CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 28233 depositata il 9 ottobre 2023
Tributi – IRPEF, ILOR e contributo al SSN – Istanza di rimborso – Silenzio rifiuto – Impugnazione – Mancanza di documentazione in allegato alla domanda di rimborso – Principio di non contestazione – Accoglimento parziale
Rilevato
1. La sig.ra G.S. e il sig. G.S. impugnavano il silenzio rifiuto opposto dall’Ufficio avverso l’istanza di rimborso presentata dalla prima ed avente ad oggetto il 90 % delle somme versate a titolo di Irpef, Ilor e contributo al SSN per Euro 14.951,12 relativamente agli anni d’imposta (…) ed ai sensi del disposto di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17. Al ricorso i contribuenti allegavano l’istanza presentata dalla sig.ra G.S., unitamente ad alcuni articoli di stampa e a copie di sentenze di questa Corte. Costituitosi l’Ufficio, la CTP rigettava l’impugnazione per carenza probatoria in ordine alla prova degli avvenuti versamenti delle somme chieste a rimborso.
2. I contribuenti proponevano appello avverso la decisione di primo grado, lamentando che le prove di versamento risultavano dai dati risultanti dall’anagrafe tributaria. Costituitosi l’Ufficio, la CTR riformava parzialmente la decisione di primo grado. Previa declaratoria di inammissibilità del ricorso dal sig. G.S. per non aver quest’ultimo presentato alcuna istanza, riteneva adempiuto l’onere probatorio da parte della sig.ra G. alla luce di quanto prodotto nel corso del primo grado di giudizio e per nulla aver eccepito a contrariis l’Ufficio. Nel merito, riteneva poi fondata la domanda disattendendo l’eccezione dell’Amministrazione finanziaria che ne rilevava l’incompatibilità con il diritto unionale alla luce della decisione n. 195/2016 n. C. (2015) 5549 del 18.02.2016. Affermava infatti l’inapplicabilità dei principi di cui alla citata pronuncia, promanando da una normativa successiva ai fatti di giudizio, sì da costituire ius superveniens, con l’onere a carico della CTR di verificare la ricorrenza dei presupposti di fatto per l’applicabilità del regolamento de minimis (Reg. CE n. 1407/2013 e Reg. CE n. 717/2014).
3. Ricorre per la cassazione della sentenza l’Avvocatura generale dello Stato che si affida a tre motivi di doglianza, cui replicano i contribuenti con controricorso.
Considerato
1. Con il primo motivo il patrono erariale denunzia la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 18, 19, 22 e 27 in parametro all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
1.1 In sintesi, deduce l’illegittimità della sentenza nella parte in cui ha riconosciuto il diritto al rimborso della contribuente pur in assenza di produzione documentale, allegata all’originaria istanza, attestante il versamento delle imposte e per aver omesso di dichiarare d’ufficio l’inammissibilità del ricorso di primo grado.
2. Con il secondo motivo critica la sentenza nella parte in cui ha violato i principi applicabili in materia di onere della prova giacché, in assenza di produzione documentale attestante il versamento delle imposte, il diritto al rimborso non può essere riconosciuto in ragione della mera mancata contestazione da parte dell’Ufficio.
3. Con il terzo motivo propone violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, della L. 190 del, art. 1, comma 665 (ndr L. 190 del 2014, art. 1, comma 665) e s.m.i., degli art. 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea; dei principi stabiliti dalla Commissione Europea con decisione (UE) 2016/195, notificata con il n. C (2015) 5549 final e dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Con l’ultimo motivo di gravame la parte ricorrente prospetta la violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, della L. n. 190, art. 1, comma 665 (ndr L. 190 del 2014, art. 1, comma 665) e s.m.i., degli art. 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea; dei principi stabiliti dalla Commissione Europea con decisione (UE) 2016/195, notificata con il n. C (2015) 5549 final e dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 Critica la sentenza per aver fatto mal governo dei suestesi principi che avrebbero vietato il riconoscimento del richiesto rimborso in favore dei soggetti svolgenti attività d’impresa.
