitto di interessi e di buona fede e correttezza.
In merito alla documentazione da presentare all’assemblea, sebbene la legge richieda esclusivamente la redazione di una situazione patrimoniale, si ritiene opportuno che l’organo amministrativo provveda alla redazione, oltre che dello stato patrimoniale, anche del conto economico, poiché quest’ultimo assolve alla funzione di informare i soci sulla gestione dinamica dell’impresa.
Per quanto attiene alla riduzione per perdite, va ricordato che l’obbligo d’intervento degli amministratori si determina solo nel caso in cui si verifichino contestualmente una perdita e la riduzione del capitale di oltre un terzo. In altri termini, è legittimo che la società prosegua con capitale al di sotto dei limiti legali qualora la perdita non sia superiore a un terzo dello stesso. È, tuttavia, evidente che al ricorrere di tali situazioni, il controllo dei sindaci sull’evoluzione della gestione della società sarà più stringente.
L’obbligo di attivazione degli amministratori (e dei sindaci) sorge soltanto quando il valore del patrimonio netto si riduce durevolmente di oltre un terzo rispetto al capitale sociale, sicché, fintanto che il patrimonio netto superi tale soglia, ovvero la riduzione sia inquadrabile, ad esempio, nella normale ciclicità dell’attività sociale, restano irrilevanti – ai fini della norma in esame – eventuali riduzioni anche al di sotto del minimo legale.
Allo stesso modo sembra potersi ritenere che l’obbligo possa non essere adempiuto nel caso in cui la perdita sia recuperabile con ragionevole certezza entro la fine dell’esercizio successivo. In generale, si ritiene che gli amministratori debbano valutare, di volta in volta, l’effettiva condizione economico-patrimoniale della società e assumere e suggerire di conseguenza la condotta più opportuna. I sindaci dovranno verificare che tale condotta sia permeata da ragionevole prudenza.
Nel dettaglio, se le perdite si riducano al di sotto delle soglie di rilevanza ovvero abbiano la ragionevole possibilità di ridursi durevolmente (ad esempio, a seguito della realizzazione di plusvalenze, di rinuncia a crediti o di versamenti a fondo perduto), e dunque il patrimonio netto risalga a un valore superiore ai due terzi del capitale:
– prima della convocazione assembleare, può evitarsi di procedere alla stessa;
– tra la convocazione e la riunione dell’assemblea, si può evitare l’assunzione di deliberazioni di cui agli artt. 2446 e 2447 c.c., o di cui agli artt. 2482-bis e 2482-ter c.c.dando atto a verbale delle circostanze sopravvenute.
Viceversa, laddove la perdita sia rilevante, ai sensi dell’art. 2446, c.c., o dell’art. 2447 c.c., o dell’art. 2482-bis c.c. o dell’art. 2482-ter c.c., sia durevole e occorra dunque procedere alla riduzione del capitale, quest’ultima deve essere deliberata nella esatta misura delle perdite accertate; non è infatti ammissibile una riduzione parziale.
In caso di convocazione dell’assemblea, la legge richiede la presentazione di una relazione sulla situazione patrimoniale da parte dell’organo amministrativo. La situazione patrimoniale è costituita dallo stato patrimoniale e dal conto economico, predisposti secondo i criteri di redazione previsti dal codice civile in materia di bilancio d’esercizio, e appare utile che includa le informazioni più rilevanti richieste dall’art. 2427 c.c. per offrire la migliore comprensione della generale situazione della società. La situazione patrimoniale deve fare riferimento a una data non antecedente i centoventi giorni rispetto alla data fissata per l’assemblea.
Il Collegio sindacale sulla base di dati allo stesso forniti dagli amministratori o avvalendosi, se del caso, dello scambio di informazioni ex art. 2409-septies c.c. con il soggetto incaricato della revisione legale predispone le proprie osservazioni alla situazione patrimoniale redatta dagli amministratori.
La legge non disciplina il contenuto delle osservazioni del Collegio sindacale alla situazione patrimoniale redatta dagli amministratori. Al riguardo, occorre precisare come le osservazioni dovrebbero riguardare non solo i dati di bilancio ma anche le analisi e le proposte fatte dagli amministratori nella loro relazione.
Circa i contenuti della relazione degli amministratori è opportuno che il Collegio sindacale verifichi che gli amministratori abbiano descritto in modo congruo la situazione in cui versa la società, le soluzioni che intendono adottare e abbiano motivato il permanere o meno della continuità aziendale.
Con riferimento alla situazione patrimoniale, il collegio deve porre in essere una serie di controlli, che non si traducono mai in un’attività di revisione legale, in funzione dei rischi valutati e del tempo a disposizione, finalizzati ad acquisire elementi probativi appropriati e sufficienti circa la correttezza dei criteri di valutazione adottati dagli amministratori. È opportuno che il collegio esponga la portata dei controlli in un paragrafo preliminare delle proprie osservazioni.
Nelle s.r.l. in cui sia nominato un soggetto incaricato della revisione legale, l’art. 2482-bis, co. 2, c.c. prevede che “all’assemblea deve essere sottoposta una relazione degli amministratori sulla situazione patrimoniale delle società, con le osservazioni nei casi previsti dall’articolo 2477 del Collegio sindacale o del soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti”.
Si ritiene che, in questi casi, le osservazioni debbano essere redatte dall’organo di controllo (pluripersonale o unipersonale) se presente, mentre in assenza dell’organo sindacale, si ritiene che le osservazioni debbano essere redatte dal soggetto incaricato della revisione legale.
Il Collegio sindacale vigila che sia dato atto dei fatti rilevanti intervenuti tra il periodo di riferimento della relazione e la data fissata per l’assemblea.
Nel caso di ricapitalizzazione della società, il Collegio sindacale è tenuto a vigilare sull’esecuzione dei conferimenti, che potrà avvenire anche successivamente alla delibera assembleare, purché nel rispetto del termine fissato dall’assemblea e comunque non eccedendo il tempo necessario per il realizzarsi delle condizioni che l’esecuzione dei conferimenti richiede.
Nei casi di riduzione del capitale di oltre un terzo rispetto al limite legale, i conferimenti necessari per riportare lo stesso al di sopra di detti limiti devono essere liberati entro il termine fissato per l’esercizio del diritto di opzione (arg. ex art. 2439, co. 2, c.c.). In concreto, tale termine non potrà eccedere quello necessario per l’esercizio da parte dei soci del diritto di opzione, ovvero del diritto di preferenza dei soci che ne facciano richiesta sull’inoptato o infine quello eventualmente fissato per la sottoscrizione delle azioni di nuova emissione da parte di terzi. In questi casi, l’organo di controllo deve rendere edotti gli amministratori che eventuali intenti dilatori potrebbero indurre i sindaci a fare istanza al Tribunale per chiedere lo scioglimento e la liquidazione della società.
In caso di aumento di capitale con emissione di nuove azioni a copertura di perdite sulle quali l’assemblea non ha preventivamente deliberato, il Collegio sindacale vigila che sia data adeguata informativa ai sottoscrittori in ordine alla specifica funzione di copertura dell’aumento di capitale.
Infine nel caso di ricapitalizzazione per perdite nelle società a responsabilità limitata, fermo restando che la deliberazione di ricostituzione possa essere liberamente adottata a maggioranza e la sottoscrizione del relativo capitale possa essere effettuata solo da alcuni soci, i sindaci dovranno verificare che i soci siano tutelati attraverso il riconoscimento del diritto di sottoscrizione, vale a dire che tutti i soci siano stati messi nella condizione di partecipare alla ricapitalizzazione, in osservanza a quanto disposto dall’art. 2482-quater.
Norma 10.3. Attività del Collegio sindacale in caso di trasformazione
Principi
Il Collegio sindacale, nello svolgimento della funzione riconosciutagli dalla legge, vigila sull’osservanza delle disposizioni della legge e delle clausole statutarie relative alla trasformazione della società, accertando, sulla base delle informazioni acquisite dall’organo amministrativo e, se presente, dall’incaricato della revisione legale la conformità alle stesse della delibera di trasformazione e dei relativi atti di esecuzione.
Riferimenti normativi
Artt. 2498 – 2500-novies c.c.
Criteri applicativi
In ipotesi di trasformazione della società, il Collegio sindacale verifica che:
– la deliberazione di trasformazione sia assunta nel rispetto degli obblighi formali di convocazione dell’assemblea e con la presenza dei necessari quorum costitutivi e deliberativi (inclusa la verifica del consenso dei soci che con la trasformazione assumono responsabilità illimitata e, salvo diversa previsione statutaria, di quello dei soci titolari di diritti particolari ex art. 2468, co. 3, c.c., ove la trasformazione comporti il venir meno di detti diritti);
– siano tempestivamente adempiuti gli obblighi pubblicitari connessi alla delibera di trasformazione;
– a ciascun socio venga attribuita nella società risultante dalla trasformazione una partecipazione proporzionale al valore della sua quota o delle sue azioni, fermi restando i particolari criteri fissati per l’assegnazione delle quote o delle azioni al socio d’opera, se esistente.
In caso di trasformazione progressiva (vale a dire di società di persone in società di capitali), il Collegio sindacale, dopo l’accettazione dell’incarico, vigila che la perizia di stima del patrimonio (redatta ai sensi dell’art. 2342 c.c. o dell’art. 2465 c. c,.) o in alternativa la documentazione di cui all’art. 2343-ter c.c., utilizzabile nel caso in cui la società di arrivo sia una s.p.a. a seguito delle novità recate dall’art. 20 d.l. n. 91/2014 convertito dalla legge n. 116/2014, sia allegata all’atto costitutivo e che il capitale della società sia determinato sulla base dei valori attuali degli elementi dell’attivo e del passivo.
Commento
Sebbene l’operazione di trasformazione non comporti di per sé specifici adempimenti in capo al Collegio sindacale, quest’ultimo è chiamato, nell’ambito della propria funzione di vigilanza, a verificare l’osservanza della legge e il rispetto delle norme statutarie applicabili.
Si rammenta, inoltre, che, nel caso in cui una società dotata di Collegio sindacale si trasformi in un tipo societario che non contempli la presenza di tale organo, questo viene meno e i suoi componenti cessano dalla data in cui la trasformazione produce effetti.
Norma 10.4. Attività del Collegio sindacale in caso di fusione e di scissione
Principi
In ipotesi di fusione o di scissione di società, il Collegio sindacale, nello svolgimento della funzione riconosciutagli dalla legge, vigila sull’osservanza da parte dell’organo amministrativo delle norme di legge e di statuto applicabili.
Sulla base delle informazioni acquisite dall’organo amministrativo e, se presente, dall’incaricato della revisione legale dei conti, il Collegio sindacale verifica il rispetto dei principi di corretta amministrazione.
Riferimenti normativi
Artt. 2501, 2506-quater c.c.
Criteri applicativi
In ipotesi di fusione o di scissione di società, il Collegio sindacale verifica:
– la completezza e la conformità alla legge dei contenuti dei documenti previsti dalle disposizioni applicabili alla specifica operazione di fusione o di scissione;
– il rispetto delle norme sul deposito e la pubblicazione degli atti nel procedimento (ivi incluso il rispetto delle prescrizioni di legge ove si opti per la pubblicazione della documentazione sul sito internet della società);
– i presupposti per le semplificazioni documentali e procedurali;
– la completezza dell’atto di fusione o di scissione e la sua concordanza con il progetto e con la delibera assembleare di approvazione;
– la correttezza degli atti posti in essere ad esecuzione della fusione o della scissione e, in particolare, dell’assegnazione di azioni o di quote.
In caso di fusione a seguito di acquisizione con indebitamento occorre che il collegio vigili sull’osservanza di quanto specificatamente previsto dalla legge (2501-bis c.c.).
Commento
In caso di fusione o di scissione, il Collegio sindacale verifica:
– l’esistenza e la rispondenza del contenuto informativo dei singoli atti (progetto, relazione accompagnatoria, situazione patrimoniale, relazione degli esperti) alle prescrizioni di legge e di statuto, fermo restando che detto controllo concerne la legittimità dei documenti (ossia la loro conformità alle disposizioni di legge e di statuto in relazione agli obblighi informativi ivi previsti) e non il merito delle informazioni rese;
– il rispetto dei tempi richiesti dalla legge e dallo statuto per il deposito degli atti presso la sede sociale e presso il registro delle imprese ovvero per la pubblicazione nel sito internet della società in relazione alla data fissata per l’assunzione della decisione in ordine alla fusione;
– la conformità alla legge ed allo statuto delle delibere assunte nel corso della procedura;
– il rispetto dei tempi previsti, prima della stipulazione dell’atto di fusione o di scissione, in favore dei creditori della società e degli eventuali obbligazionisti;
– la conformità alla legge, allo statuto e alle delibere degli organi sociali dell’atto di fusione o di scissione con l’iscrizione del quale la fattispecie si perfeziona e l’operazione diviene efficace.
In generale, è solo il caso di precisare che la legge consente di ovviare alla predisposizione della situazione patrimoniale, della relazione degli esperti e della relazione dell’organo di amministrazione se vi rinunciano all’unanimità i soci e i possessori di altri strumenti finanziari che attribuiscono il voto di ciascuna società partecipante alla fusione.
Per quanto attiene alle operazioni di scissione, inoltre, l’art. 2506-ter, co. 3, c.c. prevede l’esonero dall’obbligo di redazione e di allegazione all’atto della situazione patrimoniale e delle relazioni dell’organo di amministrazione e degli esperti nei casi in cui la scissione avviene tramite la costituzione di nuove società e sia previsto il criterio di attribuzione delle quote o di azioni proporzionale alla quota di partecipazione originaria.
Si rammenta, infine, che nelle s.p.a., sebbene la fusione e la scissione non configurino di per sé un’autonoma causa di recesso, il socio che non ha concorso alla deliberazione può far valere tale diritto qualora la deliberazione di fusione o di scissione comporti il verificarsi delle situazioni previste dall’art. 2437 c.c. oppure quando l’atto costitutivo o lo statuto prevedano espressamente tali operazioni tra le cause di recesso del socio.
Viceversa, per le società a responsabilità limitata, l’attuale normativa prevede la fusione e la scissione tra le cause che giustificano il recesso del socio (art. 2473 c.c.).
Pertanto, nelle ipotesi in cui al socio è attribuito il diritto di recedere dalla società, trova applicazione la Norma 10.9.
Norma 10.5. Attività del Collegio sindacale in caso di conferimento e cessione di azienda
Principi
I collegi sindacali delle società interessate da operazioni di cessione e di conferimento di azienda, nello svolgimento della funzione riconosciutagli dalla legge, vigilano sul rispetto delle condizioni di legge previste per le dette operazioni, sulla base delle informazioni acquisite dall’organo amministrativo e, se presente, dall’incaricato della revisione legale.
Riferimenti normativi
Artt. 2342, 2343, 2343-ter, 2343-quater, 2440 e 2441, commi 4 e 6, 2464, 2465, 2466, 2481, 2481-bis c.c., 2556, 2557, 2558, 2559, 2560; art. 33 d.lgs. n. 231/2001; art. 14 d.lgs. n. 472/1997
Criteri applicativi
I collegi sindacali, sia quello della società conferente sia quello della società conferitaria, vigilano sulla disciplina applicabile ai conferimenti d’azienda, sollecitando eventualmente l’organo amministrativo alla regolare e puntuale esecuzione delle formalità e al rispetto delle disposizioni di legge e delle previsioni di statuto.
I collegi sindacali della società conferente e di quella conferitaria verificano che i criteri seguiti nella determinazione del valore di conferimento e del valore delle azioni o quote ricevute in corrispettivo siano tecnicamente corretti; a tal fine assumono le necessarie informazioni in merito alle tecniche di valutazione degli elementi che compongono il complesso aziendale conferito.
II Collegio sindacale della società conferitaria effettua i controlli previsti per l’aumento di capitale sociale tramite conferimento di beni in natura.
