CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 novembre 2022, n. 32968
Assegno di invalidità civile – Requisito sanitario – Domanda amministrativa – Concessione
Rilevato che
-con decreto in data 19 giugno 2021, il Tribunale di Foggia, nell’omologare la ritenuta sussistenza del requisito sanitario sotteso alla concessione dell’assegno di invalidità civile a decorrere dalla data della domanda amministrativa, ha condannato l’INPS alla rifusione, in favore di L.N., delle spese processuali che liquidava in euro 1000,00 oltre accessori da distrarsi;
– per la cassazione della sentenza propone ricorso assistito da memoria L.N., affidandolo a un motivo;
– resiste, con controricorso, l’INPS.
Considerato che
-con l’unico motivo di censura si denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 4 D.M. 55 del 2014, come modificato dall’art. 1, comma 1 bis, D.M. 37/2018;
– assume, in particolare, il ricorrente, che erroneamente il Tribunale non avrebbe provveduto a disporre l’aumento nella misura del 30% del compenso liquidato, in attuazione di quanto previsto dall’art. 1, comma 1 bis, del D.M. 37/2018, il quale, nell’apportare modifiche all’art. 4, D.M. 55/2014, aveva previsto l’aumento “di regola” del compenso in determinate ipotesi di deposito degli atti con modalità telematiche;
– secondo parte ricorrente, quindi, essendo stata liquidata la somma di curo 1000,00, dovendo ipotizzarsi un aumento del 30% rispetto ai 911,00 euro dovuti, le spese complessivamente liquidate avrebbero dovuto ammontare ad euro 1.184,00 con conseguente diritto a percepire euro 184,00 in più rispetto a quanto determinato in sede di merito;
– il motivo è infondato;
– come ripetutamente affermato da questa Corte (tra le tante Cass. n. 19162 del 2022; Cass. sez. VI-L n. 22246 del 2019), ai fini della individuazione degli scaglioni applicabili in ragione del valore della causa per la liquidazione delle spese di giudizio, nelle controversie relative a prestazioni assistenziali deve applicarsi il criterio previsto dall’art.13, comma 1°, c.p.c., di talché, se il titolo è controverso, il valore si determina in base all’ammontare delle somme dovute per due anni (Cass. S.U. n, 10455 del 2015);
– applicando tali principi al caso in esame, il valore della causa va individuato tra euro 5.200,00 ed euro 26.000,00, in tale scaglione rientrando l’ammontare di due Annualità della prestazione richiesta, ed i parametri minimi stabiliti per tale scaglione, quanto alla fase di istruzione preventiva, vanno individuati in euro 911,00 (risultanti dalla somma di euro 270,00 per studio della controversia, euro 337,50 per fase introduttiva del giudizio ed euro 303,00 per la fase istruttoria e/o di trattazione);
– orbene, la disposizione richiamata da parte ricorrente, secondo la quale il compenso determinato è “di regola” ulteriormente aumentato in caso di deposito degli atti mediante modalità telematiche, implica che gli stessi siano redatti “con tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione o la fruizione e, in particolare, quando esse consentono la ricerca testuale all’interno dell’atto e dei documenti allegati, nonché la navigazione all’interno dell’atto;
– invero, l’espressione “di regola” che compare nel decreto non indica, tont court, la sussistenza di un obbligo per il giudice, mentre, al contempo, l’aumento presuppone non solo il deposito in via telematica, ma anche la possibilità di utilizzo di collegamenti ipertestuali che consentano di “navigare” agevolmente e rapidamente all’interno del testo;
-nella specie, nessuna indicazione al riguardo viene offerta da parte ricorrente mentre deve ritenersi che, in assenza di un obbligo per il giudice di addivenire al considerato aumento, una diversa valutazione da parte di questa Corte si tradurrebbe in un sindacato di merito, inammissibile in sede di legittimità;
– alla luce delle suesposte argomentazioni, il ricorso deve essere respinto;
– le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo;
– sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 1 -bis dell’ articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
Respinge il ricorso. Condanna la parte ricorrente alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 1000,00 per compensi euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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