Agenzia delle Entrate – Risposta n. 510 del 13 ottobre 2022
Fondazione, qualificazione come ente non commerciale ex articolo 73, comma 1, lettera c), del TUIR – Deducibilità per il Fondatore degli oneri di utilità sociale ex articolo 100, comma 2, lettera a), del TUIR – Trattamento IRAP in relazione al personale distaccato presso la Fondazione, articolo 10, comma 1, del d.lgs. n. 446 del 1997
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, e’ stato esposto il seguente
QUESITO
La Fondazione istante è stata costituita da Alfa S.p.A. (di seguito “Fondatore“), società controllata da Beta e partecipata da quest’ultimo per l’XX,XX per cento e per la restante parte da una pluralità di enti.
La Fondazione, costituita (in data 11 giugno 2020) ai sensi degli articoli 14 e seguenti del codice civile, si qualifica come “fondazione riconosciuta” di diritto privato, in forza del riconoscimento, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, conseguito in data 6 luglio 2020.
[…]
In base all’atto costitutivo (cfr. articolo 4) e allo Statuto (cfr. articolo 5), la Fondazione non ha fini di lucro e persegue esclusivamente scopi di pubblica utilità, sociale, culturale e di promozione dello sviluppo in ogni ambito.
Con riguardo all’attività svolta, l’istante ha chiarito, con documentazione integrativa, che essa si sostanzia in tre principali settori di intervento: (i) “assistenza e ricerca scientifica“; (ii) “educazione” e (iii) “istruzione“.
In ciascuno di detti settori, la Fondazione prevede di svolgere le attività e le iniziative di interesse generale, descritte all’articolo 5 dello Statuto.
Il medesimo articolo 5, inoltre, prevede che la Fondazione possa svolgere attività accessorie, strumentali e/o connesse a quelle sopra indicate, tra cui le attività di sponsorizzazione e di erogazione di liberalità finalizzate a perseguire obiettivi di rafforzamento della propria mission, anche al fine di promuovere i valori del gruppo presso l’opinione pubblica e gli stakeholder del Fondatore.
[…]
In tale ambito, la Fondazione, mediante apposito stanziamento di fondi, sostiene iniziative nei diversi settori di interesse. In particolare, come descritto nell’istanza e, dettagliato nella documentazione integrativa, oltre a realizzare iniziative in via diretta, svolge anche una funzione erogativa verso altri soggetti, con i quali le iniziative possono, o meno, essere cogestite. A tal fine, la Fondazione eroga i propri fondi attraverso le seguenti modalità:
- donazione modale nei riguardi di altri enti;
- sponsorizzazione di iniziative realizzate da altri enti;
- acquisto diretto di beni o servizi per la realizzazione di attività, direttamente o in partnership con altri enti.
A titolo esemplificativo, con la documentazione integrativa, sono state chiarite le modalità di effettuazione delle attività erogative realizzate mediante donazione modale e mediante sponsorizzazione. In particolare, rispetto alle sponsorizzazioni, è stato chiarito che esse consistono unicamente nell’erogazione di denaro da parte della Fondazione ad altri selezionati e qualificati soggetti non profit che si impegnano a svolgere attività sociali in linea con quelle della Fondazione medesima. In altri termini, non è mai la Fondazione a impegnarsi verso qualche sponsor in ragione di detti contratti, ma al contrario sono le controparti contrattuali a promuovere la Fondazione.
Quando eroga fondi nei riguardi di altri enti, la Fondazione svolge il ruolo di catalizzatore di risorse, raccolte presso il Fondatore, che vengono erogate a sostegno di progetti coerenti con scopi statutari. In tal senso, l’erogazione avviene nei riguardi dei non profit partner, tenuti anche a una rendicontazione, nei riguardi della Fondazione, dell’utilizzo dei fondi ricevuti.
Le attività erogative rientrano nel piano strategico 2020-2022 e sono state realizzate a partire dal 2020.
A latere di dette iniziative, la Fondazione ha posto in opera un investimento diretto, mediante sottoscrizione del 49 per cento del capitale sociale per un importo pari a XXX.XXX euro (con previsione di ulteriore aumento di capitale a sua carico per XXX.XXX euro entro il 31 dicembre 2022), nella società Gamma S.r.l., nell’ambito di una joint venture con Delta S.p.A..
Gamma S.r.l. è una società “benefit” di nuova costituzione, la cui attività principale consiste nell’imboschimento e rimboschimento, con messa a dimora di alberi e arbusti nelle aree destinate a verde pubblico messe a disposizione da Pubbliche Amministrazioni e soggetti privati.
Al riguardo, viene evidenziato che, a seguito di un accordo tra il Fondatore e Delta S.p.A., per costituire una società veicolo finalizzata a realizzare un’iniziativa comune per il rimboschimento dell’Italia, il Fondatore ha ritenuto che la Fondazione dovesse assumere la veste di socio della società veicolo Gamma S.r.l..
Con riferimento a Gamma S.r.l., i due soci (pur detenendo quote non paritarie, in quanto il 51 per cento delle quote fa capo a Delta S.p.A. e il 49 per cento alla Fondazione) esercitano un controllo congiunto.
In particolare, nel Consiglio di Amministrazione, Delta S.p.A. (socio di maggioranza) designa l’amministratore delegato che governa la gestione operativa della società, mentre la Fondazione designa il Presidente, privo di deleghe esecutive e il terzo membro è designato congiuntamente dai soci.
Specifiche materie (c.d. “riservate”), oggetto di atti di natura “straordinaria”, non sono delegabili a singoli amministratori, all’amministratore delegato o a terzi, e le relative decisioni devono essere prese con il voto favorevole dei due amministratori rispettivamente designati dalla Fondazione e da Delta S.p.A..
