CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 luglio 2021, n. 20899
Tributi – Accertamento analitico induttivo – Grave antieconomicità della gestione aziendale
Rilevato che
1. Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, veniva accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli n.291/17/2013 la quale aveva a sua volta accolto il ricorso proposto da U.B. avente ad oggetto un avviso di accertamento per IVA, IRES e IRAP relativo all’anno di imposta 2008.
2. In particolare le riprese nei confronti del contribuente, esercente attività di “riparazione di altre macchine di impiego generale n.c.a.” (elettromedicali) nel quadro di un accertamento analitico induttivo ex art. 39 primo comma lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1973.
3. Il giudice d’appello non condivideva la decisione del giudice di primo grado, e confermava integralmente le riprese, traenti origine da un compendio di elementi di prova, tra cui la grave antieconomicità della gestione aziendale risultante da palese sproporzione tra costi e ricavi confermata dallo scostamento tra redditi dichiarati e risultanze dell’applicazione di studio di settore, e dalla presenza di altri indici di capacità contributiva.
3. Avverso la decisione propone ricorso la contribuente, affidato a tre macro-censure, al loro interno frammentate in dieci distinti motivi, che illustra con memoria, cui replica l’Agenzia delle Entrate con controricorso.
Considerato che
4. Con il primo motivo a pag. 36 del ricorso – ex art.360 primo comma n. 3 cod. proc. civ. – il contribuente deduce che il giudice di appello non abbia correttamente interpretato e applicato la norma degli artt. 39 primo comma lett. d) del d.P.R. n.600/73 e 54 del d.P.R. n. 633/72 e, con essa, l’art. 2729 cod. civ., per assenza e mancata indicazione dei presupposti di gravità, precisione e concordanza.
5. Con il secondo motivo a pag. 43 del ricorso – ai fini dell’art.360 primo comma n. 5 cod. proc. civ. – il ricorrente deduce l’esistenza di un vizio motivazionale, per essere la sentenza impugnata, alla luce dei fatti ricostruiti sul piano fattuale e giuridico nelle premesse in fatto del ricorso, affetto da omesso esame, con riferimento al difetto dei requisiti di gravità, precisione e concordanza degli elementi sintomatici ex art. 39 primo comma lett. d) del d.P.R. n.600 del 1973; al carattere dubitativo della motivazione sulla inattendibilità dei ricavi utilizzato nell’avviso di accertamento, che fa riferimento alla “probabile” inattendibilità e solo di “alcuni” dati di gestione; all’indimostrata anti- economicità della gestione.
6. Con il terzo motivo a pag.45 del ricorso – articolato ai sensi dell’art. 360 primo comma n. 4 cod. proc. civ. -, in relazione al disposto dell’art. 132 cod. proc. civ., il contribuente lamenta il difetto assoluto della motivazione della sentenza impugnata, in quanto la CTR, nel riformare la decisione di primo grado, dopo avere nel primo e secondo capoverso della sentenza, nella parte in diritto, invocato l’orientamento affermato dalla giurisprudenza secondo cui l’accertamento induttivo è consentito quando, nonostante la formale correttezza delle scritture contabili, esistono gravi incongruenze, le quali possono essere dimostrate anche con presunzioni semplici purché gravi, precise e concordanti, perviene alla apodittica quanto macroscopicamente immotivata conclusione secondo cui, tenuto conto dell’esito dell’accertamento a carico del contribuente, l’azione accertatrice dell’ufficio risulta ispirata a criteri di ragionevolezza ed è idonea a cogliere le reali risultanze reddituali del soggetto accertato.
7. Con il quarto motivo, a pag.46 del ricorso – ai sensi dell’art.360 primo comma n. 3 cod. proc. civ. – il contribuente deduce la violazione degli artt. 39 comma 1 lett. d) del d.P.R. n.600 del 1973, 53 del d.P.R. n.633 del 1972, 2729 cod. civ., 62 bis, 62 sexies del d.l. n.331 del 1993 convertito in I. n. 427 del 1993, in quanto l’atto di accertamento impugnato in primo grado, e in quella sede annullato, salva la riforma in appello, perviene all’esito finale dell’accertamento induttivo esclusivamente sulla base dei semplici scostamenti ricavabili dagli studi di settore, scostamento peraltro di cui non verrebbe precisata neppure la gravità.
8. Con il quinto motivo, a pag.49 del ricorso – ex art.360 primo comma n. 3 cod. proc. civ. – viene lamentata la violazione degli artt. 53 Cost., 39 comma 1 lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1973, 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, 2697, 2727 e 2729 cod. civ., perché secondo il ricorrente la rettifica trarrebbe giustificazione in via esclusiva dallo scostamento fra ricavi esposti e presunti.
