CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 9743 depositata il 12 aprile 2023
Tributi – Attività di somministrazione di prodotti alimentari – Restituzione degli oneri sostenuti per le fideiussioni – Articolo 8, comma 4, Legge n. 212/2000 – Dichiarazione annuale IVA – Rimborso dei tributi – Portata generale del diritto al rimborso dei costi relativi alla garanzia fideiussoria – Accoglimento
Fatti di causa
1. Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia veniva rigettato l’appello proposto dalla società I.I. S.p.a., svolgente attività di somministrazione di prodotti alimentari, avverso la sentenza n. 4533/18/2017 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Milano, la quale aveva rigettato il ricorso introduttivo avente ad oggetto il diniego di rimborso presentato ex art. 8 comma 4 D.Lgs. n. 212 del 2000, al fine di ottenere la restituzione degli oneri sostenuti per le fideiussioni presentate ex art. 38bis, comma 1, d.p.r. 633 del 1972 in riferimento al rimborso del credito maturato nei quattro trimestri dell’anno di imposta 2008 richiesto con istanze trimestrali e con la dichiarazione annuale IVA.
2. Tanto il giudice di prime cure quanto quello di appello condividevano l’operato dell’Amministrazione finanziaria, secondo la quale il diritto al rimborso dei costi delle fideiussioni sussiste solo nei casi di garanzie prestate dal contribuente nell’ambito dell’attività di accertamento e non anche in caso di richiesta di rimborso IVA annuale esposto in dichiarazione ex artt. 30 e 38bis d.p.r. 633 del 1972.
3. Avverso la sentenza d’appello la contribuente propone ricorso, affidato ad un unico motivo, cui replica l’Agenzia delle entrate con controricorso.
Ragioni della decisione
4. Con l’unico motivo di ricorso si deduce – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione dell’art. 8, comma 4, l. 212/2000 per aver la CTR mancato di interpretare correttamente tale previsione normativa, il cui testo, generico ed onnicomprensivo, non si riferisce a particolari imposte né a specifiche tipologie di rimborsi e, dunque, è corretto applicarla a tutte le fideiussioni prestate in ragione della richiesta di rimborsi d’imposta.
5. Il motivo è fondato. Questa Corte, con l’ordinanza Sez. 5 n. 5508 del 28/02/2020 ha statuito che in tema di IVA, il diritto al rimborso dei costi relativi alla garanzia fideiussoria, chiesta dal contribuente per ottenere la sospensione, la rateizzazione o il rimborso dei tributi, ha portata generale ed è indipendente dalla fisionomia della controversia tributaria, stante l’esigenza ad essa sottesa di preservare l’integrità patrimoniale dei contribuenti, in caso di infondatezza della pretesa impositiva o di legittimità della pretesa di rimborso di somme dovute, che una diversa interpretazione frustrerebbe, oltre a porsi in contrasto con il diritto UE.
6. In precedenza la Corte di cassazione “(con sentenza 5 agosto 2015, n. 16409) ha già avuto occasione di stabilire che l’art. 8, comma 4, della l. n. 212 del 2000, che impone all’amministrazione finanziaria di rimborsare il costo delle garanzie fideiussorie richieste dal contribuente per ottenere la sospensione del pagamento o la rateizzazione o il rimborso dei tributi, comprende i costi di tutte le garanzie che il contribuente ha richiesto: ciò perché l’espressione “ha dovuto richiedere” si deve intendere non nel senso dell’esistenza di un ipotetico obbligo normativo in tal senso, bensì con riferimento alla necessità (intesa come onere) della richiesta della garanzia in rapporto allo scopo perseguito (ottenere la sospensione del pagamento di tributi o la rateizzazione o il rimborso).
2.1.- Diversamente da quanto sostenuto in ricorso dall’Agenzia, si pone in linea con quest’indirizzo anche Cass. 28 agosto 2013, n. 19751, che ha riconosciuto portata generale al diritto al rimborso dei costi per le polizza fideiussorie indipendentemente dalla fisionomia della controversia tributaria “(sia che la stessa debba individuarsi con riferimento al credito d’imposta vantato dal contribuente, sia che debba invece individuarsi, come nella specie, con riferimento alla imposta o maggiore imposta pretesa dall’Amministrazione finanziaria in seguito all’avvenuto rimborso del credito IVA).