Per talune materie (c.d. “rilevanti”), di competenza dell’assemblea dei soci, è previsto la delibera all’unanimità.
La Fondazione è stata dotata dal Fondatore di un patrimonio, […]
Il Fondatore sta valutando “la possibilità di modificare il proprio statuto, in modo tale che i successivi contributi annui da essa destinati alla Fondazione possano essere erogati – a partire dal periodo d’imposta 2021 – attingendo direttamente a una quota parte dell'(eventuale) utile netto conseguito” dal Fondatore quale risultante dal bilancio di esercizio approvato. In tal caso, i contributi erogati alla Fondazione non verrebbero imputati previamente al conto economico, nel bilancio del Fondatore.
L’articolo 7 dello Statuto disciplina il fondo di gestione della Fondazione, lo strumento attraverso il quale sono finanziate l’operatività e le attività della stessa, secondo la dotazione disposta dal Fondatore alla costituzione (di un importo pari a X.XXX.XXX euro).
Il Fondatore ha stabilito di incrementare il fondo di un importo pari a XX.XXX.XXX euro, da erogarsi anche in più tranche e su richiesta della Fondazione, al fine di sostenere l’operatività e le attività della medesima nell’ambito del piano strategico 2020-2022.
L’articolo 8 dello Statuto prevede che la Fondazione svolga le attività “in conformità ai suoi scopi statutari con criteri di efficienza nell’utilizzazione delle risorse, di equilibrata destinazione delle stesse e di efficacia negli interventi, con preferenza per i settori a maggiore rilevanza sociale.
Le attività della Fondazione sono orientate al rispetto di principi di moralità e improntate alla massima trasparenza specie nei confronti dei soggetti che ad essa contribuiscono condividendone le finalità”.
Viene dichiarato che presso la Fondazione sono distaccati dal Fondatore il direttore generale e altre cinque unità, di cui una di livello dirigenziale, una appartenente ai quadri direttivi, e quattro appartenenti ad altre aree professionali.
La Fondazione svolge le proprie attività in locali concessi dal Fondatore in comodato d’uso gratuito, attualmente di proprietà dello stesso. La Fondazione potrebbe in futuro svolgere le proprie attività in locali presi in locazione dal Fondatore, il quale non addebiterebbe alla Fondazione la quota di canone corrispondente ai locali occupati dalla Fondazione.
Ciò posto, si chiede:
- se la Fondazione possa qualificarsi, ai fini fiscali, quale “ente non commerciale” ex 73, comma 1, lettera c), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (“Tuir”);
- se i contributi erogati dal Fondatore alla Fondazione (quelli iniziali e quelli eventualmente successivi) siano deducibili quali erogazioni liberali in capo al Fondatore ex articolo 100, comma 2, lettera a), del Tuir, e se la deducibilità riguardi sia le erogazioni rivolte a sostenere attività poste in essere direttamente dalla Fondazione (anche attraverso contratti di servizio con terzi), in quanto ente con personalità giuridica, non lucrativo e costituito per il perseguimento delle finalità di cui all’art. 100 del Tuir, sia quelle rivolte a costituire contributi erogati dalla stessa Fondazione a soggetti terzi che siano dotati di personalità giuridica senza scopo lucrativo e per attività svolte in diretta attuazione delle medesime finalità di cui all’art.100, a esclusione, quindi, degli importi erogati in favore di Beta;
- se i contributi erogati dal Fondatore, a partire dal 2021, attingendo direttamente ad una quota del suo utile, siano deducibili dal reddito della Fondazione ex articolo 100, comma 2, lettera a), del Tuir, anche se non imputati al conto economico;
- se il valore corrispondente al canone di locazione per i locali di sua proprietà, non addebitato dal Fondatore alla Fondazione per effetto del comodato gratuito, e il valore corrispondente alla quota di canone di locazione sostenuto dal Fondatore per i locali, condotti in locazione, nei quali opera la Fondazione, possano essere qualificati come erogazioni liberali in natura e, per questo, possano essere dedotti dalla base imponibile IRES del Fondatore ai sensi e nei limiti dell’articolo 100, comma 2, lettera a), del Tuir;
- conferma che le retribuzioni relative al personale in servizio presso la Fondazione in forza di distacco dal Fondatore concorrano al valore della produzione netta, ai fini IRAP della Fondazione, ai sensi dell’articolo 10, comma 1, del d.lgs. 15 novembre 1997, n. 446.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
Con riguardo al quesito sub a), l’Istante ritiene che la Fondazione si qualifichi, ai fini fiscali, come ente non commerciale ai sensi dell’art. 73, comma 1, lettera c), del Tuir, in quanto sul piano oggettivo le attività da essa intraprese non risultano esercitate con modalità gestionali di tipo “economico” e perciò non possono definirsi “commerciali”.
Viene osservato nell’Istanza come, per la previsione di cui al citato articolo 73, comma 1, lettera c), del Tuir, un ente si qualifica come non commerciale quando non abbia per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale, dovendosi intendere per oggetto principale, ai sensi del comma 4 dell’articolo 73, l’attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto.
Con riguardo all’attività essenziale della fondazione viene osservato che essa consiste nell’attività erogativa a sostegno di iniziative che rientrano negli ambiti di intervento della Fondazione.
Nell’Istanza, richiamato il disposto di cui all’articolo 55 del Tuir che individua le attività che generano redditi di impresa e dunque da considerare commerciali ai sensi dell’articolo 73 del Tuir, viene rilevato come gli ambiti di intervento della Fondazione non rientrino, in linea generale, in quelli individuati dall’articolo 2195 del codice civile in relazione alle attività imprenditoriali.
