CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 settembre 2021, n. 24262
Accertamento – Assolvimento dell’imposta unica su concorsi pronostici – Presupposto dell’imposizione correlato alla giocata – Condizioni
Rilevato che
– con la sentenza impugnata la CTR accoglieva l’appello della società contribuente e pertanto in riforma della sentenza di primo grado dichiarata la illegittimità dell’atto impugnato, avviso di accertamento relativo al mancato assolvimento dell’imposta unica su concorsi pronostici, oltre a sanzioni ed interessi, per operazioni svoltesi nell’anno 2007; dichiarava cessata la materia del contendere quanto alla posizione della società B.B. di P.V. & c. s.n.c. e dei soci di tal società di persone;
– ricorre a questa Corte l’Amministrazione Finanziaria con atto affidato a un motivo; S.M.L. in persona del suo legale rappresentante prò tempore, M.R.L. (già S.I.B.L.) quali soggetti co-obbligati, unitamente a P.V., P.I., P.G., M.G., in proprio e nella qualità di soci della società B.B. di P.V. & c. s.n.c., resistono con unico controricorso e in memoria instano per la trattazione in pubblica udienza; con ulteriore memoria del 15 aprile 2021 i contribuenti chiedono sospendersi il giudizio per rimettere la questione alla Corte unionale ex art. 267 c. 3 TFUE e dichiararsi cessata la materia del contendere quanto alla posizione del centro trasmissione dati, società B.B. ridetta;
Considerato che
– preliminarmente, ritiene la Corte che l’istanza di trattazione della causa in pubblica udienza proposta dalla società ricorrente con memoria depositata in data 24 marzo 2021 vada in ogni caso qui disattesa; in adesione all’indirizzo già espresso dalle sezioni unite di questa Corte, il collegio giudicante ben può escludere,. nell’esercizio di una valutazione discrezionale, la ricorrenza dei presupposti della trattazione in pubblica udienza, in ragione del carattere consolidato dei principi di diritto da applicare nel caso di specie (Sez. U, n. 14437 del 5 giugno 2018), e non si verta in ipotesi di decisioni aventi rilevanza nomofilattica (Sez. U, n. 8093 del 23 aprile 2020);
– in particolare, la sede dell’adunanza camerale non è incompatibile, di per sé, anche con la statuizione su questioni nuove, soprattutto se non oggettivamente inedite e già assistite da un consolidato orientamento, cui la Corte fornisce il proprio contributo. Nel caso in questione, il tema oggetto del giudizio non è neppure nuovo nella giurisprudenza di questa Corte (v. Cass poi citate) e, comunque, è compiutamente affrontato in tutti i suoi risvolti da un lato dalla Corte costituzionale (con la sentenza 14 febbraio 2018, n. 27) e dall’altro da quella unionale (con la sentenza 26 febbraio 2020 in causa C-788/18, relativa proprio alla S.M.L.); e i principi da quelle Corti stabiliti risultano ampiamente e diffusamente recepiti pure dalla giurisprudenza di merito e anche di legittimità;
– con il solo motivo di ricorso proposto si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 d. Lgs. n. 504 del 1998 come interpretato dall’art. 1 c. 66 lett. b) della Legge di stabilità 2011, in relazione con art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere la CTR erroneamente esclusa la sussistenza del presupposto giuridico per l’applicazione del tributo in capo al bookmaker S.M. Itd;
– tal motivo risulta, diversamente da quanto eccepito in controricorso, in ordine al contestato difetto di autosufficienza, del tutto ammissibile, ben potendosi cogliere sia dal ricorso complessivamente esaminato, sia dalla sentenza gravata, la questione posta dal mezzo di impugnazione;
– venendo quindi all’esame del motivo, lo stesso risulta fondato;
– va premesso come sin dalle origini il tributo sui giochi e le scommesse, che è frutto del percorso evolutivo iniziato con la tassa di lotteria (art. 6 del d. Lgs. 14 aprile 1948, n. 496), è stato pensato in relazione alle attività di gioco: già nella relazione ministeriale al disegno di legge istitutivo dell’imposta unica n. 2033 presentato il 15 giugno 1951, si leggeva, quanto ai giochi riservati al CONI e all’UNIRE, che questi «…debbono allo Stato, per l’esercizio delle attività di giuoco predette, la corresponsione di una tassa di lotteria…». Sicché il presupposto dell’imposizione non è stato correlato alla giocata in sé, ma alla prestazione di un servizio, che è, appunto, il servizio di gioco. Il prelievo colpisce dunque il prodotto che è offerto al consumatore tramite l’organizzazione dell’attività, sotto forma di servizio. E proprio queste ragioni di ordine storico e sistematico innervano il quadro normativo odierno, che è così articolato:
