Svolgimento del processo
Con ricorso notificato all’Agenzia della Entrate, la s.p.a. Banca (X) (incorporante, “a decorrere dal l’ottobre 2000″, della “Banca (Y) s.p.a.”) – premesso che: (1) l’incorporata, attenendosi “diligentemente e scrupolosamente” a “consolidata e costante prassi amministrativa” (“conforme alla prevalente dottrina, alla giurisprudenza della Certe Costituzionale (sentenza n. 26/1998), nonché della normativa comunitaria e della relativa interpretazione della Corte di Giustizia (sentenza 25 luglio 1991, C-2002/90)”) “secondo la quale l’attività di riscossione dei contributi consortili non rientrava nell’ambito delle operazioni esenti da IVA di cui all’art. 10, n. 5, del DPR n. 633/1972″, aveva assoggettato ad IVA (“addebitata” agli stessi “a titolo di rivalsa”) i “compensi percepiti” a fronte dell’”attività di riscossione dei contributi consortili dovuti dagli associati” al “Consorzio di Bonifica del 2″ Circondario Polesine di S. Giorgio di Ferrara”, al “Consorzio di Bonifica del 1″ Circondario di Ferrara” e al “Consorzio di Bonifica Valli di Vecchio Reno di Ferrara” in “qualità di esattore consorziale sino al 31 dicembre 1989 e poi quale concessionario della riscossione … dal 1″ gennaio 1990 al 31 gennaio 1995″ da essa svolta; (2) “con la Circolare n, 52/E del 26 febbraio 1999″ il Ministero delle Finanze “ha affermato, contrariamente a quanto sino ad allora sostenuto, che i contributi consortili avrebbero … natura tributaria e che, quindi, i compensi dovuti dai consorzi di bonifica ai concessionari, per la loro riscossione, avrebbero costituito corrispettivi esenti da IVA ai sensi” della norma suindicata; (3) “i suddetti Consorzi hanno inviato alla SIFER spa” (“attuale concessionario della riscossione dei tributi della provincia di Ferrara”) “apposite lettere con le quali hanno chiesto, ai sensi dell’art. 2033 cod. civ. …, il rimborso dell’IVA ad essi addebitata, in via di rivalsa, sui compensi corrisposti per la riscossione dei contributi consortili di propria spettanza”; “il Consorzio di Bonifica del 1″ Circondario di Ferrara”, anzi, aveva “citato la SIFER spa dinanzi al Tribunale di Ferrara” (che aveva “autorizzato la chiamata in causa di (essa) banca per le somme di propria spettanza”); (4) “a seguito dell’azione intentata dai consorzi” aveva presentato “all’Agenzia .. . istanze di rimborso dell’ira corrispondente … (oltre ai relativi accessori)” -, in forza di cinque motivi, chiedeva di cassare la sentenza n. 152/02/04 della Commissione Tributaria Regionale del Lazio (depositata il 18 marzo 2 005) che, previa riunione degli stessi, ritenuto “maturato li termine decadenziale di cui all’art. 21, comma 2°, del D. Lgs. … 1992 n. 546″, aveva accolto gli appelli dell’Ufficio avverso le decisioni (196/55/02, 197/55/02 e 198/55/02) della Commissione Tributaria di Roma la quale aveva recepito le sue impugnazioni del silenzio rifiuto formatosi su dette “istanze”.
L’Agenzia intimata nonché il Ministero dell’Economia e delle Finanze instavano per il rigetto del gravame e spiegavano ricorso incidentale affidato ad un solo motivo.
