La Corte di Cassazione con l’ordinanzan.za n. 27545 depositata il 28 settembre 2023, intervenendo in tema di interessi usurari, ha affermato che “… in caso di azione giudiziaria con la quale si contesta mediante dettagliata relazione peritale l’applicazione di saggi di interesse illegittimi nel corso di rapporti bancari, per l’istituto bancario convenuto, che intenda contestare il computo dei saggi, non è sufficiente una contestazione generica, che faccia riferimento all’art. 115 c.p.c., ma è necessaria l’indicazione dei saggi che, in tesi difensiva, sarebbero stati effettivamente applicati …”
I giudici di legittimità, in contrasto con la sentenza n. 24675 del 2017, hanno affermato quanto sopra riportato, alla luce di quanto “… le Sezioni Unite con sentenza n. 7294/17 hanno statuito che: <<Nei contratti di mutuo, allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell’usura, come determinata in base alle disposizioni della legge n. 108 del 1996, non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all’entrata in vigore della predetta legge o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula, né la pretesa del mutuante, di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato, può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di detta soglia, contraria al dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto>>
Tuttavia, nella stessa richiamata sentenza le Sezioni Unite hanno ritenuto opportuno precisare in motivazione che: <<È evidente, infatti, che far salva la validità ed efficacia della clausola contrattuale non significa negare la praticabilità di altri strumenti di tutela del mutuatario previsti dalla legge, ove ne ricorrano gli specifici presupposti; significa soltanto negare che uno di tali strumenti sia costituito dalla invalidità o inefficacia della clausola in questione>>.
Più di recente, le Sezioni Unite, tornando sull’argomento con sentenza n. 19597 del 2020, sopra già citata, oltre ad affermare che
<<La disciplina antiusura, essendo volta a sanzionare la promessa di qualsivoglia somma usuraria dovuta in relazione al contratto, si applica anche agli interessi moratori>> e che <<nei contratti conclusi con i consumatori è altresì applicabile la tutela prevista dagli artt. 33, comma 2, lett. f) e 36, comma 1, del d.lgs. n. 206 del 2005 (codice del consumo), essendo rimessa all’interessato la scelta di far valere l’uno o l’altro rimedio>> – hanno precisato che: <<In tema di contratti di finanziamento, l’interesse ad agire per la declaratoria di usurarietà degli interessi moratori sussiste anche nel corso dello svolgimento del rapporto, e non solo ove i presupposti della mora si siano già verificati; tuttavia, mentre nel primo caso si deve avere riguardo al tasso-soglia applicabile al momento dell’accordo, nel secondo la valutazione di usurarietà riguarderà l’interesse concretamente praticato dopo l’inadempimento>>. …”
Il Supremo consesso ha ritenuto, anche in relazione ad un rapporto di conto corrente, che “… è illegittima la pretesa della banca in relazione all’importo (individuato dal CTU) eccedente la soglia di usura, anche se i saggi di interesse usurario sono sopraggiunti in corso di rapporto”.
Per cui gli interesse usurari sopraggiunti in corso di causa costituiscono importi indebiti, con la conseguenza che il creditore che pretenda il pagamento di interessi divenuti ultralegali nel corso del rapporto richiederebbe l’esecuzione di una prestazione oggettivamente sproporzionata; il suo comportamento sarebbe, infatti, contrario al generale principio di buona fede contrattuale, che impone alle parti comportamenti collaborativi, anche in sede di esecuzione del contratto.
Pertanto, i giudici di piazza Cavour con la sentenza in commento hanno riaffermato il principio di diritto secondo cui qualora il superamento del tasso soglia avviene successivamente alla stipula del contratto ma solo in due ipotesi:
- quando il contratto sia stato stipulato in periodo antecedente all’entrata in vigore della legge n. 108 del 1996 (normativa antiusura);
- quando durante il contratto il tasso soglia diminuisca e, per effetto di questa discesa, il tasso del finanziamento (nel frattempo rimasto fisso) diventi usurario;
- quando, per i contratti di conto corrente, a seguito delle modifiche unilaterale delle clausole contrattuali da parte della banca.
I giudici della Suprema Corte hanno ricordato il principio di diritto secondo cui “… Nelle controversie relative alla spettanza e alla misura degli interessi moratori, l’onere della prova, ai sensi dell’art. 2697 c.c., si atteggia nel senso che il debitore che intenda dimostrare l’entità usuraria degli stessi è tenuto a dedurre il tipo contrattuale, la clausola negoziale relativa agli interessi moratori e quelli applicati in concreto, l’eventuale qualità di consumatore, la misura del T.e.g.m. nel periodo considerato e gli altri elementi contenuti nel decreto ministeriale di riferimento, mentre la controparte dovrà allegare e provare i fatti modificativi o estintivi dell’altrui diritto …” (Sezioni Unite sentenza n. 19597 del 2020)
In altri termini per la Suprema Corte il correntista non paga gli interessi usurari non pattuiti in origine ma che sono sopraggiunti durante il rapporto. In quanto anche i tassi ultralegali sopraggiunti costituiscono importi che l’ordinamento ritiene indebiti.
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