Corte di Cassazione, ordinanza n. 31844 depositata il 15 novembre 2023
redditometro – prove contrarie – IRPEF – AVVISO ACCERTAMENTO
Rilevato che:
1. L’Agenzia delle entrate ricorre nei confronti di G.C., che resiste con controricorso, avverso la sentenza in epigrafe. Con detta ultima la C.t.r. ha accolto parzialmente l’appello proposto dal contribuente avverso la sentenza della C.t.p. – che, invece, aveva rigettato il ricorso avverso l’avviso di accertamento con il quale, per l’anno 2006, era stata accertato, in via sintetica, un maggior reddito ai fini Irpef – ed ha rideterminato il reddito in misura inferiore.
Considerato che:
1. Con il primo motivo l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per motivazione apparente e contrasto tra motivazione e dispositivo.
Osserva l’Ufficio che il reddito ricostruito con l’avviso di accertamento era pari ad euro 102.358,00, di cui euro 80.460,00 derivanti dal possesso di beni mobili registrati; che il giudice di secondo grado aveva ritenuto di ridurre detto ultimo importo ad euro 30.000,00; che, anche ad accedere a detta ricostruzione, la C.t.r. avrebbe, di conseguenza, dovuto accertare per differenza un reddito di euro 51.898,00; che, invece, inspiegabilmente, nel dispositivo aveva indicato la diversa somma di euro 48.023,76.
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 39 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha rideterminato nella minor somma euro 30.000,00 il reddito accertato con riferimento ai beni mobili registrati ed ha affermato che il possesso dei beni mobili registrati è indice di capacità contributiva ma che i coefficienti di cui al d.m. andavano ridotti in considerazione della diversa situazione in esame.
Assume l’Agenzia delle entrate che, in presenza di uno o più beni o servizi compresi nelle specifiche tabelle, l’attività dell’Ufficio è vincolata all’applicazione degli indici e dei coefficienti moltiplicatori previsti nei decreti ministeriali attuativi; che si è in presenza di una presunzione legale relativa; che, una volta accertata l’esistenza di tali elementi e circostanze, spetta al contribuente fornire la prova dell’inesistenza della capacità reddituale. Aggiunge che il Giudice, poiché il possesso di determinati beni è considerato ex lege correlato ad una determinata capacità contributiva, non può modificarne la capacità presuntiva e che il reddito ottenuto tramite redditometro non è espressione della sola spesa di mantenimento dei beni, ma si ricollega al reddito complessivo. Deduce, per l’effetto, che la C.t.r., errando, ha privato di efficacia probatoria il calcolo del reddito come determinato in base al redditometro, anziché valutare la prova contraria offerta dal contribuente in ordine alla provenienza non reddituale e, quindi, non imponibile, della somma necessaria per mantenere il possesso dei beni o perché già sottoposta ad imposta o perché esente.
3. Il primo motivo è fondato.
3.1. L’Ufficio ricostruiva il reddito del contribuente nella misura di euro 102.358,00 sula scorta di una serie di beni indice, tra i quali autoveicoli e motoveicoli ritenuti rappresentativi di un reddito di euro 80.460,00
La C.t.r. riteneva che il possesso di beni mobili registrati fosse indice di capacità contributiva; aggiungeva, però, che, in ragione della situazione concreta, il reddito accertato in ragione del possesso degli stessi dovesse ridursi ad euro 30.000,00. Nonostante in motivazione la C.t.r. ritenesse di apportare detta sola rettifica al reddito presuntivamente determinato, nel dispositivo, quantificava il reddito accertato nella misura di euro 48.023,76 in alcun modo esplicitata in motivazione.
3.2. Che tale quantificazione non trovi riscontro nella motivazione è fatto ammesso dallo stesso contribuente il quale ritiene che l’Ufficio avrebbe dovuto sollecitare la correzione dell’errore materiale.
3.3. Questa Corte ha chiarito che l’errore di calcolo può essere denunciato con ricorso per cassazione quando sia riconducibile all’impostazione delle operazioni matematiche necessarie per ottenere un certo risultato, lamentandosi in tale evenienza error in iudicando nell’individuazione di parametri e criteri di conteggio; viceversa, solo ove consista in un’erronea utilizzazione delle regole matematiche sulla base di presupposti numerici, individuazione e ordine delle operazioni da compiere esattamente determinati, è emendabile con la procedura di correzione ex art. art. 287 cod. proc. civ. (Cass. 22/11/2016, n. 23704).
