Corte di Cassazione, sentenza n. 19893 depositata il 12 settembre 2023
comunicazione irregolarità – dilazione – omesso versamento – cartella di pagamento – decadenza dal beneficio – motivazione – Allorchè segua l’adozione di un atto fiscale che abbia già determinato il quantum del debito di imposta e gli interessi relativi al tributo, la cartella che intimi al contribuente il pagamento degli ulteriori interessi nel frattempo maturati soddisfa l’obbligo di motivazione, prescritto dalla L. n. 212 del 2000, art. 7, e dalla L. n. 241 del 1990, art. 3, attraverso il semplice richiamo dell’atto precedente e la quantificazione dell’ulteriore importo per gli accessori
Fatti di causa
Dalla esposizione in fatto della sentenza impugnata si evince che: a seguito della notifica alla società S. s.r.l. di una comunicazione di irregolarità del modello Unico per l’anno di imposta 2009 e del mancato versamento della sesta rata del pagamento dilazionato alla stessa concesso, era stata ad essa notificata una cartella di pagamento integrale di quanto dovuto, attesa la decadenza dal beneficio della dilazione; avverso la cartella di pagamento la società aveva proposto ricorso che era stato accolto dalla Commissione tributaria provinciale di Roma limitatamente alla richiesta di pagamento della sanzione, confermando per il resto la pretesa, avendo ritenuto che il mancato adempimento degli obblighi tributari era da ricondursi alla carenza di liquidità determinata da inadempienze della Pubblica Amministrazione; la società aveva quindi proposto appello principale e l’Agenzia delle entrate aveva proposto appello incidentale per la parte relativa alle sanzioni.
La Commissione tributaria regionale del Lazio ha accolto l’appello principale della società e rigettato quello incidentale dell’Agenzia delle entrate, in particolare ha ritenuto che: erano infondati i motivi di censura che avevano riguardo alla nullità della cartella di pagamento per vizio di sottoscrizione e per inesistenza giuridica della notificazione; con riferimento alle sanzioni, doveva escludersi che sussisteva una legittima causa di forza maggiore indipendente dalla volontà della società; nondimeno, l’atto impugnato doveva essere annullato in toto, poiché non conteneva una motivazione che consentisse una chiara determinazione dell’imposta dovuta e, quindi, di accertare la correttezza dell’imposta e dei relativi oneri accessori; poiché l’amministrazione finanziaria aveva omesso di dedurre ed allegare quanto necessario per la corretta quantificazione degli interessi e delle sanzioni, l’atto impugnato doveva essere considerato illegittimo e andava annullato nella parte relativa agli interessi, sanzioni ed aggio di riscossione.
L’Agenzia delle entrate ha quindi proposto ricorso per la cassazione della sentenza affidato a due motivi di censura, cui ha resistito la società depositando controricorso, contenente ricorso incidentale affidato a due motivi di censura.
Il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale Dott. Giuseppe Locatelli ha depositato le proprie conclusioni scritte con le quali ha chiesto l’accoglimento del ricorso principale e di dichiarare inammissibile quello incidentale.
Ragioni della decisione
Sul ricorso principale
Con il primo motivo di ricorso principale l’Agenzia delle entrate censura la sentenza ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4), cod. proc. civ., per violazione dell’art. 156, comma secondo, cod. proc. civ., per contrasto tra motivazione e dispositivo.
Evidenzia la ricorrente che il percorso argomentativo seguito dal giudice del gravame evidenzia una sua intrinseca contraddittorietà decisoria, in quanto, dopo avere argomentato circa la carenza di motivazione della cartella di pagamento in quanto non consentiva una chiara determinazione dell’imposta dovuta e dopo avere censurato il mancato assolvimento dell’onere probatorio diretto ad una verifica della correttezza dell’imposta e dei relativi oneri accessori, in luogo di pronunciare l’eventuale annullamento integrale della cartella di pagamento ha ritenuto che tale vizio inficiasse la sola pretesa relativa agli interessi, alla sanzione ed all’aggio, dichiarando di annullare la suddetta cartella solo in relazione alla suddetta parte della pretesa, ma nel dispositivo, ha poi pronunciato l’accoglimento dell’appello principale.