9. Con il sesto motivo, alle pagg.49-50 del ricorso – in relazione all’art.360 primo comma n. 3 cod. proc. civ. – viene prospettata la violazione degli artt.3 della I. n. 241 del 1990, 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, 7 della I. n. 212 del 2000, 1 del d.Lgs. n. 32 del 2001, 56 del d.P.R. n. 633/72, difettando l’accertamento degli elementi connotativi necessari dell’atto amministrativo, tra cui la motivazione, nemmeno rintracciabile negli elementi di supporto, inclusa la mancanza dei pretesi parametri e tabelle e la specificazione dei presupposti dell’applicazione di quello specifico valore ponderato.
10. Con il settimo motivo, alle pagg.49-51 del ricorso, – ai fini dell’art. 360 primo comma nn. 3 e 5 cod. proc. civ. – viene lamentata la violazione degli artt.112 cod. proc. civ., 18 comma 2 lett. e) del d.lgs. n. 546 del 1992, per essere stato lo scostamento determinato sulla base di parametri di cui sarebbe stata contestata la stessa allegazione all’atto di accertamento sin dal primo grado, doglianza quest’ultima considerata a p.51 del ricorso rilevante anche ai fini dell’art.360 primo comma n. 5 cod. proc. civ. in quanto fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti.
11. Con l’ottavo motivo, alle pagg.49-52 del ricorso, – ai fini dell’art. 360 primo comma n. 4 cod. proc. civ. – viene lamentata la nullità della sentenza per difetto assoluto di motivazione, non risultando dalla stessa quale sarebbe la media ponderale del settore, come pure gli altri elementi di raffronto ai fini dell’accertato scostamento.
12. Con il nono motivo, alle pagg.49-52 del ricorso, – ai sensi dell’art. 360 primo comma n. 5 cod. proc. civ. – viene prospettato l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, con riferimento all’apodittica affermazione di non inerenza dei costi, risolvendosi a sua volta tale statuizione in una motivazione assente.
13. Con il decimo motivo, alle pagg. 52-3 del ricorso, – ex art.360 primo comma n. 5 cod. proc. civ. – viene lamentato l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, con riferimento al numero di immobili di cui il contribuente è titolare nel periodo di imposta e la valutazione di costi non inerenti per Euro 1.695,00.
14. In via prioritaria devono essere esaminati i motivi in cui si prospetta la nullità della sentenza per apparenza della motivazione, ossia l’ottavo e il nono il quale, benché il parametro indicato sia il n.5, ragiona al suo interno di motivazione apodittica, e dunque apparente, nonché il terzo motivo per asserita insanabile contraddittorietà della motivazione. Tali motivi sono infondati. La Corte rammenta che «La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture» (Cass. Sez. Un. 3 novembre 2016 n. 22232).
15. Orbene, nella sentenza impugnata l’esposizione del fatto e degli snodi processuali è compiuta e risulta dalla parte espositiva dello svolgimento del processo, in cui sono ricostruite l’imposte dovute (Iva, Irap Irpef), l’oggetto delle riprese, la causa petendi (art.39 comma primo lett. d) del d.P.R. n.600 del 1973), l’anno d’imposta (2008), sono sintetizzate le difese delle parti e i motivi di appello nonché le controdeduzioni dell’appellato. E’ inoltre compiutamente espressa la ratio decidendi incentrata sulla presenza di una pluralità indizi gravi precisi e concordanti, e non unicamente sullo scostamento tra dichiarazione e studio di settore, elementi di prova sfavorevoli al contribuente e non da lui efficacemente giustificati. Tale compendio di elementi esclude qualsiasi apparenza della motivazione, che va valutata nel suo complesso per essere unitariamente compresa, con una lettura integrata della parte espositiva del fatto e di quella del diritto. Non sussiste inoltre l’insanabile contraddittorietà prospettata nel terzo motivo, in quanto l’accertamento alla base delle riprese non è induttivo puro, bensì analitico induttivo ex art.39 comma primo lett. d) del d.P.R. n.600 del 1973 il quale, per legge, fa sì che l’Agenzia non prescinda totalmente dalle scritture contabili come nell’ipotesi dell’art.39 comma secondo lett. d) del d.P.R. n.600 del 1973. Infatti nel caso di specie non sono state adottate presunzioni c.d. “supersemplici”, ma dotate dei requisiti di precisione e gravità, oltre che nel caso di specie di concordanza, desunte da una pluralità di elementi indiziari a partire dalla palese antieconomicità della gestione aziendale e dalla presenza di costi del tutto sproporzionati rispetto ai modesti redditi dichiarati dal contribuente in un arco quinquennale nell’ambito del quale si colloca il periodo di imposta oggetto di causa, e la motivazione della CTR che ha confermato l’impianto delle riprese è dunque logica e argomentata.