Inoltre, ad avviso dell’Istante, l’intero complesso di attività della Fondazione non è riconducibile ad attività di impresa, in quanto non condotta in ottica di economicità – intesa come ricerca almeno dell’equilibrio tra i ricavi e i costi di impresa – dal momento che è la Fondazione dipende strutturalmente, ai fini della copertura dei propri costi, da contributi erogati dal Fondatore.
Dal momento che l’articolo 2082 del codice civile individua nell’economicità uno dei caratteri dell’attività imprenditoriale, si deve ritenere che il complesso delle attività della Fondazione non configuri attività di impresa. L’assenza di economicità deve far escludere la configurazione di attività imprenditoriale anche in relazione ad iniziative che comportino l’esercizio di attività di cui all’articolo 2195 del codice civile, che la Fondazione può comunque svolgere sulla base delle previsioni statutarie.
A parere dell’Istante, non configura esercizio di impresa l’attività residuale, rispetto a quella principale erogativa, di detenzione della partecipazione nella società benefit Gamma S.r.l. in quanto l’assetto societario della partecipata non consente alla Fondazione di esercitare un condizionamento diretto ed esclusivo sull’attività di impresa.
In relazione al quesito sub b), l’Istante ritiene che i contributi erogati dal Fondatore in sede di costituzione della Fondazione (pari a complessivi X.XXX.XXX di euro) vadano qualificare come erogazioni liberali deducibili ai sensi dell’articolo 100, comma 2, lettera a), del Tuir.
In particolare, il Fondatore potrà dedurre, ove rientrino nel limite del 2 per cento del proprio reddito imponibile, i seguenti importi:
- XXX euro, con riferimento ai contributi erogati alla Fondazione e da questa destinati, in veste di “catalizzatore”, nei confronti di soggetti terzi di progetti specifici;
- XXX.XXX euro, con riferimento alla quota parte dei contributi erogati alla Fondazione e da questa destinati per finanziare i costi di struttura e i progetti connessi alla propria attività istituzionale, laddove gli stessi rientrino nell’ambito delle attività di carattere sociale individuate dall’articolo 100, comma 2, lettera a), del Tuir.
Resterà escluso, invece, l’importo erogato alla Fondazione e da questa devoluto in favore di Gamma S.r.l. (pari a XXX.XXX euro).
Nel merito, viene osservato che la deducibilità delle erogazioni liberali è subordinata, per un importo comunque non superiore al 2 per cento del reddito d’impresa dichiarato, al verificarsi congiuntamente dei seguenti requisiti:
- soggettivo, dovendo essere le erogazioni effettuate nei riguardi di persone giuridiche dotati, cioè, di autonomia patrimoniale perfetta;
- oggettivo, essendo necessario che il beneficiario dell’erogazione persegua esclusivamente le finalità indicate dalla norma, ossia comprese tra quelle di educazione, istruzione, assistenza sociale e sanitaria ovvero di ricerca scientifica.
L’Istante ritiene che, con riferimento alla specifica ipotesi in cui un soggetto destinatario di un’erogazione liberale effettui a sua volta una liberalità in favore di un soggetto terzo, ciò che rileva è che il beneficiario “di ultima istanza” non svolga un’attività lucrativa, con la conseguenza che potranno considerarsi deducibili anche le erogazioni “indirette” effettuate in favore di enti (commerciali o non commerciali) prive di scopo di lucro, mentre saranno in ogni caso indeducibili quelle erogate a enti costituiti in forma societaria avendo per legge uno scopo di lucro.
In proposito, l’Istante osserva che la risoluzione n. 74/E del 2014 ha chiarito che la nozione di esclusività delle finalità perseguite non impedisce alle persone giuridiche beneficiarie di svolgere anche attività che possano qualificarsi “sotto il profilo fiscale, come attività commerciali, sempre che si tratti di attività svolte in diretta attuazione delle finalità indicate dalla medesima disposizione agevolativa e con finalità e modalità non lucrativa; e l’assenza del fine di lucro “deve risultare da un’espressa previsione statutaria ed esplicarsi nella concreta attività svolta, anche attraverso la destinazione del patrimonio e degli utili, di cui deve essere esclusa la ripartizione“.
In altri termini, la Fondazione soddisfa i requisiti soggettivo ed oggettivo sopra richiamati, dal momento che mediante il riconoscimento da parte della Prefettura, la stessa ha acquisito la piena personalità giuridica e, quindi, l’autonomia patrimoniale perfetta; inoltre, la Fondazione svolge essenzialmente attività riconducibili a quelle tassativamente indicate dall’articolo 100, comma 1 e comma 2, lettera a), del Tuir. Inoltre, l’atto Costitutivo e lo Statuto, oltre a prevedere che le attività istituzionali della Fondazione debbano essere svolte senza fine di lucro, stabiliscono espressamente che “la Fondazione non può in alcun caso distribuire o assegnare, anche indirettamente quote di utili, di patrimonio, ovvero qualsiasi altra forma di utilità economica, a meno che la destinazione o la distribuzione siano imposte per legge“.
In relazione all’attività della Fondazione quale catalizzatore di risorse, da destinare al sostegno finanziario di progetti svolti da altri enti, l’Istante precisa che le liberalità effettuate dalla Fondazione nei riguardi di detti enti terzi sono sottoposte alla condizione che essi perseguano le medesime finalità istituzionali della Fondazione (e, quindi, rientranti tra quelle tassativamente indicate nell’ambito dell’articolo 100, comma 2, lettera a), del Tuir) e che non presentino finalità di lucro.
Richiamando la citata risoluzione n. 74/E del 2014, l’Istante ritiene che la deducibilità per le erogazioni effettuate dal Fondatore nei riguardi della Fondazione non sia inficiata dal fatto che i progetti della Fondazione medesima, e degli enti terzi beneficiari di erogazioni effettuate dalla Fondazione, siano caratterizzati da genericità. L’Istante ritiene infatti che la Fondazione, che ha ricevuto le erogazioni dal Fondatore al momento della sua costituzione, non poteva oggettivamente conoscere, in quel momento, i progetti degli enti terzi che avrebbe sostenuto; d’altro canto, detti enti terzi, ovvero quelli sostenuti dalla Fondazione, rappresentano soggetti di assoluta rilevanza e credibilità.
