CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 2880 depositata il 31 gennaio 2023
Tributi – Intimazioni di pagamento – Omesso versamento di contributi previdenziali ed assistenziali – Parziale difetto di giurisdizione del giudice tributario – Omessa notifica delle prodromiche cartelle di pagamento – La notificazione dell’atto amministrativo d’imposizione tributaria non è requisito di giuridica esistenza e perfezionamento dell’atto – Rigetto
Ritenuto in fatto
1. La E.S. s.r.l. proponeva ricorso alla CTP di Salerno avverso 23 intimazioni di pagamento, deducendo che avverso le stesse aveva già proposto ricorso, il cui giudizio si era concluso con sentenza n. 323/13 di accoglimento (per non aver l’Ufficio assolto all’onere probatorio dell’avvenuta notifica delle cartelle esattoriali prodromiche alle intimazioni), passata in giudicato, e che Equitalia Sud s.p.a., in luogo di provvedere alla rinotifica delle cartelle, aveva notificato nuove intimazioni tutte riferite alle medesime cartelle.
2. La CTP accoglieva il ricorso, osservando che le intimazioni opposte non si riferivano ad una nuova iscrizione a ruolo, ma a quelle per le quali vi era stata la sentenza passata in giudicato.
3. Sull’impugnazione della Equitalia Sud, la CTR Campania rigettava il gravame, confermando che l’Equitalia aveva provveduto a rinotificare le stesse intimazioni di pagamento relative alle medesime cartelle per le quali la CTP ne aveva dichiarato l’omessa notifica.
4. Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione Equitalia Servizi di Riscossione s.p.a. sulla base di sei motivi. La E.S. s.r.l. non ha svolto difese.
Il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione degli artt. 112 c.p.c. e 2 d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c., per non aver la CTR dichiarato il parziale difetto di giurisdizione del giudice tributario con riferimento ai debiti concernenti l’omesso versamento di contributi previdenziali ed assistenziali – di competenza del giudice del lavoro – e di contravvenzioni al codice della strada – di competenza del giudice di pace.
1.1. Il motivo è infondato.
Come è noto, il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360, primo comma, c.p.c., deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi. Pertanto, nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronuncia, da parte dell’impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni proposte, non è indispensabile che faccia esplicita menzione della ravvisabilità della fattispecie di cui al n. 4 del primo comma dell’art. 360 c.p.c., con riguardo all’art. 112 c.p.c., purché il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, dovendosi, invece, dichiarare inammissibile il gravame allorché sostenga che la motivazione sia mancante o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge (Sez. U, Sentenza n. 17931 del 24/07/2013; conf. Sez. 1, Sentenza n. 24553 del 31/10/2013 e Sez. 2, Ordinanza n. 10862 del 07/05/2018).
Orbene, la ricorrente, in osservanza del principio di specificità, ha trascritto nel ricorso per cassazione sia la memoria di costituzione dinanzi alla CTP sia l’atto di appello (pagg. 5-6 del ricorso) nelle parti in cui si doleva, dapprima, del difetto (parziale) di giurisdizione e, poi, della omessa pronuncia, ad opera del giudice di primo grado, sulla relativa eccezione.
Non è revocabile in dubbio che la CTP, prima, e la CTR, poi, abbiano omesso di pronunciarsi sull’eccezione di difetto (parziale) di giurisdizione sollevata da Equitalia.
1.2. Tuttavia, alla luce dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111, comma 2, Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c. ispirata a tali principi, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di gravame, la Suprema Corte può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con quel motivo risulti infondata, di modo che la statuizione da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto (Sez. 5, Sentenza n. 16171 del 28/06/2017; conf. Sez. 5, Ordinanza n. 9693 del 19/04/2018).
Orbene, nel caso di specie, all’esito del primo giudizio conclusosi con la sentenza n. 323/2013 passata in giudicato, si era formato all’evidenza il giudicato implicito sulla giurisdizione, avendo l’allora giudice accertato la mancanza di prova in ordine alla notificazione di tutte le cartelle.
2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 111, comma 6, Cost. e 2909 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c., per aver la CTR ritenuto, con “carenza assoluta di motivazione” e “grave travisamento dei fatti di causa”, che i due giudizi (quello in corso e quello conclusosi con la sentenza n. 323/13 passata in giudicato) avessero ad oggetto “le stesse intimazioni di pagamento”.
