AGENZIA delle ENTRATE – Risposta n. 408 del 31 luglio 2023
Definizione agevolata delle controversie tributarie – articolo 1, commi da 186 a 202, legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio 2023) – Rimborso dell’IVA ai sensi dell’articolo 30ter, comma 2, del DPR n. 633 del1972.
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
Gli istanti, [ALFA] (nel prosieguo […]), società di diritto svizzero e il suo rappresentante fiscale ai fini IVA in Italia, [BETA] (nel prosieguo […]), tenuto conto anche dell’ulteriore documentazione integrativa prodotta a seguito della richiesta della scrivente per chiarire meglio i termini della questione, fanno presente quanto qui di seguito sinteticamente riportato.
In via preliminare, le istanti fanno presente che i soggetti coinvolti nelle transazioni oggetto dell’istanza di interpello sono i seguenti:
[ALFA], Partita IVA […] (ossia ”[…]”), rappresentata ai fini IVA in Italia, da [BETA], codice fiscale e partita IVA […] (”[…]”);
[BETA], codice fiscale e partita IVA[…] (”[…]”) già [GAMMA] e [DELTA]. Detta Società non è solo il rappresentante IVA di [ALFA], ma altresì controparte contrattuale nell’ambito dei contratti di distribuzione stipulati con [ALFA], in qualità di produttore/cedente;
[DELTA](C.F.[…]), già [GAMMA], incorporata nella [BETA] in data […] 2018.
Di conseguenza, le società [GAMMA] e [EPSILON], menzionate nella sentenza di primo grado di cui si dirà nel prosieguo, sono [BETA], che, a propria volta, ha incorporato [EPSILON], di seguito, […].
Tanto premesso, [ALFA] ha in essere, sin dal 1999, contratti di distribuzione con le proprie consociate italiane, ossia [BETA] e [EPSILON], quest’ultima fusa per incorporazione in [BETA] in data […] 2018.
Secondo quanto previsto dai contratti in essere, ai fini della corretta applicazione della politica di transfer pricing, era possibile che [ALFA] corrispondesse a [BETA] e/o a [EPSILON] (e viceversa, che queste ultime corrispondessero a [ALFA]) delle somme a titolo di aggiustamento dei prezzi di trasferimento (di seguito, anche ”aggiustamenti TP”).
Detti aggiustamenti potevano essere effettuati:
”in aumento”, ossia il prezzo applicato a [ALFA] (cessionario) da [BETA] e/o [EPSILON] (cedenti) era incrementato rispetto a quello originario, e di conseguenza le cedenti emettevano una fattura (o nota di debito) nei confronti di [ALFA];
”in diminuzione”, ossia il prezzo applicato a [ALFA] (cessionario) da [BETA] e/o [EPSILON] (cedenti) doveva essere ridotto rispetto a quello originario e queste ultime emettevano una nota di credito nei confronti di [ALFA].
Tutte le transazioni sono state assoggettate ad IVA sul territorio italiano, trattandosi di modifiche contrattuali del prezzo di prodotti ceduti sul territorio italiano.
La Direzione Provinciale II di […] e la Direzione Regionale […] non hanno concordato con l’applicazione dell’IVA alle note di credito e fatture/note di debito e, pertanto hanno emesso i seguenti avvisi di accertamento.
Con riferimento alle annualità 2014 e 2015
La DP II […] ha notificato a [ALFA], in qualità di cessionario, gli avvisi di accertamento n. […] per l’anno d’imposta 2014 e n. […] per l’anno d’imposta 2015, con i quali è stata negata la detrazione dell’IVA applicata da [BETA] e/o [EPSILON] (cedenti) alle fatture emesse per aggiustamenti TP.
Con distinti ricorsi, [ALFA] e il rappresentante fiscale [BETA] hanno impugnato i predetti avvisi di accertamento dinanzi la Commissione Tributaria Provinciale di […], domandandone l’annullamento per loro asserita illegittimità ed infondatezza nel merito.
Il giudice di prime cure ha deciso i giudizi riuniti con la sentenza depositata in data […] 2021, affermando la legittimità e fondatezza della ripresa fiscale dell’Ufficio a titolo di imposta, ed accogliendo la domanda subordinata delle ricorrenti circa l’annullamento della pretesa relativa agli interessi moratori ed alle sanzioni irrogate.