In ogni caso, l’Istante ritiene che la più precisa definizione dei progetti andrebbe valutata al momento della presentazione della dichiarazione da parte del Fondatore, rappresentando quello il momento in cui viene determinata la deduzione delle erogazioni effettuate.
In relazione al quesito sub c), l’Istante ritiene che i successivi contributi erogati siano deducibili dal reddito del Fondatore, a prescindere dalle modalità di contabilizzazione degli stessi nel proprio bilancio, in quanto l’articolo 100, comma 2, lettera a), del Tuir costituisce una deroga espressa al principio di “previa imputazione” ai sensi dell’art. 109, comma 4, lettera b), del Tuir, e a condizione che siano verificati i requisiti richiesti dallo stesso articolo 100, comma 2, lettera a), del Tuir.
Al riguardo, l’Istante ritiene che un componente negativo è fiscalmente deducibile qualora una disposizione normativa (nel caso di specie, l’articolo 100, comma 2, lettera a), del Tuir) ne preveda espressamente la relativa deducibilità e ciò a prescindere dalla (eventuale) imputazione di tale componente a conto economico.
Pertanto, l’Istante ritiene che i contributi successivi corrisposti alla Fondazione, mediante la destinazione di una quota parte dell’utile dell’esercizio precedente, dovranno considerarsi deducibili dalla base imponibile del Fondatore ai sensi e nei limiti dell’articolo 100, comma 2, lettera a), del Tuir.
Al riguardo, l’Istante richiama il principio generale di deducibilità, in base al principio di competenza, dei costi, ai sensi dell’articolo 109, comma 1, del Tuir. Tale principio va tuttavia declinato in conformità con quanto stabilito nei successivi commi 3 e 4 del medesimo articolo 109 del Tuir in tema di imputazione a conto economico delle componenti reddituali. Se, da un lato, i componenti positivi concorrono a formare il reddito imponibile a prescindere dalla loro previa imputazione a conto economico, dall’altro lato, per i componenti negativi vale l’opposta regola secondo cui le spese e gli altri componenti negativi non sono ammessi in deduzione se e nella misura in cui non risultano imputati al conto economico relativo all’esercizio di competenza” (c.d. “principio della previa imputazione a conto economico”).
Ciò detto, lo stesso articolo 109, comma 4, prevede talune specifiche deroghe al principio della “previa imputazione”, stabilendo, tra l’altro, deducibili quelli che pur non essendo imputabili al conto economico, sono deducibili per disposizione di legge.
In tal senso, ogni qualvolta una previsione di legge consenta espressamente la deducibilità di un componente negativo, lo stesso risulterà deducibile ai fini fiscali a prescindere dalla previa imputazione dello stesso, o meno, nel conto economico dell’esercizio.
Tale ricostruzione sarebbe confermata per un caso del tutto analogo rispetto a quello oggetto del presente quesito, dall’orientamento della giurisprudenza di legittimità, nel contesto del quale la Corte di Cassazione si è pronunciata in materia di deducibilità delle erogazioni liberali effettuate dagli istituti bancari senza previa imputazione a conto economico (Corte di Cassazione, sentenza 22 febbraio 2006, n. 3891).
Con riguardo al quesito sub d), l’Istante ritiene che il canone, definito sia come quota parte dell’importo pagato dal Fondatore ai locatori degli immobili per la porzione di questi concessa in comodato alla Fondazione, sia come valore dei canoni non addebitati alla Fondazione per gli immobili di proprietà del Fondatore concessi in comodato, debba qualificarsi ai fini fiscali come erogazione liberale in natura, e pertanto sia deducibile dalla base imponibile IRES del Fondatore, sia pure entro il limite del 2 per cento del reddito da essa dichiarato ai sensi dell’articolo 100, comma 2, lettera a), del Tuir.
La concessione degli immobili in comodato alla Fondazione non può che costituire in capo al Fondatore un’erogazione liberale in natura, posto che dalla stessa il Fondatore medesimo ritrarrà una utilità inferiore rispetto a quella che avrebbe potuto conseguire disponendo in toto e in proprio degli spazi degli immobili presi in locazione oppure detenuti in proprietà.
Per effetto del comodato, dall’altro lato, una parte degli immobili verrà concessa in uso gratuito alla Fondazione, che ne trarrà un’utilità (pari evidentemente al valore del canone che, viceversa, avrebbe dovuto lei stessa corrispondere ai locatori) per un tempo o uso determinato.
Pertanto, si deve ritenere che anche le erogazioni in natura possono legittimamente essere ricomprese nel novero delle erogazioni di cui all’articolo 100, comma 2, lettera a), del Tuir.
Infatti, le finalità sottostanti alla norma sono quelle di incentivare le imprese a sostenere l’attività di particolare rilevanza sociale svolta da taluni soggetti, mediante non solo attribuzioni in denaro, ma anche l’apporto a titolo di liberalità di certi beni o servizi (purché funzionali ad attività ritenute ex lege meritevoli), in tal senso, seppur in riferimento alle erogazioni in natura di beni, si richiama la risoluzione del 17 luglio 2002, n. 234/E).
Con riguardo al quesito sub e), l’Istante ritiene che l’ammontare delle retribuzioni relative al personale in distacco dal Fondatore concorrerà interamente – come componente positivo – al valore della produzione netta della Fondazione, a norma dell’articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.
