CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 24 maggio 2017, n. 13051
Tributi – Accertamento analitico presuntivo – Impresa di costruzione edile – Prezzi di vendita inferiori ai mutui ipotecari richiesti dall’acquirente
Fatti di causa
A seguito di notifica di questionario da parte dell’Agenzia delle entrate F.F., costruttore edile, forniva all’Ufficio documentazione, successivamente integrata da un ulteriore prospetto sul valore delle rimanenze contrastante con altro prospetto già prodotto. In particolare il valore di circa venti cessioni di fabbricati risultava nettamente inferiore al valore normale; e per una delle vendite il prezzo dichiarato era inferiore al mutuo ipotecario richiesto dall’acquirente.
Ritenuta inattendibile la contabilità dell’imprenditore, l’Ufficio procedeva ad accertamento analitico presuntivo (ex art. 39 comma 1 lett. d) d.P.R. 600/73, e art. 54 e 55 d.P.R. 633/72), rettificando in aumento il reddito d’impresa, il valore della produzione e il volume di affari, e determinando conseguentemente maggiori imposte (Iva, Irpef e Irap per l’anno 2004).
Su ricorso del contribuente la C.T.P. di Bari (con sentenza n. 68/10/10), confermava la legittimità dell’accertamento, ma considerando inapplicabili i valori degli immobili desunti dal mercato immobiliare (OMI), come utilizzati dall’Ufficio, pur col coefficiente di riduzione del 4,26%, rideterminava il reddito in base a perizia tecnica di parte (che aveva quantificato il valore massimo di cessione delle unità immobiliari in misura inferiore a quanto accertato, ancorché superiore a quanto dichiarato).
Su appello principale del contribuente e incidentale dell’Ufficio, la C.T.R. della Puglia, con sentenza n. 36/15/11 dep. il 13.5.2011, ha confermato la decisione di primo grado, rigettando entrambi gli appelli.
Contro la indicata sentenza propone ricorso per cassazione il contribuente, affidato a due motivi.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate. Il ricorrente deposita memoria ex art. 378 c.p.c..
Ragioni della decisione
1. Col primo motivo del ricorso il contribuente deduce motivazione insufficiente sul valore attribuito alle unità immobiliari, non avendo la C.T.R. tenuto conto che trattavasi di edilizia convenzionata, le cui peculiarità escludono l’applicazione dei valori OMI, non costituenti nella fattispecie valido elemento probatorio (ex 2729 c.c.).
2. Il motivo è infondato e va respinto.
La C.T.R. ha confermato i valori, come accertati dal primo giudice e conformi ai criteri propri della convenzione stipulata fra il costruttore e il Comune di Vanosa di Puglia, sulla base di un complesso di elementi presuntivi, non superati da idonea prova contraria da parte del contribuente. In particolare: la mancata produzione di elementi concreti, atti a determinare il prezzo massimo per singolo immobile in relazione alla tipologia di edilizia residenziale convenzionata; l’ininfluenza delle argomentazioni, generiche e contrastanti con le risultanze della perizia di stima giurata, effettuate dal tecnico di parte, che ha valutato gli immobili proprio tenendo conto dei criteri indicati nella convenzione.
La C.T.R. ha peraltro disatteso i valori OMI, ritenendo non appropriate le quotazioni ufficiali di mercato desunte dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare, sia pure ridotte del coefficiente del 4,6%, trattandosi di edilizia convenzionata i cui prezzi non sono determinati solo dalle leggi di mercato e dal valore normale dei beni.
Sotto quest’ultimo aspetto il motivo è inammissibile per carenza di interesse, avendo la sentenza esattamente aderito alla specifica doglianza del contribuente sul punto.
Per il resto il motivo è infondato, contenendo la sentenza impugnata una congrua motivazione, sulla base di un’unitaria valutazione degli elementi considerati nella ricostruzione del valore venale dei beni, e sussistendo lo scostamento tra i prezzi dichiarati dall’impresa di costruzioni rispetto a quelli risultanti dalla perizia posta a base della decisione, legittimante l’accertamento analitico induttivo (v. dal ultimo Cass. 1539/17).
3. Col secondo motivo si deduce insufficiente motivazione, con riferimento alla vendita dell’immobile il cui prezzo era risultato inferiore al mutuo ipotecario stipulato dall’acquirente, avendo sul punto il contribuente nel ricorso introduttivo dedotto che la differenza fra prezzo di vendita e importo del mutuo era riconducibile alle spese notarili e ai maggiori importi derivanti dalle finiture di livello superiore effettuate direttamente dal proprietario.
4. Il motivo è inammissibile, in quanto generico e carente sotto il profilo dell’autosufficienza.
Con l’indicato motivo il ricorrente lamenta la mancata confutazione da parte della C.T.R. “delle argomentazioni del ricorrente e della dichiarazione dell’architetto prodotta”, senza specificare in cosa consistessero le prime e in quali atti del giudizio di merito fosse contenuta la seconda.
Non è stato in tal modo adempiuto – per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione – l’onere di indicare compiutamente gli atti processuali, essendo consentita in questa sede solo una verifica degli stessi (tra le tante: Cass. 15367/14), e riguardando gli indicati motivi questioni di fatto congruamente motivate dalla C.T.R., che ha basato il proprio convincimento su un impianto presuntivo non superato dalle generiche affermazioni del contribuente.
5. Il ricorso va conseguentemente rigettato.
6. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in €. 7.500, oltre spese prenotate a debito.
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