Il motivo è infondato.
La sentenza censurata, nonostante alcune apparenti contraddizioni intrinseche (da un lato si afferma che l’atto impugnato doveva essere annullato nella sua totalità in quanto non contenente una motivazione che non consentisse di verificare chiaramente l’imposta dovuta, dall’altro si afferma che l’atto doveva essere annullato nella parte relativa agli interessi, alle sanzioni e all’aggio della riscossione) risulta avere, tuttavia, delineato il percorso logico-argomentativo seguito ed il dispositivo risulta coerente con la motivazione.
La pronuncia, in realtà, ha focalizzato l’attenzione sulla questione del difetto di motivazione dell’atto impositivo ed ha posto in evidenzia che la stessa non consentiva di verificare chiaramente quale fosse l’esatto importo dovuto, sia sotto il profilo del residuo debito ancora da corrispondere che, correlativamente, degli interessi, sanzioni ed aggio. Il ragionamento logico seguito ha avuto a suo riferimento la considerazione che nella fattispecie non si versava nell’ipotesi in cui la pretesa di cui alla cartella discendeva direttamente da quanto dichiarato e non versato dal contribuente, ma nella diversa ipotesi in cui la pretesa derivava dalla intervenuta decadenza della rateazione, sicchè, secondo il giudice del gravame, l’amministrazione finanziaria avrebbe dovuto specificare l’importo di quanto ancora dovuto a seguito del mancato pagamento delle successive rate, ciò anche ai fini della corretta determinazione degli interessi, delle sanzioni e dell’aggio, operando, in tal modo, una valutazione complessiva di indeterminatezza di quanto richiesto con la la pretesa.
È in questo ragionamento, dunque, che risiede la ragione della decisione, sicchè non può ritenersi che vi sia un contrasto tra dispositivo e motivazione, poiché, in sostanza, il dispositivo è coerente con la considerazione, illustrata in motivazione, della mancata motivazione in ordine al contenuto effettivo della pretesa, comprensiva di interessi, sanzioni ed aggio.
Con il secondo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art.
360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., per violazione dell’art. 7, legge n. 212/2000, dell’art. 12 e 20, d.P.R. n. 602/1973, per avere erroneamente ritenuto che la cartella di pagamento era priva di motivazione.
Evidenzia parte ricorrente che erroneamente il giudice del gravame ha ritenuto che la mancata indicazione delle modalità di calcolo degli interessi integrasse un vizio motivazionale capace di incidere sulla legittimità della cartella di pagamento e di travolgere l’intera pretesa, non essendo necessario, quando viene emessa la cartella di pagamento, che questa specifici il criterio di calcolo seguito ai fini della determinazione degli interessi.
Il motivo è fondato.
Va disattesa, in primo luogo, l’eccezione della controricorrente di inammissibilità del motivo in quanto il giudice del gravame avrebbe accertato che la cartella era carente di motivazione circa la misura dell’imposta capitale e della sua decorrenza ed avrebbe, quindi, compiuto un accertamento in fatto.
In realtà, con il presente motivo parte ricorrente censura la pronuncia del giudice del gravame per non avere fatto corretta applicazione dei principi di legge in ordine agli obblighi di motivazione della cartella di pagamento: non si tratta, dunque, di contrastare un accertamento in fatto compiuto dal giudice del gravame, ma di valutare la corretta applicazione della disciplina normativa di riferimento.
Sotto tale prospettiva, la questione di fondo della presente controversia ha riguardo al difetto di motivazione della cartella di pagamento emessa successivamente alla verifica del mancato pagamento della sesta rata dovuta dalla società che aveva beneficiato del pagamento rateale di quanto dovuto, incorrendo, in tal modo, nella decadenza del suddetto beneficio.
Invero, l’art. 15 ter, d.P.R. 602/1973, prevede che, in caso di rateazione ai sensi dell’articolo 3bis del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, il mancato pagamento della prima rata entro il termine di trenta giorni dal ricevimento della comunicazione, ovvero di una delle rate diverse dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva, comporta la decadenza dal beneficio della rateazione e l’iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi e sanzioni in misura piena.