Il Collegio sindacale della società conferitaria verifica che:
– in sede di delibera dell’aumento di capitale, le azioni in precedenza emesse siano state interamente liberate ex artt. 2438 c.c. e 2481 c.c.;
– il conferimento sia accompagnato dalla necessaria perizia di stima e che questa contenga i contenuti minimi previsti per legge ex art. 2343 c.c. – o, sussistendone le condizioni, ci si sia avvalsi delle modalità di cui all’art. 2343-ter c.c. nel cui caso il Collegio sindacale dovrà accertare che sia stata presentata l’opportuna documentazione – ovvero dalla relazione giurata redatta ai sensi dell’art. 2465 c.c.;
– l’organo amministrativo provveda nei termini previsti alle prescrizioni dell’art. 2343, co. 3 e co. 4, c.c., relative e conseguenti alla valutazione della stima peritale, salvo il caso in cui, sussistendone le condizioni, ci si è avvalsi delle prescrizioni di cui all’art. 2343-ter c.c. nel cui caso i sindaci dovranno accertare che l’organo amministrativo provveda nei termini previsti alle prescrizioni di cui all’art. 2343- quater c.c.;
– qualora la facoltà di aumentare il capitale sociale sia stata delegata all’organo amministrativo, siano osservate le prescrizioni e le formalità previste dalla legge.
Particolare attenzione deve essere posta nel verificare se il conferimento evidenzi un avviamento. In tal caso, ai sensi dell’art. 2426, co. 1, n. 6, c.c. il Collegio sindacale esprime il proprio consenso affinché l’avviamento possa essere iscritto nell’attivo dello stato patrimoniale (Cfr. Norma 8.4.).
In occasione della cessione dell’azienda, i collegi sindacali, sia quello della società cedente sia quello della società cessionaria, vigilano sulla disciplina applicabile, sollecitando eventualmente l’organo amministrativo alla regolare e puntuale esecuzione delle formalità e al rispetto delle disposizioni di legge e delle previsioni di statuto.
I collegi sindacali della società cedente e di quella cessionaria verificano che i criteri seguiti nella determinazione del valore dell’azienda, compreso l’avviamento, siano tecnicamente corretti; a tal fine assumono le necessarie informazioni in merito alle tecniche di valutazione degli elementi che compongono il complesso aziendale ceduto e il collegio della società cessionaria esprime il proprio consenso affinché l’avviamento possa essere iscritto nell’attivo dello stato patrimoniale (Cfr. Norma 8.4.).
Il Collegio sindacale della società cessionaria verifica, in particolare, che l’organo di amministrazione abbia valutato in particolare:
– la successione nei contratti (ex art. 2558 c.c.)
– la successione nei crediti vantati dalla cedente (ex art. 2559 c.c.);
– la successione nelle posizioni debitorie a carico della società cedente che risultino dalle scritture contabili (ex art. 2560 c.c.);
– la successione nei rapporti di lavoro, in relazione al rispetto delle disposizioni vigenti nell’ordinamento e in ordine alla regolarità retributiva e contributiva effettuata a favore dei dipendenti fino alla data della cessione (ex art. 2112 c.c.);
– la regolarità degli adempimenti di natura fiscale da parte della società cedente (ex art. 14 d.lgs. n. 472/1997);
– le eventuali sanzioni irrogate ai sensi dell’art. 33 d.lgs. n. 231/2001 alla società cedente;
– i contenziosi in essere;
– la durata del divieto di concorrenza (ex art. 2557 c.c.);
– apposizione di condizioni;
– la riserva della proprietà a favore del cedente.
Quanto sopra trova applicazione anche nei casi in cui oggetto del conferimento o della cessione sia un ramo d’azienda. In tali casi, il Collegio sindacale vigila sul rispetto delle condizioni previste dalla legge e sull’osservanza della disciplina applicabile in materia, verificando sia la regolare e puntuale esecuzione delle formalità di legge sia la correttezza tecnica dei criteri seguiti nella determinazione del valore del ramo d’azienda conferito o ceduto.
Commento
La finalità sottesa alla verifica da parte del Collegio sindacale del corretto adempimento degli obblighi di legge nelle operazioni di conferimento o di cessione d’azienda – anche di singoli rami – è, in primo luogo, quella di garantire l’integrità del patrimonio sociale per l’importanza che questo assume sia nei confronti dei soci, anche nei loro reciproci rapporti, sia nei confronti dei terzi e dei creditori.
Il conferimento d’azienda è fattispecie riconducibile alla più ampia categoria dei conferimenti in natura disciplinati dagli artt. 2342, 2343, 2343-ter e quater, 2440 e 2441, co. 4 e co.6, c.c. e per la s.r.l. dagli artt. 2464 e 2481-bis c.c.
Con la cessione dell’azienda o del singolo ramo si realizza il passaggio all’avente causa dell’intero complesso dei rapporti attivi e passivi nei quali l’azienda stessa o il suo ramo si sostanzia, con il correlato effetto di produrre continuità tra la precedente e la nuova gestione imprenditoriale.
Norma 10.6. Attività del Collegio sindacale in caso di affitto d’azienda
Principi
In caso di affitto di azienda, il Collegio sindacale delle società interessate, nello svolgimento della funzione riconosciuta dalla legge e sulla base delle informazioni acquisite dall’organo amministrativo e, se presente, dall’incaricato della revisione legale, vigila sul rispetto delle condizioni di legge previste per dette operazioni
Riferimenti normativi
Artt. 2212, 2559, 2561, 2562 c.c.
Criteri applicativi
In presenza di un contratto di affitto di azienda, il Collegio sindacale vigila sul rispetto della disciplina applicabile sollecitando eventualmente l’organo amministrativo alla regolare e puntuale esecuzione delle formalità e al rispetto delle disposizioni di legge e delle previsioni dello statuto.
Il Collegio sindacale della società interessate verifica che i criteri seguiti nella determinazione del corrispettivo siano tecnicamente corretti; a tal fine assume le necessarie informazioni in merito alle tecniche di valutazione degli elementi che compongono il complesso aziendale oggetto del contratto di affitto.
Il Collegio sindacale verifica che l’organo di amministrazione abbia valutato, con particolare attenzione, che:
– l’affitto sia sorretto da valide motivazioni e non sia effettuato con l’unico fine della segregazione dei beni in previsione di un successivo fallimento;
– il contratto, se stipulato ai fini del mantenimento della continuità aziendale in situazioni di crisi, rispetti l’obiettivo di garantire la conservazione del valore aziendale;
– il canone di affitto pattuito sia congruo ed effettivamente versato dall’affittuario, anche in considerazione di quanto stabilito nella relazione di stima eventualmente depositata da un professionista all’uopo incaricato.
Il Collegio sindacale di entrambe le società interessate verifica le informazioni rese in ordine a:
– durata del contratto di affitto;
– consistenza del patrimonio aziendale oggetto del contratto;
– eventuale successione nei crediti e nei debiti (ex art. 2559 c.c.);
– successione nei rapporti di lavoro, in relazione al rispetto delle disposizioni vigenti nell’ordinamento e in ordine alla regolarità retributiva e contributiva effettuata a favore dei dipendenti fino alla data dell’affitto (ex art. 2112 c.c.);
– disciplina del divieto di concorrenza (ex art. 2557 c.c.);
– uso della precedente ditta e modalità di esercizio (ex art. 2563 c.c.);
– individuazione dei corretti principi per la determinazione delle differenze di inventario in caso di retrocessione del complesso aziendale;
– esistenza di una clausola risolutiva espressa in caso di inadempimento delle obbligazioni assunte dalle parti.
Il Collegio sindacale della società affittuaria, durante il corso dell’affitto, verifica che la società:
– mantenga in efficienza l’organizzazione produttiva, commerciale e amministrativa dell’azienda affittata nel rispetto delle obbligazioni contrattuali assunte;
– gestisca l’azienda senza modificarne l’attuale destinazione;
– non trasformi, modifichi o apporti migliorie all’azienda senza il preventivo consenso della società locatrice.
Commento
La vigilanza che il Collegio sindacale svolge in caso di affitto di azienda è finalizzata alla verifica del rispetto della legalità, oltre che degli obblighi contrattuali assunti dalla società. In questa prospettiva, anche al fine di evitare eventuali responsabilità in concorso con gli amministratori per fatti di bancarotta, il Collegio sindacale è tenuto a verificare la reale portata e finalità del contratto e le effettive modalità di adempimento. Inoltre, il collegio cercherà di comprendere le reali ragioni che hanno portato alla stipula del contratto e, sulla scorta dei modelli elaborati dalla migliore dottrina, verificherà la congruità del canone pattuito che potrà essere determinata da una perizia all’uopo predisposta.
In caso di evidenza di comportamenti contrari alla legge si applicano le disposizioni previste nella sezione 6.
Norma 10.7. Prestiti obbligazionari e strumenti finanziari partecipativi
Principi
In caso di emissione di prestiti obbligazionari o di strumenti finanziari partecipativi, sulla base delle informazioni acquisite dall’organo amministrativo e dall’incaricato della revisione legale, il Collegio sindacale vigila sul rispetto delle norme di legge (informativa, requisiti e procedure), dei principi di corretta amministrazione e sull’adeguatezza della struttura organizzativa, amministrativa e contabile in relazione alla specifica operazione.
Riferimenti normativi
Artt. 2346, co. 6, 2349, co. 2, 2410 ss. c.c.
Criteri applicativi
Il Collegio sindacale, nel caso sia emesso un prestito obbligazionario, verifica:
– la legittimazione dell’organo sociale (organo amministrativo o assemblea dei soci) a deliberare l’emissione del prestito;
– l’osservanza delle disposizioni di legge e, in particolare, il rispetto dei limiti posti dalla legge all’emissione di obbligazioni;
– la rispondenza del prestito ai principi di corretta amministrazione;
– il rispetto del regolamento del prestito obbligazionario.
I sindaci, nell’ambito dell’attività di vigilanza, verificano che:
– l’emissione del prestito sia deliberata dall’organo amministrativo, salvo diversa disposizione statutaria o di legge;
– la deliberazione di emissione risulti da verbale redatto da notaio e che la stessa sia stata depositata ed iscritta a norma dell’art. 2436 c.c.;
– i titoli emessi abbiano un contenuto conforme all’art. 2414 c.c.;
– nel caso siano previste garanzie reali a favore dei sottoscrittori, la delibera di emissione delle obbligazioni contenga la designazione di un notaio che per conto dei sottoscrittori compia le formalità necessarie per la costituzione delle medesime garanzie (art. 2414-bis c.c.);
– i sottoscrittori delle obbligazioni si legittimino nell’assemblea degli obbligazionisti (art. 2415 c.c.) e sia istituito e tenuto il libro delle adunanze e deliberazioni dell’assemblea degli obbligazionisti (art. 2421, n. 7, c.c.);
– gli obbligazionisti siano rappresentati da un rappresentante comune eletto dall’assemblea degli obbligazionisti o, in mancanza, dal Tribunale su richiesta di uno o più obbligazionisti o dell’organo amministrativo (art. 2417 c.c.);
– nel caso in cui la società proceda a una riduzione del capitale sociale (art. 2413 c.c.), sia rispettato il vincolo di cui all’art. 2412 c.c.;
– sia rispettata la procedura di cui all’art. 2420 c.c. in caso di sorteggio delle obbligazioni.
In presenza di obbligazioni convertibili in azioni i sindaci verificano che:
– in ipotesi di capitale sociale interamente versato, l’assemblea straordinaria dei soci abbia determinato il rapporto di cambio, il periodo e la modalità di conversione e che il capitale sociale risulti interamente versato;
– sia deliberato contestualmente l’aumento di capitale sociale per un ammontare corrispondente alle azioni da attribuire in conversione;
– i titoli obbligazionari riportino, in aggiunta a quanto stabilito dall’art. 2414 c.c., il rapporto di cambio e le modalità di conversione;
– nel primo mese di ciascun semestre l’organo amministrativo provveda all’emissione delle azioni da attribuire in conversione e che entro il mese successivo l’organo amministrativo depositi presso il registro delle imprese l’attestazione dell’aumento di capitale sociale in misura corrispondente al valore nominale delle azioni emesse;
– in pendenza dei termini per la conversione la società non deliberi modifiche statutarie concernenti la riduzione volontaria del capitale sociale o la distribuzione degli utili salvo quanto previsto dall’art. 2420- bis, co. 4, c.c.;
– venga proporzionalmente modificato il rapporto di cambio, nei casi di aumento del capitale sociale mediante imputazione di riserve o diminuzione dello stesso a causa di perdite.
I sindaci sono poi tenuti a uno specifico obbligo di attestazione dall’art. 2412 c.c.
L’attività espletata e la specifica attestazione prevista dall’art. 2412 c.c. risultano nel libro dei verbali delle adunanze del Collegio sindacale.
Analoghi controlli, senza tener conto dei limiti di cui all’art. 2412 c.c., devono essere eseguiti nella s.p.a. in caso di emissione di mini-bond. In questi casi dovranno valutarsi eventuali regole previste statutariamente e l’eventuale procedura per l’ammissione dei titoli alla quotazione.
II Collegio sindacale, nel caso siano emessi strumenti finanziari partecipativi a fronte di particolari apporti ovvero a favore dei prestatori di lavoro, verifica:
– la legittimazione dell’organo sociale (organo amministrativo o assemblea dei soci ordinaria o straordinaria ovvero, in caso di strumenti finanziari emessi a favore dei prestatori di lavoro, assemblea straordinaria) a deliberare l’emissione degli strumenti partecipativi;
– l’osservanza delle disposizioni di legge e dello statuto e, in particolare, il rispetto delle disposizioni statutarie che ne disciplinano condizioni e modalità di emissione, il conferimento di diritti patrimoniali e/o amministrativi, il trasferimento;
– la rispondenza ai principi di corretta amministrazione;
– il rispetto del regolamento di emissione degli strumenti partecipativi.
Con riferimento alle s.r.l., si rammenta che l’attuale normativa consente, al ricorrere di determinate condizioni, di emettere titoli di debito (art. 2483 c.c.). In tali ipotesi il collegio, nell’ambito dell’attività di vigilanza, deve, altresì, verificare la rispondenza di questa operazione ai presupposti previsti dall’art. 2483 c.c. e ai principi di corretta amministrazione sulla base dei suindicati criteri.
In particolare, anche nelle s.r.l. è ammissibile ricorrere all’emissione di mini-bond.
In tale circostanza, l’organo di controllo della s.r.l. dovrà accertare:
– che la possibilità di emettere titoli di debito, ex art. 2483 c.c., sia contemplata dall’atto costitutivo;
– quale sia l’organo competente a deliberare l’emissione e la regolarità della relativa delibera;
– il rispetto di eventuali limiti, modalità e quorum;
– che sia istituito il registro dell’emittente e la regolarità della sua tenuta;
– il rispetto del regolamento del prestito.
Commento
Nell’ambito dell’emissione di prestiti obbligazionari, di mini bond e di strumenti finanziari partecipativi, il Collegio sindacale, oltre a vigilare sull’osservanza da parte dell’organo amministrativo delle norme di legge e statutarie, valuta la “rispondenza” del prestito obbligazionario ai principi di corretta amministrazione sulla base di un giudizio che tenga conto della giustificazione economica dell’operazione, non per valutarne il merito, bensì per vagliare i parametri di diligenza amministrativa che hanno condotto a tale scelta.
È opportuno, inoltre, che i sindaci partecipino alle assemblee degli obbligazionisti e dei possessori di strumenti finanziari.
Con riferimento alle s.r.l., si rammenta, infine, che l’attuale normativa consente, al ricorrere di determinate condizioni, alla società di emettere titoli di debito (art. 2483 c.c.). In tali ipotesi il Collegio sindacale, nell’ambito dell’attività di vigilanza, deve, altresì, verificare la rispondenza di questa operazione ai presupposti previsti dall’art. 2483 c.c. e ai principi di corretta amministrazione sulla base dei suindicati criteri.
Norma 10.8. Attività del Collegio sindacale in caso di finanziamenti dei soci
Principi
Il Collegio sindacale verifica che la concessione di finanziamenti da parte dei soci avvenga nel rispetto delle disposizioni di legge e dello statuto.
Riferimenti normativi
Artt. 2467, 2497-quinquies c.c.; art. 182-quater, co. 3, l.f.
Criteri applicativi
Il Collegio sindacale verifica che i finanziamenti soci (senza sottoscrizioni di prestiti obbligazionari) siano, per gli aspetti rilevanti, in linea con le disposizioni legislative, statutarie e regolamentari in materia.
Nelle società soggette a direzione e coordinamento da parte di altro soggetto il Collegio sindacale controlla, altresì, che in caso di restituzione dei finanziamenti dei soci siano rispettate le previsioni del primo co. dell’art. 2437-quinquies c.c.