L’Ufficio ha, quindi, appellato la predetta sentenza dinanzi la Commissione Tributaria Regionale […], dolendosi dell’annullamento della pretesa relativa agli interessi moratori ed alle sanzioni irrogate e [ALFA] ha depositato controdeduzioni con appello incidentale. Il giudizio è tutt’ora pendente.
Con riferimento all’annualità 2016 In data […] 2022, la DRE […], in linea con quanto concluso dalla DP II di […], ha notificato a [BETA], in qualità di cedente, l’Avviso n. […], con riferimento ad una nota di credito emessa nei confronti di [ALFA], in qualità di cessionario, contestando la detraibilità dell’IVA applicata e richiedendo altresì il pagamento di interessi e sanzioni.
Con riferimento all’annualità 2018
In data […] 2022, la DRE […], in linea con quanto concluso dalla DP II di […], ha notificato a [ALFA], in qualità di cessionario, l’Avviso n. […], con il quale ha contestato l’indetraibilità dell’IVA applicata da [BETA] su determinate fatture chiedendo altresì il pagamento di interessi e sanzioni.
Sempre in data […] 2022, la DRE […] ha notificato a [BETA], in qualità di cedente, l’Avviso n.[…], con il quale ha contestato la detraibilità dell’IVA con riferimento ad una nota di credito emessa nei confronti di [ALFA], in qualità di cessionario, chiedendo altresì il pagamento di interessi e sanzioni.
[ALFA] e [BETA] hanno notificato ritualmente i ricorsi avverso i tre suddetti avvisi di accertamento ed il contenzioso è oggi pendente avanti la Corte di Giustizia di Primo Grado di […] .
Tanto premesso, con riferimento ai contenziosi in essere, [ALFA] e [BETA] intendono ora avvalersi della definizione agevolata delle controversie tributarie prevista dall’articolo 1, commi da 186 a 202, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023). A tal fine, chiedono chiarimenti in merito alla possibilità, una volta definito il contenzioso, di richiedere la restituzione dell’IVA all’Amministrazione finanziaria, ai sensi dell’articolo 30ter, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (decreto IVA).
Gli istanti, in sede di documentazione integrativa hanno altresì chiarito che «Sulla base di quanto precede, i soggetti che dovrebbero applicare le disposizioni di cui art. 30ter del D.P.R. 633/1972 e richiedere la restituzione dell’IVA non dovuta saranno le società che hanno operato in qualità di cedente nelle relative transazioni, ossia: a. [BETA], con riferimento alle fatture emesse nei confronti di [ALFA] nelle annualità 2014 e 2015;
b. [ALFA], con riferimento alla nota di credito ricevuta da [BETA] relativa all’annualità 2016 (Avviso n. […]);
c. [BETA], con riferimento alle fatture emesse nei confronti di [ALFA] relative alle annualità 2018 (Avviso n. […]);
d. [ALFA], con riferimento alla nota di credito ricevuta da [BETA] relativa all’annualità 2018 (Avviso n. […])».
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
In sintesi, a parere degli istanti, con riferimento al contenzioso pendente in secondo grado relativo agli avvisi per agli anni 2014 e 2015, è ammessa la definizione con il pagamento di un importo pari al valore della controversia pendente in secondo grado, mentre con riferimento ai nuovi avvisi di accertamento per gli anni 2016 e 2018, le controversie pendenti in primo grado potrebbero essere definite con il pagamento del 90 per cento del valore della stessa.
Inoltre, «Per quanto riguarda l’applicabilità del citato articolo 30ter, si ritiene che la possibilità da parte del cedente di presentare l’istanza di restituzione possa decorrere sin dalla data della avvenuta restituzione al cessionario dell’IVA a suo tempo applicata in via di rivalsa, (e nel termine di due anni dal pagamento), indipendentemente dalla estinzione della controversia tributaria da parte del cessionario. Nel caso in cui l’IVA corrisposta dovesse essere pari al 90% del valore della controversia, l’importo per cui si chiederà il rimborso, sarà pari al 90%».
