La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 42195 depositata il 17 ottobre 2023, intervenendo in tema di credito IVA fittizio, ha affermato il seguente principio di diritto secondo cui “… in tema di confisca per equivalente del profitto nei reati tributari il credito non portato in detrazione nell’anno di competenza, e così sottratto alla compensazione, modificando l’obbligazione tributaria fuori dai casi previsti per legge, è indicativo di un profitto idoneo a costituire oggetto di una confisca per equivalente …”
La vicenda ha riguardato gli amministratori, uno di diritto l’altro di fatto, di una società di capitale accusati dei reati di cui agli artt. 2 e 8 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, per i quali furono condannati dalla sentenza emessa dalla Corte di appello in sede di giudizio di rinvio a seguito dell’annullamento della sentenza di appello deciso con sentenza della Corte di cassazione. Il giudice del rinvio condannava entrambi gli imputati per tutti i delitti loro rispettivamente ascritti. Avverso la decisione del giudice del rinvio gli imputati proponevano ricorso in cassazione fondato su due motivi.
Gli Ermellini rigettano il ricorso.
I giudici di legittimità hanno ritenuto che “… ai fini della configurabilità del dolo, tema della sentenza rescindente, appare ininfluente l’effettività dell’incameramento dell’utilità dell’evasione, come esposto linearmente nella motivazione della sentenza impugnata che non presenta sul punto alcuna lacuna o contraddizione. …”
Inoltre, il Supremo consesso ha ribadito, in tema di responsabilità del reato, che “… l’assunzione apparente di compiti di vertice in una struttura societaria non può escludere il dolo sol perché trattasi di una carica priva di effettività e, dall’altro lato, che proprio la constatazione dell’assoluta consapevolezza e volontà di creare un’ apparentia iuris, a favore dell’esercizio effettivo di funzioni da parte di terzi soggetti, è indice obiettivo dell’intenzione determinata di creare un’architettura societaria ideata per realizzare anche condotte evasive e fraudolente ai danni del fisco. Si dissimula la vera compagine sociale con l’obiettivo – emerso con tutta evidenza – di compartecipare ad una manovra evasiva al fine di frodare il fisco o comunque di eludere i criteri di imputazione della responsabilità in materia societaria …”
I giudici di piazza Cavour hanno chiarito che il “… concetto di profitto, ai fini della confisca per equivalente nell’ambito dei reati tributari, comprende non soltanto un risparmio economico derivante dalla sottrazione degli importi evasi alla loro destinazione fiscale essendo indifferente se l’imposta evasa, in concreto, sia stata pagata o portata a credito dal contribuente (Sez. 3, n. 1657, del 27/09/2018, Di Giambattista, Rv. 275474; Sez. 3, n. 17535, del 6/02/2019, Antonelli, Rv 275445; Sez. 3, n. 1199 del 02/12/2011 Cc. (dep. 16/01/2012 ), Galiffo, Rv. 251893) ma anche il mancato esborso dell’imposta dovuta, ancorchè consista solo in una posta contabile di natura immateriale mai convertita in moneta contante che come tale non può costituire oggetto di sequestro diretto ma solo nella forma per equivalente (vedi Sez. 3, n. 49631, del 30/05/2014, Guarracino, Rv 261148; Sez. 5, n. 20093 del 31/10/2014 Cc. (dep. 14/05/2015), Sonetti, Rv. 263832).
Ai fini della confisca per equivalente del profitto di un reato tributario occorre evidenziare che solo l’estinzione dell’obbligazione tributaria per effetto del suo esatto adempimento determina il venir meno dei presupposti della confisca. In breve, trattandosi di reati di pericolo, qualsiasi alterazione unilaterale dell’obbligazione tributaria, fuori dai casi previsti dalla legge, costituisce modifica artefatta del rapporto obbligatorio e comporta un profitto del reato tributario, a prescindere che questo porti solo ad un risparmio di spesa o anche ad un incremento patrimoniale concreto. …”
Pertanto integra il profitto del reato tributario qualsiasi alterazione unilaterale dell’obbligazione verso l’erario, laddove la modifica del rapporto porta solo a un risparmio di spesa o anche a un incremento patrimoniale concreto. Anche l’omessa indicazione del credito fittizio nell’anno di competenza incide sui termini dell’obbligazione tributaria in favore del contribuente creando l’utilità confiscabile.
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