CORTE DI CASSAZIONE – Sezioni Unite – Sentenza n. 2355 del 9 febbraio 2015
LAVORO – LAVORO AUTONOMO – PROCEDIMENTO DISCIPLINARE – AVVOCATO – OMISSIONE DELLA COMUNICAZIONE DI APERTURA DEL PROCEDIMENTO ALL’INCOLPATO
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con Delib. 16 dicembre 2009, il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Forlì-Cesena dispose, a carico dell’avv. Z.C., l’apertura di procedimento disciplinare (n. 17/09), per comportamento scorretto verso cliente, consistente nell’aver utilizzato, nel (OMISSIS), due mandati conferiti in bianco, benchè il cliente li avesse revocati.
L’impugnativa proposta dal professionista avverso la Delib., fu dichiarata inammissibile dal Consiglio nazionale forense, con decisione che, in esito al ricorso dell’interessato, fu, tuttavia, cassata con rinvio da queste Sezioni unite, con sentenza 16178/2011 (ispirata all’indirizzo, allora in auge, di cui a Cass. s.u., 29294/2008, e 22624/2010).
Riassunta la causa dallo Z., il Consiglio nazionale forense, con decisione 20.03.2014 n. 38, respinse il ricorso del professionista, disattendendo la censura di genericità dell’incolpazione nonchè quelle di tardiva comunicazione del relativo avviso e di omessa sua comunicazione al P.M. Avverso la decisione, l’avv. Z., ha proposto ricorso per cassazione in tre motivi ed illustrato le proprie ragioni anche con memoria.
Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Forlì-Cesena non ha svolto difese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, l’incolpato deducendo “violazione e falsa applicazione del r.d. 34/1934, art. 47, e art. 152 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 (e, solo in subordine, ove ritenuto inapplicabile ex art. 260 c.p.c., n. 4)” – censura la decisione impugnata per non aver rilevato la nullità della Delib. di apertura di procedimento disciplinare, essendo la relativa comunicazione all’interessato stata effettuata, non immediatamente, ma a distanza di circa due mesi.
Con il secondo motivo di ricorso, l’incolpato -deducendo “violazione e falsa applicazione del r.d. 34/1934, art. 47 in relazione all’omessa comunicazione dell’apertura del procedimento al p.m. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 (e, solo in subordine, ove ritenuto inapplicabile ex art. 360 c.p.c., n. 4)” -censura la decisione impugnata per non aver rilevato la nullità della Delib. di apertura di procedimento disciplinare, per mancata comunicazione al P.M. dell’inizio del procedimento.
I menzionati motivi – che, in quanto strettamente connessi, possono essere congiuntamente esaminati sono infondati.
Infatti nè la radicale omissione della comunicazione di apertura del procedimento all’incolpato ed al P.M. nè (tantomeno) il solo non immediato compimento della comunicazione all’incolpato risultano ex lege sanzionati con la nullità della relativa delibera. E, peraltro, questa Corte – sul presupposto che le funzioni esercitate in materia disciplinare dai Consigli territoriali dell’Ordine degli Avvocati ed il correlativo procedimento rivestono natura amministrativa e non giurisdizionale (v., tra le altre, Cass. 29294/2008, 138/2006) – ha già puntualizzato che, anche qualora il Consiglio dell’Ordine proceda a raccogliere informazioni e documentazione ai sensi del r.d. 37/1934, art. 47 la mancata comunicazione del procedimento all’incolpato (e al Pubblico Ministero) prima dell’atto di citazione di cui al successivo art. 48 non comporta alcuna sanzione di nullità (cfr. Cass. s.u., 20843/2007, 5072/2005, 1988/98).
Con il terzo motivo di ricorso, l’incolpato deducendo “violazione e falsa applicazione del r.s.d. 1578/1933, artt. 28, 50 e 56; violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 111 cost.; violazione e falsa applicazione della L. 36/1934 in relazione al capo d’incolpazione che è del tutto generico ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3” – censura la decisione impugnata per non aver rilevato l’assoluta genericità dell’incolpazione espressa nella comunicazione di inizio del procedimento.
Anche tale motivo è infondato.
In disparte la considerazione che la censura appare assorbita dal rilievo che nemmeno la radicale carenze della comunicazione produce effetti pregiudizievoli sull’andamento del procedimento e, per altro verso (sul piano dell’ammissibilità della censura), il rilievo che il ricorso non reca descrizione delle specifiche caratteristiche della comunicazione censurata, deve, invero, osservarsi che il r.d. 37/1934, art. 47 stabilisce che “la comunicazione deve contenere la enunciazione sommaria dei fatti per i quali il procedimento è stato iniziato” mentre “la menzione circostanziata degli addebiti” è prevista soltanto dal successivo art. 48 come requisito della citazione a giudizio. Da ciò consegue l’irrilevanza dell’incompiutezza di alcuni degli elementi dell’accusa (quale, nella specie, parrebbero quelli incidenti sull’indicazione: delle parti lese, della pratica di riferimento, delle fonti di accusa e del dato temporale), di per se stessa non incompatibile con il requisito della sommaria indicazione del fatto addebitato, richiesto ai fini considerati.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, s’impone il rigetto del ricorso.
Stante l’assenza d’attività difensiva dell’intimato Consiglio dell’Ordine, non vi è luogo a provvedere sulle spese.
P.Q.M.
la Corte di cassazione, a sezione unite, rigetta il ricorso.
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