Al riguardo, l’Istante, richiamando la normativa relativa alla determinazione della base imponibile IRAP degli enti privati che esercitano attività non commerciale, fa riferimento al contenuto della risposta a interpello del 28 dicembre 2018, n. 151, in cui, sia pur con riguardo agli enti e alle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 3, comma 1, lettera e-bis), del decreto legislativo n. 446 del 1997, l’Amministrazione finanziaria ha ritenuto che l’ammontare delle retribuzioni spettanti al personale in distacco concorrono a formare la base imponibile IRAP del soggetto distaccatario.
Dal momento che la Fondazione si qualifica come ente non commerciale, l’Istante ritiene che i contenuti della risposta a interpello citata siano applicabili anche alla fattispecie che specificamente riguarda la Fondazione, e il personale distaccato presso di essa dal Fondatore.
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
[…] La natura non lucrativa della fondazione non preclude, tuttavia, che questa svolga attività imprenditoriale se questa risulta essere strumentale allo scopo istituzionale per il quale è stata costituita. In tale ipotesi, anche alla fondazione si applicano, in linea generale, le disposizioni che regolano l’attività dell’imprenditore commerciale.
Sul piano fiscale, alle fondazioni si applicano le disposizioni normative di cui al Titolo II del Tuir concernente l’imposta sul reddito delle società. I soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società sono indicati dall’articolo 73, comma 1, del Tuir, che individua, tra gli altri, alla lettera b) «gli enti pubblici e privati diversi dalle società, (…) residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali» e alla lettera c) «gli enti pubblici e privati diversi dalle società, (…) residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali».
Per gli enti commerciali residenti di cui al citato articolo 73, comma 1, lettera b) del Tuir, il reddito complessivo è considerato, ai sensi dell’articolo 81 del citato testo unico, reddito di impresa da qualsiasi fonte provenga. Infatti, a quest’ultima categoria reddituale, definita dall’articolo 55 del Tuir, vengono attratti i redditi fondiari, di capitale e diversi posseduti dagli enti commerciali.
Per gli enti non commerciali di cui all’articolo 73, comma 1, lettera c) del Tuir il reddito complessivo è costituito, ai sensi del successivo articolo 143, comma 1, dalla somma dei redditi fondiari, di capitale, di impresa e diversi, ovunque prodotti e quale ne sia la destinazione.
Pertanto, per gli enti non commerciali, i redditi di impresa si configurano come una delle categorie reddituali che concorrono a formare il reddito complessivo da assoggettare ad imposta.
Ai sensi del comma 4 dell’articolo 73 sopra richiamato, l’«oggetto esclusivo o principale dell’ente residente è determinato in base alla legge, all’atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata. Per oggetto principale si intende l’attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto».
Ai fini della qualificazione tributaria di un ente come commerciale o non commerciale, rilevano, quindi, i criteri dettati dall’articolo 73 del Tuir, in base ai quali un ente si considera come “ente non commerciale” quando, a prescindere dalle finalità perseguite e dall’assenza del fine di lucro, non ha come oggetto esclusivo o principale lo svolgimento di un’attività commerciale, intendendo per oggetto esclusivo o principale l’attività essenziale svolta per realizzare direttamente gli scopi primari dell’ente così come indicati dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto. […]
Al riguardo, va precisato che la commercialità o meno di un’attività è determinata in base a parametri oggettivi che prescindono dalle motivazioni del soggetto che la pone in essere. Tali parametri sono enunciati dalle disposizioni recate, agli effetti delle imposte sui redditi, dall’articolo 55 del Tuir che disciplina i redditi che derivano dall’esercizio di imprese commerciali.
Ai sensi di tale norma, si intende per esercizio di imprese commerciali l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva delle attività commerciali di cui all’articolo 2195 del codice civile, anche se non organizzate in forma di impresa, nonché l’esercizio di attività, organizzate in forma di impresa, dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell’articolo 2195 del codice civile. In sostanza, la qualificazione commerciale ai fini fiscali dell’attività svolta deve essere operata verificando se l’attività possa ricondursi fra quelle previste dall’articolo 2195 del codice civile ovvero, qualora consista nella prestazione di servizi non riconducibili al citato articolo 2195, se la stessa venga svolta con organizzazione in forma di impresa.
La qualifica di imprenditore sussiste anche in presenza del compimento di un unico affare, in considerazione della rilevanza economica dello stesso e della complessità delle operazioni in cui si articola, implicanti la necessità di compiere una serie coordinata di atti economici. Nessun rilievo assume, invece, ai fini della qualificazione dell’ente non commerciale, la natura (pubblica o privata) del soggetto, la rilevanza sociale delle finalità perseguite, l’assenza del fine di lucro o la destinazione dei risultati (cfr. circolare n. 124/E del 12 maggio 1998).
Nell’ambito delle norme relative alla determinazione del reddito degli enti non commerciali, l’articolo 143, comma 1, secondo periodo, del Tuir stabilisce che per gli enti non commerciali «non si considerano attività commerciali le prestazioni di servizi non rientranti nell’articolo 2195 del codice civile rese in conformità alle finalità istituzionali dell’ente senza specifica organizzazione e verso pagamento di corrispettivi che non eccedono i costi di diretta imputazione».
[…] La qualifica di ente non commerciale, impressa dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto, che consente all’ente di fruire della disciplina degli enti non commerciali su base dichiarativa, va verificata, pertanto, prendendo comunque in esame l’attività effettivamente svolta.
La qualifica della natura dell’ente da parte dell’Amministrazione finanziaria comporta valutazioni di fatto, non valutabili in sede di interpello, che si basano sia sull’esame delle disposizioni contenute nello statuto che sulle concrete modalità organizzative e gestionali di svolgimento delle singole attività da parte dell’ente.
