Corte di Cassazione, sezione tributaria, ordinanza n. 5750 depositata il 4 marzo 2024
elusione fiscale – onere della prova
RILEVATO CHE
1. La società contribuente X S.a.s. e i singoli soci LA, BG, in proprio e quale erede di BR, R, BL e BP hanno impugnato un avviso di accertamento per IRAP e IVA relativo al periodo di imposta 2006, un avviso di accertamento per IRAP relativo al periodo di imposta 2007 e i correlati avvisi di accertamento per trasparenza per maggiori IRPEF e addizionali relativi ai soci, con cui si rideterminava il reddito della società e, conseguentemente, si recuperavano le maggiori imposte accerta e i capo alle società e ai soci, oltre sanzioni e accessori. Gli avvisi scaturivano da una verifica, dalla quale emergeva che la società contribuente aveva utilizzato fatture passive per operazioni oggettivamente inesistenti, con conseguente disconoscimento dei costi e della relativa detrazione IVA.
2. La CTP di Varese ha accolto il ricorso.
3. La CTR della Lombardia, con sentenza qui impugnata, ha accolto l’appello principale dell’Ufficio e ha rigettato l’appello incidentale dei contribuenti relativo alle spese processuali. Il giudice di appello ha ritenuto che l’operazione sia maturata in un «contesto evasivo-elusivo» comprovato dagli accertamenti della Gdf, dagli accertamenti bancari é «da comportamenti fiscali tutt’altro che corretti» che hanno evidenziato «triangolazioni fraudolente» poste in essere attraverso pagamenti simulati e dalla stipula di rapporti contrattuali di appalto non stipulati con forma scritta ab substantiam.
4. Propongono ricorso per cassazione i contribuenti, affidato a sei motivi; l’Ufficio intimato si è costituito in giudizio ai soli fini della partecipazione all’udienza di discussione e a presentato istanza di estinzione parziale del giudizio.
CONSIDERATO CHE
1. Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.,, nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, [secondo] comma, n. 4, cod. proc. civ. e dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. per essere la sentenza dattiloscritta totalmente illeggibile o, comunque, di difficile lettura.
2. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza in violazione dell’art. 36, comma 2, d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. e dell’art. 111 Cast. per motivazione apparente. Osservano i ricorrenti che la sentenza impugnata si sarebbe soffermata sull’inammissibilità della prova testimoniale e sulla correttezza dell’operato della GdF, alla quale sarebbe attribuita fede privilegiata.
3. Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., nullità della sentenza per omessa pronuncia su fatto controverso e decisivo per il giudizio, costituito nella specie dalla assenza di motivazione degli avvisi impugnati.
4. Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 42 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 «per mancanza assoluta di motivazione e/o motivazione solo apparente degli impugnati avvisi di accertamento». Osservano i ricorrenti che l’avviso impugnato si sarebbe limitato a un acritico recepimento da parte dell’Ufficio dell’attività ispettiva, con violazione dell’obbligo di motivazione degli atti impugnati.
5. Con il quinto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 4, d. lgs. n. 546/1992 nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto inammissibili le dichiarazioni d( terzi, nonché omessa valutazione della giurisprudenza conforme, con violazione degli artt. 132, [secondo] comma, n. 4, cmd. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ., essendo le dichiarazioni di terzi (nella specie, le dichiarazioni rese dal terzo PA ) inutilizzabili in quanto tali quale elemento di prova dei fatti costituti i della pretesa impositiva.
6. Con il sesto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 e degli artt. 2727 e ss. cod. civ., nonché violazione degli artt. 21 e 54, secondo c0mma, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, degli artt. 39, primo comma, lett. d) e 40 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto fondata nel merito la pretesa impositiva dell’Ufficio. Osservano i ricorrenti che in materia di operazioni oggettivamente inesistenti grava sull’Ufficio la prova della difformità della realtà delle operazioni sottostanti come risultante dall’emissione delle fatture contestate. Deducono i ricorrenti che l’Ufficio non avrebbe dato prova dell’inesistenza oggettiva delle operazioni e che i contribuenti avrebbero, invero, offerto e fornito la prova contraria circa l’esistenza delle operazioni sottostanti, con particolare riferimento alla stipula dei contratti, alla esecuzione dei pagamento e all’operatività nei cantieri di cui alle fatture contestate dall’Ufficio; deducono, pertanto, i ricorrenti che il giudice di appello sarebbe incorso in un’erronea valutazione delle risultanze istruttorie.
