CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 giugno 2022, n. 20533
Gestione commercianti INPS – Socio amministratore – Partecipazione personale al lavoro aziendale – Esclusione
Con sentenza del 12.11.15, la Corte di Appello di Milano, in riforma di sentenza del tribunale di Monza, ha dichiarato non dovuti i contributi di cui alle cartelle opposte in atti, richiesti dall’INPS per la gestione commercianti nei confronti del contribuente in epigrafe, socio amministratore di srl, che svolgeva attività all’interno della società. In particolare la corte territoriale, premesso che col giudizio non erano state chieste prove ma che era stato espletato solo l’interrogatorio libero, da cui era emerso genericamente un’attività di controllo dei dipendenti, ha ritenuto non provata la partecipazione personale al lavoro aziendale con i caratteri di abitualità e prevalenza.
Avverso la sentenza ricorre l’INPS per un motivo, cui resiste il contribuente con controricorso.
Con unico motivo si deduce violazione dell’articolo 1 commi 203 208 legge 662 del 96, 12 comma 11 decreto legge 78 del 2010 convertito in legge 122/2010, e 2697 c.c., per avere la corte territoriale trascurato che la partecipazione al lavoro aziendale implica iscrizione alla gestione commercianti, che si aggiunge all’iscrizione alla gestione separata prevista per l’amministratore e che la prevalenza non va rapportata rispetto al lavoro come amministratore.
Occorre premettere che per due delle cause riunite (su quattro) si è formato il giudicato per difetto di notifica presso il procuratore costitutito del ricorso per cassazione, vizio ritualmente eccepito in controtricorso dalla parte interessata.
Nel resto, il motivo è infondato.
Le deduzioni dell’INPS sono generiche e non rapportate alla fattispecie concreta di cui non è provato qual è l’attività svolta nei suoi caratteri di abitualità e prevalenza, mentre le deduzioni dell’INPS sono generiche ed astratte, riferendosi esse ai criteri generali per la valutazione della prevalenza delle attività svolte, mentre nulla è detto in concreto rapportandosi alla sentenza impugnata ed alla fattispecie per cui è causa.
Per altro verso, non risulta violato dalla corte territoriale l’articolo 2697 atteso che l’onere della prova in ordine ai presupposti del credito contributivo non può che gravare sull’ente previdenziale.
Il ricorso deve dunque essere rigettato.
Spese secondo soccombenza.
Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in euro 3000 per competenze professionali ed euro 200 per esborsi, oltre accessori secondo legge e spese generali al 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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