CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 17 giugno 2021, n. 17277
Tributi – Accertamento – Art. 39, co. 1, lett. d), DPR n. 600 del 1973 – Presupposto – Antieconomicità della gestione – Sovrastima dei costi – Rideterminazione – Taglio lineare dei costi, senza analisi delle singole spese – Illegittimità
Rilevato che
– S. spa – società di trasporti marittimi – proponeva ricorso avverso avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2006, che veniva dall’adita Commissione Tributaria Provinciale di Napoli accolto parzialmente con riferimento all’IVA; la sentenza così emessa era impugnata dalla contribuente la quale deduceva che l’accertamento operato dall’Ufficio ai fini IRAP era fondato – per come si legge nella sentenza impugnata – su generiche deduzioni “ed unicamente sulla sovrastima dei costi rideterminando il margine operativo lordo per l’anno 2006 ed operando un taglio lineare dei costi, senza analisi delle singole spese”; la società ribadiva pure le eccezioni già sollevate in primo grado e, a suo dire, non adeguatamente valutate dalla CTP.
– Nel contraddittorio tra le parti, la CTR accoglieva in parte l’appello.
– Per quanto ancora di interesse, la CTR riteneva “fondato l’appello in relazione al costo di euro 80.105,95, fondato su note di credito regolarmente allegate agli atti per servizi regolarmente fatturati ed effettuati in favore di clienti i cui pagamenti sono stati regolarmente documentati” e “in relazione al primo motivo concernente il taglio lineare dei costi per l’importo di euro 2.413.894,44 sulla base del principio di antieconomicità della gestione”.
– Secondo la sentenza impugnata, “l’accertamento è legittimo in presenza di un comportamento del contribuente manifestamente ed inspiegabilmente antieconomico, con conseguente spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente”, con la precisazione che la “sproporzione dei costi dichiarati” debba essere ancorata a “presunzioni semplici, ma gravi precise e concordanti”.
– La CTR richiamava quindi l’art. 39 comma 1 lett. d) DPR 600/73, “che consente l’accertamento induttivo del reddito, pur in presenza di scritture contabili formalmente corrette, qualora la contabilità possa essere considerata complessivamente ed essenzialmente inattendibile, in quanto confliggente con regole fondamentali di ragionevolezza, potendo il giudizio di non affidabilità della documentazione fiscale essere determinato dall’abnormità dell’espressione finale”.
– A parere dei secondi giudici, non è quindi sufficiente “…soprattutto in presenza di una complessa contabilità che fa capo ad imprenditori con notevole fatturato, operare un richiamo all’antieconomicità della gestione ed operare un taglio su di una sola voce del bilancio. Occorre pertanto che l’Ufficio fornisca elementi presuntivi a sostegno della sproporzione riscontrata non essendo sufficiente asserire l’antieconomicità della gestione in quanto va almeno evidenziata l’assoluta irragionevolezza o abnormità delle dichiarazioni fiscali attraverso indici o raffronti con i dati di comune esperienza”.
– Nella fattispecie in esame – conclude la sentenza impugnata – la CTR “…dà per scontato tutto ciò senza verificare la correttezza del contestato accertamento e senza tener conto che i costi sostenuti erano comunque fondati su documentazione fiscale che andava esaminata al fine di evidenziarne almeno presuntivamente l’assoluta inattendibilità … Invece, l’Ufficio si è limitato a dedurre che le perdite di esercizio più volte indicate dalla società appellante (la quale operava in regime oligopolistico) erano inspiegabili e al di fuori di ogni logica imprenditoriale a fronte di un costante aumento del fatturato. Da ciò ha dedotto una sovrastima dei costi, mentre, non si sa in base a quali considerazioni, non ha ritenuto fossero emersi elementi per non ritenere congrui i ricavi dichiarati”; infine, “il taglio dei costi sembra attuato al fine di pervenire al forzoso pareggio di bilancio e quindi senza verificare in concreto in quale percentuale eventualmente i costi indicati fossero effettivamente eccedenti o fuori mercato o abnormi”.
– L’accoglimento parziale dell’appello determinava la conferma dell’atto impositivo “limitatamente al recupero delle sopravvenienze passive di euro 201.165,09 nonché della nota di credito di euro 97.833,00” con annullamento nel resto.
– Per la cassazione della predetta sentenza l’Agenzia delle Entrate propone ricorso affidato a due motivi.
– La società contribuente, intimata, non si è costituita.
Considerato che
– Il ricorso consta di due motivi che recano: 1) “Violazione dell’art. 39 comma 2 DPR 600/73 e degli artt. 2727 e ss. c.c.. Violazione dell’art. 36 comma 2 d. lgs. 546/92 (in relazione all’art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c.)”; 2) “Violazione dell’art. 109 TUIR. Violazione dell’art. 32 DPR 600/73 e dell’art. 2700 c.c. Violazione dell’art. 36 comma 2 n. 4 d. lgs. 546/92 (in relazione all’art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c.)”.
– Con il primo motivo la ricorrente lamenta che la CTR non avrebbe valutato che “la prova eventualmente fornita da controparte a confutazione delle presunzioni dell’Ufficio sia esauriente; né valuta che nel caso di specie, esaminate le circostanze di fatto, non possa ravvisarsi antieconomicità”.
– Il motivo non è fondato.
– Esso non tiene conto della ratio decidendi, atteso che la sentenza impugnata non ha affermato che l’antieconomicità non basta per giustificare l’accertamento; al contrario, la CTR ha rilevato non potersi fare discendere da essa il taglio dei costi prescindendo dalla verifica della loro misura eventualmente sproporzionata, rendendosi quindi necessario procedere all’esame della documentazione onde verificare la eventuale inattendibilità dei costi alla stregua del normale valore di riferimento. Inoltre – e concludendo sul punto – la CTR ha evidenziato l’omessa verifica da parte dell’Ufficio della misura della inattendibilità dei costi, limitandosi ad evidenziare un pareggio di bilancio, al cui conseguimento appare preordinato il taglio dei costi; si osserva che la sentenza non risulta per tale parte censurata.
– Con il secondo motivo, la ricorrente censura la sentenza laddove ha annullato il rilievo relativo alla nota di credito n. 13 senza approfondire la questione attinente alla intestazione di tale titolo “giustificante una variazione in diminuzione agli stessi soggetti interessati dal precedente titolo su cui la variazione incide”, atteso che “l’unico contratto esibito veniva sottoscritto da soggetto diverso (ditta individuale M.A.) da quello intestatario dell’accordo commerciale (M.T. srl)”.
– Osserva il collegio – con riguardo al costo fondato sulle note di credito – che è necessario che la singola nota di credito sia intestata agli stessi soggetti interessati dal precedente titolo su cui la variazione incide; ciò premesso, si rileva che i verificatori avevano riscontrato l’assenza di documentazione giustificativa al riguardo e che solo attraverso lo strumento della querela di falso – non attivato – si sarebbe potuto contestare la veridicità dell’accertamento. La sentenza impugnata ha basato il proprio convincimento su documenti (le note di credito) allegati agli atti e concernenti servizi fatturati ed effettuati a favore di clienti i cui pagamenti sono stati regolarmente fatturati. Ciò precisato, va pure aggiunto che la questione relativa alla utilizzabilità o meno di documenti è proposta per la prima volta nella presente sede.
– Il motivo va dunque rigettato e, con esso, va rigettato il ricorso.
– Nulla per le spese, atteso che la società contribuente, intimata, non si è costituita.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
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