16. I motivi secondo, sesto, settimo e decimo sono inammissibili per difetto di specificità e autosufficienza.
Va reiterato che «In tema di ricorso per cassazione, il principio di autosufficienza – prescritto, a pena di inammissibilità, dall’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c. – è volto ad agevolare la comprensione dell’oggetto della pretesa e del tenore della sentenza impugnata, da evincersi unitamente ai motivi dell’impugnazione: ne deriva che il ricorrente ha l’onere di operare una chiara funzionale alla piena valutazione di detti motivi in base alla sola lettura del ricorso, al fine di consentire alla Corte di cassazione (che non è tenuta a ricercare gli atti o a stabilire essa stessa se ed in quali parti rilevino) di verificare se quanto lo stesso afferma trovi effettivo riscontro, anche sulla base degli atti o documenti prodotti sui quali il ricorso si fonda, la cui testuale riproduzione, in tutto o in parte, è invece richiesta quando la sentenza è censurata per non averne tenuto conto.». (Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 24340 del 04/10/2018, Rv. 651398 – 01).
Nel caso di specie il ricorrente non riproduce né sintetizza e neppure indica analiticamente le pagine del ricorso introduttivo e delle controdeduzioni in appello in cui le doglianze oggetto dei motivi in disamina sarebbero state avanzate e successivamente coltivate, non bastando generici richiami ad una non meglio precisata diffusa trattazione delle suddette questioni nel ricorso introduttivo e nelle controdeduzioni di appello. Così facendo il ricorrente non consente alla Corte di poter apprezzare sulla base della lettura del ricorso la decisività delle censure. Il quarto motivo è inammissibile, in aggiunta, anche in quanto privo di specificità perché ha ad oggetto non la critica della sentenza di appello impugnata, ma l’atto impositivo stesso.
17. I motivi primo, quarto e quinto possono essere esaminati congiuntamente, in quanto connessi, dal momento che vi si sostiene che la CTR avalla l’operato dell’Agenzia la quale perverrebbe all’esito finale dell’accertamento induttivo esclusivamente sulla base dei semplici scostamenti ricavabili dagli studi di settore, in assenza dei presupposti per fondare l’accertamento analitico induttivo ex art.39 comma primo lett. d) del d.RR. n.600 del 1973, e sono infondati.
18. Va premesso che «La procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sé considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale fase, infatti, quest’ultimo ha la facoltà di contestare l’applicazione dei parametri provando le circostanze concrete che giustificano lo scostamento della propria posizione reddituale, con ciò costringendo l’ufficio – ove non ritenga attendibili le allegazioni di parte – ad integrare la motivazione dell’atto impositivo indicando le ragioni del suo convincimento. Tuttavia, ogni qual volta il contraddittorio sia stato regolarmente attivato ed il contribuente ometta di parteciparvi ovvero si astenga da qualsivoglia attività di allegazione, l’ufficio non è tenuto ad offrire alcuna ulteriore dimostrazione della pretesa esercitata in ragione del semplice disallineamento del reddito dichiarato rispetto ai menzionati parametri.». (Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 21754 del 20/09/2017, Rv. 645461 – 02 conforme a Cass. Sez. U, Sentenza n. 26635 del 18/12/2009, Rv. 610691 – 01).
19. I parametri applicati, infine, rappresentando la risultante dell’estrapolazione di una pluralità di dati, i quali rivelano valori che, quando eccedono il dichiarato, integrano il presupposto per il legittimo esercizio da parte dell’Ufficio dell’accertamento analitico-induttivo, ex art. 39, primo comma, lett. d, del d.RR. 29 settembre 1973, n. 600 (Cass. 20 febbraio 2015 n.3415; Cass. 13 luglio 2016 n.14288). La sentenza della CTR ha accertato sia il palese scostamento non giustificato tra la dichiarazione presentata per l’anno di imposta e lo studio di settore applicato, sia la presenza di plurimi elementi ulteriori di riscontro.
In particolare, a differenza di quanto ritiene il contribuente, che cita estensivamente i corretti principi giurisprudenziali applicabili, ma non pertinenti alla fattispecie concreta e agli elementi di prova in atti, il giudice d’appello ha considerato un gran numero di elementi indiziari, in particolare alle pagg.3-4 della sentenza. Tra di essi si enumerano i redditi dichiarati per l’anno di imposta e per l’intero quinquennio 2005-9, che non sono sufficienti a remunerare l’esborso di ingenti investimenti, oltre ad ulteriori indici di capacità contributiva come la proprietà di immobili richiedenti manutenzioni e la relativa presenza di spese vive, oltre a spese fisse per migliaia di euro, beni mobili registrati, plurimi contratti assicurativi accesi, elementi tutti non esaminati frazionatamente e in modo atomistico ma in via unitaria e da cui il giudice d’appello ha evinto con una motivazione immune da vizi logici da un lato la grave antieconomicità della gestione aziendale e, dall’altro, l’esistenza di spese non giustificate dalla bassa redditività della stessa.
20. In conclusione il ricorso dev’essere rigettato e le spese di lite seguono la soccombenza, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in Euro 2.300,00 per compensi, oltre Spese prenotate a debito.
Dichiara che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1- quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.
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