2.1. Il motivo, anche a voler prescindere dal rilievo per cui non si è all’evidenza al cospetto di una carenza assoluta di motivazione (avendo la CTR evidenziato, sia pure in termini sintetici, che l’Equitalia aveva provveduto a rinotificare le stesse intimazioni di pagamento relative alle medesime cartelle, nonostante la CTP, con una precedente sentenza passata in giudicato, ne avesse rilevato la omessa notifica) e che non è dato comprendere in che termini vi sarebbe stata la violazione della cosa giudicata ex art. 2909 c.c., è infondato.
Invero, è evidente che, una volta passata in giudicato la sentenza con la quale altra CTP aveva accolto la domanda della odierna contribuente di annullamento delle intimazioni notificate l’11.9.2012 per mancata prova, da parte dell’Agente della riscossione, della notifica delle prodromiche cartelle di pagamento, Equitalia avrebbe dovuto provvedere (sempre che medio tempore non fosse incorsa in decadenza) alla notifica delle (nuove) cartelle esattoriali sottese, non potendosi limitare a rinotificare nuove intimazioni di pagamento.
In questi termini va, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 384 c.p.c., corretta la sentenza qui impugnata la quale, pur facendo riferimento nello svolgimento del processo alla descritta fattispecie (cfr. pag. 2: “… Equitalia Sud spa in luogo di provvedere alla rinotifica delle cartelle ha notificato nuove intimazioni tutte riferite alle medesime cartelle”), ha poi, nella esposizione dei motivi, fatto riferimento ad una fattispecie parzialmente difforme (cfr. pag. 3: “Successivamente, in data 2.7.2014, l’Equitalia provvedeva a notificare le stesse intimazioni di pagamento relative alle medesime cartelle …”).
3. Con il terzo motivo la ricorrente si duole della errata interpretazione ed applicazione del giudicato esterno e della violazione e falsa applicazione del principio di diritto enucleabile dal richiamo alla massima di Cassazione a Sezioni Unite n. 13916/2006, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., per aver la CTR affermato che i due giudizi (quello in corso e quello conclusosi con la sentenza n. 323/13 passata in giudicato) si riferissero “ad uno stesso rapporto”, laddove quello precedente aveva avuto ad oggetto l’annullamento di 23 intimazioni di pagamento diverse da quelle di cui al presente giudizio.
3.1. Il motivo è palesemente inammissibile e, comunque, infondato, atteso che, da un lato, il vizio di violazione o falsa applicazione di norme di diritto non può dirsi integrato per il solo fatto che la decisione impugnata si riveli in contrasto con una precedente pronuncia della Suprema Corte, sia pure a Sezioni Unite, e, dall’altro, la sentenza della CTR non collide, in ogni caso, con la pronuncia a Sezioni Unite n. 13916/2006.
Quest’ultima, invero, ha statuito che “Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo.”. Ebbene, la CTR non ha affermato che nel precedente giudizio la CTP avesse operato un sindacato di merito sui rapporti esattoriali sottostanti alle cartelle prodromiche alle intimazioni opposte, ma che, essendosi formato il giudicato sulla questione concernente l’omessa notifica delle cartelle strumentali alle intimazioni di pagamento, tale aspetto precludeva il riesame nel secondo giudizio del profilo accertato e risolto nel primo. Tale pronuncia è perfettamente coerente sia con le pronunce menzionate nella sentenza della CTR sia con quella delle Sezioni Unite che la ricorrente assume essere stata violata.
4. Con il quarto motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3) e 4), c.p.c., per aver la CTR erroneamente, a suo dire, interpretato ed applicato il giudicato esterno, non considerando che nel precedente giudizio all’esito del quale lo stesso si era formato l’Agente della Riscossione era rimasto contumace.
4.1. Il motivo è palesemente infondato, se solo si considera che esclusivamente nell’ambito del medesimo processo (e delle diverse fasi di impugnazione ) è consentito dedurre errori, nullità, illegittimità o irregolarità in esso verificatesi, e, ove tali deduzioni intervengano in un diverso processo, il giudice adito non ha il potere di rilevare, dichiarare e/o correggere gli eventuali errori o le nullità ed illegittimità dell’altro processo, con conseguente inammissibilità per difetto di interesse della parte alla relativa proposizione. Il principio non subisce eccezione neanche nell’ipotesi in cui la parte contumace non abbia avuto conoscenza del processo per la nullità di citazioni o notificazioni (profilo, peraltro, neppure dedotto nella presente sede) e siano decorsi i termini di impugnazione, poiché anche in tale caso deve sempre essere impugnata la sentenza emessa nel processo in cui si siano verificate le eventuali nullità che la medesima parte intende denunciare, deducendo la sussistenza delle condizioni previste dall’art. 327, secondo comma, c.p.c. (e perciò l’inapplicabilità della disciplina in materia di decadenza dall’impugnazione, di cui al primo comma del medesimo articolo), se non altro perché, in mancanza di impugnazione, passerebbe in giudicato la decisione pronunciata nel processo asseritamente affetto da nullità, e tale giudicato esterno sarebbe rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità (Sez. 5, Sentenza n. 26906 del 15/12/2006; conf. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 19471 del 09/11/2012).
