CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 26368 depositata il 12 settembre 2023
Tributi – Avviso di accertamento – IRPEF – IRAP – IVA – Contratti di sponsorizzazione – Spese di pubblicità – Rigetto – ai sensi dell’art. 384, ultimo comma, c.p.c. non sono soggette a cassazione le sentenze erroneamente motivate in diritto, quando il dispositivo sia conforme al diritto
Rilevato che
– R.E. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi avverso la sentenza n. 3675/66/15 depositata in data 26 agosto 2015, con la quale la Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, aveva accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Mantova n. 114/1/2013 che aveva accolto il ricorso proposto dal contribuente contro l’avviso di accertamento con il quale l’Ufficio aveva recuperato nei confronti di quest’ultimo, quale esercente “attività di agente e rappresentante di carta, cartoleria e cancelleria”, costi ritenuti indebitamente dedotti ai fini Irpef, Irap e detratti ai fini Iva, per l’anno 2007, in riferimento a contratti di sponsorizzazione stipulati con l'(…) (di seguito (…)) e con la (…) (di seguito (…)) ritenuti non documentati, non congrui e non inerenti all’attività di impresa svolta dal contribuente;
– resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate;
– il ricorrente ha depositato memoria.
Considerato che
– con il primo motivo di ricorso si denuncia “l’errata interpretazione e falsa applicazione degli artt. 90 della l. n. 289 del 2002 e 109 del D.P.R. n. 917/1986” per avere la CTR ritenuto legittimo l’avviso di accertamento in questione applicando erroneamente alle spese di sponsorizzazione ex art. 90 della l. n. 289/2002 sostenute dal contribuente i principi ordinari di inerenza e congruità di cui all’art. 109, comma 5, del TUIR sebbene la deducibilità delle spese di sponsorizzazione ex art. 90 cit. fosse condizionata soltanto alla sussistenza dei presupposti, rinvenibili nel caso di specie, della avvenuta erogazione da parte del contribuente alle due associazioni sportive delle somme a titolo di sponsorizzazione per la promozione dei prodotti dallo stesso commercializzati e dell’attività svolta a tal fine dai soggetti beneficiari;
– il primo motivo è infondato;
– ai sensi dell’art. 384, ultimo comma, c.p.c. non sono soggette a cassazione le sentenze erroneamente motivate in diritto, quando il dispositivo sia conforme al diritto; nella specie, la sentenza impugnata benché conforme a diritto nel dispositivo, risulta erroneamente motivata nella parte in cui statuisce la necessaria prova della congruità ed inerenza delle spese di sponsorizzazione ex art. 90, comma 8, della l. 289/02, con conseguente possibile correzione della stessa nei termini che seguono;
– l’ art. 90, comma 8, della l. 289/2002 (legge finanziaria del 2003) stabilisce: “Il corrispettivo in denaro o in natura in favore di società, associazioni sportive dilettantistiche e fondazioni costituite da istituzioni scolastiche nonché di associazioni sportive scolastiche che svolgono attività nei settori giovanili riconosciuta dalle Federazioni sportive nazionali o da enti di promozione sportiva costituisce, per il soggetto erogante, fino ad un importo annuo complessivamente non superiore a 200.000 Euro, spesa di pubblicità, volta alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante mediante una specifica attività del beneficiario, ai sensi dell’art. 74, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917″;
– la disposizione di cui si discute può essere esaminata sotto due distinti profili, il primo, relativo alla natura giuridica delle sponsorizzazioni come spese di pubblicità o di rappresentanza, e, il secondo, relativo alla sussistenza o meno di una presunzione legale di inerenza e congruità delle sponsorizzazioni medesime. Il dibattito circa la qualificazione giuridica delle sponsorizzazioni quali spese di rappresentanza o di pubblicità, che è sorto anteriormente alla legge finanziaria 2008 (L. n. 227 del 2007), che ha apportato modifiche all’art. 108, comma 2, del tuir, è da ritenersi superato essendosi ormai affermato l’orientamento di questa Corte che le riconduce nel novero delle spese pubblicitarie. Prima delle suindicate modifiche