Pertanto, in relazione al caso di specie con riferimento al quesito sub a), la presente risposta si base sui dati ed elementi così come rappresentati nella istanza e in sede di documentazione integrativa e con riguardo alla attività fino ad oggi svolta.
Nel caso di specie, sulla base di quanto rappresentato, la costituzione della Fondazione è avvenuta a giugno 2020 ed alcune attività sono ancora in fase di avvio.
Da quanto previsto dall’articolo 5 dello Statuto, l’attività essenziale svolta dalla Fondazione per la realizzazione dei propri scopi primari rivestirebbe natura non commerciale in quanto consisterebbe, in via principale, nell’erogazione o nella donazione modale di fondi destinati a enti terzi, al fine di sostenerne progetti specifici in ambiti di interesse della Fondazione stessa.
Inoltre, il medesimo articolo 5 prevede che la Fondazione possa effettuare, in via non principale, tutte le attività consentite dalla legge, ivi compresa, a titolo esemplificativo, ogni attività di carattere economico, finanziario, patrimoniale, commerciale, immobiliare, mobiliare e culturale, ovvero attività che, in base alla norma fiscale, sono in linea generale da qualificare come attività commerciali rientranti tre le attività di cui all’articolo 2195 del codice civile.
In relazione alla detenzione di partecipazioni nella società commerciale Gamma S.r.l., si osserva, in linea con quanto già affermato dall’Amministrazione finanziaria (cfr. risposta n. 481 del 19 ottobre 2020, risoluzione del 30 giugno 2005, n. 83/E e circolare 31 ottobre 2007, n. 59/E, par. 2), che un ente non commerciale può, in via generale, detenere una partecipazione, anche totalitaria, in società di capitali, a condizione che la detenzione della partecipazione societaria venga gestita con modalità operative e gestionali diverse da quelle tipiche dell’attività commerciale.
In altri termini il ruolo effettivamente svolto dall’ente non commerciale deve sostanziarsi in una gestione statico-conservativa delle partecipazioni, in cui l’impiego delle risorse patrimoniali deve essere finalizzato alla percezione di utili da destinare al raggiungimento degli scopi istituzionali. In tale ultimo caso la detenzione di partecipazioni, acquisite anche tramite donazione, non configura l’esercizio di attività di impresa ed i dividendi percepiti costituiscono redditi di capitale.
Diversamente nell’ipotesi in cui la detenzione di partecipazioni societarie venga effettuata nell’ambito di un’attività gestita con i connotati tipici dell’attività commerciale (professionalità, sistematicità e abitualità), la stessa, produrrà reddito d’impresa.
Depongono a favore della qualificazione commerciale dell’attività di holding, inoltre, la possibilità di condizionare gli indirizzi strategici e gestionali delle medesime società, indici di una possibile attività di gestione operativa delle partecipate e non di un’attività volta alla mera percezione dei dividendi.
In relazione al caso di specie, l’assetto di controllo della società Gamma S.r.l. partecipata dalla Fondazione – controllo congiunto unitamente all’altro unico socio – appare configurare un coinvolgimento diretto della Fondazione medesima nelle scelte operative della società.
Tuttavia, secondo quanto rappresentato, la decisione di costituire la società è stata assunta direttamente dal Fondatore che ha deciso di attuarla per il tramite della Fondazione.
In sede di documentazione integrativa, inoltre, è stato chiarito che “risulta chiaro come la “gestione operativa” (i.e., tutte le decisioni e scelte che attengano all’operatività e alla gestione ordinaria) sia interamente affidata al solo amministratore delegato (appunto di nomina di Delta S.p.A.) […]”.
Alla luce di quanto rappresentato, stante la dichiarata impossibilità per la Fondazione di condizionare direttamente e in via esclusiva l’attività di impresa di Gamma S.r.l., la cui partecipazione al capitale sociale sia “effettivamente” limitata ad una mera gestione statica nei termini sopra riportati, si ritiene sussistente la natura non commerciale di tale particolare attività da parte della Fondazione.
Più precisamente, alla luce di quanto rappresentato e dichiarato, la Fondazione sembra esercitare in via “preponderante” un’attività “erogativa” di natura non commerciale per la realizzazione di iniziative nei settori di interesse o per il sostegno finanziario a iniziative e/o progetto di interesse generale e/o di utilità sociali promossi ed organizzati da soggetti terzi e, pertanto, si ritiene che possa qualificarsi come “ente non commerciale”, ai sensi dell’articolo 73, comma 1, lettera c) del Tuir.
Resta fermo che qualsiasi giudizio sulle effettive modalità di gestione delle attività da parte della Fondazione presuppone l’esercizio di accertamenti di fatto, e che in materia rimangono fermi i poteri di controllo dell’amministrazione finanziaria, anche in ordine alla verifica di fatto delle concrete modalità di gestione delle partecipazioni in argomento.
Con riguardo al quesito sub b), l’articolo 100, comma 2, lett. a), del Tuir disciplina la deducibilità delle «erogazioni liberali fatte a favore di persone giuridiche che perseguono esclusivamente finalità comprese fra quelle indicate nel comma 1 o finalità di ricerca scientifica (…) per un ammontare complessivamente non superiore al 2 per cento del reddito d’impresa dichiarato».
Le finalità previste dal comma 1 della disposizione in esame sono quelle di «educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto». Si tratta di un’elencazione tassativa, che non consente un’estensione generalizzata dell’agevolazione in esame in relazione a finalità diverse da quelle espressamente indicate.
