CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza n. 36236 depositata il 12 dicembre 2022
Tributi – Avviso di liquidazione dell’imposta di registro – Pagamento di un conguaglio sull’indennità di espropriazione convenuta in atto di cessione volontaria – D.P.R. n. 601/1973, artt. 23 e 24 – Imposta sostitutiva – Rigetto
Fatti di causa
1. – Con sentenza n. 716/1/14, depositata il 22 dicembre 2014, la Commissione tributaria regionale della Basilicata ha accolto, per quanto di ragione, l’appello proposto dal Consorzio per lo sviluppo industriale della Provincia di Potenza, così parzialmente riformando la decisione di prime cure che aveva disatteso l’impugnazione di un avviso di liquidazione dell’imposta di registro dovuta dal contribuente in relazione a provvedimento giudiziale (adottato ex art. 186 quater cod. proc. civ.) recante condanna al pagamento di un conguaglio sull’indennità di espropriazione (già) convenuta in atto di cessione volontaria del 13 novembre 1991 (rep. 15716).
Premesso che l’appellante aveva rinunciato al motivo di appello che involgeva le reclamate agevolazioni (d.p.r. n. 601 del 1973, artt. 23 e 24), il giudice del gravame ha rilevato, in sintesi, che, – diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice, – l’atto giudiziario andava tassato per il suo contenuto dispositivo, – di accertamento, dunque, di un diritto a contenuto patrimoniale, – e, così, con l’aliquota dell’1%, ai sensi del d.p.r. n. 131 del 1986, art. 8, lett. c), della tariffa allegata, parte prima.
2. – Il Consorzio per lo sviluppo industriale della Provincia di Potenza ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi, illustrati con memoria.
L’Agenzia delle Entrate non ha svolto attività difensiva.
Fissato all’udienza pubblica del 17 novembre 2022, il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal d.l. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, conv. in l. n. 176 del 2020, e dal sopravvenuto d.l. n. 228 del 2021, art. 16, c. 1, conv. in l. n. 15 del 2022, senza l’intervento in presenza del Procuratore Generale, che ha depositato conclusioni scritte, e dei difensori delle parti, che non hanno fatto richiesta di discussione orale.
Ragioni della decisione
1. – Il primo motivo espone la denuncia di omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 5, cod. proc. civ., nonché di violazione e falsa applicazione degli artt. 99 e 112 cod. proc. civ.
Si assume, in sintesi, che il giudice del gravame erroneamente aveva interpretato la condotta processuale di essa esponente in termini di rinuncia alle eccezioni che involgevano l’applicazione, nella fattispecie, delle agevolazioni previste dal d.p.r. n. 601 del 1973, artt. 23 e 24, quando l’oggetto della rinuncia si identificava col motivo di impugnazione volto a far valere la violazione del divieto di ne bis in idem in relazione ai due avvisi di liquidazione emessi sulla stessa fattispecie dall’Agenzia delle Entrate.
Il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., espone quindi la denuncia di violazione e falsa applicazione del d.p.r. n. 131 del 1986, art. 8, lett. c) della tariffa allegata, parte prima, sull’assunto che, – proprio in ragione del trattamento di favore istituito dal d.p.r. n. 601 del 1973, artt. 23 e 24, con la previsione di un’imposta sostitutiva che, nella fattispecie, era stata puntualmente versata, – non ricorrevano i presupposti della (ulteriore) tassazione dell’atto giudiziario recante determinazione del conguaglio dovuto sull’indennità di espropriazione.
2. – I due motivi, – che vanno congiuntamente trattati in quanto espongono una medesima quaestio iuris di fondo, – sono destituiti di fondamento, e vanno senz’altro disattesi.
3. – Premesso che la quaestio facti posta dal primo motivo (rinuncia ad un motivo di appello) è stata in effetti risolta dal giudice del gravame in termini apodittici ed autoreferenziali, – così che il motivo di ricorso può ritenersi, sul punto, autosufficiente, – e che la questione di diritto che ne costituisce il portato, così come riproposta dal ricorrente, non necessita di ulteriori accertamenti di fatto, va rilevato che omologa fattispecie è stata già decisa dalla Corte con pronuncia che ha evidenziato, – oltrechè la legittima tassazione dell’atto giudiziario, – l’insussistenza dei presupposti del trattamento di favore dal ricorrente reclamato (Cass., 6 marzo 2019, n. 6481).
3.1 – Le disposizioni di cui al d.p.r. n. 601 del 1973, artt. 23 e 24, disciplinano un’imposta sostitutiva («delle imposte di registro e di bollo, delle tasse sulle concessioni governative e delle imposte ipotecarie e catastali») che ha riguardo, quanto al suo oggetto, «al funzionamento e alle operazioni, atti e contratti relativi allo svolgimento» dell’attività degli Enti (ivi) espressamente indicati (art. 23) e, quanto ai consorzi per le aree e i nuclei di sviluppo industriale, «anche» al «primo trasferimento di terreni e fabbricati …. nonchè [ai] trasferimenti e … retrocessioni di beni effettuati a qualsiasi titolo dai consorzi stessi a favore di imprese industriali.» (art. 24).
3.2 – Come la Corte ha già avuto modo di precisare con riferimento alla tassazione degli atti giudiziari, l’imposta di registro trova il suo presupposto impositivo (d.p.r. n. 131 del 1986, artt. 20 e 37) in relazione agli effetti giuridici che il provvedimento è destinato a produrre sul rapporto giuridico sostanziale così che, dunque, il tributo non è volto a colpire ex se il trasferimento di ricchezza, ma inerisce direttamente all’atto, preso in considerazione in funzione degli effetti giuridici ed economici che è destinato a produrre (Cass., 18 aprile 2018, n. 9501; Cass., 12 luglio 2005, n. 14649).
Con riferimento, poi, alla specifica fattispecie in contestazione, si è, quindi, rimarcato che, in tema di imposta di registro per espropriazioni per pubblica utilità, il beneficio della registrazione a tassa fissa, anziché proporzionale, dei provvedimenti di esproprio trova la propria ratio nella funzione, propria di tali atti, di trasferire la proprietà del bene in favore dello Stato o di un ente pubblico territoriale, mentre tale funzione è del tutto estranea alla sentenza che, definendo una controversia di natura meramente patrimoniale derivante dalla opposizione alla stima, determina in via definitiva l’ammontare della indennità spettante all’espropriato per effetto del provvedimento ablatorio (Cass., 17 giugno 2021, n. 17234; Cass., 6 marzo 2019, n. 6481, cit.; Cass., 23 aprile 2014, n. 9137; Cass., 17 settembre 2010, n. 19746; Cass., 7 maggio 2007, n. 10346; Cass., 13 giugno 2005, n. 12692; Cass., 19 febbraio 1981, n. 1012).
In conclusione, deve escludersi che, nella fattispecie, l’imposta sostitutiva corrisposta risultasse preordinata a coprire (anche) l’atto giudiziario di determinazione della indennità di esproprio, atto che legittimamente il giudice del gravame ha ritenuto sottoposto a tassazione proporzionale di registro.
4. – In difetto di attività difensiva dell’Agenzia delle Entrate non vanno disciplinate le spese del giudizio di legittimità mentre sussistono, nei confronti di parte ricorrente, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (d.p.r. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1 quater).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
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