– conformemente all’art. 1 del d. Lgs. 23 dicembre 1998 n. 504, volto al riordino dell’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse, a norma dell’art. 1, comma 2, L. 3 agosto 1998 n. 288, l’imposta unica è dovuta per i concorsi pronostici e le scommesse di qualunque tipo, relativi a qualunque evento, anche se svolto all’estero; l’art. 3 del suddetto d.lgs. n. 504/98, intitolato ai soggetti passivi, stabilisce che «Soggetti passivi dell’imposta unica sono coloro i quali gestiscono, anche in concessione, i concorsi pronostici e le scommesse» ;
– a norma dell’art. 1, comma 66, della L. n. 220 del 2010 «(…) a) (…) l’imposta unica (…) è comunque dovuta ancorché la raccolta del gioco, compresa quella a distanza, avvenga in assenza ovvero in caso di inefficacia della concessione rilasciata dal ministero dell’economia e delle finanze -amministrazione autonoma dei monopoli di Stato;
b) l’art. 3 del d. lgs. [n. 504/1998] si interpreta nel senso che soggetto passivo d’imposta è chiunque, ancorché in assenza o in caso di inefficacia della concessione rilasciata dal ministero dell’economia e delle finanze -amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, gestisce con qualunque mezzo, anche telematico, per conto proprio o di terzi, anche ubicati all’estero, concorsi pronostici o scommesse di qualsiasi genere. Se l’attività è esercitata per conto di terzi, il soggetto per conto del quale l’attività è esercitata è obbligato solidalmente al pagamento dell’imposta e delle relative sanzioni» ;
– va notato poi che l’art. 16 del d.m. economia e finanze 1° marzo 2006 n. 111 prevede che il concessionario effettui il pagamento delle somme dovute a titolo di imposta unica;
– inoltre, ai sensi dell’art. 1, comma 644, lett. g), L. 23 dicembre 2014 n. 190, l’imposta unica si applica «su di un imponibile forfetario coincidente con il triplo della media della raccolta effettuata nella provincia ove è ubicato l’esercizio o il punto di raccolta, desunta dai dati registrati nel totalizzatore nazionale per il periodo d’imposta antecedente a quello di riferimento»;
– questo quadro normativo è stato sottoposto all’esame e della Corte costituzionale e della Corte di giustizia, che ne hanno compiutamente esaminato le relazioni rispettivamente con la Costituzione e col diritto unionale. Quanto all’ambito soggettivo dell’imposta, affrontato dal motivo in esame, la Corte costituzionale ha dato atto dell’incertezza correlata all’interpretazione dell’art. 3 del d. Lgs. 504 del 1998 per il periodo antecedente alla disposizione interpretativa del 2010 (nel senso che era incerto se la pretesa impositiva si potesse rivolgere anche nei confronti dei soggetti che operavano al di fuori del sistema concessorio); ma ha riconosciuto che il legislatore con l’art. 1, comma 66, della legge n. 220 del 2010 da un canto ha stabilito che l’imposta è dovuta anche nel caso di scommesse raccolte al di fuori del sistema concessorio e, d’altro canto, ha esplicitato l’obbligo delle ricevitorie operanti per conto di bookmakers privi di concessione al versamento del tributo e delle relative sanzioni. A questo riguardo ha escluso che l’equiparazione, ai fini tributari, del “gestore per conto terzi” (ossia del titolare di ricevitoria) al “gestore per conto proprio” (ossia al bookmaker) sia irragionevole. Entrambi i soggetti, difatti, ha sottolineato quella Corte, partecipano, sia pure su piani diversi e secondo diverse modalità operative, allo svolgimento dell’attività di “organizzazione ed esercizio” delle scommesse soggetta a imposizione. In particolare, ha rimarcato, il titolare della ricevitoria, benché non partecipi direttamente al rischio connaturato al contratto di scommessa, svolge comunque un’attività di gestione, perché assicura la disponibilità di locali idonei e la ricezione della proposta, si occupa della trasmissione al bookmaker dell’accettazione della scommessa, dell’incasso e del trasferimento delle somme giocate, nonché del pagamento delle vincite secondo le procedure e le istruzioni fornite dal bookmaker. Sicché, ha specificato, l’attività gestoria che costituisce il presupposto dell’imposizione va riferita alla raccolta delle scommesse, il volume delle quali determina anche la provvigione della ricevitoria e per conseguenza il suo stesso rischio imprenditoriale. Né, ha aggiunto la Corte costituzionale, la scelta di assoggettare all’imposta i titolari delle ricevitorie operanti per conto di soggetti privi di concessione viola il principio di capacità contributiva, nei limiti in cui il rapporto tra il titolare della ricevitoria che agisce per conto di terzi e il bookmaker sia disciplinato da un contratto che regoli anche le commissioni dovute al titolare della ricevitoria per il servizio prestato.