introdotte dalla Finanziaria del 2008, il regime di deducibilità delle spese di rappresentanza era assai meno favorevole rispetto al regime di deducibilità delle spese pubblicitarie. Infatti, l’art. 108, comma 2, secondo periodo del tuir., consentiva la deducibilità delle spese di rappresentanza nella misura di un terzo del loro ammontare, per quote costanti nell’esercizio di sostenimento e nei quattro successivi. Per contro, il primo periodo del citato art. 108, comma 2, del tuir stabiliva l’integrale deducibilità delle spese di pubblicità, mantenendo tuttavia criteri di imputazione temporale analoghi a quelli applicabili alle spese di rappresentanza (deducibilità nell’esercizio di sostenimento o in quote costanti nell’esercizio stesso e nei quattro successivi);
– il limite in questione è stato eliminato dalla Finanziaria del 2008, che ha previsto che le spese di rappresentanza sono integralmente deducibili a condizione che soddisfino i requisiti di inerenza e congruità stabiliti dal decreto ministeriale del 19 novembre 2008, anche in funzione della natura e della destinazione delle stesse e del volume dei ricavi dell’attività caratteristica dell’impresa;
– in linea generale, ai sensi dell’art. 108 del d.p.r. 917 del 1986, il criterio discretivo tra spese di rappresentanza e spese di pubblicità va individuato negli obiettivi perseguiti, atteso che le prime sono sostenute per accrescere il prestigio della impresa senza dar luogo ad una aspettativa di incremento delle vendite, se non in via mediata e indiretta attraverso il conseguente aumento della sua notorietà e immagine, mentre le seconde hanno una diretta finalità promozionale di prodotti e servizi commercializzati, mediante l’informazione ai consumatori circa l’esistenza di tali beni e servizi, unitamente all’evidenziazione e all’esaltazione delle loro caratteristiche e dell’idoneità a soddisfarne i bisogni, in modo da incrementare le relative vendite (Cass., sez. 5, 21/04/2021, n. 10440; Cass., 17/02/2016, n. 3087);
– di norma, le spese di sponsorizzazione costituiscono spese di rappresentanza, deducibili nei limiti della disposizione menzionata, ove il contribuente non provi che all’attività sponsorizzata sia riconducibile una diretta “aspettativa di ritorno commerciale” (Cass., sez. 6-5, 5/03/2012, n. 3433; Cass. sez. 5, 27/05/2015, n. 10914; Cass., sez. 5, 23/03/2016, n. 5720). Pertanto, laddove non vi sia alcun nesso tra l’attività sponsorizzata e quella posta in esser dallo sponsor, le relative spese non possono essere considerate di pubblicità, e come tali integralmente deducibili, ma devono ritenersi spese di rappresentanza soggette ai limiti previsti dall’art. 108 del TUIR. e dalle disposizioni secondarie attuative (Cass. sez. 5, 23/03/2016, n. 5720);
–una eccezione alla giurisprudenza sinora richiamata è invece prevista dal richiamato art. 90,comma 8 , della legge finanziaria 2003 laddove, a fronte delle erogazioni dello sponsor, lo sponsee si impegna ad una serie di attività promozionali suscettibili di valutazione economica. Si e’, al riguardo, spiegato che la citata disposizione ha introdotto, a favore del solo “soggetto erogante” il corrispettivo (nella specie la società controricorrente) e non, invece, a favore dell’associazione sportiva che riceve l’erogazione di denaro (cfr. Cass., sez. 6-5, 26/06/2019, n. 17196, in motivazione), una presunzione legale assoluta circa la natura pubblicitaria di tali spese, e ciò in assoluta sintonia con i documenti di prassi;
– infatti, con la circolare n. 21/E del 22 aprile 2003, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che “La disposizione in esame introduce, in sostanza, ai fini delle imposte sui redditi, una presunzione assoluta circa la natura di tali spese, che vengono considerate – nel limite del predetto importo – comunque di pubblicità e, pertanto, integralmente deducibili per il soggetto erogante ai sensi dell’art. 74, comma 2, del TUIR nell’esercizio in cui sono state sostenute o in quote costanti nell’esercizio medesimo e nei quattro anni successivi“. Ha, ulteriormente, evidenziato, con la risoluzione n. 57/E del 23 giugno 2010, che “la fruizione dell’agevolazione in esame è subordinata alla sussistenza delle seguenti condizioni: 1) i corrispettivi erogati devono essere necessariamente destinati alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante; 2) deve essere riscontrata, a fronte dell’erogazione, una specifica attività del beneficiario della medesima”;