4. Il primo motivo è inammissibile nella parte in cui deduce l’inammissibilità del ricorso introduttivo per mancanza allegazione, all’istanza di rimborso, delle prove dei versamenti eseguiti e, quindi, proposto in violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 18,19 e 21. Ciò sia perchè motivo nuovo, non risultando che la questione – non rilevabile d’ufficio – sia stata posta nei gradi di merito, sia per difetto di autosufficienza, non avendo la ricorrente riprodotto nel ricorso il contenuto di quell’istanza, che neppure ha allegato, così impedendo di effettuare il necessario vaglio di fondatezza del motivo (cfr. Cass., 10 marzo 2021, n. 6729; n. 28829 del 2021). Nella specie, quindi, oltre a non aver dedotto la formulazione della censura nei giudizi di merito, la ricorrente nemmeno ha trascritto in ricorso il contenuto dell’istanza di rimborso per dimostrare l’indeterminatezza della pretesa restitutoria (Cfr. Cass., V, n. 21741/2023).
4.1 In ogni caso il motivo è anche infondato.
Questa Corte ha già avuto modo di affermare che dalla lettera del D.L. n. 91 del 2017, art. 16-octies come modificato dalla Legge di conversione n. 123 del 2017, che ha modificato la L. 23 dicembre 2014, n. 190, art. 1, comma 665 (ndr L. 190 del 2014, art. 1, comma 665), si deduce che “…la mancanza di documentazione in allegato alla domanda di rimborso, e quindi, in sostanza, la carenza di prova per determinare l’an ed il quantum del rimborso, non sono considerati dal legislatore direttamente motivo di rigetto o di inammissibilità dell’istanza, dando vita piuttosto ad un confronto con l’ufficio ed alla possibilità di integrazione dei documenti rilevanti…” (Cfr. Cass., V, n. 13771/2019).
Il motivo va dunque disatteso.
5. Il secondo motivo è invece fondato e va accolto.
In materia “questa Corte ha già avuto modo di affermare (Cass. n. 29613 del 29/12/2011; Cass. n. 6550 del 27/04/2012; Cass. n. 15026 del 02/07/2014) che quando si controverta su una domanda di rimborso del contribuente, quest’ultimo riveste la qualità di attore in senso non soltanto formale – come nei giudizi di impugnazione di un atto impositivo – ma anche sostanziale. Ciò significa, in primo luogo, che l’onere di allegare e provare i fatti ai quali la legge ricollega il trattamento impositivo rivendicato in domanda grava sul contribuente; secondariamente, che le argomentazioni con le quali l’Ufficio nega la sussistenza di detti fatti o contesta che i medesimi siano qualificabili giuridicamente nei termini proposti dal contribuente, costituiscono “mere difese”, come tali non soggette ad alcuna preclusione processuale, salva l’ipotesi del formarsi di un giudicato interno o, ricorrendone i presupposti, l’applicazione del principio di non contestazione. Con riferimento a tale ultimo principio, certamente applicabile anche nel processo tributario (Cass. n. 1540 del 24/01/2007; Cass. n. 7827 del 31/03/2010), è stato chiarito, proprio in relazione ad una fattispecie similare, che esso non può operare nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria neghi in radice l’esistenza del credito, sicché il difetto di specifica contestazione dei conteggi funzionali alla quantificazione del credito oggetto della pretesa del contribuente può avere rilievo solo quando si riferisca a fatti non incompatibili con le ragioni della contestazione dell’an debeatur. Invero, il principio di non contestazione opera sul piano della prova e non contrasta, né supera, il diverso principio per cui la mancata presa di posizione sul tema introdotto dal contribuente non restringe il thema decidendum ai soli motivi contestati se sia stato chiesto il rigetto dell’intera domanda (Cass. n. 9732 del 12/05/2016).” (cfr. Cass., V, n. 14998/2023). Ne’ a tal fine può valere il richiamo alla dichiarazione sostitutiva di atto notorio che, parimenti, non può assurgere a fonte di prova (Cfr. Cass., V, n. 31588/2021).
6. Il terzo motivo resta assorbito dall’accoglimento del secondo motivo di ricorso.
7. In definitiva, il ricorso è fondato per le ragioni attinte dal secondo motivo, la sentenza dev’essere cassata con rinvio al giudice di merito perché si uniformi all’indicato principio di diritto.
P.Q.M.
Rigetta il primo motivo, accoglie il secondo, dichiara assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado per la Sicilia – Sezione staccata di Siracusa, cui demanda altresì la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
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