Con ordinanza n. 18721/10 depositata il 17 agosto 2010 questa Corte, ai sensi dell’art. 234 del Trattato CEE, sottoponeva alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee le seguenti questioni pregiudiziali:
– “se i principi di effettività, di non discriminazione e di neutralità fiscale in materia di imposta sul valore aggiunto ostino ad una disciplina o prassi nazionale che ricostruiscono il diritto del cessionario/committente al rimborso dell’IVA pagata a torto come indebito oggettivo di diritto comune, a differenza di quello esercitato dal debitore principale (cedente o prestatore del servizio), con un limite temporale, per il primo, assai più lungo di quello posto al secondo, sì che la do-manda del primo, esercitata quando il termine per il secondo è da tempo scaduto, possa dar luogo a condanna al rimborso di quest’ultimo senza che lo stesso possa più chiedere il rimborso ali ‘Amministrazione finanziaria; tutto ciò senza la previsione di alcuno strumento di collegamento, atto a prevenire conflitti o contrasti, tra i procedimenti instaurati o da instaurarsi dinanzi alle diverse giurisdizioni”;
– “se, a prescindere dall’ipotesi precedente, siano compatibili coi già riferiti principi una prassi o giurisprudenza nazionale che consentano l’emanazione di una sentenza di rimborso a carico del cedente/prestatore del servizio a favore del cessionario/committente, il quale non aveva esercitato l ‘azione di rimborso dinanzi ad altro giudice nei termini a lui imposti, in affidamento dì una interpretazione giurisprudenziale, seguita dalla prassi amministrativa, secondo cui l’operazione era soggetta ad IVA”.
Il giudice comunitario pronunciava la sentenza 15 dicembre 2011 “nel procedimento C-427/10″ “dichiara (rido) ” che:
(1) ” il principio di effettività non osta ad ima normativa nazionale in materia di ripetizione dell’indebito che prevede un termine di prescrizione per l’azione civilistica di ripetizione dell’indebito, esercitata dal committente di servizi nei confronti del prestatore di detti servizi, soggetto passivo dell’imposta sul valore aggiunto, più lungo rispetta al termine di decadenza previsto per l ‘azione di rimborso di diritto tributario, esercitata da detto prestatore nei confronti dell’amministrazione finanziarla, purché tale soggetto passivo possa effettivamente reclamare il rimborso dell’imposta di cui trattasi nei confronti delta predetta amministrazione” )
(2) “quest’ultima condizione non è soddisfatta qualora l’applicazione di una normativa siffatta abbia la conseguenza di privare completamente il soggetto passivo del diritto di ottenere dall’amministrazione finanziaria il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto non dovuta che egli stesso ha dovuto rimborsare al committente dei suoi servizi” .
Il Ministero e l’Agenzia depositavano memoria ex art. 378 c.p.c. (nella quale esponevano: “tenuto conto del vincolo derivante dalla pronuncia della Corte di Giustizia, non si vede come … (si) possa negare il diritto della banca alla restituzione dell’‘IVA chiesta a rimborso”; “il termine biennale ex art. 21 del D. Lgs. n. 546/1992″ decorre “dalla Circolare dei 1999-”).
Motivi della decisione
1. Riunione dei ricorsi.
Preliminarmente, ai sensi dell’art. 335 c.p.c, va disposta la riunione al ricorso della Banca di quello incidentale spiegato dal Ministero e dall’Agenzia avverso la medesima sentenza.
2. Inammissibilità del controricorso nonché del ricorso incidentale del Ministero.
In via ancora preliminare (ma gradata) va, ex officio, rilevata e dichiarata l’inammissibilità dei ricorso del Ministero perché questo ente non ha nemmeno dedotto di aver preso parte al giudizio di appello né allogato (e provato) di essere titolare di un qualche rapporto giuridico che – come costantemente richiesto da questa Certe (Cass.: II, 23 agosto 2007 n. 17922; trib., 7 maggio 2007 n. 10341; III, 26 gennaio 2006 n. 1692; II, 26 gennaio 2006 n. 1507; 2005 n. 965; II, 13 settembre 2004 n. 13346; II, 2S aprile 2C03 n. 6649; II, 4 febbraio 2002 n. 1468; II, 23 novembre 2001 n. 14910) lo legittimi, anche al fine di dimostrare la sussistenza del necessario ed imprescindibile interesse (art. 100 c.p.c.), a resistere all’impugnazione ed a proporre gravame in via incidentale.
