CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 28453 depositata il 12 ottobre 2023
Tributi – Avviso di accertamento – IMU – Delibera comunale di designazione funzionario – Omissione oneri argomentativi – Firma a stampa del funzionario – Qualifica dirigenziale per tutti gli atti a rilevanza esterna – Requisiti soggettivi del funzionario – Rigetto
Rilevato che
H.B. S.r.L. propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Calabria aveva respinto l’appello avverso la sentenza n. 2721/2020 della Commissione Tributaria Provinciale di Cosenza, in rigetto del ricorso proposto avverso avviso di accertamento IMU (…), emesso dal Comune di Diamante;
la Curatela resiste con controricorso.
Considerato che
1.1. con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, “nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c. e art. 2697 c.c.” e lamenta che la Commissione Tributaria Regionale abbia “travisato ed erroneamente percepito il contenuto del documento prodotto dall’Ente Impositore a sostegno della dedotta sussistenza dei requisiti legittimanti l’utilizzo, per la sottoscrizione dell’atto impositivo oggetto di ricorso da parte del Funzionario Responsabile per l’emanazione degli atti, della c.d. firma a stampa, in luogo di quella autografa”;
1.2. con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “violazione e falsa applicazione della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 162 e L. n. 549 del 1995, art. 1, comma 87, nonché dell’art. 2697 c.c.” per avere la Commissione tributaria regionale ritenuto legittimo l’avviso di accertamento impugnato pur in assenza di apposito provvedimento dirigenziale che autorizzasse il funzionario responsabile del tributo ICI/IMU del Comune di Diamante alla sottoscrizione dell’atto in parola con firma meccanografica, in luogo di quella autografa;
2.1. il primo motivo va disatteso;
2.2. nel giudizio di cassazione, la parte non può dolersi del modo in cui il giudice di merito ha compiuto le proprie valutazioni discrezionali, in ordine ai diversi significati in astratto ricavabili dai mezzi di prova acquisiti al giudizio, mentre l’illegittima utilizzazione di prove inesistenti, perché riferite a fonti mai dedotte in giudizio oppure a informazioni probatorie prive di alcuna possibile o immaginabile connessione con le fonti appartenenti al processo, è sindacabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto integrante violazione dell’art. 115 c.p.c., ma non rileva quale errore revocatorio ex art. 395 c.p.c., n. 4, trattandosi di un fatto su cui il giudice si è espressamente pronunciato (cfr. Cass. n. 13918 del 03/05/2022);
2.3. l’indicata facoltà della parte di ricorrere al giudice di legittimità al fine di denunciare la violazione di legge consistita nell’avvenuta decisione della causa sulla base di prove inesistenti (art. 115 c.p.c.), in tanto sarà esercitabile, in quanto la parte interessata abbia assolto, non solo all’onere di prospettare, sul piano argomentativo, l’assoluta impossibilità logica di ricavare, dagli elementi probatori acquisiti al giudizio, i contenuti informativi che da essi il giudice ha ritenuto di poter trarre, ma altresì all’onere di specificare in che modo la sottrazione ai processo dei contenuti informativi utilizzati dal giudice si converta in un percorso argomentativo necessariamente destinato a condurre a una decisione favorevole alla parte istante: ciò che si traduce nei carattere sicuramente decisivo dell’errore commesso dal giudice, ossia nei caratteri di un errore in assenza del quale la decisione del giudice di merito sarebbe stata diversa, non già in termini di mera probabilità, ma in termini di assoluta certezza;
2.4. nel caso di specie, osserva il Collegio come l’odierna ricorrente abbia totalmente omesso di assolvere agli indicati oneri argomentativi con riguardo al dedotto vizio di travisamento contenuto nella Delib. della Giunta Comunale dianzi indicata, non avendo la stessa in alcun modo prospettato l’assoluta e radicale impossibilità logica di ricavare, dal testo della Delib., le conclusioni che il giudice di merito ha ritenuto di potervi trarre, ed e essendosi, viceversa, limitata unicamente a prospettare una (pretesa) più corretta lettura del contenuto della Delib. che non costituirebbe uno “specifico provvedimento di livello dirigenziale (così come imposto dalla L. n. 549 del 1953, art. 1, comma 87)”;
2.1. è parimenti infondato il secondo motivo;
