CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 giugno 2021, n. 15415
Tributi – Società in house della Provincia – Omesso versamento di imposte – Sanzioni – Incapienza patrimoniale – Irrilevanza
Rilevato che
La M. Spa, società in house della Provincia di Benevento, ricorre per la cassazione della sentenza della CTR Campania n.3885/15/14 del 14.04.2014 che, riformando la sentenza della CTP Benevento n. 114/2013 che aveva in parte accolto il ricorso introduttivo relativo a due cartelle di pagamento, rispettivamente per €227.374,15 e 1.088.353,00, avendo ravvisato per le sanzioni, l’esimente della causa di forza maggiore, ha confermato integralmente il provvedimento impositorio e rigettato l’originario ricorso introduttivo.
In particolare la CTR, premesso che la M. è società in house, costituita ed interamente di proprietà della Provincia di Benevento, ha accolto l’appello principale dell’Ufficio, ritenendo che l’incapienza patrimoniale della società sia stata determinata dalla consapevole scelta gestionale della Provincia di sottrarsi al pagamento delle imposte sicché le sanzioni erano dovute, mancando la prova della impossibilità di far fronte agli obblighi, pur avendo posto in essere le necessarie attività volte ad acquisire le risorse necessarie; ha, inoltre, rigettato l’appello incidentale della società in ordine alla mancanza di motivazione riguardo alle modalità del calcolo degli interessi, ravvisando sufficiente a tal fine l’indicazione della base di calcolo e della somma dovuta per ciascun periodo di imposta, essendo in tal caso possibile procedere al computo degli interessi.
L’Ufficio si è costituito con controricorso.
Considerato che
La ricorrente articola due motivi di ricorso lamentando, con il primo, per quanto attiene alla pronuncia relativa alla debenza delle sanzioni, la violazione dell’art. 360 comma 1 n.3 e n.5 per contraddittorietà della motivazione in relazione agli artt. 5 e 6 del Dlgs n.472/1997 e per l’omessa valutazione di un fatto decisivo.
Si duole, in particolare, della contraddittorietà della motivazione, che nel contempo si è pronunciata sia favorevolmente sia negativamente circa la possibilità di ravvisare l’esimente della forza maggiore nei casi di mancanza temporanea di liquidità dovuta ad obbiettive difficoltà economiche, quali quelle indotte nella società ricorrente dal comportamento della Provincia, dalla quale essa dipende in tutto e per tutto, a causa della sua natura di società in house. Da tale correlazione sarebbe dipesa la penuria di liquidità indotta dal mancato pagamento dell’attività svolta per la Provincia, suo unico cliente. L’illegittimità della sanzione consegue, inoltre, dall’assoluta mancanza dell’elemento soggettivo, quando questo, oggettivamente, è determinato integralmente dal fatto del terzo.
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art.360 comma 1 n.3 cod.proc.civ. in relazione all’art.36 bis del DPR n.600/1973 e degli artt.7 e 17 della legge n.212/2000 a causa della mancata indicazione non solo del calcolo degli interessi, ( e ciò in contrasto con la decisione di questa Corte n.4516/2012 ma anche a causa dell’assenza di idonea motivazione della cartella di pagamento emessa a norma dell’art.36 bis, non essendo stato specificato, nella motivazione, per quale delle specifiche ipotesi previste dall’art.36 bis DPR n.600/73 si è inteso procedere.
Il ricorso è in parte inammissibile ed in parte infondato.
La prima censura si sostanzia nella richiesta di un giudizio di merito circa la sussistenza, nella peculiare situazione fattuale, degli estremi dell’esimente della forza maggiore: in altri termini la Corte è sollecitata a fornire un giudizio di merito che non le compete.
In termini generali, questa Corte ha già deciso che l’art. 5 d.lgs. n. 472 del 1997, applicando alla materia fiscale il principio sancito in generale dall’art. 3 l. n. 689 del 1981, stabilisce che, ai fini dell’applicazione delle sanzioni, non è sufficiente la mera volontarietà del comportamento sanzionato, essendo richiesta anche la consapevolezza del contribuente, a cui deve potersi rimproverare di aver tenuto un comportamento, se non necessariamente doloso, quantomeno negligente. È comunque sufficiente la coscienza e la volontà della condotta, senza che occorra la dimostrazione del dolo o della colpa, la quale si presume fino alla prova della sua assenza, che deve essere offerta dal contribuente e va distinta dalla prova della buona fede, che rileva, come esimente, solo se l’agente è incorso in un errore inevitabile, per essere incolpevole l’ignoranza dei presupposti dell’illecito e dunque non superabile con l’uso della normale diligenza cass. n.2139/2020).