In proposito, con documentazione integrativa, è stato ulteriormente chiarito che «secondo [ALFA] e [BETA], l’IVA versata a seguito della definizione agevolata potrebbe essere immediatamente traslata alla controparte contrattuale (ossia [BETA] o [ALFA], rispettivamente) una volta perfezionata la procedura ai sensi di legge. [BETA] e/ o [ALFA] potrebbero, pertanto, richiederla in restituzione all’Amministrazione Finanziaria, secondo quanto previsto dall’art. 30ter sopra citato, senza dover attendere l’estinzione della controversia e/o lo spirare del termine per l’eventuale notifica del diniego da parte dell’Agenzia delle Entrate competente».
Parere dell’agenzia delle entrate
L’articolo 1, commi da 186 a 202, della legge di bilancio 2023 disciplina la definizione in via agevolata delle «controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate ovvero l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello innanzi alla Corte di cassazione, anche a seguito di rinvio, alla data di entrata in vigore della presente legge […] a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia. Il valore della controversia è stabilito aisensi del comma 2 dell’articolo 12 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 […]», secondo cui «Per valore della lite si intende l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato€ in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste».
Il comma 192, precisa che «La definizione agevolata si applica alle controversie in cui il ricorso in primo grado è stato notificato alla controparte entro la data di entrata in vigore della presente legge (1° gennaio 2023 ndr.) e per le quali alla data della presentazione della domanda di cui al comma 186 il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva».
In particolare, come illustrato dalla circolare n. 2/E del 27 gennaio 2023 cui si rinvia per ogni approfondimento «[…] sono da considerarsi pendenti ai fini della definizione agevolata:
le controversie per le quali alla data del 1° gennaio 2023 sia stato proposto l’atto introduttivo del giudizio di primo grado, non definite alla data di presentazione della domanda di definizione€ in particolare occorre far riferimento alla data in cui il ricorso introduttivo è stato notificato all’ufficio, non essendo necessario che, entro il 1° gennaio 2023, vi sia stata anche la costituzione in giudizio€
le controversie interessate da una pronuncia in primo o in secondo grado i cui termini di impugnazione non siano ancora scaduti alla data del 1° gennaio 2023 €
le liti pendenti innanzi al giudice del rinvio o, infine, quelle per le quali siano ancora in corso, al 1° gennaio 2023, i termini per la riassunzione.
Come meglio chiarito successivamente, non possono essere considerate definibili le liti per le quali, alla data di presentazione della domanda, è stata depositata sentenza della Corte di cassazione senza rinvio».
Il comma 194 dispone che «La definizione agevolata si perfeziona con la presentazione della domanda di cui al comma 195 e con il pagamento degli importi dovuti ai sensi dei commi da 186 a 191 entro il 30 settembre 2023; nel caso in cui gli importi dovuti superano mille euro è ammesso il pagamento rateale, con applicazione, in quanto compatibili, delle disposizioni dell’articolo 8 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, in un massimo di venti rate di pari importo, di cui le prime tre da versare, rispettivamente, entro il 30 settembre 2023, il 31 ottobre 2023 e il 20 dicembre 2023 e le successive entro il 31 marzo, 30 giugno, 30 settembre e 20 dicembre di ciascun anno. A scelta del contribuente, le rate di cui al primo periodo successive alle prime tre possono essere versate in un massimo di cinquantuno rate mensili di pari importo, con scadenza all’ultimo giorno lavorativo di ciascun mese, a decorrere dal mese di gennaio 2024, fatta eccezione per il mese di dicembre di ciascun anno, per il quale il termine di versamento resta fissato al giorno 20 del mese. Sulle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi legali calcolati dalla data del versamento della prima rata. È esclusa la compensazione prevista dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Nel caso di versamento rateale, la definizione agevolata si perfeziona con la presentazione della domanda di cui al comma 195 e con il pagamento degli importi dovuti con il versamento della prima rata entro il termine previsto del 30 settembre 2023. Qualora non ci siano importi da versare, la definizione si perfeziona con la sola presentazione della domanda.» (i termini indicati nella disposizione appena citata sono stati così modificati dall’articolo 20 del decretolegge 30 marzo 2023, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2023, n. 56).
Nel presupposto della sussistenza, nel caso di specie, dei requisiti per accedere alla definizione agevolata delle controversie tributarie, circostanza non verificabile in sede di interpello, occorre chiarire come gli istanti possano recuperare, in qualità di cedenti, l’IVA che vorrebbero restituire alle proprie controparti/cessionari, pari all’imposta che questi ultimi dovrebbero corrispondere in sede di definizione.