2.2. la Commissione tributaria regionale ha respinto le doglianze della ricorrente circa il difetto di legittimazione del funzionario che aveva apposto la sottoscrizione sull’avviso impugnato, rilevando quanto segue: “Sul punto, va ricordato che la L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 162, stabilisce che l’avviso di accertamento deve essere sottoscritto dal funzionario responsabile del tributo. Quest’ultimo è il soggetto individuato con apposito provvedimento del Comune, di norma una deliberazione della giunta comunale, ai sensi della L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 692, per la Tari e l’abrogata Tasi, e della L. n. 160 del 2019, art. 1, comma 792, per l’Imu. Nella fattispecie, l’ente impositore (Comune di Diamante) – per come opportunamente evidenziato e richiamato dai giudici di prime cure – ha prodotto l’atto amministrativo con cui ha delegato i poteri di firma al funzionario responsabile che ha sottoscritto l’avviso impugnato. Tra l’altro, la sottoscrizione dell’avviso di accertamento può avvenire in diversi modi, a seconda della forma dell’avviso stesso. Nel caso dell’avviso di accertamento cartaceo, normalmente ancora utilizzato per i contribuenti che non sono dotati di un domicilio digitale, la sottoscrizione dell’avviso può avvenire in maniera autografa, ovvero mediante l’indicazione a stampa del nominativo del soggetto responsabile, in base a quanto previsto dalla L. n. 549 del 1995, art. 1, comma 87, della norma che, ha sottolineato la Corte di cassazione, è speciale e non abrogata da successivi provvedimenti di legge (Cassazione n. 20628/2017, n. 9079/2015). Nel caso dei tributi regionali o locali ciò può avvenire solo a una serie di condizioni: che gli atti siano prodotti mediante sistemi informatici automatizzati: deve trattarsi cioè di atti derivanti da una completa elaborazione informatica; che il nominativo del funzionario responsabile e la fonte dei dati siano riportati in un apposito provvedimento di livello dirigenziale; che gli estremi del provvedimento dirigenziale siano indicati nell’avviso di accertamento, insieme alla dicitura che si tratta di firma a stampa e l’indicazione della fonte normativa. Tutti elementi, questi, presenti nella delega versata in atti, con la conseguenza che l’utilizzo della firma a stampa è pienamente legittima…”;
2.3. ciò posto, il Collegio osserva che, in base alla L. 27 dicembre 2006 n. 296, art. 1, comma 162, gli avvisi di accertamento in rettifica e d’ufficio “devono essere (…) sottoscritti dal funzionario designato dall’ente locale per la gestione del tributo”;
2.4. il requisito della sottoscrizione trova tuttora disciplina nella L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 1, comma 87, secondo cui “la firma autografa prevista dalle norme che disciplinano i tributi regionali e locali sugli atti di liquidazione e di accertamento è sostituita dall’indicazione a stampa del nominativo del soggetto responsabile, nel caso che gli atti medesimi siano prodotti da sistemi informativi automatizzati. Il nominativo del funzionario responsabile per l’emanazione degli atti in questione, nonché la fonte dei dati, devono essere indicati in un apposito provvedimento di livello dirigenziale”;
2.5. è costante indirizzo di questa Corte di legittimità, in materia di tributi regionali e locali, che “qualora l’atto di liquidazione o di accertamento sia prodotto mediante sistemi informativi automatizzati, la relativa sottoscrizione può essere legittimamente sostituita dall’indicazione a stampa del nominativo del soggetto responsabile, individuato da apposita determina dirigenziale, non essendo stato abrogato l’art. 1, comma 87, della L. n. 549 del 1995, norma speciale che conserva la sua efficacia” (cfr. Cass. n. 12756/2019), principio già affermato, tra le altre, da Cass. n. ord. 20268/2017, secondo cui “in tema di tributi regionali e locali, qualora l’atto di liquidazione o di accertamento sia prodotto mediante sistemi informativi automatizzati, la sottoscrizione di esso può essere legittimamente sostituita, ai sensi della L. n. 549 del 1995, art. 1, comma 87, dall’indicazione a stampa del nominativo del soggetto responsabile, individuato da apposita determina dirigenziale”;
2.6. nel caso di specie, è incontestato, dunque, in primo luogo, che sia stata apposta la sottoscrizione mediante indicazione a stampa;
2.7. la ricorrente lamenta, altresì, che “l’assenza di un provvedimento dirigenziale che autorizzasse il firmatario dell’atto impositivo a sottoscrivere lo stesso attraverso la c.d. firma a stampa”, tale non potendo ritenersi la Delib. di Giunta prodotta dal Comune;
2.8. al riguardo, si osserva che il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 4, prevede che “con Delib. della giunta comunale è designato un funzionario cui sono conferiti le funzioni e i poteri per l’esercizio di ogni attività organizzativa e gestionale dell’imposta; il predetto funzionario sottoscrive anche le richieste, gli avvisi e i provvedimenti, appone il visto di esecutività sui ruoli e dispone i rimborsi”;