5. Con il quinto motivo la ricorrente denuncia la sentenza impugnata, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., per non aver considerato che la mancata prova della notifica del ruolo esattoriale comunque non avrebbe mai potuto comportare l’annullamento dello stesso, non essendo la notifica elemento costitutivo dell’atto giuridico impositivo, ma solo condizione per la sua efficacia.
Il motivo è inammissibile.
La sentenza di questa Corte (Sez. 5, Sentenza n. 4760 del 27/02/2009) invocata dalla ricorrente a sostegno della propria tesi, il cui principio peraltro è stato ribadito in altre occasioni (si pensi a Sez. 5, Sentenza n. 13852 del 09/06/2010), ha affermato che “La notificazione dell’atto amministrativo d’imposizione tributaria costituisce una condizione integrativa dell’efficacia della decisione assunta dall’Ufficio finanziario, ma non è un requisito di giuridica esistenza e perfezionamento dell’atto. Ne consegue che l’inesistenza della notificazione non determina in via automatica l’inesistenza dell’atto, quando ne risulti inequivocamente la piena conoscenza da parte del contribuente entro il termine di decadenza concesso all’Ufficio per adottare e notificare il provvedimento amministrativo tributario, nel qual caso grava sull’Ufficio stesso l’onere di provare la piena conoscenza dell’atto da parte del contribuente e la sua acquisizione entro il predetto termine di decadenza.”.
La censura, tuttavia, non attinge la ratio decidendi sottesa alla sentenza qui impugnata, la quale ha evidenziato il differente profilo secondo cui, allorquando si forma il giudicato sulla questione concernente l’omessa notifica delle cartelle strumentali alle intimazioni di pagamento, tale circostanza preclude il riesame nel secondo giudizio del profilo accertato e risolto nel primo. In presenza di un giudicato sulla mancata notifica delle cartelle prodromiche all’intimazione di pagamento, diventa irrilevante la eventuale circostanza che delle stesse il contribuente abbia, in realtà, avuto conoscenza, magari aliunde.
In ogni caso, la CTR non ha in alcun passaggio motivazionale affermato che la mancanza della notifica delle cartelle determinava di per sé l’inesistenza delle stesse, ma semplicemente che, una volta accertato in via definitiva il difetto della loro notifica, l’agente per la riscossione dovesse far precedere l’intimazione di pagamento dalla rinnovazione della notificazione delle cartelle esattoriali.
6. Con il sesto motivo la ricorrente deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c., per non aver la CTR rilevato comunque la regolarità della notifica delle cartelle di pagamento prodromiche alle intimazioni opposte (recte, per non essersi pronunciata sulla regolare notifica delle cartelle di pagamento prodromiche alle intimazioni).
6.1. Il motivo è palesemente infondato.
Invero, quando, come nel caso di specie, due giudizi tra le stesse parti abbiano ad oggetto un medesimo negozio o rapporto giuridico ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento compiuto in merito ad una situazione giuridica o la risoluzione di una questione di fatto o di diritto incidente su un punto decisivo comune ad entrambe le cause o costituente indispensabile premessa logica della statuizione contenuta nella sentenza passata in giudicato precludono l’esame del punto accertato e risolto, anche nel caso in cui il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che costituiscono lo scopo ed il petitum del primo (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 20816 del 30/09/2020).
Pertanto, essendosi formato il giudicato sulla omessa notifica delle cartelle di pagamento, era precluso alla CTR, adita nel secondo giudizio, rivalutare la stessa questione al fine di pervenire ad eventuali conclusioni difformi.
7. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso non merita di essere accolto. Nessuna pronuncia deve essere adottata in ordine alle spese del presente giudizio, non avendo l’intimata svolto difese.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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