La risoluzione n. 234/E del 17 luglio 2002 ha, altresì, precisato che la disposizione in esame privilegia l’aspetto “finalistico dell’erogazione”, delimitando i beneficiari delle erogazioni stesse in relazione alle finalità perseguite in via esclusiva. In sostanza, le erogazioni liberali previste dall’articolo 100, comma 2, lett. a), del Tuir sono deducibili se il beneficiario dell’erogazione: 1) ha personalità giuridica; 2) persegue “esclusivamente” una o più finalità fra quelle di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria, culto e ricerca scientifica. La deduzione è ammessa per le imprese che effettuano erogazioni a soggetti con finalità di interesse pubblico che il Legislatore ha valutato meritevoli di sostegno, mentre non può trovare applicazione qualora il soggetto beneficiario svolga attività lucrativa. La deduzione non spetta, pertanto, nel caso in cui le erogazioni siano effettuate in favore di società commerciali. Le finalità perseguite dai soggetti beneficiari, inoltre, devono essere verificate in forza delle norme primarie e regolamentari del settore di competenza e/o in base alle previsioni recate dagli statuti o atti costitutivi dei medesimi beneficiari, nonché in relazione alle concrete modalità di esplicazione delle suddette finalità. La delimitazione dei destinatari delle erogazioni liberali sulla base delle finalità perseguite non preclude che l’ente beneficiario possa porre in essere attività che si qualificano, sotto il profilo fiscale, come attività commerciali, sempre che le stesse siano svolte in diretta attuazione delle finalità indicate dalla medesima disposizione agevolativa e con finalità e modalità non lucrative. In particolare, l’assenza del fine di lucro che, come più volte chiarito, non coincide necessariamente con la “non commercialità” dell’ente, deve risultare da un’espressa previsione statutaria ed esplicitarsi nella concreta attività svolta, anche attraverso la destinazione del patrimonio e degli utili, di cui deve essere esclusa la ripartizione, alle stesse finalità sociali perseguite dall’ente.
Nel caso di specie, sulla base delle dichiarazioni rese, assunte acriticamente in questa sede, risulta che la Fondazione è stata costituita per promuovere progetti di pubblica utilità, di promozione dello sviluppo socio-culturale e di interesse sociale, potendo svolgere anche attività di sponsorizzazione e di erogazione di liberalità in favore di soggetti terzi, in coerenza con la natura e le finalità perseguite dall’ente. Nell’ambito delle proprie funzioni, la Fondazione assume dunque il ruolo di “catalizzatore” delle risorse erogate dal Fondatore per il raggiungimento degli scopi perseguiti.
La Fondazione destinataria delle erogazioni liberali effettuate dal Fondatore, può dunque in alcuni casi erogare a sua volta le somme ricevute a favore di soggetti terzi che si occupano direttamente di realizzare specifici progetti di utilità sociale. Come già avuto modo di chiarire in sede di prassi, la circostanza che la Fondazione persegua, tra l’altro, le proprie finalità intervenendo a sostegno di progetti realizzati da terzi, non preclude l’applicabilità della norma agevolativa in esame, sempre che questi ultimi: 1) abbiano gli stessi requisiti dei soggetti destinatari delle erogazioni liberali previste dall’art. 100, comma 2, lettera a) del Tuir (personalità giuridica, finalità “non lucrative” e perseguimento “esclusivo” delle finalità previste dalla norma); 2) realizzino “direttamente” i progetti in questione (cfr. ris. n. 411/E del 30 ottobre 2008). Non è consentito, infatti, il fenomeno delle erogazioni a catena attraverso molteplici passaggi di denaro tra enti diversi (cfr. circolare n. 12/E del 9 aprile 2009, paragrafo 2.2). In coerenza con quanto già chiarito nella risoluzione n. 74/E del 2014, giova ricordare inoltre che la specifica destinazione delle erogazioni fatte dal Fondatore alla Fondazione e da questa ultima a soggetti terzi rende necessaria, da una parte, la tracciabilità della donazione nelle diverse fasi attraverso strumenti bancari e postali che evidenzino la particolare causa del versamento, dall’altra, l’esistenza di un progetto già definito (e non di un programma generico) prima dell’effettuazione dell’erogazione da parte della Fondazione medesima, nell’ambito di una o più delle finalità espressamente previste dall’art. 100, comma 2, lettera a) del Tuir. Ciò in coerenza: i) con il dato letterale della norma, secondo cui la deducibilità è ammessa in applicazione del principio di cassa (in luogo dell’ordinario principio di competenza); ii) con la ratio stessa della previsione in esame, in considerazione della natura tassativa delle finalità ritenute meritevoli di tutela e, come tali, “agevolabili”.
Nel rispetto delle condizioni legislativamente previste e in conformità agli indirizzi interpretativi forniti in sede di prassi, si ritiene in definitiva che il Fondatore possa, in via di principio, beneficiare della previsione di cui all’articolo 100, comma 2, lettera a), del Tuir.
Con riguardo al quesito sub c), in sede di supplemento istruttorio, l’Istante ha precisato che la modifica statutaria che consentirebbe al Fondatore di destinare una quota parte dell’utile netto annuo alla Fondazione, a titolo di contributo, senza transitare per il conto economico, “risulta finora solamente ipotizzata, […]”
[…] Al riguardo, si ricorda che l’articolo 109, comma 4, del Tuir stabilisce, al primo periodo, che le «spese e gli altri componenti negativi non sono ammessi in deduzione se e nella misura in cui non risultano imputati al conto economico relativo all’esercizio di competenza. Si considerano imputati a conto economico i componenti imputati direttamente a patrimonio per effetto dei principi contabili adottati dall’impresa». Si tratta di un principio di ordine generale nell’ambito della disciplina del reddito d’impresa, derogabile esclusivamente in applicazione di quanto previsto nel secondo periodo della norma in esame, secondo cui «Sono tuttavia deducibili: a) quelli imputati al conto economico di un esercizio precedente, se la deduzione è stata rinviata in conformità alle precedenti norme della presente sezione che dispongono o consentono il rinvio; b) quelli che pur non essendo imputabili al conto economico, sono deducibili per disposizione di legge».