3.4. Dalla sentenza impugnata non si evincono presupposti numerici certi in ragione dei quali ritenere che la C.t.r. abbia commesso semplicemente un errore di calcolo. Piuttosto, non è in alcun modo evincibile il ragionamento che, sulla scorta di quanto ritenuto in motivazione, ha portato alla determinazione del reddito di cui al dispositivo. Si, è pertanto, in presenza dell’error in iudicando contestato con il motivo di ricorso.
4. Il secondo motivo è fondato.
4.1. Il metodo di accertamento fondato sul c.d. «redditometro» collega alla disponibilità di determinati beni e servizi in capo al contribuente, un certo importo, che, moltiplicato per un coefficiente, consente di individuare il valore del reddito secondo criteri statistici e presuntivi, elaborati anche tenendo conto dei costi di mantenimento del bene o servizio in questione.
L’art. 38 d.P.R. n. 600 del 1973, nel disciplinare il metodo di accertamento sintetico del reddito, nel testo vigente ratione temporis (cioè tra la legge n. 413 del 1991 e il d.l. n. 78 del 2010, convertito dalla legge n. 122 del 2010), prevede, da un lato (quarto comma), la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un accertamento basato sui presunti consumi); dall’altro (quinto comma), contempla le «spese per incrementi patrimoniali», cioè quelle sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente. Ai sensi del sesto comma dell’art. 38 citato, resta salva la prova contraria, da parte del contribuente, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, o, più in generale, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore.
4.2. Costante orientamento di questa Corte afferma che la disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa (tra le più recenti Cass. 13/06/2023, n. 16904, Cass. 28/12/2022, n. 37985). Conseguentemente, l’accertamento non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, oltre che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta, anche che, più in generale, il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 19/10/2016, n. 21142, Cass. 24/10/2005, n. 20588).
Va ribadito, pertanto, che la prova contraria non è limitata a quella prevista dal quinto comma dell’art. 38 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 (e cioè che il maggior reddito accertato è costituito da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta), ma è consentito dimostrare che il reddito presunto sulla base del coefficiente non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 29/08/2000, n. 11300).
Sotto tale profilo, va disatteso l’assunto dell’Ufficio secondo cui il contribuente poteva vincere la prova presuntiva solo provando che i redditi ricostruiti dall’Ufficio sono redditi esenti o soggetti a ritenuta.
4.2. Questa Corte, tuttavia, ha chiarito che il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori di capacità contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova contraria offerta dal contribuente (cfr. Cass. 13/06/2023, n. 16904 Cass. 22/06/2021, n. 17837, Cass. 24/09/2019, n. 3715).
Inoltre, nel contenzioso tributario conseguente ad accertamenti sintetici-induttivi mediante c.d. redditometro, per la determinazione dell’obbligazione fiscale del soggetto passivo d’imposta, a tutela della parità delle parti e del regolare contraddittorio processuale, opera il principio per il quale, all’inversione dell’onere della prova, che impone al contribuente l’allegazione di prove contrarie a dimostrazione dell’inesistenza del maggior reddito attribuito dall’Ufficio, deve seguire, ove a quell’onere abbia adempiuto, un esame analitico da parte dell’organo giudicante, che non può, pertanto, limitarsi a giudizi sommari, privi di ogni riferimento alla massa documentale entrata nel processo relativa agli indici di spesa (Cass. 07/06/2022, n. 18178, Cass. 08/10/2020, n. 21700).
4.3. La C.t.r., non si è attenuta a detti principi.
Infatti, anziché esaminare e valutare quanto eventualmente allegato e provato dal contribuente per giustificare gli indici di spesa rilevati con l’accertamento sintetico dall’Agenzia, ha ridotto i coefficienti di cui al d.m., rideterminando il reddito sinteticamente accertato, adducendo che detti ultimi avevano ragion d’essere in una situazione «normale» di mezzi effettivamente utilizzati, non ravvisabile nella fattispecie in ragione del numero e della vetustà dei veicoli. Così facendo, la C.t.r. ha deviato l’attenzione da quello che avrebbe dovuto essere l’oggetto del proprio giudizio critico, ossia dalle prove contrarie eventualmente allegate dal contribuente per confutare l’addebito del maggior reddito ricostruito dall’Amministrazione. La C.t.r. aveva certamente il potere di valutare la prova contraria fornita dal contribuente, ma non quello di rideterminare autonomamente, in tutto o in parte, il valore probatorio/induttivo degli indici di capacità contributiva normativamente stabiliti.
5. Ne consegue, in accoglimento del primo e del secondo motivo di ricorso, secondo quanto esplicitato in motivazione, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria, in diversa composizione, la quale provvederà al riesame, fornendo congrua motivazione, e al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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