– questa Corte ha più volte ribadito che “in tema di detrazioni fiscali, le spese di sponsorizzazione di cui all’ art. 90, comma 8, della l. n. 289 del 2002, sono assistite da una “presunzione legale assoluta” circa la loro natura pubblicitaria, e non di rappresentanza, a condizione che:
a) il soggetto sponsorizzato sia una compagine sportiva dilettantistica;
b) sia rispettato il limite quantitativo di spesa; c) la sponsorizzazione miri a promuovere l’immagine ed i prodotti dello sponsor; d) il soggetto sponsorizzato abbia effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale” (Cass., sez. 6-5, 7/06/2017, n. 14232), “senza che rilevino, pertanto, requisiti ulteriori” (Cass., sez.6-5, 6/04/2017, n. 8981; v., altresì, Cass., sez. 6-5, 21/03/2017, n. 7202; Cass., sez. 6-5, 19/01/2018, n. 1420; Cass., sez. 6-5, 30/05/2018, n. 13508, nonché Cass., sez. 6-5, 26/09/2018, n. 22855; Cass., sez. 6-5, 6/05/2020, n. 8540);
– per quel che, invece, attiene all’altro profilo, il citato art. 90, comma 8, costituisce norma speciale, destinata a derogare anche al regime generale di deducibilità dei costi previsto dall’art. 109 del TUIR., trattandosi di disposizione che detta peculiari condizioni di deducibilità delle spese di pubblicità che rispondono alle specifiche esigenze del settore di riferimento, ossia delle compagini sportive dilettantistiche;
-come è stato sottolineato da autorevole dottrina, la norma intende perseguire finalità diverse che, con tutta evidenza, possono essere rintracciate nella voluntas legis di approntare un regime agevolativo per quei soggetti che decidono di investire nello sport amatoriale e di favorire – tramite la leva fiscale – la diffusione di questo genere di attività giudicate socialmente utili e degne di protezione, stante anche la rilevanza costituzionale dello sport. In sostanza, il legislatore ha stabilito una presunzione assoluta di deducibilità del costo, rendendo non sindacabile la scelta dell’imprenditore di promuovere il nome, il marchio o l’immagine attraverso iniziative pubblicitarie nel settore sportivo dilettantistico. Non si può, quindi, negare lo scomputo dei costi di sponsorizzazione sulla base di una asserita assenza di una diretta aspettativa di ritorno commerciale, atteso che una tale soluzione non si porrebbe neppure in linea con la stessa nozione di inerenza, come delineatasi nel tempo, che è di natura qualitativa e non quantitativa (Cass. sez. 5, 20/12/2018, n. 33030; Cass. sez. 5, 16/12/2019, n. 33120; Cass., sez. 5, 4/03/2020, n. 6017), e non è dunque più basata sulla necessaria riconducibilità dell’onere alla percezione di ricavi da parte dell’impresa che sostiene il costo;
– neppure, secondo la dottrina, è consentita la contestazione della incongruità o dell’antieconomicità del costo, dal momento che nel campo delle sponsorizzazioni è improponibile, se non impossibile, individuare l’ammontare “congruo” di una sponsorizzazione, poiché queste spese, di solito, sono sostenute nella prospettiva di aumentare i ricavi, senza la ben che minima garanzia che tale obiettivo possa essere davvero conseguito. Il peculiare regime approntato dall’art. 90, comma 8, citato, come evidenziato dalle recenti pronunce di questa Corte, in forza della sua natura agevolativa, fissa una presunzione assoluta di inerenza e congruità delle sponsorizzazioni rese a favore di imprese sportive dilettantistiche laddove risultino soddisfatti i requisiti sopra indicati, ossia che i corrispettivi erogati siano destinati alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante e sia riscontrata, a fronte dell’erogazione, una specifica attività del beneficiario della medesima (Cass. 14/09/2017, n. 21333; Cass., 19/01/2018, n. 1420; Cass., sez. 6-5, 6/05/2019, n. 11797; Cass., sez. 6- 5, 9/07/2018, n. 17973; Cass., sez. 6-5, 15/01/2020, n. 8540; Cass. n. 21452 del 2021 e N. 18510/2022), e consente, di conseguenza, di ritenere integralmente deducibili tali spese dal soggetto sponsor.