Sotto tale profilo, la società era pienamente a conoscenza dell’importo ancora dovuto ai fini dell’assolvimento dell’obbligo di pagamento di quanto dovuto, sicché non può ragionarsi in ordine ad un difetto di motivazione della cartella di pagamento che aveva fatto seguito alla verifica del mancato pagamento sin dalla sesta rata del piano di rateizzazione.
Correttamente, quindi, parte ricorrente censura la sentenza per avere ritenuto che, essendo stata la cartella di pagamento emessa a seguito di intervenuta decadenza della rateazione per omesso versamento a partire dalla sesta rata, si sarebbe dovuto rendere “edotta la società delle somme dovute e non corrisposte”, poiché si tratta di una misura di cui la società era a conoscenza, avendo avuto specifica contezza, al momento in cui ha chiesto di potere pagare con pagamenti rateali, dell’importo dovuto.
Correlativamente, è corretta la ragione di censura secondo cui, essendo certa la pretesa relativa al debito di imposta, il giudice del gravame non avrebbe potuto fare discendere, come invece ha fatto, dalla ritenuta non motivazione dell’esatta misura del suddetto debito di imposta, anche l’incertezza degli interessi, sanzioni ed aggio, avendo ritenuto che la società doveva essere resa edotta “delle somme dovute e non corrisposte (determinazione dell’imposta ad una data che andava indicata e successivi adempimenti con relative scadenze) così da consentire la quantificazione degli interessi e delle sanzioni maturate a seguito dell’omesso versamento con rispettive scadenze“.
Circa, poi, la questione del calcolo degli interessi, delle sanzioni e dell’aggio dovuto, principi rilevanti sono ricavabili dalla pronuncia di questa Corte (Cass. Sez. Un., 14 luglio 2022, n. 22281) che ha esaminato la questione circa l’an ed il quomodo dell’obbligo motivazionale che l’emittente la cartella deve rispettare onde evitare che la cartella stessa possa essere inficiata da illegittimità per vizio di motivazione.
In particolare, con la suddetta pronuncia è stato affermato il seguente principio di diritto: “Allorchè segua l’adozione di un atto fiscale che abbia già determinato il quantum del debito di imposta e gli interessi relativi al tributo, la cartella che intimi al contribuente il pagamento degli ulteriori interessi nel frattempo maturati soddisfa l’obbligo di motivazione, prescritto dalla L. n. 212 del 2000, art. 7, e dalla L. n. 241 del 1990, art. 3, attraverso il semplice richiamo dell’atto precedente e la quantificazione dell’ulteriore importo per gli accessori. Nel caso in cui, invece, la cartella costituisca il primo atto con cui si reclama per la prima volta il pagamento degli interessi, la stessa, al fine di soddisfare l’obbligo di motivazione deve indicare, oltre all’importo monetario richiesto a tale titolo, la base normativa relativa agli interessi reclamati che può anche essere desunta per implicito dall’individuazione specifica della tipologia e della natura degli interessi richiesti ovvero del tipo di tributo cui accedono, dovendo altresì segnalare la decorrenza dalla quale gli interessi sono dovuti e senza che in ogni caso sia necessaria la specificazione dei singoli saggi periodicamente applicati nè delle modalità di calcolo”.
Ferma restando, dunque, la circostanza che, nella fattispecie, non può essere messa in contestazione la sussistenza dell’importo dovuto a titolo di debito di imposta, in quanto lo stesso discende dal fatto in sé che la società controricorrente era conoscenza di quanto dalla stessa ancora dovuto a seguito del mancato pagamento del debito rateizzato a partire dalla sesta rata, il giudice del gravame dovrà verificare, in sede di rinvio, facendo applicazione del suddetto principio, se la cartella di pagamento risulta motivata anche con riferimento agli ulteriori importi richiesti.