Nelle s.r.l., ovvero nelle società soggette a direzione e coordinamento da parte di altro soggetto il Collegio sindacale verifica, altresì, che i finanziamenti dei soci, se erogati al ricorrere di situazioni di eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto patrimonio netto della società, non siano restituiti agli stessi, in violazione di quanto stabilito dal primo comma dell’art. 2467 c.c. in un momento di crisi e sottocapitalizzazione (specialmente se la stessa crisi possa preludere ad una eventuale dichiarazione di fallimento).
Il diritto alla postergazione, ex art. 2467 c.c. viene ormai pacificamente ritenuto applicabile (dalla giurisprudenza) anche nelle s.p.a. a ristretta base partecipativa.
In ogni caso nell’ambito dell’eventuale restituzione del prestito in situazione di crisi, particolare attenzione dovrà essere prestata ai gradi di privilegio dei vari debiti sociali.
Nel caso di finanziamenti intercompany a condizioni non di mercato il collegio vigila che gli amministratori motivino adeguatamente l’interesse sociale e i vantaggi reciproci che caratterizzano l’operazione di finanziamento.
Commento
La vigilanza dell’organo di controllo è finalizzata a scongiurare il rischio che attraverso la restituzione, vengano lesi i diritti dei creditori mediante un’indebita riduzione del patrimonio sociale.
In particolare, si osserva che la disciplina dei finanziamenti dei soci di s.r.l. contenuta dall’art. 2467 c.c., introduce, per le imprese che si trovino in uno stato di squilibrio finanziario, un principio di corretto finanziamento la cui violazione comporta la riqualificazione imperativa del finanziamento in prestito postergato rispetto alla soddisfazione degli altri debitori. Tale principio si applica, in virtù del richiamo contenuto nell’art. 2497-quinquies c.c., anche alle società soggette all’altrui direzione e coordinamento.
In linea con la prevalente giurisprudenza ad oggi intervenuta si ritiene che tali norme si applichino anche alle s.p.a. a carattere personalistico (o di piccola dimensione). Occorre, al riguardo verificare se l’organizzazione della società finanziata – ad esempio, a causa delle modeste dimensioni o per l’assetto dei rapporti sociali (compagine familiare o, comunque, ristretta) – consenta al socio di ricevere un’informativa sostanzialmente comparabile a quella che, in linea teorica, potrebbe ottenere il socio di una s.r.l. In questi casi l’art. 2467 c.c. risulta applicabile ed i sindaci della s.p.a. dovranno effettuare le verifiche menzionate.
Va ricordato, infine, che i crediti derivanti da finanziamenti effettuati da soci in esecuzione di un concordato preventivo (anche in bianco) o di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato sono prededucibili fino a concorrenza dell’80% del loro ammontare in deroga alla postergazione ex art. 2467 c.c. e 2497-quinquies c.c., come prevede l’art. 182-quater l.f.
Il Collegio sindacale, nel caso di operazioni di finanziamento intercompany concluse a condizioni non di mercato, deve vigilare che gli amministratori negli atti e delibere inerenti al finanziamento diano congrua motivazione dell’interesse sociale dell’operazione e dei vantaggi reciproci da essa scaturenti. A tal riguardo particolare attenzione va posta nei casi di finanziamenti provenienti da società controllata nei confronti della controllante. Gli amministratori della società controllata devono, infatti, far emergere chiaramente i reciproci vantaggi derivanti dall’operazione infragruppo che non possono essere relegati alla mera appartenenza al gruppo stesso.
Norma 10.9. Attività del collegio sindacale in caso di recesso e di esclusione del socio
Principi
Il Collegio sindacale vigila sull’osservanza da parte degli amministratori delle norme di legge e dello statuto applicabili in caso di recesso del socio, sulla base delle informazioni acquisite dall’organo amministrativo e dal soggetto incaricato della revisione legale. Il Collegio sindacale esprime un apposito parere sul valore di liquidazione delle azioni.
Nelle s.r.l., nei casi di esclusione del socio, il Collegio sindacale vigila sull’osservanza delle disposizioni statutarie relative alle cause e al procedimento di esclusione, nonché sul rispetto delle disposizioni relative alle modalità di rimborso della partecipazione sociale.
Riferimenti normativi
Artt. 2437 – 2437-quater, artt. 2473 c.c., 2473-bis c.c.
Criteri applicativi
Con riferimento alla s.p.a., il Collegio sindacale vigila:
– sull’osservanza delle disposizioni di legge e delle previsioni dello statuto in ordine alle cause di recesso;
– sull’osservanza dei criteri di determinazione del valore delle azioni stabiliti dall’art. 2437-ter, co. 2, c.c., in forza del quale, in caso di recesso, il valore di liquidazione delle azioni è determinato dall’organo amministrativo, sentito anche il parere del Collegio sindacale e del soggetto incaricato della revisione legale;
– al ricorrere di deliberazioni che possono determinare il recesso del socio, salvo il caso di espressa rinuncia di tutti i soci, sulla preventiva comunicazione a questi ultimi del valore delle azioni e delle modalità tramite cui tale valore è stato determinato, nei quindici giorni precedenti alla data fissata per l’assemblea, come previsto dall’art. 2437-ter, co. 5, c.c.;
– sul rispetto delle modalità e dei termini previsti per l’esercizio del diritto di recesso;
– sulla conformità alla legge del procedimento di liquidazione ai sensi dell’art. 2437-quater c.c.;
– sulla modificazione dell’atto costitutivo e comunicazione al registro delle imprese dell’avvenuto recesso.
Il parere del Collegio sindacale previsto dall’art. 2437-ter è obbligatorio e non vincolante e:
– deve precedere la valutazione definitiva degli amministratori;
– è cumulativo con quello emesso dal soggetto incaricato della revisione legale;
– deve evidenziare che la valutazione sia supportata da specifici criteri di stima impiegati dagli amministratori;
– se la valutazione si basa su “criteri diversi di liquidazione”, come prevede l’art. 2437-ter, co. 3, c.c., deve verificare che tali criteri siano previsti dallo statuto.
Nel caso in cui la stima degli amministratori risulti non sufficientemente supportata da idonei criteri di valutazione, previo scambio di informazioni con il soggetto incaricato della revisione legale, il collegio sindacale può chiedere agli amministratori il supporto di una stima (anche eventualmente giurata) rilasciata da un esperto esterno alla società.
Il Collegio sindacale deve accertare che, salvo rinuncia espressa dei soci ai termini, un apposito documento, contenente la valutazione delle azioni e i criteri di valutazione impiegati, sia comunicato ai soci, almeno con 15 giorni di anticipo rispetto alla data dell’assemblea che può legittimare il recesso.
L’obbligo di depositare il documento contenente la determinazione del valore delle azioni, suffragato dal parere del collegio sindacale e del soggetto incaricato della revisione legale, non è richiesto nei casi in cui:
– la delibera che legittima il recesso sia stata assunta all’unanimità dei soci;
– i soci che non concorrano all’approvazione della delibera che legittima il recesso abbiano espressamente rinunciato al diritto di conoscere preventivamente il valore delle azioni;
– la delibera assunta sia risolutivamente condizionata all’esercizio del diritto di recesso da parte di alcuno dei soci.
Con riferimento alla s.r.l. il Collegio sindacale (o il sindaco unico), ove presente, vigila:
– sull’osservanza delle disposizioni di legge in ordine alle cause di recesso;
– sul rispetto delle previsioni statutarie in ordine alle cause di recesso del socio;
– sulle modalità di esercizio del diritto di recesso da parte del socio;
– sull’osservanza dei criteri di determinazione del valore della partecipazione del socio recedente secondo le previsioni di cui all’art. 2473 c.c.;
– sulla conseguente modifica dell’atto costitutivo e sulla comunicazione al registro delle imprese dell’avvenuto recesso.
Al ricorrere di una causa di esclusione del socio di s.r.l., il Collegio sindacale o il sindaco unico, se presente, vigila in ordine alla circostanza che:
– la causa dell’esclusione sia contemplata nello statuto della società;
– il procedimento di esclusione del socio coincida con quello disciplinato nello statuto della società;
– il rimborso della partecipazione del socio escluso avvenga secondo i criteri di cui all’art. 2473-bis c.c.
Commento
La dichiarazione di recesso del socio è immediatamente produttiva di effetti e il rapporto sociale si scioglie limitatamente al socio receduto. Quest’ultimo perde lo status di socio ma acquista il diritto di credito alla liquidazione della quota.
Il Collegio sindacale accerta che il procedimento adottato dall’organo amministrativo per la determinazione del valore della partecipazione del socio sia conforme alla legge e allo statuto. Operativamente, il collegio è tenuto a verificare, dunque, l’esistenza di una situazione patrimoniale ad hoc, nonché di una traccia scritta del procedimento seguito dall’organo amministrativo e, quindi, che i criteri adottati siano tecnicamente corretti. Al riguardo, si ricorda che l’art. 2437-ter c.c. prescrive che la valutazione debba essere effettuata tenendo conto della consistenza patrimoniale e delle prospettive reddituali, nonché, ove esistente, del valore di mercato delle azioni.
La legge attribuisce, inoltre, uno specifico e rilevante compito al Collegio sindacale nel procedimento di determinazione del valore delle azioni da liquidare al socio receduto da una s.p.a. Gli amministratori devono, infatti, determinare il valore delle azioni acquisendo un apposito parere rilasciato dal Collegio sindacale.
Tale parere è finalizzato a limitare la discrezionalità tecnica degli amministratori nella valutazione delle azioni, evitando che quest’ultima non risulti palesemente arbitraria e non tenga in considerazione i divergenti interessi di società e soci. Tale parere è finalizzato, inoltre, a limitare le eventuali contestazioni previste dall’art. 2437-ter, co. 6, c.c.
Per quanto attiene alla s.r.l., la norma di riferimento per il recesso del socio è rappresentata dall’art. 2473 c.c. In relazione alla determinazione del valore della quota sociale da rimborsare al socio, la legge, non replicando le previsioni di cui al summenzionato art. 2437-ter c.c. dettate per la s.p.a., non richiede al Collegio sindacale o al sindaco unico l’espressione del parere. L’art. 2473 c.c. prevede che il rimborso vada effettuato in proporzione al patrimonio sociale, tenendo in considerazione il valore di mercato della partecipazione al momento della dichiarazione di recesso e demandando tale determinazione, in caso di disaccordo, a una relazione giurata di un terzo nominato dal Tribunale che opererà ai sensi dell’art. 1349 c.c.
V’è da dire, inoltre, che solo nella s.r.l. una previsione statutaria può individuare specifiche ipotesi di esclusione per giusta causa: in tal caso, ai fini del rimborso della partecipazione, si applicano le disposizioni di cui all’art. 2473 c.c., esclusa la possibilità del rimborso mediante riduzione del capitale sociale.
Norma 10.10. Scioglimento e liquidazione
Principi
Il Collegio sindacale verifica, sulla base delle informazioni acquisite la fondatezza o, qualora non preventivamente rilevate, valuta la sussistenza di cause di scioglimento della società, informandone tempestivamente l’organo amministrativo. In assenza di accertamento da parte di quest’ultimo, il collegio si attiva, esercitando i poteri previsti dalla legge.
Riferimenti normativi
Artt. 2484 – 2496 c.c.
Criteri applicativi
Al verificarsi di una causa di scioglimento della società, il Collegio sindacale verifica:
– la conoscenza della causa di scioglimento da parte dell’organo di amministrazione;
– la convocazione senza indugio del consiglio di amministrazione;
– richiede, in caso di inerzia dell’organo di amministrazione, che venga convocato senza indugio il consiglio di amministrazione affinché accerti la sussistenza della causa di scioglimento e iscriva la relativa delibera presso l’ufficio del registro delle imprese;
– la gestione della società da parte dell’organo di amministrazione ai soli fini della conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio sociale;
– la convocazione dell’assemblea per assumere le delibere di cui all’art. 2487, co. 1, c.c.
In caso di omissione dell’organo di amministrazione, e limitatamente alle situazioni in cui non sussista dubbio alcuno sulla intervenuta causa di scioglimento, il Collegio sindacale presenta istanza al Tribunale competente affinché ne accerti il verificarsi.
Una volta dichiarato lo scioglimento della società, in caso di omissione o di ritardo dell’organo di amministrazione, il Collegio sindacale richiede con istanza al Tribunale di provvedere alla convocazione dell’assemblea per le delibere di cui all’art. 2487, co. 1, c.c. Nel caso in cui alcuni componenti del Collegio sindacale siano in disaccordo sulla intervenuta causa di liquidazione e quindi sulla necessità di proporre istanza al Tribunale, la stessa può essere predisposta ed inoltrata dal singolo sindaco.
Nel corso della procedura di liquidazione, il Collegio sindacale svolge le proprie funzioni di vigilanza ed esercita i propri poteri, tenuto conto del particolare status e delle mutate finalità della società. Pertanto, l’organo verifica che il liquidatore (o un collegio di liquidatori):
– rispetti i criteri in base ai quali deve svolgersi la liquidazione e i poteri ad esso conferiti dall’assemblea;
– prosegua l’attività d’impresa solo se a tal fine autorizzato dall’assemblea;
– rediga gli eventuali bilanci intermedi (annuali) di liquidazione;
– rediga il bilancio finale di liquidazione e depositi eventuali somme non riscosse;
– chieda la cancellazione della società.
Il Collegio sindacale è tenuto, altresì, a predisporre ai sensi dell’art. 2429 c.c. la relazione sul bilancio iniziale, sugli eventuali bilanci intermedi (annuali) e sul bilancio finale di liquidazione.
Il Collegio sindacale può chiedere al Tribunale la revoca per giusta causa dei liquidatori.
In caso di inerzia dei liquidatori, il Collegio sindacale può chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese.
Commento
Il Collegio sindacale, nell’ambito della propria attività di vigilanza sul rispetto della legge e dei principi di corretta amministrazione, vigila, altresì, sulla procedura di scioglimento e di liquidazione della società. Particolare attenzione deve essere dedicata dall’organo di controllo alla fase iniziale del procedimento cioè quando sia intervenuta una causa di scioglimento non rilevata dagli amministratori. In queste situazioni, il collegio dovrà attivarsi evidenziando per iscritto agli amministratori la circostanza anzidetta e convocando l’assemblea di propria iniziativa qualora gli amministratori rimanessero inerti dinanzi alle istanze dell’organo di controllo. Nel caso in cui una conclamata causa di liquidazione (sulla quale non devono però sussistere elementi di dubbio) non venga palesata, il Collegio sindacale (o in sua vece anche i singoli sindaci) anche allo scopo di evitare danni alla società deve fare istanza al Tribunale per consentire l’accertamento dell’intervenuta causa di scioglimento (art. 2487 c.c.). In particolare, ai fini dell’espletamento dei propri compiti, il Collegio sindacale può:
– esercitare il potere di acquisire informazioni, richiedendo notizie al liquidatore sull’andamento delle operazioni liquidatone o sull’effettuazione di specifiche attività (Cfr.Norma 5.2.);
– partecipare alle riunioni degli organi sociali (ivi comprese le riunioni del collegio dei liquidatori se nominato) (Cfr. Norma 4.1., 4.2., 4.3.);
– effettuare, se del caso, atti di ispezione e controllo e, se ne ricorrono i presupposti, convocare l’assemblea dei soci o finanche presentare denuncia ex art. 2409 c.c. al Tribunale (Cfr. Norme 6.1., 6.2., 6.4.).
Norma 10.11. Vigilanza del Collegio sindacale di s.p.a. ed s.r.l. con socio unico
Principio
Nelle s.p.a. e nelle s.r.l. unipersonali, il Collegio sindacale – o il sindaco unico nelle s.r.l. – oltre a porre in essere tutte le verifiche effettuate nell’esercizio dell’attività di vigilanza nelle società pluripersonali, deve accertare che, quando la pluralità dei soci venga meno, il capitale sottoscritto sia interamente versato secondo le modalità fissate dalla legge e sia effettuato il deposito per l’iscrizione nel registro delle imprese della dichiarazione relativa al socio unico.
Il Collegio sindacale deve inoltre vigilare sui rapporti fra società ed unico socio in merito ai contratti e le operazioni fra essi intercorsi.