– nella sentenza impugnata, se è vero che la CTR ha erroneamente affermato – e sul punto va corretta la motivazione nei termini di cui sopra – che, ai fini della deducibilità delle spese di sponsorizzazione ex art. 90, comma 8, della l. 289/2002, dovesse essere fornita la dimostrazione anche della loro congruità ed inerenza, requisiti, nella specie, ritenuti non provati dal contribuente atteso che, quanto alla congruità dei costi, “non si era verificato alcun significativo incremento dei ricavi né dei redditi” dello stesso e quanto all’inerenza, considerato che il contribuente, agente e rappresentante di carta e cartoleria, aveva emesso fatture per provvigioni nei confronti dell’unica società (…) s.r.l. operante nel settore della cartoleria, “non era palese quale e in quale misura sussistesse il nesso economico e commerciale… anche soltanto potenziale tra promozioni mediante i mezzi pubblicitari menzionati, aumento delle vendite di prodotti altrui e aumento delle provvigioni da parte del sponsorizzante”, la CTR, nell’escludere- con un accertamento in fatto non sindacabile in sede di legittimità- che la società avesse fornito la prova documentale delle spese in questione (per irregolarità dei contratti, delle fatture e delle ricevute prodotte) ha sostanzialmente ritenuto non provate dal contribuente le due condizioni per l’applicabilità dell’art. 90, comma 8, cit. della effettiva corresponsione da parte del contribuente delle somme a titolo di sponsorizzazione per la promozione dei prodotti dallo stesso commercializzati e della specifica attività del beneficiario della stessa; in particolare, come osservato dal giudice di appello, il contratto stipulato con l'(…) riportava una data (1/4/2007) di sottoscrizione successiva a quella di instaurazione del rapporto (dal 1/1/2007 al 31/12/2007), l’indicazione assolutamente generica degli obblighi della beneficiaria e delle modalità di pagamento delle sponsorizzazioni, neanche indicate sulle fatture emesse in numero di due anziché, come previsto, di una sola; ugualmente il contratto stipulato con la (…) recava la data del 1.11.2007, successiva alla conclusione del rapporto (dal 1/9/2006 al 30/5/2007), le fatture emesse dall’Associazione riportavano date non ricadenti nel periodo di vigenza del contratto, prive di alcuna indicazione delle modalità di pagamento di detti importi e le copie delle ricevute di pagamento emesse dalla ASCV indicavano una data antecedente a rispetto a quella della prima fattura (pag. 2-3 della sentenza impugnata); sulla base di tali riscontrate irregolarità la CTR ha ritenuto “non giustificate documentalmente” le spese di sponsorizzazione e, pertanto, sostanzialmente non provate le condizioni per l’applicabilità dell’art. 90, comma 8, cit., della erogazione dei corrispettivi da parte dello sponsor e dello svolgimento, a fronte dell’erogazione, di una specifica attività del beneficiario della medesima;
– con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 90 della l. n. 289/2002 e 109 del D.P.R. n. 917/1986 per avere la CTR mal governato i principi in materia di inerenza e congruità delle spese, facendo riferimento sotto tale profilo ad irrilevanti “anomalie comportamentali” del contribuente (quali assunte irregolarità dei contratti, delle fatture e delle ricevute prodotte), escludendo la congruità delle spese in base ad elementi del tutto inconferenti, quali il mancato incremento dei ricavi e l’entità della sponsorizzazione, nonché ritenendo non inerenti le spese in base ad un giudizio di merito sull’opportunità della scelta imprenditoriale del contribuente di sostenere la sponsorizzazione (nel considerare non sussistente il nesso economico e commerciale tra promozioni mediante mezzi pubblicitari, aumenti delle vendite di prodotto altrui e aumenti delle provvigioni da parte del sponsorizzante in base alla circostanza irrilevante dell’avvenuta emissione da parte del contribuente di fatture per provvigioni nei confronti di un’unica società, operante nel settore della cartotecnica);
– il rigetto del primo motivo di ricorso, con integrazione parziale della motivazione, rende inutile la trattazione del secondo motivo, con assorbimento dello stesso;
– in conclusione, il ricorso va rigettato;
– le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento in favore dell’Agenzia delle entrate delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 7.600,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito;
Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.p.r. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
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