CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 26707 depositata il 18 settembre 2023
Tributi – Avviso di accertamento – IRES – IVA – IRAP – Deducibilità costo forza lavoro – Liste di mobilità – Accoglimento – non sono deducibili dal reddito i costi sostenuti da una società per ingaggiare personale collocato nelle liste di mobilità da altre società del gruppo, fruendo di indebite agevolazioni contributive ai danni dell’Inps, perché direttamente connessi al reato di truffa nei confronti dell’ente
Ritenuto che
L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Puglia, n. 1665/2016, dep. il 21/06/2016 che, in controversia su impugnazione da parte di (…)- (…) s.r.l., di avviso di accertamento relativo ad IRES, IVA e IRAP per l’anno 2007 – con il quale era stato determinato un maggior reddito a seguito del mancato riconoscimento di costi considerati indeducibili perché riferiti a forza lavoro rinveniente dalle liste di mobilità di cui alla L 223 del 1992, art. 6, assunta dalla società in violazione delle disposizioni contenute nella l. 537 del 1993, art. 14, comma 4 bis, ha rigettato l’appello dell’Ufficio, confermando la decisione di prime cure.
La CTP aveva accolto il ricorso della società contribuente, dichiarando deducibili i costi relativi all’impiego di manodopera in mobilità, ritenendo che il costo sopportato per la manodopera realmente impiegata nel ciclo della lavorazione fosse un costo effettivo e pertanto non collegato all’attività posta in essere dalla società per sottrarsi al pagamento dei contributi previdenziali relativi e per lucrare le corrispondenti agevolazioni. Ha pertanto statuito che “lo stesso art. 14 cit., prevedendo una clausola di salvaguardia (…) indica incontrovertibilmente che sono indeducibili soltanto i costi riconducibili a reati ma non quelli presi in esame nel nostro caso, in cui i costi dedotti derivano da attività lecite”.
L’Agenzia delle entrate proponeva appello, evidenziando che i costi recuperati a tassazione erano incontestabilmente collegati a condotte penalmente rilevanti ed erano, pertanto, indeducibili ai sensi della l. 537 del 1993, art. 14 comma 4-bis. La CTR, confermando la decisione dei primi giudici, ha rigettato l’appello, ritenendo che nella fattispecie la società ha dedotto costi di manodopera regolarmente assunta, trattandosi di “costi che hanno retribuito il lavoro lecito di manodopera (personale) estranei all’illecito (Inps)” per i quali “non può trovare applicazione il limite della tassazione posta alle attività illecite”, preso atto che “I costi dedotti, sono da considerarsi certi e inerenti” ed effettivamente “sopportati dalla contribuente e iscritti nelle scritture del bilancio, la cui precisazione e correttezza contabile non è stata messa in discussione dall’accertamento”.
L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione sulla base di un motivo. La società contribuente è rimasta intimata.
Considerato che
1. Con l’unico motivo del ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione della l. n. 537 del 1993, art. 14 comma 4-bis, il relazione alla L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 8, comma 4-bis, ed agli artt. 640, comma 2, n. 1 e 483 c.p., ex art. 360 c.p.c., n. 3, per non aver la CTR riconosciuto l’indeducibilità dei costi che si riferiscono alla manodopera assunta mediante una condotta fraudolenta che configura i reati di truffa aggravata ai danni dell’INPS e di falsità ideologica, per i quali pende giudizio penale.
2. Il motivo è fondato.
3. La giurisprudenza di legittimità, a seguito della introduzione del d.l. n. 16 del 2012, art. 8 comma 2, convertito con modificazioni in l. n. 44 del 2012, e della conseguente novella che ha interessato la l 24 dicembre 1993, n. 537, art. 14 comma 4 bis, ha chiarito il significato, la portata e i limiti interpretativi della disciplina regolatrice delle operazioni inesistenti, soggettivamente ed oggettivamente tali, anche quando relazionate a condotte penalmente rilevanti, delineando i limiti della deducibilità dei costi o spese direttamente riconducibili a fatti qualificabili come reato, anche in relazione al momento in cui tali costi sono stati sostenuti. Nello specifico l’art. 8 prevede che ” Il comma 4-bis dell’art. 14 della l. 24 dicembre 1993, n. 537, è sostituito dal seguente: “4-bis. Nella determinazione dei redditi di cui all’art. 6, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917, non sono ammessi in deduzione i costi e le spese dei beni o delle prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo per il quale il pubblico ministero abbia esercitato l’azione penale o, comunque, qualora il giudice abbia emesso il decreto che dispone il giudizio ai sensi dell’art. 424 c.p.c. ovvero sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell’art. 425 dello stesso codice fondata sulla sussistenza della causa di estinzione del reato prevista dall’art. 157 c.p. “.