Peraltro le SS.UU., con la decisione n. 37424/13, affermando che il reato di omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto (art. 10-ter d.lgs n. 74 del 2000), si pone in rapporto di progressione illecita con l’art. 13, comma primo, D.Lgs. n. 471 del 1997, che punisce con la sanzione amministrativa l’omesso versamento periodico dell’imposta entro il mese successivo a quello di maturazione del debito mensile IVA, hanno anche precisato che: “Non può…essere invocata, per escludere la colpevolezza, la crisi di liquidità del soggetto attivo al momento della scadenza del termine lungo, ove non si dimostri che la stessa non dipenda dalla scelta (protrattasi, in sede di prima applicazione della norma, nella seconda metà del 2006) di non far debitamente fronte alla esigenza predetta…: ne consegue che l’illecito, che richiede per configurarsi il dolo generico, è integrato dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, non rilevando che l’impresa attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per far fronte a debiti ritenuti più urgenti. Vero è che secondo una successiva precisazione, questa Corte non esclude che, in astratto, si possano configurare casi che giustificano l’invocarsi di assenza del dolo o di assoluta impossibilità di adempiere l’obbligazione tributaria ma l’apprezzamento di tali casi è devoluto al giudice del merito e come tale è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato ed al fine di una verifica in merito è necessario che siano assolti gli oneri di allegazione che, per quanto attiene alla lamentata crisi di liquidità, dovranno investire non solo l’aspetto della non imputabilità a chi abbia omesso il versamento della crisi economica che ha investito l’azienda o la sua persona, ma anche la prova che tale crisi non sarebbe stata altrimenti fronteggiabile tramite il ricorso, da parte dell’imprenditore, ad idonee misure da valutarsi in concreto (non ultimo, il ricorso al credito bancario).In altri termini, il ricorrente che voglia giovarsi in concreto dell’esimente, evidentemente riconducibile alla forza maggiore, dovrà dare prova che non gli sia stato altrimenti possibile reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, atte a consentirgli di recuperare la necessaria liquidità, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e a lui non imputabili. ( cass. pen. N. 10813/2014). Nel caso in esame tali prove non sono state prodotte, neanche sotto il profilo della rendicontazione dei rapporti intercorsi con la Provincia, essendosi limitata la ricorrente a rivendicare il proprio ruolo di società in house senza alcuna evidenza circa la situazione di crisi economico-finanziaria dedotta.
Anche a non voler considerare la mancata allegazione della cartella di cui pure si censura la motivazione, ai fini della autosufficienza del ricorso, il secondo motivo d ricorso è infondato a causa dell’assoluta genericità della censura che non indica per quale ragione non sia possibile, attraverso una idonea operazione aritmetica computare gli interessi, così come indicato nell’impugnata sentenza, non essendo enunciato l’errore in cui sarebbe caduto l’agente della riscossione e neanche il calcolo che sarebbe corretto nelle intenzioni della ricorrente.
Il ricorso va, pertanto, rigettato in ragione dell’inammissibilità dei motivi ; le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite liquidate in € 10.000, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’articolo 1, comma 17, legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Corte di Cassazione ordinanza n. 22302 depositata il 15 luglio 2022 - In tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, il d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 5, applicando alla materia fiscale il principio sancito in generale…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 10 luglio 2019, n. 18557 - Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno di chi assume di aver contratto per contagio una malattia per fatto doloso o colposo di un terzo decorre il termine di…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 25 gennaio 2022, n. 2043 - In tema di operazioni soggettivamente inesistenti l'Amministrazione finanziaria: a) ha l'onere di provare, anche solo in via indiziaria, l'oggettiva fittizietà del fornitore e la consapevolezza…
- Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 13002 depositata il 28 marzo 2023 - Nel delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, il dolo del concorrente "extraneus" nel reato proprio dell'amministratore consiste nella volontarietà della…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 13473 depositata il 29 aprile 2022 - In tema di IVA, il regime del margine - previsto dall'art. 36 del d.l. n. 41 del 1995, conv. con modif. in I. n. 85 del 1995, per le cessioni da parte di rivenditori di beni…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 4647 depositata il 14 febbraio 2023 - In tema di detrazione dell'IVA, in caso di operazioni soggettivamente inesistenti l'amministrazione finanziaria ha l'onere di provare, anche in via indiziaria, non solo che il…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Gli amministratori deleganti sono responsabili, ne
La Corte di Cassazione, sezione I, con l’ordinanza n 10739 depositata il…
- La prescrizione quinquennale, di cui all’art. 2949
La Corte di Cassazione, sezione I, con l’ordinanza n. 8553 depositata il 2…
- La presunzione legale relativa, di cui all’a
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 10075 depos…
- Determinazione del compenso del legale nelle ipote
La Corte di Cassazione, sezione III, con l’ordinanza n.10367 del 17 aprile…
- L’agevolazione del c.d. Ecobonus del d.l. n.
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza n. 7657 depositata il 21 ma…