CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 24258 depositata il 9 agosto 2023
Comunicazione preventiva d’iscrizione ipotecaria – Prescrizione di crediti contributivi – Atti di precetto – Decreti ingiuntivi – Atti interruttivi della prescrizione – Avvisi di addebito notificati per compiuta giacenza – Luogo di perfezionamento della notifica – Atto di costituzione in mora giunto nella sfera di conoscenza e di controllo del destinatario – Rigetto
Fatti di causa
1.– Il Tribunale di Pisa ha accolto l’opposizione proposta dalla signora A.D.F., titolare dell’impresa individuale “L.B.”, contro la comunicazione preventiva d’iscrizione ipotecaria e ha dichiarato prescritti i crediti contributivi azionati dall’INPS con due atti di precetto, sulla base di altrettanti decreti ingiuntivi, oramai definitivi.
Le spese del giudizio sono state compensate per intero.
Ad avviso del giudice di primo grado, gli atti interruttivi della prescrizione, identificati negli avvisi di addebito, sono stati notificati «per compiuta giacenza in un indirizzo diverso da quello di formale residenza della parte».
2.– La signora D.F. ha impugnato la pronuncia del Tribunale, nella parte in cui ha compensato le spese e ha disatteso la richiesta di condanna al risarcimento del danno di cui all’art. 96 cod. proc. civ. L’INPS ha proposto appello incidentale e ha censurato le statuizioni inerenti alla prescrizione, che non hanno tenuto nel debito conto i molteplici atti interruttivi documentati dall’Istituto.
3.– Con sentenza n. 567 del 2021, depositata il 14 settembre 2021, la Corte d’appello di Firenze ha respinto il gravame proposto in via principale dalla signora A.D.F., ha accolto il gravame incidentale dell’INPS e, in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato l’originario ricorso in opposizione.
3.1.– A fondamento della decisione, la Corte territoriale ha argomentato che la prescrizione, pacificamente decennale, in quanto correlata a un titolo giudiziale definitivo, è stata interrotta innumerevoli volte: il 9 aprile 1998 e il 10 maggio 2000, con la notifica degli atti di precetto; il 17 luglio 2000, con il verbale di pignoramento mobiliare; il 25 giugno 2007, con la notifica del nuovo atto di precetto; nel novembre 2015, con l’invio di una lettera raccomandata di diffida, e, infine, il 24 maggio 2019, con la comunicazione preventiva d’iscrizione ipotecaria per il complessivo importo di Euro 21.328,46, portato dagli avvisi di addebito notificati il 30 marzo 2018 “per compiuta giacenza”.
3.2.– Il riconoscimento della fondatezza della pretesa contributiva implica il rigetto dell’appello principale in ordine alla rifusione delle spese e ai danni patiti.
4.– La signora A.D.F. impugna per cassazione la sentenza della Corte d’appello di Firenze, con ricorso notificato il 2-6 dicembre 2021.
5.– L’INPS resiste con controricorso, notificato il 14 gennaio 2022.
6.– Agenzia delle Entrate – Riscossione non ha svolto in questa sede attività difensiva.
7.– La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio dinanzi a questa sezione ai sensi dell’art. 380-bis.1, primo comma, cod. proc. civ., nel testo modificato dal decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149.
8.– Il pubblico ministero non ha depositato conclusioni scritte.
9.– Il collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei sessanta giorni successivi alla camera di consiglio (art. 380-bis.1., secondo comma, cod. proc. civ.).
Ragioni della decisione
1.– Il ricorso per cassazione della signora A.D.F. procede per due motivi.
1.1.– Con il primo mezzo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 139 cod. proc. civ. e imputa alla Corte territoriale di avere considerato valida la notificazione del precetto del giugno 2007 all’indirizzo di Castellina Marittima (Pisa), via (…), sull’erroneo presupposto che tale luogo, pur diverso da quello di residenza o di dimora o dell’esercizio dell’industria e del commercio, fosse «nella pacifica disponibilità» dell’obbligata. Il dettato normativo, peraltro, non contemplerebbe la nozione di «disponibilità di un immobile», che la sentenza impugnata mostra, invece, di recepire (pagina 6 del ricorso per cassazione).
1.2.– Con la seconda censura (art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.), la ricorrente prospetta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, e lamenta che la Corte d’appello di Firenze abbia affermato la disponibilità dell’immobile di Castellina Marittima (Pisa), via (…), «in totale assenza di valide prove» (pagina 2 del ricorso).
2.– I motivi possono essere esaminati congiuntamente, per l’intima connessione che li lega, e devono essere disattesi.
3.– Non è in discussione la pretesa contributiva dell’INPS, consacrata da un titolo giudiziale definitivo e perciò assoggettata alla prescrizione decennale.
Le contestazioni, nel presente giudizio, si appuntano sugli atti interruttivi della prescrizione e, in particolare, sulla notifica del precetto del giugno 2007. Notifica che la parte ricorrente, con entrambe le doglianze, reputa irregolare e lesiva delle norme di garanzia dettate dall’art. 139 cod. proc. civ.
