CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 6201 depositata il 7 marzo 2024
Lavoro – Accertamento di un rapporto di lavoro subordinato – Produzione di documenti nel rito del lavoro successivamente al deposito degli atti introduttivi – Acquisizione documentale disposta d’ufficio – Rigetto
Rilevato che
1. La Corte d’Appello di Napoli ha respinto l’appello di A.C., confermando la sentenza di primo grado con cui era stata rigettata la domanda della predetta, di accertamento di un rapporto di lavoro subordinato svolto dall’1.9.1989 al 31.12.2000 alle dipendenze dell’impresa individuale G.C. di A.G. e della G.C. di L.A. & C. sas nonché dei signori L., I. e T.A. e M.L., in proprio e quali eredi di G.A., e V.A., con condanna al pagamento delle differenze retributive.
2. La Corte territoriale ha ritenuto che la lavoratrice non avesse adempiuto all’onere probatorio posto a suo carico in ordine allo svolgimento del rapporto di lavoro subordinato rivendicato. Ha giudicato non ammissibili i documenti prodotti per la prima volta in appello.
3. Avverso tale sentenza A.C. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. L., I. e T.A., M.L., in proprio e quali eredi di G.A., già titolare della ditta individuale G.C. di A.G., hanno resistito con un unico controricorso. V.A. e G.C. di L.A. & C. sas non hanno svolto difese. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
4. Il Collegio si è riservato di depositare l’ordinanza nei successivi sessanta giorni, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Considerato che
5. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione dell’art. 112 c.p.c. per essersi la Corte di merito limitata a riprodurre la motivazione della sentenza di primo grado, senza rispondere alle censure mosse dalla appellante in ordine alla inattendibilità dei testimoni addotti dalle controparti e alla prova della subordinazione.
6. Con il secondo motivo è denunciata la violazione dell’art. 437 c.p.c. per la mancata ammissione delle prove documentali prodotte in appello (tre fotografie che ritraevano la C. nel luogo di lavoro o con i datori di lavoro e la sentenza del tribunale di Napoli che ha riconosciuto il rapporto di lavoro subordinato tra la teste A. ed uno dei resistenti) e indispensabili ai fini del decidere.
7. Il primo motivo di ricorso non è fondato.
8. Come precisato da questa Corte, il vizio di omessa pronuncia, causativo della nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., ricorre quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su di un capo di domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta delle parti diretta ad ottenere l’attuazione in concreto di una volontà di legge che garantisca un bene all’attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto; non è configurabile la violazione dell’art. 112 c.p.c. ove il giudice di merito non abbia considerato i fatti secondari dedotti dalla parte; in tal caso, può ritenersi integrato il diverso vizio di cui all’art. 360, n. 5 c.p.c. nella misura in cui il giudice abbia omesso di considerare fatti rilevanti ai fini della ricostruzione della “quaestio facti” in funzione dell’esatta qualificazione e sussunzione “in iure” della fattispecie (v. Cass. n. 17698 del 2011; n. 7653 del 2012; 22799 del 2017; n. 28308 del 2017; n. 459 del 2021).
9. Il motivo di ricorso in esame non prospetta l’omissione di pronuncia su uno specifico capo di domanda o su un determinato motivo di impugnazione ma censura, piuttosto, la sentenza impugnata per vizio di motivazione e per errata valutazione delle prove testimoniali. Ove anche si procedesse a riqualificare le censure mosse, le stesse non potrebbero trovare accoglimento in quanto si collocano all’esterno del perimetro segnato dall’art. 360 n. 5 c.p.c., nel testo riformulato dall’art. 54, comma 3, del d.l. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012, applicabile ratione temporis (sentenza d’appello del 15.6.2018). La motivazione della sentenza d’appello non presenta alcuna delle anomalie motivazionali atte ad integrare la violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c. e rappresentate, secondo quanto si legge nelle sentenze delle Sezioni Unite di questa Corte (n. 8053 e n. 8054 del 2014) dalla mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, dalla motivazione apparente, dal contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e dalla motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione. L’errata valutazione delle prove testimoniali è vizio non ammissibile in sede di legittimità.
Come costantemente affermato, spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, nonché la facoltà di escludere anche attraverso un giudizio implicito la rilevanza di una prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante ovvero ad enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni (v. Cass. n. 13485 del 2014; n. 11511 del 2014; n. 16499 del 2009).
10. Neppure il secondo motivo di ricorso è fondato.
11. Questa Corte ha chiarito che, nel rito del lavoro, la produzione di documenti successivamente al deposito degli atti introduttivi è ammissibile solo nel caso di documenti formati o giunti nella disponibilità della parte dopo lo spirare dei termini preclusivi ovvero se la loro rilevanza emerga in ragione dell’esigenza di replicare a difese altrui; peraltro, l’acquisizione documentale può essere disposta d’ufficio, anche su sollecitazione di parte, se i documenti risultino indispensabili per la decisione, cioè necessari per integrare, in definizione di una pista probatoria concretamente emersa, la dimostrazione dell’esistenza o inesistenza di un fatto la cui sussistenza o insussistenza, altrimenti, sarebbe destinata ad essere definita secondo la regola sull’onere della prova (Cass. n. 33393 del 2019). Occorre, in altri termini, che la necessità di ulteriori produzioni sia sollecitata dallo svolgimento del processo e che, comunque, la prova nuova si riveli decisiva, vale a dire idonea a completare l’assolvimento dell’onere probatorio del soggetto onerato e a risolvere in maniera definitiva la questione controversa tra le parti (v. Cass. n. 20055 del 2016; n. 11994 del 2018; n. 28439 del 2019);
requisiti che nel caso di specie non sono neppure evidenziati dall’attuale ricorrente e non sono comunque rinvenibili sia in relazione alla documentazione fotografica (priva di data), la cui esigenza di produzione non può dirsi sollecitata dall’andamento del processo, e sia per la sentenza del tribunale di Napoli che ha accertato lo svolgimento di un rapporto di lavoro subordinato tra la teste A. e uno dei controricorrenti; documenti, quelli di cui si discute, al più dotati di valore indiziario e privi del connotato di decisività giudicato essenziale dalla giurisprudenza richiamata.
12. Per le ragioni esposte, il ricorso deve essere respinto.
13. La regolazione delle spese del giudizio di legittimità nei confronti dei controricorrenti segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo. Non vi è luogo a provvedere sulle spese nei confronti di coloro che sono rimasti intimati.
14. Il rigetto del ricorso costituisce presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 (cfr. Cass. S.U. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione, nei confronti dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
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