3.- Una diversa opzione in effetti frustrerebbe l’esigenza presidiata dalla disposizione di preservare l’integrità patrimoniale dei contribuenti, a fronte di una pretesa impositiva infondata o di una legittima pretesa al rimborso di somme dovute, e, per conseguenza, rischierebbe di entrare in frizione col diritto unionale.
3.1.- E ciò in base al consolidato orientamento della Corte di giustizia, in base al quale gli Stati membri indubbiamente dispongono di una certa libertà quanto alla determinazione delle modalità di rimborso dell’eccedenza di iva, purché, però, il sistema di rimborso adottato non faccia correre alcun rischio finanziario al soggetto passivo (Corte Giust. 28 febbraio 2018, causa C-387/16, punto 24; 6 luglio 2017, causa C-254/16, Glencore Agriculture Hungary, punto 20; 12 maggio 2011, causa C-107/10, Enel Maritsa Iztok 3, punto 33).
3.2.- Il sistema italiano dei rimborsi iva, d’altronde, ha indotto la Commissione Europea a promuovere nei confronti dell’Italia una procedura d’infrazione (la n. 2013/4080), giusta allo stadio della messa in mora ex art. 258 del TFUE.
Secondo la Commissione la combinazione degli artt. 30 e 38bis d.p.r. 633 del 1972, nel testo all’epoca vigente, non soltanto contemplava il termine finale di tre mesi per l’erogazione del rimborso in relazione a categorie troppo ristrette di contribuenti, ma subordinava l’erogazione del rimborso, a norma dell’art. 38-bis, 10 co., a requisiti eccessivamente onerosi, ossia alla prestazione di una garanzia (cauzione, fideiussione o polizza fideiussoria) per una durata di tre anni.
3.3.- Il legislatore italiano ha dovuto quindi modificare l’assetto dei rimborsi per fronteggiare la messa in mora: ha dapprima novellato il comma 1 dell’art. 38-bis escludendo la necessità della prestazione di garanzia, salvo casi specifici (art. 13 del d.lgs. 21 novembre 2014, n. 175); poi ha elevato da 15.000 a 30.000 Euro la soglia dei rimborsi eseguibili senza alcun adempimento (art. 7quater, comma 32, del d.l. 22 ottobre 2016, n. 193, conv., con mod., dalla l. 1 dicembre 2016, n. 225); infine, per le ipotesi residue in cui il soggetto che chiede il rimborso presenti profili di rischio e continui a essere tenuto alla prestazione di una garanzia, ha previsto il versamento di una somma forfetaria a titolo di ristoro delle spese sostenute per il rilascio della garanzia, per ogni anno di durata di questa, da corrispondere quando sia stata definitivamente accertata la spettanza del rimborso (art. 7 l. 20 novembre 2017, n. 167).
3.4.- L’interpretazione dell’art. 8 della L. n. 212 del 2000 offerta da Cass. n. 16409/15, e qui condivisa, dunque, si presenta come soluzione preferibile, anche alla luce del diritto unionale.” (cfr. Cass. n. 5508/2020).
7. A tale orientamento va data continuità anche nel caso di specie, non essendovi ragioni per discostarsi dall’iter argomentativo sopra riportato, specificando il principio di diritto nel senso che, in materia di IVA, il diritto al rimborso dei costi relativi alla garanzia fideiussoria, richiesta dal contribuente al fine di ottenere il rimborso dei tributi, ha portata generale indipendentemente dalla fisionomia della controversia tributaria, e non va pertanto riconosciuto esclusivamente per le spese relative a garanzie acquisite nell’ambito di una specifica attività di accertamento del tributo stesso.
In applicazione del principio, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in punto di fatto ex art. 348 c.p.c., la controversia può inoltre essere decisa nel merito con l’accoglimento del ricorso introduttivo della contribuente relativa.
8. Le spese dei due gradi di merito devono essere compensate in considerazione del consolidamento della giurisprudenza in data successiva alla proposizione del ricorso introduttivo, mentre le spese di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
Si dà atto che, ai sensi del d.p.r. 115 del 2002, art. 13 comma 1-quater, in presenza di soccombenza della parte ammessa alla prenotazione a debito non sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
Accoglie ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo della società contribuente;
Compensa le spese di lite dei gradi di merito e condanna la contro-ricorrente alla rifusione delle spese di lite di legittimità, liquidate in Euro 5.600,00 per compensi, oltre 200 Euro per spese borsuali, rimborso spese forfetarie 15%, Iva e Cpa.
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