Sugli altri atti interruttivi della prescrizione, che la Corte d’appello di Firenze ricostruisce in maniera analitica nel loro avvicendarsi, i motivi di ricorso non formulano rilievi critici di sorta.
4.– La sentenza impugnata, nella disamina delle risultanze istruttorie, si è conformata a una corretta regula iuris: ai fini dell’interruzione della prescrizione, quel che rileva è che il creditore esterni in forma scritta l’esercizio della pretesa e che la richiesta pervenga nella sfera di conoscenza dell’obbligato. L’atto di costituzione in mora è suscettibile d’interrompere la prescrizione, a patto che giunga nella sfera di dominio e controllo del destinatario e gli consenta così di ricevere l’atto e di conoscerne il relativo contenuto (Cass., sez. III, 8 ottobre 2021, n. 27412; nello stesso senso, già Cass., sez. lav., 20 gennaio 2003, n. 773).
Non colgono dunque nel segno le critiche della ricorrente, che s’incentrano sul profilo, di per sé non risolutivo, della regolarità del procedimento di notifica e trascurano di scalfire quel che rappresenta il dato saliente: l’idoneità dell’atto a giungere nella sfera di dominio e di controllo del destinatario.
5.– In linea con i principi enunciati da questa Corte, la sentenza impugnata ha accertato in punto di fatto che la notifica è stata effettuata in un luogo nella «pacifica disponibilità della D.F.», che lì aveva ricevuto anche la notifica del «verbale di pignoramento mobiliare» (pagina 3 della pronuncia d’appello).
I giudici del gravame soggiungono che la parte ricorrente si è limitata a porre in risalto la discrepanza tra il luogo in cui la notifica si è perfezionata e quello di formale residenza. Tale discrepanza, tuttavia, è ininfluente, in quanto non contraddice l’unica circostanza decisiva: il fatto che la costituzione in mora abbia comunque raggiunto la sfera di conoscenza del destinatario.
I giudici d’appello puntualizzano che la notifica del precetto è stata ricevuta da un soggetto convivente, secondo le dichiarazioni raccolte allorché l’incombente della notifica è stato compiuto, e che tale circostanza non è stata efficacemente contestata. Ad avviso della Corte territoriale, non sarebbe ammissibile, e sarebbe comunque irrilevante, la deduzione che nessun vincolo di coniugio intercorra con chi, dichiarandosi convivente, ha ricevuto la notifica del precetto.
Tali dati, letti in maniera sinergica e unitaria, convergono nel dimostrare che l’atto interruttivo della prescrizione è giunto nella sfera di conoscenza e di controllo dell’odierna ricorrente.
6.– Le censure della parte ricorrente si palesano inammissibili, nella parte in cui tendono a ridiscutere un accertamento di fatto congruamente motivato e corroborato da elementi significativi (il luogo in cui la notifica è stata effettuata, il soggetto che ha ricevuto l’atto).
Le critiche polarizzano l’attenzione su circostanze sprovviste di rilevanza decisiva (la formale residenza in un luogo diverso) e si sostanziano, in ultima analisi, nell’apodittica contrapposizione di una diversa lettura del compendio probatorio e nel vaglio atomistico degli elementi di fatto che la Corte territoriale ha considerato nella loro complessiva concludenza.
7.– Quanto alla censura formulata in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., la parte ricorrente è onerata d’indicare il fatto storico, il cui esame sia stato omesso, il dato, testuale o extratestuale, che ne dimostri l’esistenza, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”: l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., S.U., 7 aprile 2014, n. 8053).
All’onere previsto dal codice di rito, nei termini delineati dalla costante giurisprudenza di questa Corte, la parte ricorrente non ha ottemperato.
Quanto all’identità del luogo in cui è stato notificato il precetto con il luogo in cui è stato notificato in precedenza il verbale di pignoramento mobiliare, non solo non si tratta dell’unico elemento valorizzato dalla sentenza d’appello, ma la parte ricorrente non ha allegato di avere ritualmente introdotto nel dibattito processuale l’elemento di segno antitetico della divergenza tra i due luoghi, di per sé comunque privo di portata dirimente, e non ha neppure offerto ragguagli di sorta in ordine alla discussione che, sul profilo in esame, sarebbe insorta.
8.– Il ricorso, pertanto, dev’essere nel suo complesso respinto.
9.– La parte ricorrente è condannata a rifondere all’INPS, parte controricorrente, le spese del presente giudizio (art. 385, primo comma, cod. proc. civ.), nella misura liquidata in dispositivo.
Non si devono regolare le spese nel rapporto processuale con Agenzia delle Entrate Riscossione, che non ha svolto in questa sede attività difensiva.
10.– L’integrale rigetto del ricorso, proposto successivamente al 30 gennaio 2013, impone di dare atto dell’obbligo della ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove sia dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente a rifondere alla parte controricorrente le spese processuali, che liquida in Euro 200,00 per esborsi, in Euro 4.000,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese generali nella misura del 15% e agli accessori di legge.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1-bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
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