Riferimenti normativi
Artt. 2250, 2325, 2328, co. 1, 2342, co. 2 e 4, 2362, 2439, co. 1, 2462, co. 2, 2463, 2464, co. 4 e 7, 2470, co. 4 e 7, 2478 co. 3, 2481-bis, c.c.
Criteri applicativi
Nelle s.p.a. e s.r.l. unipersonali il Collegio sindacale – o il sindaco unico nelle s.r.l. – vigila sul rispetto delle relative discipline.
In caso di passaggio da società pluripersonale ad unipersonale il collegio verifica che:
– gli amministratori (o il socio unico) abbiano eseguito gli adempimenti pubblicitari presso il registro delle imprese richiesti dalla legge a seguito dell’intervenuta unipersonalità o qualora muti la persona dell’unico socio (art. 2362, co. 1; art. 2470, co. 4, c.c.);
– i versamenti eventualmente ancora dovuti dai soci devono essere effettuati dall’unico socio entro novanta giorni (art. 2342, co. 4; art. 2464, co. 7, c.c.).
Il collegio vigila che negli atti e nella corrispondenza delle s.p.a. e delle s.r.l. sia indicato che queste siano con un unico socio (art. 2250, co. 4, c.c.) e che qualora la società deliberi l’aumento del capitale, i versamenti dell’unico socio siano eseguiti entro novanta giorni e per l’intero (art. 2339, co. 1, c.c.; art. 2481-bis c.c.).
Il Collegio sindacale vigila sui contratti e sulle operazioni fra società ed unico socio. In entrambi i casi il collegio verifica che detti rapporti siano trascritti sul libro delle deliberazioni del consiglio di amministrazione o che risultino da atto scritto avente data certa anteriore al pignoramento eseguito dai creditori (artt. 2362 c.c. e 2478 c.c.), ponendo particolare attenzione ai contenuti degli anzidetti contratti o operazioni dal momento che si potrebbero determinare situazioni potenzialmente dannose sia per la società, sia, indirettamente, per i terzi e i creditori della stessa.
Commento
Nelle s.p.a. e nelle s.r.l. con unico socio (persona fisica o giuridica) il Collegio sindacale deve accertare il rispetto della normativa codicistica in merito agli aspetti pubblicitari (nella corrispondenza) e di formalizzazione della unipersonalità presso il registro delle imprese (in assenza della quale gli atti compiuti dalla società rendono il socio illimitatamente responsabile).
In presenza di una società pluripersonale che non abbia provveduto alla completa liberazione dei decimi, che a seguito della fuoriuscita di uno o più soci diventi unipersonale, si deve verificare che entro novanta giorni l’unico socio abbia integralmente provveduto al versamento del capitale.
Fondamentale appare inoltre la vigilanza nell’ambito delle operazioni e dei contratti posti in essere fra società e socio unico che possono determinare un’ indebita riduzione del patrimonio e della solvibilità della società (a favore del socio unico) e quindi un potenziale danno per i creditori ed i finanziatori della società stessa (si pensi a titolo esemplificativo a fideiussioni a favore dell’unico socio, a contratti a favore di terzo, a remissione del debito dell’unico socio).
Considerando tali rapporti della società conclusi con “parte correlata”, è appropriato che il Collegio sindacale, acquisite informazioni dal soggetto incaricato della revisione legale, adotti le opportune iniziative (Cfr. Norme 3.3. e 3.4.).
Norma 10.12 Decesso del socio unico
Principi
Il Collegio sindacale, nello svolgimento delle funzioni attribuitegli dalla legge, in caso di decesso del socio unico, interviene eventualmente in via sostitutiva.
Riferimenti normativi
Artt. 2386, co. 5, 2484, co. 3, 2485 co. 2, c.c., 2630, co. 1, c.c.
Criteri applicativi
In caso di decesso dell’unico socio della società, in assenza di eredi, il Collegio sindacale vigila affinché l’organo di amministrazione, si attivi per le dovute comunicazioni al registro delle imprese e per l’iscrizione della causa di scioglimento della società. In caso di omissione dell’organo di amministrazione, il Collegio sindacale si attiva in via sostitutiva per le relative comunicazioni al registro delle imprese e presenta le relative istanze al Tribunale.
Nell’ipotesi di decesso dell’amministratore socio unico della società, il Collegio sindacale:
– provvede a comunicare, ex art. 2630, co. 1, c.c., al registro delle imprese l’intervenuto decesso;
– in presenza di eredi, salvo l’esistenza di clausole statutarie che prevedono la intrasferibilità agli eredi delle partecipazioni, vigila affinché gli eredi stessi nominino un rappresentante comune che provveda alla nomina del nuovo organo di amministrazione, e compie nel frattempo l’attività di ordinaria amministrazione tratteggiata dall’art. 2386 c.c. (Cfr. Norma 9.2);
– diversamente, cioè in assenza di eredi, o di mancato subentro degli stessi, situazione che rende oggettiva l’impossibilità di funzionamento dell’assemblea con conseguente intervenuta causa di scioglimento della società (art. 2484, co. 1, n. 3, c.c.), non rilevabile dall’organo amministrativo, il Collegio sindacale è tenuto ad informare il Tribunale della intervenuta causa di scioglimento ex art. 2485, co. 2, c.c.
Il Collegio sindacale, nell’istanza rivolta al Tribunale rappresenta la particolare situazione in cui versa la società in modo da consentire al giudice adito di adottare i provvedimenti giudizialmente ritenuti opportuni, finalizzati alla liquidazione della società. Anche in questo caso, nelle more dell’intervento giudiziale, il Collegio sindacale è tenuto a gestire transitoriamente la società ex art. 2386 c.c.
Commento
Nelle società di capitali, sia s.p.a. che s.r.l. con socio unico, il Collegio sindacale o il sindaco unico di s.r.l., in caso di decesso del socio, può essere investito dei controlli in merito al subentro degli eredi nella società o degli adempimenti, in capo all’amministratore, circa lo scioglimento della stessa.
Qualora il socio venuto meno fosse amministratore unico della società, il collegio o il sindaco unico di s.r.l., saranno investiti di tutte le attribuzioni sostitutive dell’organo di amministrazione. L’organo di controllo dovrà, quindi, provvedere alle relative comunicazioni al registro delle imprese e alla gestione transitoria della società fino al subentro degli eredi (secondo quanto previsto dallo statuto), vigilando sulla correttezza della procedura.
Nel caso di mancato subentro degli eredi e di assenza di un organo di amministrazione, il Collegio sindacale sarà tenuto a produrre istanza al tribunale al fine di chiedere lo scioglimento della società.
11. ATTIVITÀ DEL COLLEGIO SINDACALE NELLA CRISI DI IMPRESA
La sezione 11 esamina l’attività del Collegio sindacale in situazioni di crisi di impresa e in caso di insolvenza. La vigilanza del Collegio sindacale durante la crisi di impresa, in particolare, è incisa dalla novellata formulazione dell’art. 2086 c.c. In attesa della definitiva entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, accanto alle Norme che restano, per ora, inalterate, si segnalano i nuovi inserimenti effettuati con riguardo alla vigilanza dei sindaci per la rilevazione tempestiva della perdita della continuità e della crisi (Norme 11.1. e 11.2.) di diretta derivazione delle previsioni contenute nell’art. 2086, co. 2, c.c.
Norma 11.1. Vigilanza del Collegio sindacale per la rilevazione tempestiva della perdita della continuità
Principi
Il Collegio sindacale, nello svolgimento della funzione riconosciutagli dalla legge, vigila che il sistema di controllo e gli assetti organizzativi adottati dalla società risultino adeguati a rilevare tempestivamente segnali di perdita della continuità aziendale.
Il Collegio sindacale può chiedere chiarimenti all’organo di amministrazione e, se del caso, sollecitare lo stesso ad adottare opportuni provvedimenti.
Riferimenti normativi
Artt. 2086, 2381, 2475, co. 6, 2403, 2403-bis,2409-septies c.c.
Criteri applicativi
Il Collegio sindacale vigila ai sensi dell’art 2403 c.c. sul rispetto dei principi di corretta amministrazione e sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile alla natura e alle dimensioni dell’impresa. Come prevede l’art. 2086 c.c., inoltre, il Collegio sindacale è tenuto a vigilare che tali assetti risultino adeguati anche in funzione di tempestiva rilevazione della perdita della continuità.
L’adozione di assetti adeguati è cura dell’organo amministrativo; al Collegio spetta vigilare che tali assetti risultino validi sotto un profilo informativo e procedurale (Cfr. Norma 3.5. e Norma 3.7.) anche a rilevare tempestivamente quei segnali che possano far emergere significativi dubbi sulla capacità dell’impresa di continuare ad operare nella prospettiva della continuità.
Risultano proficui, a tal fine, gli scambi di informazioni con il soggetto incaricato della revisione legale.
È opportuno che il Collegio, al ricorrere di simili ipotesi, chieda all’organo amministrativo specifici chiarimenti.
Qualora la gestione della società sia affidata a un amministratore unico, il Collegio deve prestare particolare attenzione e può chiedere periodicamente informazioni circa la valutazione dell’adeguatezza degli assetti come anche suggerito dalla Norma 4.3.
Di talché, ogni volta in cui il Collegio sindacale, anche a seguito dello scambio di informazioni con il soggetto incaricato della revisione legale, ovvero a seguito delle informazioni ottenute a seguito delle relazioni effettuate dall’organo di amministrazione, almeno semestralmente, ritenga che il sistema di controllo interno e gli assetti non risultino adeguati a rilevare tempestivamente la perdita della continuità aziendale è opportuno che:
– verifichi il rispetto della normativa vigente in materia di valutazione della continuità aziendale;
– prenda atto dell’esistenza dei presupposti e delle circostanze che hanno generato la perdita della continuità;
– chieda informazioni e chiarimenti all’organo di amministrazione (Cfr. Norme 4.2., 4.3. e 5.2.);
– chieda all’organo amministrativo di intervenire tempestivamente ponendo in essere provvedimenti idonei a garantire la continuità aziendale nel caso di conferma dei dubbi o di insufficienti informazioni e chiarimenti da parte degli amministratori, ricorrendo ad uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il recupero della continuità (quali ad esempio operazioni di capitale, trasformazione, altre operazioni straordinarie, piani di ristrutturazione aziendale, strumenti di risanamento previsti dall’ordinamento, etc. etc.) ;
– vigili sull’attuazione dei provvedimenti adottati dall’organo di amministrazione, sollecitando il rispetto di tempi di attuazione delle azioni da quest’ultimo individuate per il ripristino della continuità aziendale.
È auspicabile che il Collegio sindacale vigili attentamente, effettuando controlli e ispezioni tanto più mirati quanto più significative siano le circostanze, ed eventualmente intensificando le verifiche.
Commento
La funzione di vigilanza ex art. 2403 c.c. esercitata sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile e il suo concreto funzionamento si esplicita, a seguito della modifica dell’art. 2086 c.c., anche con riferimento alla capacità degli assetti di rilevare tempestivamente segnali e circostanze di perdita di continuità.
Va chiarito che l’adozione e la valutazione dell’adeguatezza degli assetti rientra tra le competenze degli organi di amministrazione. Il controllo interno ideato dal legislatore, dunque, fa perno su un sistema che abbandona il concetto di verifica ex post e che privilegia, al contrario, l’adozione di strumenti organizzativi che siano capaci di rilevare tempestivamente il rischio a seconda delle dimensioni e della tipologia dell’attività di impresa e che siano dunque in grado di riconoscere per tempo situazioni in cui la continuità è messa in pericolo. L’adeguatezza delle procedure per rilevare tali situazioni rientra, infatti, tra le caratteristiche di un assetto organizzativo adeguato. Nello svolgimento di questa attività, il Collegio sindacale può essere favorito dallo scambio di informazioni con il soggetto incaricato della revisione legale che può rappresentare un importante interlocutore in quanto tenuto a verificare la sussistenza del presupposto della continuità aziendale della società soggetta a revisione legale.
Norma 11.2. Vigilanza del Collegio sindacale per la rilevazione tempestiva della crisi
Principi
Il Collegio sindacale, nello svolgimento della funzione riconosciutagli dalla legge, vigila che il sistema di controllo interno e gli assetti organizzativi, amministrativi e contabili adottati dalla società risultino adeguati anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa.
Il Collegio sindacale può chiedere chiarimenti all’organo di amministrazione e, se del caso, sollecitare lo stesso ad adottare opportune implementazioni dell’assetto organizzativo.
In caso di rilevazione di fondati segnali di crisi, il Collegio sindacale chiede chiarimenti all’organo di amministrazione e vigila che lo stesso si attivi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi.
Riferimenti normativi
Artt. 2086, 2381, 2403, 2403-bis, co. 2, c.c.; Artt. 28, co. 1, lett. a) e lett. b), 67, co. 3, lett. d), l.f., 152, 182-bis, 182-ter, 160,161, l.f.
Criteri applicativi
Il Collegio sindacale vigila ai sensi dell’art. 2403 c.c. sul rispetto dei principi di corretta amministrazione e sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile alla natura e alle dimensioni dell’impresa.
L’adozione di assetti adeguati è cura dell’organo di amministrazione, e in particolare spetta a quest’ultimo istituire ai sensi dell’art. 2086, co. 2, c.c., un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa oltre che della perdita della continuità aziendale; al collegio spetta vigilare che tali assetti risultino validi sotto un profilo informativo e procedurale (Cfr. Norme 3.5., 3.6., 3.7.)anche a rilevare tempestivamente indizi di crisi della società, onde evitare la futura insolvenza della medesima.
Di talché, ogni volta in cui il Collegio sindacale, anche a seguito dello scambio di informazioni con il soggetto incaricato della revisione legale, ritenga che il sistema di controllo interno e gli assetti non risultino adeguati a rilevare segnali che possano far emergere tempestivamente l’esistenza di una situazione di crisi, è opportuno che il Collegio medesimo:
– richieda all’organo amministrazione di fornire informazioni e chiarimenti in merito alla situazione (Cfr. Norme 4.2., 4.3. e 5.2.);
– provveda a formalizzare per iscritto le proprie conclusioni all’organo di amministrazione;
– richieda all’organo di amministrazione, fissandone eventualmente i tempi di risposta, di intervenire tempestivamente, ponendo in essere provvedimenti idonei al superamento della crisi attuando uno degli strumenti previsti nell’ordinamento.
È auspicabile che il Collegio sindacale vigili attentamente effettuando controlli e ispezioni tanto più mirati quanto più evidenti siano i segnali di crisi.
Qualora, a seguito della sollecitazione da parte del Collegio sindacale, l’organo di amministrazione non provveda tempestivamente all’adozione di opportuni provvedimenti, il Collegio sindacale può:
– convocare l’assemblea – previa comunicazione all’organo di amministrazione – per informarla sia dell’inerzia degli amministratori sia dello stato di crisi, secondo quanto precisato nella Norma 6.1.;
– presentare, sussistendone i relativi presupposti, denunzia al Tribunale ai sensi dell’art. 2409 c.c., secondo quanto precisato dalla Norma 6.4.
Nel dare avvio a tali iniziative appare opportuno, considerate le possibili conseguenze derivanti dall’intervento del Collegio sindacale, che esso operi con particolare attenzione nell’evidenziare i fatti ritenuti rilevanti provvedendo a:
– definire in modo puntuale l’ordine del giorno circoscrivendolo alla situazione di crisi;
– esporre in apposita relazione i fatti, le informazioni acquisite e la rilevazione degli indizi di crisi;
– allegare la documentazione di supporto (ad esempio, riscontri effettuati, dati e informazioni ricevuti dall’organo amministrativo o dal soggetto incaricato della revisione legale, intensificando lo scambio informativo con quest’ultimo).
Commento
Il Collegio sindacale è chiamato dalla legge ad esercitare la funzione di vigilanza di cui all’art. 2403 c.c. che si esplicita, tra l’altro, nel “controllo” sull’adeguatezza degli assetti amministrativi e contabili, l’adozione e la valutazione dei quali rientra tra le competenze degli organi amministrativi.
Il controllo interno ideato dal legislatore, dunque, fa perno su un sistema che abbandona il concetto di verifica ex post e che privilegia, al contrario, l’adozione di strumenti organizzativi che siano capaci di rilevare tempestivamente il rischio a seconda delle dimensioni e della tipologia dell’attività di impresa e che siano dunque in grado di riconoscere l’imminenza della crisi. L’adeguatezza delle procedure per rilevare segnali di crisi rientra, infatti, tra le caratteristiche di un assetto organizzativo adeguato.