7. Deve darsi preliminarmente atto, come deduce l’Ufficio resistente in memoria (con cui ha chiesto la fissazione di udienza per condono parziale), che parte ricorrente ha aderito alla definizione agevolata di cui all’art. 5 l. n. 130/2022, definendo gli avvisi di accertamento n. X , per i quali l’Ufficio ha proposto istanza di estinzione parziale, dando atto dell’interesse alla prosecuzione del giudizio unicamente in relazione all’avviso di accertamento n. X del periodo di imposta 2006. Va, pertanto, dichiarata l’estinzione parziale in relazione agli avvisi di accertamento suindicati, residuando l’esame dei motivi in relazione all’avviso di accertamento del periodo di imposta 2006 n. X
8. Il primo motivo è infondato, posto che, in mancanza di un’espressa comminatoria, non è configurabile nullità della sentenza nell’ipotesi di mera difficoltà di comprensione e lettura del testo (ove, ad esempio, il testo sia stilato in forma autografa dall’estensore), atteso che la sentenza non può ritenersi priva di uno dei requisiti di validità indispensabili per il raggiungimento dello scopo della stessa (Cass., Sez. II, 5 marzo 2020, n. 6307; Cass., Sez. II, 14 marzo 2016, n. 4947; Cass., Sez. Lav., 14 maggio 2010, n. 11739), considerato che vi è la facoltà della parte di richiedere alla cancelleria, ex artt. 743 e 746 cod. proc. civ., copia conforme dattiloscritta (Cass., Sez. V, 23 settembre 2016, n. 18663). Al riguardo, peraltro, va osservato – come non manca di osservare la stessa parte ricorrente (pag. 8 ricorso) – che la sentenza era già stata redatta in forma dattiloscritta, per quanto di difficile lettura.
9. Il secondo motivo è fondato. Il giudice di appello ha riformato la sentenza di primo grado ritenendo essere stata data prova di un «contesto evasivo-elusivo» sulla base degli accertamenti compiuti dalla GdF che avrebbero evidenziato «triangolazioni fraudolente». Non è evidenziato (né appare pertinente rispetto alla deduzione di utilizzo di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, che è una ipotesi di evasione fiscale) quale sarebbe il presupposto dell’elusione, né quale sarebbe la rilevanza e il contenuto delle dedotte triangolazioni. Quanto al coacervo indiziario valorizzato dalla sentenza impugnata vi è un oscuro riferimento a fatture attive e passive «speculari», seguito dal riferimento a fatture per lavori «ben descritti ma non eseguiti», a contratti di appalto «non sanciti dalla forma scritta prevista ad substantiam», a «comportamenti fiscali tutt’altro che corretti» e alla stipula di pagamenti simulati; complessivamente si assiste a un percorso logico incomprensibile (Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053), che non lascia intendere quali elementi di prova siano stati valutati al fine di ritenere provata la pretesa dell’Ufficio e quali elementi di prova, invece, siano stati ritenuti inattendibili in relazione alle deduzioni di parte contribuente, né quale fosse l’oggetto della prova del fatto ignoto tratto dagli elementi indiziari, se questo riguardasse (trattandosi di operazioni oggettivamente inesistenti) l’inesistenza delle operazioni sottostanti o anche altri fatti.
10. Il ricorso va, pertanto, accolto in relazione al secondo motivo con riferimento all’avviso di accertamento X (2006), cassandosi la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame, nonché per la regolazione delle spese processuali del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte dichiara estinto il giudizio in relazione agli avvisi di accertamento n. X ; accoglie il secondo motivo di ricorso in relazione all’avviso di accertamento X (2006), rigetta il primo e dichiara assorbiti gli ulteriori motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
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