Sui motivi di ricorso incidentale
Parte controricorrente ha proposto un motivo di ricorso incidentale condizionato nell’ipotesi in cui si dovesse individuare un contrasto interno alla motivazione che, tuttavia, dovrebbe comunque condurre alla conferma del dispositivo, in quanto conforme a diritto.
Evidenzia parte controricorrente che il ragionamento del giudice del gravame sarebbe nel senso di una totale nullità motivazionale della cartella di pagamento in quanto la mancata indicazione dell’importo dovuto della somma capitale e delle relative scadenze aveva determinato l’impossibilità di quantificare gli interessi e le sanzioni e che non era stato allegato alcunchè di fronte ai rilievi della società sulla quantificazione degli interessi e delle sanzioni, sicchè la cartella doveva essere annullata per tali importi accessori.
Ne deriva, secondo parte controricorrente, che il dispositivo è comunque conforme a diritto proprio per avere ritenuto di dovere annullare la cartella di pagamento nella sua totalità e, pertanto, deve trovare conferma la statuizione censurata, essendo il dispositivo conforme a diritto.
Il rigetto del primo motivo di ricorso principale comporta l’assorbimento
del presente motivo.
Con il secondo motivo di ricorso incidentale si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5), cod. proc. civ., per omesso esame di un fatto decisivo in ordine alla questione della inesistenza della notifica della cartella di pagamento perché effettuata dal concessionario della riscossione in luogo dell’ufficiale della riscossione con le modalità di cui all’art. 26, d.P.R. n. 602/1973.
Evidenzia la controricorrente che con l’atto di appello aveva impugnato la sentenza di primo grado anche con riferimento alla questione della nullità della notifica della cartella di pagamento in quanto eseguita direttamente dall’agente della riscossione ma su di essa non si è pronunciata.
Il motivo è inammissibile, oltre che infondato.
La questione della mancata pronunciato su di un motivo di appello va censurata ai sensi dell’art. 360, comma primo. n. 4), cod. proc. civ., per violazione dell’art. 112, cod. proc. civ., non essendo idoneo lo strumento impugnatorio di cui all’art. 360, comma primo, n. 5), cod. proc. civ., che attiene all’omesso esame di un fatto storico.
In ogni caso, la questione è infondata in diritto.
Secondo questa Corte, in tema di riscossione delle imposte, la notifica della cartella di pagamento può avvenire anche mediante invio diretto, da parte del concessionario, di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, in quanto la seconda parte del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26, comma 1, prevede una modalità di notifica integralmente affidata al concessionario stesso ed all’ufficiale postale, alternativa rispetto a quella della prima parte della medesima disposizione e di competenza esclusiva dei soggetti ivi indicati (tra le tante: Cass. civ., 19 marzo 2014, n. 6395; Cass. civ., 11 febbraio 2016, n. 2790; Cass. civ., 15 marzo 2022, n. 8362).
Si è, peraltro, precisato che, in ogni caso, analogamente a quanto avviene per l’avviso di accertamento, la proposizione del ricorso del contribuente avverso una cartella di pagamento produce l’effetto di sanare le nullità della notificazione della cartella di pagamento per raggiungimento dello scopo dell’atto, ai sensi dell’art. 156, cod. proc. civ.; la natura sostanziale e non processuale della cartella di pagamento non osta, infatti, all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria, sicchè il rinvio disposto dal d.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 5 (in tema di notifica della cartella di pagamento) al d.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 (in materia di notificazione dell’avviso di accertamento), il quale, a sua volta, rinvia alle norme sulle notificazioni nel processo civile, comporta, in caso di nullità della notificazione della cartella di pagamento, l’applicazione dell’istituto della sanatoria (Cass. civ., 24 agosto 2018, n. 21071).
In conclusione, va accolto il secondo motivo di ricorso principale, infondato il primo, è in parte infondato ed in parte inammissibile il secondo motivo di ricorso incidentale, assorbito il primo, con conseguente cassazione della sentenza per il motivo accolto con rinvio alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado, anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte:
accoglie il secondo motivo del ricorso principale, infondato il primo, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza censurata per il motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.
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