2.9. va condiviso quanto affermato da questa Corte con sentenza n. 7905 del 2005, secondo cui “in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 11, comma 4, a tenore del quale “con Delib. di giunta comunale è designato un funzionario cui sono conferiti le funzioni e i poteri per l’esercizio di ogni attività organizzativa e gestionale dell’imposta; il predetto funzionario sottoscrive anche le richieste, gli avvisi e i provvedimenti, appone il visto di esecutività sui ruoli e dispone i rimborsi”, detta – al pari dell’art. 6, comma 1 – disposizioni in materia tributaria aventi natura di norma speciale rispetto alla previgente disciplina degli enti locali di cui alla L. 6 agosto 1990, n. 142 (ndr Legge 08 giugno 1990, n. 142), sicché, con riguardo al successivo testo unico sull’ordinamento degli enti locali reso col D.Lgs. 12 agosto 2000, n. 267, che all’art. 109 (ndr D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, che all’art. 109) prevede in via generale che, nei comuni privi di dipendenti con qualifica dirigenziale, le funzioni sono attribuite ai responsabili degli uffici e dei servizi dal sindaco, il principio dell’applicazione della legge successiva deve necessariamente coniugarsi con quello secondo cui lex posterior generalis non derogat priori speciali, confortato, nella specie, dal fatto che l’art. 274 del testo unico del 2000, che pure ha disposto – alle lett. x) e y) – l’abrogazione espressa di numerose disposizioni del D.Lgs. n. 504 del 1992, non ne ha abrogato l’art. 11, comma 4″;
2.10. secondo questa Corte, non può ritenersi che il D.Lgs. n. 267 del 2000 abbia implicitamente abrogato le disposizioni del D.Lgs. n. 504 del 1992;
2.11. sempre in tema di tributi locali, e più precisamente in tema di TARSU, si è stabilito che “il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 74, comma 1, per il quale il comune designa un funzionario per l’esercizio di ogni attività organizzativa e gestionale relativa alla predetta tassa, compresa l’adozione dei provvedimenti di liquidazione e riscossione – è norma tributaria speciale rispetto al D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 107, comma 2, e art. 109 (c.d. T.U. sull’ordinamento degli enti locali), che richiedono la qualifica dirigenziale per tutti gli atti a rilevanza esterna, e pertanto non può ritenersi abrogato da tali disposizioni, né in via espressa (in quanto non contemplato dall’art. 274 del predetto T. U., che ha riguardo all’elenco delle disposizioni abrogate), né per incompatibilità (essendo esso inserito nello specifico settore tributario e pertanto non inciso dalla norma posteriore di carattere generale)” (cfr. Cass. n. 23582/2009);
2.12. ne consegue che il richiamo al D.Lgs. n. 267 del 2000, in mancanza di una espressa Delib. di designazione, non è conferente, poiché il D.Lgs. n. 267 del 2000 non prevede l’abrogazione espressa della disposizione tributaria, dal momento che essa non rientra nel novero di quelle norme per le quali detta abrogazione è prevista nell’art. 274 della parte quarta, contenente le disposizioni finali e transitorie;
2.13. l’art. 107 del T.U. enuncia il principio secondo cui “i poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo spettano agli organi di governo, mentre la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica è attribuita ai dirigenti…” e a questi ultimi, a mente del comma 2, spettano tutti i compiti, compresa l’adozione di atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l’amministrazione verso l’esterno non rientranti tra le funzioni del segretario e del direttore generale a mente degli artt. 97 e 108;
2.14. l’art. 109 del T.U. prevede, a sua volta, al comma 2 che nei Comuni privi di qualifica dirigenziale, fatte salve le funzioni di cui all’art. 107, comma 2 e 3 e dell’art. 97, il Sindaco può attribuire la funzione ai responsabili degli uffici e dei servizi, sicché, nella previsione della norma sulla finanza locale contenuta nel D.Lgs. n. 504 del 1992, residua il solo dettaglio della provenienza da parte della Giunta comunale, anziché dal sindaco, della nomina del funzionario responsabile, che tuttora, come si è detto, può essere nominato al fine di svolgere le funzioni di cui all’art. 107, laddove manchi personale di qualifica dirigenziale;
2.15. nella fattispecie, come riportato nella sentenza impugnata ed è incontestato, il Comune risulta aver prodotto in giudizio la Delib. di Giunta comunale di designazione, da parte dell’ente locale, del funzionario che ha apposto la sottoscrizione al provvedimento impugnato;
2.16. ne consegue che deve ritenersi dimostrato il possesso dei requisiti soggettivi del funzionario a cui è riferibile la sottoscrizione dell’atto impugnato;
3. sulla scorta di quanto sin qui illustrato il ricorso va integralmente respinto, con condanna della ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, da distrarre in favore del difensore del Comune, dichiaratosi antistatario.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida e distrae in favore del difensore antistatario del Comune controricorrente in misura pari ad Euro 1.800,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge, se dovuti.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
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