In proposito, va ricordato che per effetto ed in conseguenza del trasferimento di funzioni e di rapporti inerenti le entrate tributarie dal Ministero (dell’Economia e) delle Finanze alle Agenzie Fiscali (tra cui, l’Agenzia delle Entrate) – le quali ultime sono divenute operative a partire dai primo gennaio 2001 in base all’art. 1 del DM 2 8 dicembre 2 000 – disposto dal titolo quinto, capo secondo, del D.Lg.vo 30 luglio 1999 n. 300, ciascuna Agenzia (1) è succeduta al Ministero nei rapporti (ad essa attribuiti), sostanziali e processuali, in corso a quel momento e (2) è divenuta Titolare esclusiva dei rapporti tributari (e, pertanto, unica legittimata processualmente) sorti successivamente alla data detta di sua operatività: nel caso, gli appelli (si legge nella sentenza impugnata) sono stati depositati il “12 giugno 2003″, quindi dopo il primo gennaio 2 001 detto, per cui il processo di appello si è svolto solo tra L’Ufficio locale dell’Agenzia e la contribuente.
Le spese processuali di questo giudizio di legittimità tra il Ministero e la banca vanno integralmente compensate, ai sensi del secondo comma dell’art. 92 c.p.c, atteso che la partecipazione al processo dell’ente si è risolta nella mera, pleonastica, sua contemplazione nell’epigrafe del controricorso dell’Agenzia, senza nessun aggravio di difesa per la contribuente.
3. La sentenza impugnata la Commissione Tributaria Regionale del Lazio – esposto che per il secondo comma dell’art. 21 D. Lg. vo n. 546 del 1992 “la domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione” -ha accolto, previa riunione, gli appelli dell’Ufficio affermando che l’”emanazione della circolare del 26 febbraio 1999″ non può considerarsi “fonte idonea per legittimare il verificarsi del presupposto per il riconoscimento del diritto invocato” perché il “presupposto per là richiesta di restituzione di somme indebitamente corrisposte è dato dal sopraggiungere di un evento conforme a specifica fattispecie normativa o di pronuncia giurisdizionale o di disposizione legislativa di natura interpretativa”.
4. Il ricorso della Banca. Questa impugna la decisione per cinque motivi: (1) “.eccezione di giudicato”: “i giudici dì appello, … nell’esposizione in fatto …, hanno fatto e-splicito riferimento solo … al rimborso … dell’IVA addebitata al Consorzio di Bonifica Valli dì Vecchio Reno di Ferrara, relativamente agli anni dal 1988 al 1994″ e “nella parte in diritto … si sono riferiti solo al suddetto rimborso, omettendo qualsiasi riferimento agli altri due, concludendo per l’accoglimento dell’appello e non “degli” appelli”, per clù , “nei silenzio del i a sentenza”, deve ritenersi che “si sia formato il giudicato, favorevole (ad essa) banca, in relazione agli altri due rimborsi in contestazione …, cioè quello relativo all’IVA addebitata al Consorzio di Bonifica del 2″ Circondario Polesine di S. Giorgio dì Ferrara, relativamente agli anni dal 1984 al 1994 e quello relativo all’IVA addebitata al Consorzio di Bonifica del 1″ Circondario di Ferrara, relativamente agli anni dal 1986 al 1934″;
(2) “violazione dell’art. 132 c.p.c.” (“nullità della sentenza per omessa esposizione del fatto”): “i giudici di appello … hanno … omesso, nell’esposizione dei fatti e dello svolgimento del processo, di fare riferimento a i tre rimborsi in contestazione, 1 imitandosi a prendere in considerazione solo uno di essi”; “tale omissione è … grave se si considera che i tre rimborsi … presentano requisiti diversi quanto agli importi, agli anni di riferimento nonché alle altre circostanze rilevanti per il giudicato, quale … quella relativa all’azione intentata dinnanzi all’autorità giudiziaria ordinaria da uno dei consorzi per la restituzione di quanto indebitamente pagato”;