Spetta all’organo di amministrazione di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi.
A tal fine, il collegio valuta se l’organo di amministrazione abbia provveduto periodicamente alla verifica dei presupposti e delle circostanze che assicurano che la società non è in crisi e non presenti rischi di imminente crisi, vigilando che l’organo di amministrazione adotti procedure idonee a monitorare il generale andamento della gestione e la sua prevedibile evoluzione e a evidenziare una pianificazione – seppur minima – della gestione atta a garantire l’equilibrio economico, finanziario e patrimoniale della società per un periodo di almeno sei mesi.
È opportuno che il Collegio sindacale, al ricorrere di simili ipotesi, chieda all’organo di amministrazione specifici chiarimenti.
Qualora la gestione della società sia affidata ad un amministratore unico, il collegio deve prestare particolare attenzione e può chiedere periodicamente informazioni circa la valutazione dell’adeguatezza degli assetti come anche suggerito dalla Norma 4.3.
Nel caso in cui i chiarimenti richiesti non siano ritenuti dal collegio soddisfacenti il Collegio sindacale può richiedere all’organo di amministrazione di adottare opportuni provvedimenti e ne monitora la realizzazione al fine di verificarne l’efficacia.
Il Collegio sindacale sollecita, in ogni caso, l’organo di amministrazione affinché intervenga tempestivamente, ricorrendo, se del caso, anche a uno degli istituti di previsti nella legge fallimentare.
In caso di inerzia dell’organo amministrativo, ovvero qualora ritenga inadeguate le misure da quello eventualmente adottate, il Collegio sindacale pone in essere gli adempimenti di cui alla Norma 11.3.
Norma 11.3. Segnalazione all’assemblea e denunzia al Tribunale
Principi
Nel caso in cui gli amministratori omettano l’adozione di opportuni provvedimenti, il Collegio sindacale può convocare l’assemblea ai sensi dell’art. 2406 c.c.
Nei casi in cui il ricorso all’assemblea non abbia avuto luogo o i suoi esiti non siano ritenuti adeguati, il Collegio sindacale, qualora la condotta degli amministratori integri anche i presupposti di gravi irregolarità, ove consentito della legge, può proporre la denunzia al Tribunale ex art. 2409 c.c.
Riferimenti normativi
Artt. 2086, 2406, 2409 c.c
Criteri applicativi
Qualora, a seguito della sollecitazione da parte del Collegio sindacale, l’organo di amministrazione non provveda tempestivamente all’adozione di opportuni provvedimenti, il Collegio sindacale può:
– convocare l’assemblea – previa comunicazione all’organo di amministrazione – per informarla sia dell’inerzia degli amministratori sia dello stato di crisi, secondo quanto precisato nella Norma 6.1.;
– presentare, sussistendone i relativi presupposti, denunzia al Tribunale ai sensi dell’art. 2409 c.c.,
secondo quanto precisato dalla Norma 6.4.
Nel dare avvio a tali iniziative appare opportuno, considerate le possibili conseguenze derivanti dall’intervento del Collegio sindacale, che esso operi con particolare attenzione nell’evidenziare i fatti ritenuti rilevanti provvedendo a:
– definire in modo puntuale l’ordine del giorno circoscrivendolo alla situazione di crisi;
– esporre in apposita relazione i fatti censurabili e le informazioni acquisite;
– allegare la documentazione di supporto (ad esempio, riscontri effettuati, dati e informazioni ricevuti
dall’organo di amministrazione o dall’incaricato della revisione legale, intensificando lo scambio informativo con quest’ultimo).
Commento
In caso di inerzia dell’organo amministrativo, ovvero qualora il Collegio sindacale ritenga inadeguate le misure da quello eventualmente adottate, l’organo di controllo può, ricorrendo i presupposti previsti dalla legge, convocare l’assemblea per informarla dello stato di crisi e del comportamento degli amministratori.
L’assemblea adeguatamente informata dal Collegio sindacale potrebbe, dunque, richiedere agli amministratori di adottare provvedimenti funzionali al superamento della crisi (tra cui anche l’attivazione di uno degli istituti di composizione negoziale della crisi o una delle procedure concorsuali attualmente disciplinate nella vigente legge fallimentare) oppure deliberare la revoca degli amministratori.
Qualora l’assemblea non adotti opportuni provvedimenti oppure qualora la convocazione dell’assemblea non risulti utile (ad esempio nei casi di mancato raggiungimento dei quorum necessari per deliberare a causa dei dissidi fra i soci o del ripetersi di assemblee andate deserte), il Collegio sindacale può ricorrere, ove consentito dalla legge, al Tribunale ex art. 2409 c.c. in presenza dei presupposti che integrino anche le gravi irregolarità gestionali.
Permane, al verificarsi di una causa di scioglimento e in caso di inerzia dell’organo amministrativo, il potere del Collegio sindacale di presentare la relativa istanza al Tribunale secondo quanto previsto dalla Norma 10.10.
Norma 11.4. Vigilanza del Collegio sindacale in caso di adozione di un piano attestato di risanamento
Principi
Nel caso in cui la società decida di predisporre un piano attestato di risanamento, il Collegio sindacale, nello svolgimento della funzione riconosciutagli dalla legge, vigila che il professionista incaricato dal debitore di attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano, sia in possesso dei requisiti di professionalità e di indipendenza previsti dalla legge.
Il Collegio sindacale verifica altresì che il contenuto formale dell’attestazione del professionista incaricato sia conforme a quanto richiesto dalla legge.
Quando la società adotta il piano di risanamento, il Collegio sindacale vigila sulla corretta esecuzione del piano da parte degli amministratori intensificando la vigilanza.
Riferimenti normativi
Artt. 28, co. 1, lett. a) e lett. b), 67, co. 3, lett. d), l.f., 152 l.f.; artt. 2381, 2403, 2403-bis, co. 2, c.c.
Criteri applicativi
Il Collegio sindacale prende conoscenza del piano di risanamento ex art. 67, co. 3, lett. d), l.f., pur non essendo tenuto a esprimersi sul merito dello stesso. Esso, oltre al controllo sull’adeguatezza degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili, svolge una funzione di vigilanza che attiene sia alla fase di predisposizione della attestazione della fattibilità del piano, sia alla fase esecutiva del piano.
Al momento del conferimento dell’incarico da parte della società, il Collegio sindacale è chiamato ad accertare che il professionista prescelto dalla società per l’attestazione del piano sia in possesso dei requisiti previsti dall’art. 67, co. 3, lett. d). I.f. (v. infra).
Il collegio, inoltre, verifica che questa attestazione presenti i contenuti formali fissati dalla legge.
Nella fase di esecuzione del piano, il Collegio sindacale vigila che gli amministratori lo eseguano conformemente a quanto indicatovi. A tal fine, è opportuno che il Collegio sindacale richieda periodicamente notizie agli amministratori in relazione al rispetto di contenuti, scadenze e obiettivi ivi indicati e, se del caso, chiarimenti in ordine ai rapporti con consulenti o soggetti a vario titolo designati (sovente dai creditori) per monitorare l’andamento del piano rispetto agli obiettivi prefissati.
È, quindi, opportuno che il collegio vigili con particolare attenzione laddove, a seguito di informazioni acquisite dagli amministratori o nel corso dell’attività di vigilanza, rilevi significativi scostamenti rispetto alle previsioni del piano. In tal caso, il Collegio sindacale può richiedere chiarimenti all’organo amministrativo e, qualora questi non vengano forniti o risultino insufficienti, può convocare, ricorrendone i presupposti quale residuale rimedio, l’assemblea dei soci al fine di comunicare tali fatti e chiedere l’adozione di opportuni provvedimenti.
Nel caso di una riformulazione di un piano già attestato, il Collegio sindacale, previamente informato sui nuovi contenuti, verifica che un professionista in possesso dei requisiti fissati dalla legge sia incaricato di redigere una nuova relazione di attestazione.
Requisiti di professionalità e di indipendenza previsti dall’art. 67, co. 3. lett. d), I.f
Con particolare riferimento ai requisiti di professionista e di indipendenza, il professionista incaricato dalla società deve essere:
– iscritto nel registro dei revisori legali, di cui all’art. 6 d.lgs. n. 39/2010;
– in possesso dei requisiti di cui all’art. 28, co. 1, lett. a) e lett. b), I.f. (cioè un professionista iscritto all’albo dei Dottori commercialisti e degli Esperti contabili o degli avvocati ovvero una associazione professionale
o una società tra professionisti);
– in possesso dei requisiti di indipendenza stabiliti dal medesimo art. 67, co. 3, lett. d), I.f.
Nello specifico, con riguardo a quest’ultimo requisito, sulla base delle informazioni fornite dall’interessato o comunque disponibili, il Collegio sindacale vigila che, al momento dell’accettazione dell’incarico e nel corso dello stesso, il professionista:
– sia in possesso dei requisiti previsti dall’art. 2399 c.c. in tema di ineleggibilità e decadenza dei componenti del Collegio sindacale (Cfr. Norma 1.4.);
– non risulti legato alla società o a quanti abbiano interesse nell’operazione di risanamento, da rapporti di natura personale o professionale che possano comprometterne l’indipendenza;
– non abbia prestato, neanche per tramite di soggetti con cui è legato in associazione professionale, negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore del debitore ovvero abbia partecipato agli organi di amministrazione o di controllo.
Nel caso in cui sorgano dubbi in merito alla sussistenza dei requisiti di indipendenza previsti dall’art. 67 l.f., co. 3, lett. d), l.f., il Collegio sindacale può chiedere agli amministratori ulteriori informazioni e opportuni chiarimenti. Se le informazioni fornite non fossero idonee a fugare i dubbi circa l’indipendenza e l’obiettività dell’attestatore, il Collegio sindacale dovrebbe allora intraprendere le opportune azioni di sollecitazione e di reazione (Cfr. Norma 5.2. e Norma 6.1.).
Commento
Una volta che l’organo amministrativo abbia deliberato l’adozione di un piano ex art. 67, co.3, lett. d), l.f. il collegio esercita precipui obblighi di vigilanza imposti dal generale dovere ex art. 2403 c.c.
Il Collegio sindacale è chiamato a valutare l’indipendenza del professionista che deve redigere l’attestazione.
La centralità del ruolo dell’attestatore nella gestione della vicenda della gestione negoziale della crisi di impresa ha comportato l’individuazione, in capo al professionista incaricato dell’attestazione, di specifici requisiti di professionalità e di indipendenza declinati nell’art. 67, co. 3, lett d) (disposizione a cui rinviano i successivi artt. 161, 182-bis, 182-quinquies e 186-bis l.f.nonché per quanto riguarda il c.d. professionista stimatore l’art. 124, co. 3 e 160, co. 2, l.f.) (NOTA 14).
In altre parole, in base alle informazioni fornite dall’attestatore o comunque disponibili, il Collegio sindacale dovrà valutare se sussistono in capo all’attestatore conflitti di interesse ovvero cointeressenze derivanti da interesse personale, autoriesame, eccessiva familiarità, confidenzialità che, di fatto, possano costituire un significativo rischio per l’indipendenza dell’attestatore tale da comprometterne l’obiettività di giudizio.
Si reputa opportuno che l’assenza di rapporti, di relazioni e di situazioni che ricadano nelle ipotesi di cui all’art. 67, co. 3, lett. d), l.f. in capo all’attestatore nominato dalla società possa essere confermata dall’organo di amministrazione con apposita dichiarazione di cui il collegio darà evidenza tramite apposita verbalizzazione.
Con riferimento al requisito di iscrizione nel registro dei revisori legali di cui agli artt. 6 e ss. d.lgs. n. 39/2010, in assenza di ulteriori specificazioni da parte della legge, si deve ritenere che l’incarico di attestazione possa essere conferito anche a quanti risultino iscritti nella sezione B di cui all’art. 8 del su menzionato d.lgs. n. 39/2010.
In conclusione, si ritiene che il Collegio sindacale possa valutare la regolarità formale dell’attestazione, vale a dire che essa contenga un espresso giudizio sulla veridicità dei dati aziendali e un giudizio prognostico sulla fattibilità del piano come impone la legge, senza peraltro entrare nel merito delle valutazioni e delle verifiche effettuate dall’attestatore.
Appare opportuno, anche in considerazione della non trascurabile circostanza che il piano attestato inerisce ad una vicenda esclusivamente negoziale che non prevede coinvolgimento né dell’autorità giudiziaria né di un commissario giudiziale, che il Collegio sindacale richieda adeguate informazioni durante l’intero periodo di risanamento previsto dal piano onde verificarne la concreta applicazione e l’effettiva capacità di risolvere la crisi (od anche la situazione di pre-crisi). In particolare, è auspicabile che eventuali rilevanti scostamenti occorsi durante l’esecuzione del piano siano tempestivamente comunicati al Collegio sindacale dato che il piano attestato non richiede il consenso di alcuno, né tanto meno un vaglio omologatorio. Sarà, quindi, solo la concreta esecuzione dello stesso a mostrarne le capacità risolutive. Nel caso in cui queste non emergano come tali, infatti, la società dovrà adottare tempestivamente altre misure. È del pari opportuno che al verificarsi di significativi scostamenti il Collegio sindacale solleciti l’organo amministrativo a confrontarsi con i creditori principali per valutare la perdurante validità del piano in termini di attualità ovvero per approntare le integrazioni che si rendano necessarie o, se del caso, anche in presenza di modifiche sostanziali, predisporne uno nuovo. In quest’ultimo caso si renderà necessaria una nuova attestazione.
Norma 11.5. Vigilanza del Collegio sindacale in caso di accordo di ristrutturazione dei debiti
Principi
Nel caso in cui la società decida di accedere a un accordo di ristrutturazione dei debiti, il Collegio sindacale vigila che il professionista incaricato dal debitore di attestare la veridicità dei dati aziendali e l’attuabilità dell’accordo medesimo sia in possesso dei requisiti previsti dalla legge.
Il Collegio sindacale verifica altresì che il contenuto formale dell’attestazione del professionista incaricato sia conforme a quanto richiesto dalla legge.
Nel caso in cui la società depositi una proposta di accordo, il Collegio sindacale vigila che il professionista incaricato dal debitore di rilasciare la dichiarazione sia in possesso dei requisiti previsti dalla legge fallimentare.
Dopo l’omologazione da parte del Tribunale, il Collegio sindacale vigila sulla corretta esecuzione dell’accordo da parte dell’organo amministrativo.
Riferimenti normativi
Artt. 28, co. 1, lett. a) e lett. b), 67, co. 3, lett. d), 152, 161, 182-bis l.f.; artt. 2381, 2403, 2403-bis, co. 2, c.c.
Criteri applicativi
Il Collegio sindacale prende conoscenza dell’accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato ai sensi dell’art. 182-bis l.f., pur non essendo tenuto a esprimersi sul merito dello stesso. Esso svolge la funzione di vigilanza ex art. 2403 c.c. che, in tale occasione, viene esercitata anche con riferimento alla predisposizione della attestazione dell’accordo già formalizzato e all’esecuzione del piano.
Al momento del conferimento dell’incarico da parte della società, il Collegio sindacale è chiamato ad accertare che il professionista prescelto dalla società per l’attestazione dell’accordo di ristrutturazione sia in possesso dei requisiti previsti dall’art. 67, co. 3, lett. d), l.f.
Il collegio verifica, inoltre, che l’attestazione presenti i contenuti formali fissati dalla legge, anche con riferimento alle previsioni di cui all’art. 182-bis, co. 4., in ordine al soddisfacimento dei crediti vantati dall’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie che non abbiano aderito all’accordo (NOTA 15).
Successivamente è opportuno che il Collegio sindacale accerti che l’accordo, con la documentazione a corredo e l’attestazione del professionista, sia depositato presso il Tribunale per l’omologazione e depositato presso il registro delle imprese per la pubblicazione.
A seguito dell’omologazione, il Collegio sindacale vigila, per l’intero periodo preso in considerazione ai fini della ristrutturazione, sulle modalità di integrale pagamento dei creditori estranei all’accordo nei termini stabiliti dalla legge (centoventi giorni dall’omologazione dell’accordo in caso di crediti già scaduti ovvero centoventi giorni dalla scadenza in caso di crediti non ancora scaduti) e sulla esecuzione da parte degli amministratori delle soluzioni indicate nell’accordo di ristrutturazione.