Ciò perché attraverso la regolazione delle commissioni il titolare della ricevitoria ha la possibilità di trasferire il carico tributario sul bookmaker per conto del quale opera. La rivalsa svolge funzione applicativa del principio di capacità contributiva, poiché redistribuisce tra i coobbligati, bookmaker e ricevitoria, che hanno comunque concorso, sia pure in vario modo, alla realizzazione del presupposto impositivo, il carico fiscale in relazione alla partecipazione di ognuno a tale realizzazione. Per conseguenza la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 del d. Lgs. n. 504 del 1998 e dell’art. 1, comma 66, lettera b), della L. n. 220 del 2010, nella sola parte in cui prevedono che, nelle annualità d’imposta precedenti al 2011, siano assoggettate all’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse le ricevitorie operanti per conto di soggetti privi di concessione. In quel periodo non si può difatti procedere alla traslazione dell’imposta, perché l’entità delle commissioni già pattuite fra ricevitorie e bookmaker si era già cristallizzata sulla base del quadro precedente alla L. n. 220 del 2010 (Corte cost. 23 gennaio 2018, n. 27). Quella Corte ha anche chiarito (punto 4.5) che, in mancanza di regolazione degli effetti transitori e in considerazione della natura interpretativa dell’art. 1, comma 66, lettera b), della L. n. 220 del 2010, la disposizione va applicata anche ai rapporti negoziali perfezionatisi prima della sua entrata in vigore. Ne consegue anzitutto che per le annualità d’imposta antecedenti al 2011 non rispondono le ricevitorie, ma rispondono nondimeno i bookmaker, con o senza concessione; qui non è peraltro oggetto di ricorso la posizione del CTD, vale a dire del B.B. di P.V. & c. s.a.s.
Quanto alle indicazioni della Corte Unionale, giova premettere che le imposte sui giochi d’azzardo non hanno natura armonizzata; sicché i giochi d’azzardo rilevano, ai fini del diritto sovraordinato, in relazione alle norme concernenti la libera prestazione di servizi presidiata dall’art. 56 del TFUE (Corte giust. 26 febbraio 2020, causa C-788/18, punto 17). Inoltre, nel settore dei giochi d’azzardo con poste in danaro, secondo costante giurisprudenza della Corte di Giustizia, gli obiettivi di tutela dei consumatori, di prevenzione dell’incitamento a una spesa eccessiva collegata al gioco, nonché di prevenzione di turbative dell’ordine sociale in generale costituiscono motivi imperativi d’interesse generale atti a giustificare restrizioni alla libera prestazione di servizi: per conseguenza, in assenza di un’armonizzazione unionale della normativa sui giochi d’azzardo, ogni Stato membro ha il potere di valutare, alla luce della propria scala di valori, le esigenze che la tutela degli interessi in questione implica, a condizione che le restrizioni non minino i requisiti di proporzionalità (Corte giust. 24 ottobre 2013, causa C-440/12, punto 47; 8 settembre 2009, causa C-42/07). Non solo: gli Stati membri non hanno l’obbligo di adeguare il proprio sistema fiscale ai vari sistemi di tassazione degli altri Stati membri, al fine di eliminare la doppia imposizione che risulta dal parallelo esercizio della rispettiva competenza fiscale (Corte giust. in causa C-788/18, cit., punto 23; per analogia, Corte giust. 1 dicembre 2011, causa C-253/09, punto 83); in questo contesto la normativa italiana, si anticipava, ha superato il vaglio della giurisprudenza unionale. La Corte di giustizia ha escluso qualsivoglia discriminazione tra bookmakers nazionali e bookmakers esteri, perché l’imposta unica si applica a tutti gli operatori che gestiscono scommesse raccolte sul territorio italiano, senza distinzione alcuna in funzione del luogo in cui essi sono stabiliti (punto 21 di Corte giust. in causa C-788/18), di modo che la normativa italiana «non appare atta a vietare, ostacolare o rendere meno attraenti le attività di una società, quale la S.M., nello Stato membro interessato». E ancora, ha sottolineato quella Corte, la situazione di un centro di trasmissione dati che raccoglie scommesse per conto di una società che ha sede in un altro Stato membro non è analoga a quella degli operatori nazionali: di qui l’esclusione di ogni restrizione discriminatoria della normativa che esclude che i centri di trasmissione dati che agiscono per conto degli operatori di scommesse nazionali siano soggetti al pagamento in solido dell’imposta;
– questa Corte, in ultimo, si è già espressa nel senso appena indicato con svariate pronunce (ex pluribus Cass. n. 8757/2021; n. 9144/2021; n. 9530/2021);
– pertanto, nel ritenere insussistente l’obbligazione principale in capo al bookmaker (e per conseguenza altrettanto insussistente, cosa che qui non rileva, la responsabilità del CTD), la CTR ha commesso errore di diritto; la sentenza quindi – in accoglimento del ricorso – è cassata con rinvio al giudice dell’appello per nuovo esame;
– in ultimo, l’istanza di cessazione della materia del contendere formulata in memoria del 15 aprile 2021 va disattesa sia in quanto sul punto la sentenza impugnata ha già dichiarata tal cessazione, sia in quanto la sentenza impugnata, in accoglimento del ricorso, è comunque cassata;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana in diversa composizione che statuirà anche quanto alle spese del presente giudizio.
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