Al riguardo si fa presente che l’articolo 30ter, comma 2, del decreto IVA prevede che «Nel caso di applicazione di un’imposta non dovuta ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi, accertata in via definitiva dall’Amministrazione finanziaria, la domanda di restituzione può essere presentata dal cedente o prestatore entro il termine di due anni dall’avvenuta restituzione al cessionario o committente dell’importo pagato a titolo di rivalsa».
La norma pone chiaramente tra le condizioni necessarie per la presentazione della domanda di restituzione dell’imposta non dovuta, applicata ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi, la circostanza che la stessa imposta sia stata accertata in via definitiva dall’Amministrazione finanziaria.
Ciò detto, con le risposte ad interpello n. 128 e 129, pubblicate sul sito internet della scrivente il 23 aprile 2019, in merito alla ”definizione agevolata delle controversie” (ex articolo 6 del decretolegge 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136), di un avviso di accertamento per il recupero dell’IVA indetraibile in capo alla cessionaria, era già stato chiarito che, con la definizione agevolata «il procedimento può considerarsi concluso in via definitiva al momento del passaggio in giudicato della pronuncia giurisdizionale che dichiara l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere a seguito della definizione agevolata; conseguentemente il cedente è legittimato, in applicazione del comma 2 dell’articolo 30ter del d.P.R. n. 633 del 1972, a presentare domanda di restituzione entro il termine di due anni dall’avvenuta restituzione al cessionario dell’importo pagato a titolo di rivalsa».
A tal fine, erano state richiamate le conclusioni tratte con la circolare n. 23/E del 25 settembre 2017 (che si era pronunciata in merito agli effetti della definizione agevolata delle controversie tributarie di cui all’articolo 11 del decretolegge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96). In tale occasione, infatti, era stato chiarito che, il cedente o prestatore che avesse validamente aderito alla definizione, poteva avvalersi della disposizione di cui all’articolo 60, comma 7, del decreto IVA, secondo cui «Il contribuente ha diritto di rivalersi dell’imposta o della maggiore imposta relativa ad avvisi di accertamento o rettifica nei confronti dei cessionari dei beni o dei committenti dei servizi soltanto a seguito del pagamento dell’imposta o della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi. […]».
In coerenza con tali risposte cui si rinvia per eventuali approfondimenti si è dell’avviso che i principi ivi stabiliti possano essere applicati anche alle controversie tributarie definite in via agevolata secondo le richiamate disposizioni della legge di bilancio 2023.
Ne consegue che, fini della soluzione del quesito in esame, l’adesione alla definizione agevolata della controversia tributaria da parte del cessionario/committente o cedente/prestatore che abbia detratto l’IVA indebitamente addebitatagli a titolo di rivalsa o recuperata attraverso note di variazione, legittima il cedente/prestatore o il cessionario/ committente, nei limiti delle somme corrisposte alla controparte ai fini della definizione, a presentare domanda di rimborso ai sensi dell’articolo 30ter del decreto IVA entro il termine di due anni dalla data di restituzione alla controparte medesima dell’IVA pagata a titolo di rivalsa.
Il rimborso può avvenire per un importo pari a quanto restituito alla controparte, che non può essere superiore a quanto effettivamente pagato in sede di definizione agevolata della controversia; nel caso in esame, sarà pari al valore della controversia per i giudizi pendenti in secondo grado e al 90 per cento del valore della controversia per quelli pendenti in primo grado. In caso di pagamento dilazionato di quanto dovuto per la definizione agevolata, rileveranno le rate effettivamente pagate.
Diversamente da quanto prospettato dagli istanti, tuttavia, anche con riferimento alla definizione agevolata disposta dalla legge di bilancio 2023, avente ad oggetto, nel caso specifico, gli avvisi di accertamento per il recupero dell’IVA indetraibile in capo alle due società istanti, il procedimento potrà considerarsi concluso in via definitiva al momento del passaggio in giudicato della pronuncia giurisdizionale che dichiara l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere a seguito della definizione agevolata. Conseguentemente, come già detto, gli istanti potranno presentare domanda di restituzione, ex articolo 30ter, comma 2, del decreto IVA, entro il termine di due anni dall’avvenuta restituzione alla controparte dell’importo pagato a titolo di rivalsa (in tal senso, si veda la già citata risposta ad interpello n. 128 del 2019).
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