È opportuno, quindi, che il Collegio sindacale richieda informazioni agli amministratori e che vigili in particolare laddove, a seguito di informazioni acquisite dagli amministratori o nel corso di ispezioni dell’attività di vigilanza, rilevi significativi scostamenti rispetto alle previsioni dell’accordo. In tal caso, il Collegio sindacale può richiedere chiarimenti all’organo amministrativo e, qualora essi non vengano forniti o risultino insufficienti, può convocare, ricorrendone i presupposti, l’assemblea dei soci al fine di comunicare tali circostanze, nonché adottare le opportune iniziative.
Qualora la società voglia procedere con il deposito del c.d. preaccordo (ipotesi tratteggiata nell’art. 182-bis, co. 6, l.f.), a seguito della conclusione delle trattative con i creditori ma prima della formalizzazione dell’accordo, il Collegio sindacale, previamente informato, è chiamato ad accertare la sussistenza dei requisiti di professionalità e indipendenza di cui all’art. 67, co. 3, lett. d) (Cfr. Norma 11.4.), in capo al soggetto incaricato di rilasciare la dichiarazione.
Il Collegio sindacale verifica che questa dichiarazione abbia i contenuti di forma fissati dalla legge.
Successivamente, e ai fini della concessione del decreto di divieto o di sospensione di azioni esecutive o cautelari da parte del Tribunale, è opportuno che il Collegio sindacale accerti che il c.d. preaccordo, con la documentazione a corredo e la dichiarazione del professionista, sia depositato presso il Tribunale.
Una volta concesso il decreto, il Collegio sindacale vigila che nei termini indicati dalla legge e fissati nel decreto del Tribunale vengano depositati l’accordo di ristrutturazione e la relazione di attestazione redatta dal professionista.
Commento
La ristrutturazione del debito contenuta nell’accordo, e presumibilmente specificata nel piano ad esso sottostante, rientra tra quegli atti di gestione di cui il Collegio sindacale deve essere informato dall’organo amministrativo.
Si ritiene innanzitutto che, nel caso in cui la società decida di accedere a un accordo di ristrutturazione dei debiti, il Collegio sindacale debba essere previamente informato dagli amministratori delle trattative avviate con i creditori che rappresentino la percentuale qualificata prevista dalla legge (almeno il 60%) e, se del caso, della volontà di procedere al deposito della proposta di accordo elaborata nel corso di quelle trattative. L’art. 182-bis, co. 6, l.f., infatti, concede al debitore la facoltà di presentare un’apposita istanza al fine di ottenere l’effetto protettivo del divieto di iniziare o della sospensione di azioni cautelari o esecutive. La legge specifica che a tale istanza vada allegata la documentazione prevista nell’art. 161, commi primo e secondo, lett. a), b), c), d), l.f. e la proposta di accordo corredata da una dichiarazione, avente valore di autocertificazione, con cui i rappresentanti legali della società attestino, sotto la loro personale responsabilità, che sono in corso trattative sulla proposta con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti e, infine, da una dichiarazione del professionista indipendente circa l’idoneità della proposta, se accettata, ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori con cui non sono in corso trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare.
Alla luce di quanto detto, è opportuno che già nel corso delle trattative, e dunque sin da epoca anteriore alla formalizzazione dell’accordo, il Collegio sindacale, nell’esercizio della funzione di vigilanza ex art. 2403 c.c., impieghi estrema attenzione e particolare cautela, acquisendo adeguata conoscenza delle caratteristiche dell’accordo di ristrutturazione, al fine di svolgere la propria vigilanza sull’adeguatezza degli assetti in relazione alla possibile conclusione dell’accordo.
Norma 11.6. Vigilanza del Collegio sindacale in caso di concordato con riserva
Principi
Nel caso in cui la società decida di proporre la domanda di concordato con riserva, il Collegio sindacale svolge le funzioni previste dalla legge.
Il Collegio sindacale vigila altresì sul rispetto dei presupposti di legge nel caso in cui, a seguito del deposito del ricorso contenente domanda di concordato con riserva, la società depositi domanda di ristrutturazione dei debiti.
Riferimenti normativi
Art. 161, co. 6, l.f., art. 182-bis l.f.; art. 2403 c.c.
Criteri applicativi
Il Collegio sindacale prende conoscenza della deliberazione della società di presentare domanda di concordato con riserva.
Il Collegio sindacale, nello svolgimento delle funzioni riconosciutagli dalla legge ai sensi dell’art. 2403 c.c., vigila che, unitamente al ricorso contente la domanda, siano depositati i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi e l’elenco nominativo dei creditori con indicazione dei rispettivi crediti e che non sussistano le circostanze ostative all’ammissibilità di cui all’art. 161, co. 9, l.f., vale a dire che la società non abbia presentato nei due anni precedenti domanda di analogo contenuto alla quale non abbia fatto seguito l’omologazione del concordato preventivo o la ristrutturazione dei debiti.
Laddove, poi, il Tribunale decreti l’ammissione della domanda di concordato con riserva e fissi i termini per la documentazione richiesta ad integrazione della domanda (proposta, piano e documentazione richiesta ai sensi dell’art. 161, co. 1 e 2, l.f.), il Collegio sindacale è chiamato a vigilare che la società produca tali documenti in tempo utile.
Il Collegio sindacale vigila che l’attestazione sia redatta da un professionista in possesso dei requisiti prescritti dalla legge e ne verifica il contenuto sotto un profilo formale (Cfr. Norma 11.4.).
Se in pendenza dei termini fissati dal Tribunale, la società, in alternativa alla proposta di concordato, depositi una domanda di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell’art. 182-bis l.f., il Collegio sindacale, previamente informato dall’organo amministrativo, vigila che ricorrano i presupposti richiesti dalla legge ed effettua i controlli sopra indicati (Cfr. Norma 11.4.).
A seguito del deposito della domanda prenotativa e fino al decreto di cui all’art. 163 l.f. il Collegio sindacale verifica che la società abbia adottato una procedura organizzativa interna che appaia idonea a prevenire il mancato rispetto della par condicio creditorum.
Commento
Il deposito della domanda prenotativa di cui all’art. 161, co. 6, l.f., non altera la funzione di vigilanza tradizionalmente esercitata dal Collegio sindacale ai sensi dell’art. 2403 c.c. che intensifica la propria attività di vigilanza sull’adeguatezza degli assetti adottati.
Al riguardo, va messo in luce che l’attuale formulazione della legge fallimentare pone in capo agli organi di amministrazione e controllo della società una serie di ulteriori adempimenti direttamente riconducibili alle “fasi” scandite nel sub-procedimento di concordato con riserva.
In occasione del deposito della domanda prenotativa di concordato, il Collegio sindacale è chiamato a vigilare sulla completezza della documentazione esibita a corredo della domanda e sulla concreta possibilità di accedere a tale istituto. L’attività di vigilanza dell’organo, pertanto, si esplicherà in questa prima fase sulla corretta formazione del “fascicolo” e con riferimento all’ulteriore requisito di ammissibilità declinato nell’art. 161, co. 9, l.f. a mente del quale la domanda è inammissibile quando la società nei due anni precedenti ha presentato altra domanda prenotativa a cui non abbia fatto seguito l’ammissione al concordato o l’omologazione di un accordo di ristrutturazione.
Una volta che il Tribunale abbia concesso i termini (fissati tra sessanta e centoventi giorni e prorogabili di non oltre sessanta giorni e solo per giustificati motivi) per “completare” la domanda, si ritiene che nello svolgimento della funzione ex art. 2403 c.c., il Collegio sindacale sia chiamato a vigilare che la società produca nei tempi fissati, la proposta, il piano e la documentazione a corredo, ovvero che, in alternativa, la società faccia seguire una domanda per l’omologazione di un accordo di ristrutturazione. In questi casi la vigilanza del Collegio sindacale che, in conformità a quanto precisato in queste Norme, è espletata con riferimento ai requisiti di professionalità e di indipendenza del professionista attestatore avrà ad oggetto anche la ricorrenza delle condizioni richieste per lo switch (in accordo).
Va evidenziato che il Tribunale, con lo stesso decreto con cui fissa i termini, può nominare anticipatamente rispetto all’apertura del concordato, un commissario giudiziale. Al verificarsi di tali ipotesi, simmetricamente a quanto avviene nell’ambito della procedura di concordato preventivo, si ritiene che il Collegio sindacale, permanendo nell’esercizio delle proprie funzioni quale organo societario di controllo, debba favorire un virtuoso flusso di informazioni con l’organo di nomina giudiziaria, comunicando eventuali irregolarità riscontrate nella gestione anche al fine di consentire allo stesso di riferirne immediatamente al Tribunale come espressamente prevede l’art. 161, co. 6, l.f. al ricorrere delle condotte descritte nell’art. 173 l.f. (Cfr. Norma 11.7.).
In un’ottica collaborativa con gli organi della procedura (Tribunale e commissario se nominato) il Collegio sindacale, nell’espletamento della sua tradizionale funzione di vigilanza ex art. 2403 c.c., deve monitorare l’attività della società con riguardo agli obblighi informativi che la legge pone a carico della società (art. 161, co. 8, l.f.).
Norma 11.7. Vigilanza del Collegio sindacale in caso di concordato preventivo
Principi
Nel caso in cui la società decida di proporre un concordato preventivo, il Collegio sindacale vigila che il professionista incaricato dal debitore di attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano sia in possesso dei requisiti di professionalità e di indipendenza previsti dalla legge.
Il Collegio sindacale verifica altresì che il contenuto formale dell’attestazione del professionista incaricato sia conforme a quanto richiesto dalla legge.
In caso di ammissione alla procedura di concordato preventivo e anche successivamente alla omologazione, il Collegio sindacale continua a svolgere le funzioni ad esso attribuite dalla legge.
Riferimenti
Artt. 28, co. 1, lett. a) e lett. b), 67, 152, 160, 161, 163, 163-bis, 167 e 185 l.f.; art. 2403 c.c.
Criteri applicativi
Qualora la società decida di proporre ricorso per essere ammessa alla procedura di concordato preventivo, il Collegio sindacale, pur non essendo tenuto a esprimersi sul merito dello stesso, vigila sul corretto adempimento del piano di concordato. A tal fine, il Collegio sindacale prende conoscenza della proposta di concordato preventivo ed è altresì informato del contenuto delle offerte concorrenti, eventualmente declinate nel piano, ai sensi dell’art. 163-bis, l.f., ed effettuate da soggetti già individuati, ed aventi ad oggetto il trasferimento dell’azienda o di un suo ramo o di specifici beni.
Il Collegio sindacale è chiamato ad accertare la sussistenza dei previsti requisiti di professionalità e indipendenza in capo al soggetto incaricato di attestare sia la veridicità dei dati aziendali sia la fattibilità del piano di concordato.
Il Collegio sindacale verifica, inoltre, che l’attestazione presenti i contenuti formali fissati dalla legge, anche con riferimento alle previsioni di cui all’art. 180, co. 4, l.f., in ordine al soddisfacimento dei crediti vantati dall’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie che non abbiano votato il concordato (NOTA 16).
Il collegio, inoltre, verifica che l’attestazione, al ricorrere delle condizioni di legge e in presenza di proposte concorrenti presentate da uno o più creditori, presenti i contenuti formali fissati dalla legge, considerato che, ai sensi dell’art. 163, co. 5, l.f., le proposte concorrenti non sono ammissibili se il professionista abbia attestato che la proposta di concordato presentata dalla società assicuri il pagamento di almeno il quaranta per cento dell’ammontare dei crediti chirografari.
Nel caso in cui siano apportate modifiche sostanziali ad un piano già attestato, è opportuno che il Collegio sindacale sia previamente informato dei nuovi contenuti; di talché esso vigila che un professionista in possesso dei requisiti fissati dalla legge sia incaricato di redigere una relazione che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano alla luce dei nuovi contenuti.
Durante l’esecuzione del concordato preventivo, il Collegio sindacale nelle sue funzioni e prosegue nella propria attività di vigilanza.
In presenza di concordato liquidatorio, il collegio vigila sul rispetto delle condizioni praticate in conformità agli obiettivi fissati nel piano e attestati dal professionista nella sua relazione.
Commento
In occasione della presentazione di una domanda di concordato preventivo ex art. 160 l.f., al Collegio sindacale compete esclusivamente un controllo in ordine alla sussistenza dei requisiti di professionalità e di indipendenza dell’attestatore e non anche la verifica della veridicità dei dati aziendali e della fattibilità del piano su cui si basa la domanda di concordato, la valutazione delle quali è demandata esclusivamente al professionista attestatore.
In conclusione, il Collegio sindacale verifica che questa attestazione presenti i contenuti formali fissati dalla legge e, più precisamente, quando siano state proposte concorrenti da parte di uno o più creditori, rappresentanti almeno il dieci per cento dei crediti, in aggiunta alla proposta della società, che quest’ultima assicuri il pagamento di almeno il quaranta per cento dei creditori chirografari, come impone l’art. 163, co. 5 l.f.
Come è noto, a differenza di quanto accade negli istituti di composizione negoziale della crisi, l’ammissione al concordato preventivo comporta la nomina del commissario giudiziale chiamato a vigilare secondo le regole del diritto fallimentare e nell’interesse dei creditori. Ciononostante, gli organi nominati nella procedura affiancano ma non sostituiscono gli organi societari che, al contempo, conservano le loro prerogative e continuano a svolgere le tradizionali funzioni attribuite dalla legge: l’organo amministrativo, sotto la vigilanza del commissario giudiziale, continua a gestire la società e dà attuazione al piano di concordato; il Collegio sindacale resta investito delle sue tradizionali funzioni di vigilanza che continua a svolgere regolarmente secondo le regole del diritto societario nell’interesse dei soci e della società ai sensi dell’art. 2403 c.c., dunque continuativamente e ab interno.
La vigilanza del Collegio sindacale non si sovrappone a quella svolta da parte degli organi della procedura.
Conseguentemente, il Collegio sindacale e i singoli sindaci possono esercitare i poteri-doveri ispettivi e di intervento ad essi attribuiti dalla legge (ad esempio, partecipazione alle riunioni degli organi sociali, atti di ispezione e controllo, convocazione dell’assemblea), nonché redigere annualmente la relazione di cui all’art. 2429 c.c.
Con gli organi della procedura verrà instaurato un rapporto improntato alla reciproca collaborazione. In quest’ottica, il Collegio sindacale dovrebbe informare il commissario giudiziale dell’irregolarità eventualmente riscontrate nel corso dell’attività di vigilanza. Ciò anche al fine di consentire al commissario giudiziale la tempestiva informazione al Tribunale ai sensi degli artt. 173 e 185 l.f.
Nel caso in cui siano apportate modifiche sostanziali ad una proposta o ad un piano già attestato, e in virtù del dovere informativo imposto agli amministratori ex art. 2381 c.c., il Collegio sindacale dovrà essere previamente informato dei nuovi contenuti e, dovrà verificare che un’ulteriore attestazione venga redatta da un professionista in possesso dei prescritti requisiti di professionalità ed indipendenza come attualmente impone l’art. 161, co. 3, l.f.
Il Collegio sindacale, pertanto, deve essere informato anche delle eventuali offerte concorrenti previste nel piano ai sensi dell’art. 163-bis l.f. Per espressa previsione di legge, infatti, la società proponente deve modificare la proposta ai creditori e il piano in conformità all’esito del procedimento competitivo aperto dal Tribunale.
Con riferimento all’ipotesi di concordato con cessio bonorum, il Collegio sindacale, non vantando poteri di vigilanza sull’esecuzione del concordato, non ha alcuna facoltà di verificare l’operato del liquidatore giudiziale: tale funzione di controllo compete esclusivamente al Tribunale e al commissario giudiziale.
Va precisato che anche al verificarsi di questa ipotesi, e vieppiù nei casi di cessione parziale di beni, il Collegio sindacale esercita la funzione di vigilanza sull’adeguatezza degli assetti organizzativi ai fini della realizzazione del piano e della realizzazione delle funzioni che ancora permangono in capo alla società.
Norma 11.8. Vigilanza del Collegio sindacale in caso di concordato con continuità
Principi
Nel caso in cui la società decida di proporre un concordato con continuità, il Collegio sindacale, nello svolgimento della funzione attribuitagli dalla legge, vigila che il professionista incaricato dal debitore di redigere la relazione attesti che la prosecuzione dell’attività di impresa prevista dal piano di concordato, secondo le modalità prescritte dalla legge, sia funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori.