Ciò precisato, nel merito del quesito formulato, la scrivente ritiene che trattandosi di oneri di utilità sociale deducibili per “cassa”, la relativa rilevanza fiscale prescinde dalla previa imputazione degli stessi a conto economico. Non si esprime, in questa sede, alcuna valutazione in ordine alla correttezza del trattamento contabile adottato dal Fondatore in relazione agli oneri in esame.
Con riguardo al quesito sub d), la risoluzione n. 234/E del 2002 ha chiarito che la previsione di cui all’articolo 100, comma 2, lettera a), del Tuir è eminentemente incentrata sull’aspetto oggettivo e finalistico dell’erogazione: si vuole, infatti, favorire ed incentivare le liberalità a favore di soggetti che svolgono un’attività caratterizzata da un elevato e profondo contenuto etico. Pertanto, la deducibilità dell’erogazione effettuata è subordinata esclusivamente alla ricorrenza che il beneficiario i) sia una persona giuridica; ii) persegua esclusivamente una o più finalità tra quelle tassativamente indicate dalla legge. La disposizione riguardante la rilevanza fiscale delle erogazioni liberali costituisce lo strumento utilizzato dal legislatore fiscale per stimolare le imprese a svolgere una funzione sociale, sia interna che esterna al loro sistema, limitandone, tuttavia, la deducibilità ad un ammontare complessivamente non superiore al 2 per cento del reddito d’impresa dichiarato. Per tale ragione, non vi è motivo di escludere dall’ambito applicativo dell’articolo 100, comma 2, lettera a) del Tuir le erogazioni in natura, anche in considerazione del tenore letterale della norma che, a differenza di altre disposizioni normative che prevedono espressamente l’erogazione di somme di denaro, fa riferimento alle erogazioni liberali tout court. Il documento di prassi ha, altresì, precisato che le erogazioni liberali non costituiscono, agli effetti fiscali, spese rilevanti per la produzione del reddito ma una utilizzazione del reddito prodotto e, come tali, sono ammesse in deduzione, nei limiti di legge previsti, se destinate esclusivamente a finalità meritevoli di tutela. Nelle erogazioni liberali in denaro, tuttavia, sussiste sempre la coincidenza di valori tra liberalità in capo al donante e liberalità ricevuta dal soggetto beneficiario. Tale coincidenza deve essere garantita, per coerenza sistematica, anche nell’ipotesi di erogazione liberale in natura, in cui si può verificare una differenza, positiva o negativa, tra il valore contabile del bene donato ed il suo valore effettivo. […]
Nel merito, va altresì confermato che la previsione di cui all’articolo 100, comma 2, lettera), del Tuir non preclude in via di principio la possibilità di effettuare erogazioni liberali in natura deducibili nei limiti di legge previsti.
Giova altresì precisare che gli oneri sostenuti dal Fondatore per la “porzione” degli immobili destinati alla Fondazione, da cui deriva un costo effettivo per il Fondatore in termini di “canone” pagato ai locatori ovvero di “ammortamento” degli immobili strumentali (in proprietà) costituiscono spese non inerenti all’attività d’impresa, da sterilizzare in sede di dichiarazione dei redditi del Fondatore mediante opportuna variazione in aumento.
Al ricorrere delle condizioni di legge, tali oneri potranno, invece, essere dedotti ai sensi dell’articolo 100, comma 2, lettera a), del Tuir, concorrendo al pari delle altre erogazioni (in natura e/o in denaro) effettuate dal Fondatore in favore della Fondazione al limite massimo di deducibilità consentito (due per cento del reddito d’impresa dichiarato).
In merito al quesito sub e), si osserva che l’articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, dispone che «Per gli enti privati non commerciali (…) che svolgono esclusivamente attività non commerciali, la base imponibile è determinata in un importo pari all’ammontare delle retribuzioni spettanti al personale dipendente, dei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (…), e dei compensi erogati per collaborazione coordinata e continuativa (…), nonché per attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente».
In relazione alle modalità determinazione della base imponibile IRAP delle società di capitali, il comma 4-octies dell’articolo 11 del decreto legislativo n. 446 del 1997 dispone che «per i soggetti che determinano il valore della produzione netta ai sensi degli articoli da 5 a 9, è ammessa in deduzione la differenza tra il costo complessivo per il personale dipendente con contratto a tempo indeterminato e le deduzioni spettanti ai sensi dei commi 1, lettera a), 1-bis, 4-bis.1 e 4-quater del presente articolo».
Con la circolare 9 giugno 2015, n. 22/E è stato chiarito che il “nuovo” comma 4- octies dell’articolo 11 riconosce la possibilità di dedurre il differenziale tra le spese relative al personale dipendente impiegato a tempo indeterminato e le deduzioni spettanti ai sensi dell’articolo 11. L’agevolazione risulta, dunque, correlata alla natura del rapporto di impiego tra il datore di lavoro e i propri dipendenti.
Al riguardo, in materia di determinazione della base imponibile IRAP degli enti privati che esercitano attività non commerciale, si può far riferimento alla risposta pubblicata all’interpello del 28 dicembre 2018, n. 151, in cui, sia pur con riferimento agli enti e alle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 3, comma 1, lettera e-bis), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, è stato ritenuto che l’ammontare delle retribuzioni spettanti al personale in distacco concorrono a formare la base imponibile IRAP del soggetto distaccatario.
Tale soluzione interpretativa può trovare applicazione anche nell’ipotesi in esame in cui la Fondazione si qualifica come ente non commerciale.
Pertanto, nel condividere quanto sostenuto dalla Fondazione istante, si ritiene che l’ammontare delle retribuzioni relative al personale in distacco dal Fondatore concorrerà interamente – come componente positivo – al valore della produzione netta della Fondazione, a norma dell’articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.
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