3.1. Alla luce della indicata normativa, che opera come ius superveniens con efficacia retroattiva “in bonam partem”, applicabile al caso di specie, è stato chiarito dalla giurisprudenza che l’acquirente dei beni può dedurre i costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti, anche nell’ipotesi in cui sia consapevole del loro carattere fraudolento, salvi i limiti derivanti, in virtù del d.p.r. n. 917 del 1986, dai principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità, mentre è esclusa la deducibilità dei costi delle operazioni oggettivamente inesistenti (Cass. 7 dicembre 2016, n. 25249; 6 luglio 2018, n. 17788; 15 marzo 2022, n. 8480).
3.2. Un limite alla deducibilità è relazionato alla diretta utilizzazione di quei costi o spese per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo. E’ stato a tal fine chiarito che in tema di tassabilità dei proventi da attività illecita, a norma della l. n. 537 del 1993, art. 14 comma 4 bis, nella formulazione introdotta dall’art. 8, comma 1, cit., norma integrante ius superveniens, astrattamente più favorevole al contribuente e quindi avente efficacia retroattiva, l’esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero, con la richiesta di rinvio a giudizio, è sufficiente ad escludere la deducibilità dei costi e delle spese dei beni o delle prestazioni di servizi direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo (Cass. 5 dicembre 2019, n. 31789; Cass. 1 aprile 2021, n. 9077). Non sono pertanto deducibili i costi e le spese dei beni o delle prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività nel caso di illeciti penalmente rilevanti (cfr. Cass. n. 26461/ 2014; conf. Cass. n. 17788 del 6/07/2018; v. anche Cass., n. 31059 del 28/12/2017).
3.3. Va ancora ribadito che, ai sensi dell’art. 14, comma 4-bis, cit., devono ritenersi costo o spesa direttamente “utilizzati” per il compimento del delitto, ed in quanto tali non deducibili, anche quelli sostenuti in un momento successivo al perfezionamento della fattispecie delittuosa ogni qual volta il loro sostenimento trovi titolo nell’assunzione, da parte dell’agente, di una obbligazione strutturalmente funzionale alla realizzazione del delitto (Cass. 28 dicembre 2017, n. 31059).
3.4. Nella fattispecie, il costo relativo al reclutamento del personale – collocato nelle liste di mobilità della (…) spa e dalle altre aziende del medesimo gruppo – ancorché regolarmente sostenuto e appostato in bilancio, era direttamente connesso alla fattispecie di reato (truffa ai danni dell’Inps) e quindi indeducibile ai sensi della norma indicata. Ciò in quanto l’illecito commesso al momento della irregolare assunzione dalle liste di mobilità per ottenere i benefici economici consistenti nella riduzione dell’aliquota contributiva ha dato titolo all’obbligazione funzionale alla realizzazione del delitto, consistita nel pagamento dello stesso personale.
3.5. Sul punto questa Corte (Cass. pen., n. 22108 del 19/12/2014, conf. N. 42994 del 7/07/2015) ha statuito che in tema di reati tributari, l’indeducibilità dei componenti negativi relativi a beni o servizi direttamente utilizzati per il compimento di delitti non colposi, di cui alla l. n. 537 del 1993, art. 14 comma 4-bis, (come modificato dal d.l. 2 marzo 2012, n. 16, art.8 conv. in l. n. 44 del 2012) non deriva esclusivamente dal loro impiego per finanziare atti immediatamente qualificabili come delitto doloso, ma anche dalla loro inerenza a più generali attività delittuose alle quali l’impresa non sia estranea e per il cui perseguimento abbia sostenuto i costi fittiziamente fatturati, ancorché realmente sostenuti.
3.6. Va pertanto confermato il principio già affermato da questa Corte (cfr. Cass. n. 24646 del 2018), secondo cui non sono deducibili dal reddito i costi sostenuti da una società per ingaggiare personale collocato nelle liste di mobilità da altre società del gruppo, fruendo di indebite agevolazioni contributive ai danni dell’Inps, perché direttamente connessi al reato di truffa nei confronti dell’ente.
4.Nel caso di specie i giudici di secondo grado hanno statuito sulla deducibilità dei costi di manodopera, basandosi unicamente sulla liceità del lavoro retribuito e svolto dai dipendenti, senza adeguatamente motivare e dare rilievo alla esistenza o meno di un legame strutturale-funzionale tra il costo del lavoro recuperato a tassazione e il compimento delle fattispecie di reato, oggetto di un processo penale. Infatti, se è vero che le prestazioni lavorative non possono integrare di per sé un atto delittuoso, affinché i relativi costi possano essere dedotti è necessario che da tali attività non siano inerenti a più generali attività delittuose svolte dall’impresa. In presenza di una notizia di reato, il giudice di merito, per riconoscere la deducibilità dei costi in esame, avrebbe dovuto indagare se l’acquisizione di fattori produttivi (costo della manodopera) funzionali allo svolgimento dell’attività lecita d’impresa, fossero in un rapporto di strumentalità con la commissione del reato.
5.Conclusivamente il ricorso va accolto e la sentenza cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, sezione staccata di Lecce, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, sezione staccata di Lecce, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
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