Il Collegio sindacale vigila altresì che tale professionista sia in possesso dei requisiti di professionalità e di indipendenza previsti dalla legge.
Riferimenti normativi
Art. 186-bis l.f., art. 37 d.lgs. n.163/2006
Criteri applicativi
Il Collegio sindacale è informato della deliberazione della società di presentare proposta per l’ammissione al concordato con continuità aziendale.
Il Collegio sindacale vigila sull’ adeguatezza degli assetti in relazione all’esigenza di continuare l’attività di impresa, ovvero all’opportunità di porre in essere altre operazioni che assicurino comunque la continuità.
Pur non potendo entrare nel merito dei contenuti del piano e delle valutazioni effettuate dal professionista attestatore, il collegio vigila che ricorrano le condizioni menzionate nell’art. 186-bis, co. 1, l.f. e che il professionista incaricato dell’attestazione ai sensi dell’art. 161 l.f. sia in possesso dei requisiti previsti dall’art. 67, co. 3, lett. d), l.f. a cui tale ultima norma espressamente rinvia.
Il Collegio sindacale verifica, altresì, che ricorra la regolarità formale della attestazione, vale a dire che essa contenga un espresso giudizio sulla veridicità dei dati aziendali, sulla fattibilità del piano e sulla funzionalità della prosecuzione dell’attività di impresa rispetto al miglior soddisfacimento dei creditori. Nel caso in cui uno o più creditori abbiano presentato proposte concorrenti a quella della società, ex art. 163, co. 4 e ss., l’attestazione deve esprimersi anche con riferimento alla circostanza che la proposta di concordato presentata dalla società assicuri il pagamento di almeno il trenta per cento dell’ammontare dei crediti chirografari, ai sensi dell’art. 163, co. 5, l.f.
Qualora il piano di concordato preveda la liquidazione di beni non funzionali all’esercizio dell’impresa, l’attività di vigilanza del Collegio sindacale è diretta a verificare che, durante la liquidazione, vengano rispettati i tempi e i contenuti prospettati nel piano.
Dal momento che, per espressa disposizione normativa, i contratti in corso di esecuzione non si risolvono per effetto della apertura della procedura di concordato, il collegio è tenuto a vigilare con particolare attenzione nel caso di continuazione di contratti pubblici. In simili ipotesi, il Collegio sindacale verifica che al piano sia allegata una attestazione da parte del professionista, nominato dalla società secondo i criteri di cui all’art. 67 l.f., co. 3, lett. d), l.f., avente ad oggetto la conformità del contratto al piano e la ragionevole capacità di adempimento della società medesima.
Quando la società deliberi di partecipare a nuove procedure di affidamento di contratti pubblici, il collegio, previamente informato, vigila che la società presenti in gara sia una relazione di un professionista indipendente ai sensi dell’art. 67, co. 3, lett. d), l.f. che attesti la conformità del contratto agli obiettivi del piano e la ragionevole capacità di adempimento da parte della società, sia la dichiarazione di garanzia di altro operatore avente i requisiti di legge.
Nei casi in cui la società in concordato con continuità partecipi a procedure ad evidenza pubblica riunita in raggruppamento temporaneo di imprese, il Collegio sindacale previamente informato della costituzione del raggruppamento il temporaneo, vigila che la società abbia assunto obblighi unicamente in veste di mandante e che le altre imprese aderenti al raggruppamento non risultino assoggettate ad una procedura concorsuale. Il collegio valuta il contenuto della dichiarazione di garanzia rilasciata ai sensi dell’art. 186-bis l.f. da altro operatore in possesso dei requisiti previsti dalla legge.
Commento
Al concordato con continuità aziendale sono riconducibili le operazioni di: prosecuzione dell’attività di impresa da parte della società, la cessione dell’azienda in esercizio, il conferimento d’azienda in una o più società anche di nuova costituzione, ovvero l’affitto d’azienda. Tali operazioni sono esplicitate nel piano di concordato che può al contempo prevedere la liquidazione dei beni ritenuti non funzionali all’esercizio dell’impresa. La legge fallimentare non trascura la circostanza che, trattandosi di impresa in funzionamento, essa possa partecipare a gare ad evidenza pubblica per l’affidamento di contratti pubblici, anche tramite raggruppamento di imprese, e di non sciogliersi dai contratti in corso.
In tutti i casi considerati dall’art. 186-bis l.f., l’attività del professionista attestatore diventa molteplice, dal momento che accanto alla relazione di cui all’art. 161 l.f. – peraltro arricchita nel contenuto in virtù della declamata continuità aziendale del piano – vengono previste ulteriori attestazioni e/o relazioni, dal contenuto integrativo rispetto alla prima, che il professionista è tenuto a rilasciare al ricorrere di determinate condizioni o qualora siano presentate proposte concorrenti da parte di uno o più creditori rappresentanti almeno il dieci per cento dei crediti (cfr. art. 163, co. 4 e ss.).
Considerate le previsioni in forza delle quali i contratti in corso di esecuzione non si risolvono e quelle per cui la società può partecipare a procedure di assegnazione di contratti pubblici, il collegio, in tali casi, dovrebbe intensificare la propria attività di vigilanza ex art. 2403 c.c.
Un’ipotesi particolare ricorre quando la società in concordato concorra all’assegnazione di contratti pubblici riunita in raggruppamento temporaneo di imprese, in forza di quanto previsto dall’art. 37 d.lgs. n. 163/2006.
In tal caso, il Collegio sindacale vigila che venga allegata la dichiarazione di garanzia dell’operatore – che può fare parte del raggruppamento – e ne verifica i contenuti formali. Al contempo, l’organo di controllo è tenuto a vigilare che le altre imprese aderenti al raggruppamento non siano assoggettate a procedure concorsuali e che la società si impegni esclusivamente in qualità di mandante.
Norma 11.9. Vigilanza del Collegio sindacale nelle ipotesi di autorizzazione a contrarre finanziamenti o a pagare crediti anteriori per prestazioni di beni o servizi essenziali
Principi
In tutte le ipotesi in cui la società chieda di essere autorizzata a contrarre finanziamenti, anche garantiti da pegno e ipoteca o da cessioni di crediti, o chieda di essere autorizzata a pagare crediti anteriori per prestazioni di beni o servizi essenziali per la prosecuzione de/l’attività di impresa, il Collegio sindacale vigila, al momento del conferimento dell’incarico da parte della società, che il professionista, prescelto dalla società per le attestazioni, sia in possesso dei requisiti previsti dalla legge.
Il collegio, inoltre, verifica che le attestazioni dal professionista indipendente presentino i contenuti formali fissati dalla legge.
Riferimenti
Artt. 182-quinquies l.f.; 161 l.f., 182-bis l.f., 186-bis l.f., 2381 c.c.; 2403 c.c., 2784 c.c., 2808 c.c.
Criteri applicativi
Il Collegio sindacale, nello svolgimento della propria attività di vigilanza ai sensi dell’art. 2403 c.c. è informato dall’organo amministrativo delle operazioni di maggior rilievo che intende effettuare, tra cui rientrano la sottoscrizione di forme di finanziamento di cui all’art. 182-quinquies l.f. e le concessioni di pegno e ipoteca o le cessioni di crediti concessi dalla società a garanzia.
Nel caso in cui la società, al ricorrere dei presupposti di legge, chieda al Tribunale di essere autorizzata a contrarre finanziamenti, prededucibili ai sensi dell’art. 111 l.f., e riconducibili alle ipotesi di cui all’art. 182- quinquies, l.f., il Collegio sindacale vigila che il professionista incaricato di verificare il complessivo fabbisogno finanziario dell’impresa sino all’omologazione e, conseguentemente, di attestare che i finanziamenti siano funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori sia in possesso di requisiti fissati dalla legge. Il Collegio sindacale verifica altresì che il contenuto formale dell’attestazione del professionista incaricato sia conforme a quanto richiesto dalla legge.
Il Collegio sindacale, al ricorrere delle condizioni di cui all’art. 182-quinquies, co. 3, l.f., vigila che la richiesta di autorizzazione in via d’urgenza presentata dalla società al Tribunale sia dovuta alla necessità di evitare un pregiudizio imminente ed irreparabile all’azienda.
Commento
L’art. 182-quinquies, rubricato “Disposizioni in tema di finanziamento e di continuità aziendale nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione” reca, in generale, disposizioni volte ad incentivare il finanziamento delle imprese che ricorrano ad uno degli istituti contemplati nella legge fallimentare anche in funzione di emersione tempestiva della crisi, tramite il riconoscimento della prededucibilità ex art. 111 l.f. e di specifiche ipotesi relative al pagamento di creditori anteriori che risultino funzionali all’acquisizione di ulteriori prestazioni di beni e servizi ritenuti essenziali per la continuità dell’attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione degli (altri) creditori.
Al fine di consentire alla società di recuperare risorse anche in una prospettiva di continuità e non in una prospettiva meramente liquidatoria, si consente alla società di presentare istanza per ottenere una delle autorizzazioni previste nell’art. 182-quinquies l.f. sin dal deposito della sola domanda prenotativa di concordato o della proposta di accordo di ristrutturazione depositata ai sensi dell’art. 182-bis, co. 6, l.f.
La disposizione in commento prevede anche l’ipotesi dei c.d. finanziamenti funzionali a urgenti necessità dell’azienda e contratti dal momento del deposito della domanda di concordato, anche con riserva, o della domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione ex art. 182-bis l.f. ovvero della proposta di accordo ex art. 182-bis, co. 6, l.f., fino all’omologazione del concordato o dell’accordo (o alla scadenza dei termini nei restanti casi). Tali finanziamenti limitati nel tempo e destinati a sostenere l’attività aziendale nelle more della presentazione dell’autorizzazione dei veri e propri finanziamenti interinali, a cui la legge riconosce la prededucibilità ex art. 111 l.f., non essendo per loro natura oggetto dell’attestazione del professionista indipendente ex art. 67, co. 3, l.f., devono essere descritti e adeguatamente motivati nel ricorso.
Anche nell’ambito della vicenda relativa al finanziamento dell’impresa, emerge con chiarezza il ruolo decisivo assunto dal professionista indipendente nominato ai sensi dell’art. 67, co. 3, lett. d), l.f. chiamato a redigere attestazioni che, rispetto a quelle tradizionali descritte negli artt. 161, 182-bis, e 186-bis l.f.si pongono in un rapporto di specialità.
Più precisamente, in caso di presentazione di istanza per ottenere autorizzazione a contrarre finanziamenti interinali e prededucibili ex art. 111 l.f. il professionista in possesso dei requisiti di professionalità e indipendenza deve attestare che tali finanziamenti siano funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori, previa verifica del complessivo fabbisogno finanziario dell’impresa nel periodo che intercorre dalla domanda sino all’omologazione. In tal caso, si richiede al professionista l’espressione di un giudizio inerente al fabbisogno finanziario dell’impresa sino all’omologazione e inerente alla funzionalità di tali finanziamenti rispetto alla migliore soddisfazione dei creditori.
Pur essendo legislativamente prevista l’ipotesi che tale istanza di autorizzazione possa essere presentata anche in occasione del deposito di una domanda prenotativa di concordato, e dunque prima della predisposizione di un piano e della formalizzazione di una proposta, l’orientamento prevalente ritiene che la società sia tenuta a fornire informazioni rilevanti e i contenuti essenziali del piano all’attestatore nell’ottica della formulazione del suo giudizio.
Qualora la società che presenta domanda di concordato preventivo con continuità aziendale – anche solo con riserva – chieda di essere autorizzata a pagare crediti sorti in epoca anteriore rispetto alla data di presentazione della domanda e relativi a prestazioni di beni e servizi, il professionista deve attestare che tali prestazioni sono essenziali per la prosecuzione dell’attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori (esistenti al momento di presentazione della domanda). Si tratta dell’attestazione relativa al pagamento dei creditori strategici (tali cioè da giustificare una deroga alla regola generale della par condicio) che non è richiesta qualora i pagamenti siano effettuati con nuova finanza apportata a titolo di capitale senza obbligo di restituzione o di finanziamento postergato (art. 182-quinquies, co. 4, l.f.).
L’autorizzazione ai pagamenti dei creditori strategici può essere accordata anche su richiesta del debitore che presenti domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione ovvero che depositi la proposta di accordo ai sensi dell’art. 182-bis, co. 6, l.f., in presenza dei presupposti richiamati per l’ipotesi sopra descritta, vale a dire quando si intenda proseguire l’attività di impresa e subordinatamente all’allegazione dell’attestazione positiva di un professionista in possesso dei requisiti declinati nell’art. 67, co. 3, lett. d), l.f.
Norma 11.10. Rapporti con consulente e attestatore
Principi
I fine di acquisire informazioni rilevanti per lo svolgimento della funzione di vigilanza, il Collegio sindacale, sentito l’organo amministrativo e previo accordo con lo stesso, può chiedere notizie al consulente incaricato della redazione del piano e all’attestatore incaricato della redazione dell’attestazione.
Riferimenti normativi
Art. 67, co. 3, lett. d), l.f., art. 161, co.6, l.f., art. 182-bis l.f., art. 182-bis, co. 6, l.f., art. 182-quinquies l.f.; artt. 2381, co. 5, c.c.; 2403 c.c.; 2403-bis, co. 2; 2405 c.c.
Criteri applicativi
Il Collegio sindacale, nell’esercizio della funzione di vigilanza sul rispetto dei principi di corretta amministrazione e sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento, può richiedere agli amministratori notizie sull’andamento delle operazioni sociali o su determinati affari. Per converso gli amministratori sono tenuti ex lege ad informare il Collegio sindacale circa le operazioni di maggior rilievo, per dimensioni e caratteristiche, effettuate dalla società e dalle sue controllate (Cfr. Norma 5.2.).
Tra queste operazioni rientrano quelle attinenti alle scelte di risanamento o di liquidazione dell’impresa in crisi; gli amministratori, pertanto sono tenuti ad informare il Collegio sindacale circa le soluzioni adottate.
Durante la predisposizione del piano di risanamento, del piano di concordato o del piano sottostante all’accordo di ristrutturazione, il Collegio sindacale può acquisire notizie dal consulente dell’impresa incaricato della redazione del piano al fine di una migliore comprensione del lavoro che esso svolge e al fine di acquisire informazioni che possano risultare di utilità.
È opportuno che, per lo svolgimento delle funzioni attribuitegli dalla legge, il Collegio sindacale acquisisca notizie dall’attestatore incaricato delle relazioni di attestazione dei piani ovvero delle attestazioni speciali previste nella legge fallimentare.
Dei riscontri effettuati e delle informazioni ricevute, il Collegio sindacale dà evidenza con apposita verbalizzazione.
Commento
Il diretto interlocutore del Collegio sindacale, anche nelle vicende inerenti alla crisi di impresa, è l’organo amministrativo.
Il consulente incaricato di predisporre i piani e l’attestatore incaricato di redigere le relazioni previste nella legge fallimentare, quando in vigore, sono direttamente incaricati dalla società rispetto alla quale sono vincolati da obblighi contrattuali assunti in virtù della sottoscrizione del mandato professionale.
Per questo motivo, rapporti e scambi di informazioni tra Collegio sindacale e detti professionisti, pur se rilevanti per lo svolgimento della stessa funzione di vigilanza che il collegio è chiamato ad espletare, devono essere necessariamente concordati con l’organo di amministrazione che resta il diretto interlocutore degli uni e degli altri.
Ad ogni buon conto, considerata la posizione “centrale” assunta dal Collegio sindacale all’interno della governance societaria quale destinatario di informazioni dall’organo di amministrazione e considerato lo scambio di informazioni con il soggetto incaricato della revisione legale – centralità garantita anche dal diritto di intervento che l’organo vanta rispetto alle adunanze e alle assemblee degli organi sociali – il Collegio sindacale può rappresentare per il consulente incaricato della redazione dei piani ovvero per l’attestatore incaricato della redazione delle relazioni un utile punto di riferimento. Il Collegio sindacale, infatti, può fornire ulteriori informazioni circa la struttura degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili adottati dalla società e, se del caso, evidenziare eventuali criticità riscontrate a seguito dell’attività di vigilanza svolta in esecuzione dell’incarico (Cfr. Norma 3.5.).
Al ricorrere di tale ipotesi, i sindaci devono evidenziare al consulente e vieppiù all’attestatore che eventuali informazioni fornite non potranno essere utilizzate per sostituire o supportare analisi e conclusioni che non siano frutto dell’attività personalmente svolta da questi ultimi.
Norma 11.11. Vigilanza del Collegio sindacale in caso di riduzione o perdita del capitale
Principi
Nel caso in cui la società abbia depositato una delle domande protettive di cui all’art. 182-sexies l.f., anche laddove ricorrano le condizioni descritte nell’art. 2446, co. 2 e 3, nell’art. 2447, nell’art. 2482-bis, co. 4, 5, e 6, e nell’art. 2482-ter c.c., ovvero ricorra la causa di scioglimento di cui all’art. 2484, n. 4, c.c. e di cui all’art. 2545-duodecies c.c., il Collegio sindacale, in adempimento della funzione riconosciutagli dalla legge, vigila secondo le modalità previste dalle presenti Norme.
A seguito dell’omologazione del concordato preventivo o dell’accordo di ristrutturazione, ovvero della mancata omologa, il Collegio sindacale, al ricorrere dei presupposti di cui all’art. 2446, co. 2, c.c., 2447 o 2482- bis, co. 4, 5 e 6, e 2482-ter c.c., ovvero al ricorrere della causa di scioglimento di cui all’art. 2484, co. 1, n. 4, c.c. e di cui all’art. 2545-duodecies c.c., vigila che gli amministratori diano seguito all’adozione delle formalità e degli adempimenti prescritti dalla legge.
Riferimenti normativi
Art. 182-sexies l.f.; artt. 2446, 2447, 2482-bis, 2482-ter, 2484, n. 4, c.c.; 2545-duodecies c.c.
Criteri applicativi
Il Collegio sindacale al ricorrere dei presupposti di cui all’art. 2446, co. 1, c.c.e 2482-bis, co. 1, 2, 3, c.c.vigila che l’organo di amministrazione provveda alla tempestiva convocazione dell’assemblea per l’adozione degli opportuni provvedimenti e alla presentazione di una relazione sulla situazione patrimoniale della società.
In caso di inerzia dell’organo di amministrazione, il Collegio sindacale provvede ad attivarsi per la convocazione. Si applica la Norma 9.1.
Il Collegio sindacale, nel caso in cui la società, pur ricorrendo i presupposti di cui agli artt. 2446, co. 2 e 3, 2447, 2482-bis, co. 4, 5 e 6, c.c. e 2482-ter c.c., abbia presentato domanda di concordato preventivo, ovvero domanda per l’omologazione di un accordo di ristrutturazione ex art. 182-bis l.f., previamente informato dall’organo amministrativo, verifica l’effettiva presentazione della domanda e svolge una funzione di vigilanza che attiene sia alla fase del conferimento dell’incarico all’attestato re sia alla fase di esecuzione del piano di concordato o dell’accordo.
Il Collegio sindacale vigila che il professionista incaricato delle attestazioni sia in possesso dei requisiti fissati dalla legge fallimentare e verifica la regolarità formale delle attestazioni. Il collegio continua a svolgere le funzioni ad esso attribuite dalla legge e vigila che gli assetti adottati dall’organo amministrativo risultino adeguati per la realizzazione del piano o dell’accordo. Si applica la Norma 11.1. e le Norme 11.5. e 11.7.
Qualora la società abbia proposto domanda di concordato ai sensi dell’art. 161, co. 6, l.f. pur ricorrendo i presupposti sopra menzionati, il Collegio sindacale previamente informato quanto a contenuti e caratteristiche essenziali del piano e della proposta vigila in conformità a quanto disposto nella Norma 11.7.
Qualora la società abbia depositato proposta di accordo di ristrutturazione ai sensi dell’art. 182-bis, co. 6, l.f., pur ricorrendo i presupposti sopra menzionati, il Collegio sindacale, previamente informato dei contenuti essenziali di tale proposta, vigila in conformità a quanto disposto dalla Norma 11.5.
Nel caso in cui la società si attivi con il deposito di una delle domande protettive di cui sopra, le causa di scioglimento della società per riduzione del capitale al di sotto del minimo legale di cui all’art. 2484, co. 1, n. 4, c.c. e di cui all’art. 2545-duodecies c.c. per le società cooperative non operano. In tal caso, il Collegio sindacale vigila che gli amministratori non procedano con gli adempimenti di cui all’art. 2484, co. 3, c.c. e che al contrario si attivino per la realizzazione del programma concordatario, dell’accordo di ristrutturazione ovvero degli adempimenti connessi alla presentazione della domanda prenotativa di concordato o della proposta di accordo di ristrutturazione come sopra specificato.
A seguito dell’omologazione del concordato preventivo o dell’accordo di ristrutturazione, ovvero nel caso di mancata omologa, qualora le perdite non risultassero ripianate, sono riattivati i rimedi previsti dalla legge per la ricapitalizzazione o i provvedimenti relativi alla deliberazione di trasformazione e torna ad essere operativa la causa di scioglimento di cui all’art. 2484, co. 1, n. 4, c.c. e di cui all’art. 2545-duodecies c.c.
Commento
A seguito della presentazione della domanda di concordato anche in bianco, o della domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione, ovvero della proposta di accordo, e fino all’omologazione, l’art. 182-sexies l.f. declina l’inoperatività dei rimedi societari in caso di perdite e l’inoperatività della causa di scioglimento per la riduzione del capitale. Non viene meno, invece, l’obbligo di tempestiva convocazione dell’assemblea di s.p.a. ex art. 2446, co. 1, c.c., ovvero ex art. 2482-bis, co. 1, 2 e 3 c.c., trattandosi di s.r.l., per deliberare gli opportuni provvedimenti. Va detto, al riguardo, che la convocazione dell’assemblea, ricorrendo i presupposti descritti nella disposizione, non può essere omessa anche nel caso in cui l’organo amministrativo, in forza dei poteri riconosciutigli dall’art. 152 l.f., decida di depositare una delle domande protettive indicate nell’art. 182-sexies l.f. prima della data fissata per la convocazione dell’assemblea.
Il Collegio sindacale, pertanto, esercitando i poteri riconosciutigli dalla legge, deve vigilare che gli amministratori procedano comunque alla convocazione della assemblea e, all’occorrenza, deve esercitare i poteri sostitutivi di convocazione come la legge impone (art. 2446, co. 1, c.c.).
Come accennato, la domanda di concordato o di accordo di ristrutturazione potrebbe essere depositata dagli amministratori all’esito dell’assemblea, convocata ai sensi degli artt. 2446 e 2482-bis, c.c., nei casi in cui quest’ultima non abbia deliberato altri opportuni provvedimenti.
Al verificarsi di una simile ipotesi, la gestione della società è finalizzata alla realizzazione del piano di concordato o dell’accordo: il collegio, nello svolgimento della funzione di vigilanza ex art. 2403 c.c., è chiamato a vigilare anche sui requisiti di professionalità e di indipendenza del professionista attestatore, sulla regolarità formale delle attestazioni da questi redatte e che l’organo amministrativo si attivi per la realizzazione del piano di concordato o dell’accordo di ristrutturazione.
Come informa la legge (art. 182-sexies, co. 1, l.f.), la sospensione dell’obbligo di ricapitalizzazione cessa dal momento dell’omologazione del concordato preventivo o dell’accordo di ristrutturazione, il che fa presumere che il piano di concordato o l’accordo di ristrutturazione abbiano espressamente previsto misure tali da poter riallineare il capitale sociale al minimo fissato dalla legge.
Riprendendo vigore le generali regole del diritto societario, se alla data dell’omologazione dovessero permanere le condizioni descritte nelle norme di riferimento prima menzionate, il Collegio sindacale deve vigilare che gli amministratori accertino le perdite rilevanti e adottino i provvedimenti utili al fine di ricapitalizzare, trasformare o porre in liquidazione la società.
Norma 11.12. Ruolo del Collegio sindacale durante il fallimento
Principi
Durante la procedura di fallimento le funzioni del Collegio sindacale sono sospese.
Riferimenti normativi
Artt. 118, 124 l.f.
Criteri applicativi
Durante la procedura di fallimento il Collegio sindacale entra in uno stato di quiescenza che determina la sospensione delle funzioni. Del pari è sospeso l’esercizio dei poteri di vigilanza e di intervento attribuiti dalla legge al Collegio sindacale e ai sindaci individualmente.
Tuttavia, permanendo in carica, il Collegio sindacale può essere chiamato a svolgere le proprie funzioni limitatamente alle eventuali attività poste in essere dagli organi sociali che siano da considerarsi compatibili con l’esistenza della procedura fallimentare. Nel corso della procedura fallimentare i sindaci partecipano pertanto alle eventuali adunanze degli organi sociali (quali, a titolo esemplificativo, l’assemblea chiamata a deliberare in ordine alla trasformazione o il consiglio di amministrazione convocato per deliberare in merito alla proposta di concordato fallimentare) e sono legittimati a presentare reclamo contro i decreti del giudice delegato e del Tribunale ai sensi dell’art. 26 l.f.
Nonostante la sospensione delle principali funzioni di controllo, anche in tale ipotesi trovano comunque applicazione le regole generali in ordine alla cessazione dall’ufficio (Cfr. Norma 1.6.), ivi inclusa la disciplina della rinuncia all’incarico.
Qualora l’ordinamento ricolleghi situazioni impeditive all’aver rivestito per un certo arco di tempo la carica di sindaco in imprese sottoposte a fallimento o a procedure equiparate, il relativo termine va riferito alla data di apertura della procedura di fallimento (o equiparata).
Commento
La dichiarazione di fallimento non produce l’estinzione dell’ente, né la cessazione degli organi sociali; la dichiarazione di fallimento non è inclusa tra le cause di scioglimento della società.
La procedura fallimentare non produce l’automatica estinzione della società, come si evince dall’art. 118 l.f., a mente del quale il curatore fallimentare nei casi di chiusura della procedura previsti nei numeri 3 e 4 chiede la cancellazione della società dal registro delle imprese, e dall’art. 124 l.f. che riconosce all’impresa fallita, al ricorrere di determinate condizioni, la legittimazione a presentare la proposta di concordato.
La circostanza che la procedura fallimentare non produca neppure la cessazione o la decadenza dei sindaci si desume, a contrario, dall’art. 200 l.f. che nell’ambito della liquidazione coatta amministrativa espressamente prevede la cessazione degli organi sociali (con la sola eccezione del caso in cui la società proponga un concordato ex art. 214 l.f.); non sussiste, invece, alcuna analoga previsione in tema di fallimento della società.
Durante la procedura fallimentare il Collegio sindacale rimane dunque in carica, ma entra in uno stato di parziale “quiescenza”, nel corso del quale lo svolgimento dell’attività di vigilanza ex art. 2403 c.c. rimane sospeso.
L’espletamento dell’attività di vigilanza ex art. 2403 c.c. risulta, infatti, incompatibile con il ruolo svolto dagli organi della procedura dal momento che la legge fallimentare affida in via esclusiva al giudice delegato e, in seconda istanza, al Tribunale fallimentare i compiti di direzione e di vigilanza dell’operato del curatore (art. 42 l.f.).
Non essendovi coincidenza tra fallimento della società ed estinzione della medesima, si potrebbe verificare che, in presenza di residuo attivo (per avvenuto pagamento integrale dei creditori oppure a seguito di concordato fallimentare), i soci optino per la ripresa dell’attività con quel patrimonio residuo ovvero procedano a una ricapitalizzazione, o anche, infine, deliberino lo scioglimento della società e la nomina dei liquidatori. Al ricorrere di queste circostanze o in caso di revoca del fallimento, eventualità invero assai rare nella prassi, il Collegio sindacale riassume la propria funzione e i relativi poteri.
Con riferimento alle fattispecie impeditive che la disciplina speciale talora ricollega all’aver rivestito per un certo arco di tempo la carica di sindaco in società ed enti falliti o soggetti a procedure equiparate, è destinato ad assumere rilievo soltanto il periodo decorso anteriormente alla data di dichiarazione di fallimento (o di apertura della procedura equiparata), restando per contro del tutto irrilevante la permanenza in carica nel corso della procedura.
—
Note:
(1) Le Norme di comportamento del collegio sindacale di società quotate, sono state riviste e pubblicate nel mese di aprile 2018.
(2) L’aspetto è stato affrontato più di recente da Cass.civ., sez. IlI, 15 novembre 2019, n. 29719; Cass. Civ., sez., sez. 1, 8 novembre 2019, n. 28983; Cass. Civ., sez. 1,12 aprile 2017, n. 9416, ove si è approdati a esiti differenti da quelli raggiunti dalla copiosa giurisprudenza di merito espressasi a favore della prorogatio.
(3) In tal senso, MISE, Circolare del 9 febbraio 2016, n. 3687/C.
(4) CNDCEC, Linee guida per la valutazione del rischio, adeguata verifica della clientela, conservazione dei documenti, dei dati e delle informazioni ai sensi del d.lgs. 231/2007 (come modificato dal d.lgs. 25 maggio 2017, n. 90, 22 maggio 2019, 58.
(5) Nelle società chiuse il collegio sindacale non è tenuto a conoscere o a esprimere alcun giudizio in merito alla validità e alla correttezza di patti parasociali eventualmente sottoscritti da soci.
(6) Cfr. Principio Isa (Italia) n. 550. Parti correlate.
(7) Cfr. OIC 12 – appendice G – informativa relativa a parti correlate.
(8) Cfr. Relazione Illustrativa al d. Igs. 173/2008.
(9) A titolo d’esempio, ISO 45001, ISO 14001, ISO 9001, ISO 37001.
(10) Cfr. art. 4, co. 1., d.m. n. 261/2012.
(11) Cfr. art. 5, co. 1, d.m. n. 261/2012.
(12) Cfr. art. 10, comma 1, d.m. n. 261/2012.
(13) Cfr. art. 10 d.m. n. 261/2012.
(14) Utili indicazioni sulle tematiche sono rinvenibili in CNDCEC, Principi di attestazione dei piani di risanamento, ottobre 2020.
(15) Ai sensi dell’art. 182-bis, co. 4, l.f., come modificato dall’art. 3 del d.l. 7 ottobre 2020, n. 125, convertito con modificazioni dalla legge 27 novembre 2020, n. 248, “Il tribunale omologa l’accordo anche in mancanza di adesione da parte dell’ amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l’adesione è decisiva ai fini del raggiungimento della percentuale di cui al primo comma e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista di cui al medesimo comma, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria”. La modifica è entrata in vigore il 4 dicembre 2020.
(16) Ai sensi dell’art. 180, co. 4, l.f., come modificato dall’art. 3 del d.l. 7 ottobre 2020, n. 125, convertito con modificazioni dalla legge 27 novembre 2020, n. 248, ” Il tribunale omologa il concordato preventivo anche in mancanza di voto da parte dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l’adesione è determinante ai fini del raggiungimento delle maggioranze di cui all’articolo 177 e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista di cui all’articolo 161, terzo comma, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria”. La modifica è entrata in vigore il 4 dicembre 2020.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CONSIGLIO NAZIONALE DOTT COMM E ESP CON - Nota 21 dicembre 2020, n. 159 - Le nuove Norme di comportamento del Collegio Sindacale di società non quotate
- Norme di comportamento del collegio sindacale di società non quotate - CONSIGLIO NAZIONALE dei DOTT COMM ed ESP CON - Nota n. 140 del 20 novembre 2023
- Norme di comportamento del collegio sindacale di società quotate - Documento di consultazione - CONSIGLIO NAZIONALE dei DOTT COMM ed ESP CON - Nota n. 128 del 24 ottobre 2023
- CONSIGLIO NAZIONALE dei DOTT COMM ed ESP CON - Comunicato del 24 ottobre 2023 - In pubblica consultazione le nuove Norme di comportamento del collegio sindacale delle quotate
- Collegio sindacale non quotate, in consultazione le nuove norme - CONSIGLIO NAZIONALE dei DOTT COMM ed ESP CON - Comunicato del 14 novembre 2023
- Documento "Verbali del Collegio sindacale di società non quotate" - CONSIGLIO NAZIONALE DOTT COMM E ESP CON - Nota 23 luglio 2021, n. 80
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