(3) “violazione e falsa applicazione dell’art. 21, C. 2, del D. Lqs. n. 546/1992 e degli artt. 97 della Cost. e 10 della legge n. 212/2000″;
(4) “violazione dell’art. 53 della Costituzione, del principio di neutralità dell’IVA di cui agli artt. 18 e 19 del DPR n. 633/72 e dell’art. 2041 del cod. civ.” avendo “uno dei consorzi … citato” essa “banca” dinnanzi “all’autorità giudiziaria ordinaria” (“promuovendo l’azione civile di ripetizione d’indebito, ai sensi dell’art. 2033 ce. , al fine di ottenere la restituzione dell’IVA ad essa addebitata in vìa di rivalsa”) , si è “verifica(té) , in capo ad essa banca, una … duplicazione dell’onere tributario, avendo corrisposto, una prima volta, l’IVA all’erario, e, una seconda volta, seppure a diverso titolo . . . , una somma corrispondente all’IVA addebitata in via di rivalsa ai consorzi che hanno agito in giudizio”;
(5) “violazione dell’art. 21, e. 2r del D. Lgs. n. 546/1992 e violazione dei principi di neutralità dell’IVA e di effettività”: poiché “il contribuente di fatto” (“i consorzi”), “a fronte del mutato orientamento interpretativo dell’amministrazione finanziaria”, “a fini civilistici”, “potrebbe agire dinnanzi alla autorità giudiziaria ordinaria nel termine decennale di prescrizione del diritto alla ripetizione di quanto indebitamente pagato ai proprio prestatore di servizio”, “la restrittiva interpretazione dei giudici di secondo grado” trasforma la “banca”, “per la quale l’IVA incassata dovrebbe essere neutrale in quanto mera partita di giro”, “da contribuente di diritto in contribuente di fatto …, cioè in soggetto definitivamente inciso dal tributo, in quanto sprovvisto di mezzi di tutela della propria posizione giuridica soggettiva e vulnerabile, invece, all’azione di ripetizione dell’indebito da parte del proprio avente causa”.
5. Il ricorso incidentale dell’Agenzia.
L’ente pubblico, a sua volta, denunzia “violazione e falsa applicazione degli artt. 112 cpv; 21 D. Lgs. 546/92″ nonché “omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione”: “la sentenza”, “nella misura in cui si. ritiene che non abbia deciso su tutte le impugnazioni proposte”, “è viziata per omessa pronuncia sugli appelli … avverso le sentenza della Commissione Tributaria Provinciale … 197/55/02 e n. 196/55/02″.
6. Le ragioni della decisione. Il terzo motivo di ricorso deve esser accolto; tutti gli altri motivi, nonché il ricorso incidentale, vanno respinti.
A. I primi due motivi del gravame della Banca (“eccezione di giudicato” e “nullità della sentenza per o-messa esposizione del fatto”) nonché il ricorso incidentale (“omessa pronuncia sugli appelli, avverso le sentenza della Commissione Tributaria Provinciale 191/55/02 e n. 196/55/02″) – intuitivamente da scrutinare congiuntamente anche per la loro reciproca interferenza – sono infondati: il giudice di appello, nell’epigrafe della cui sentenza sono indicati le tre decisioni (196, 197 e 198 emessa dalla sezione 55 nel 2002) di primo grado impugnate, infatti, ha univocamente decise tutti ì tre appelli riuniti, nessuno escluso, avendo e-spressamente “premesso in fatto che … sono riuniti i fascicoli 2625, 2626, 2627/2003 per connessione soggettiva ed oggettiva” ed essendo evidente la identità, per tutti quei “fascicoli”, dell’unica ragione (“l’”emanazione della circolare del 26 febbraio 1999″ non può considerarsi “fonte idonea per legittimare il verificarsi del presupposto per il riconoscimento dei diritto invocato”) che ha indotto esso giudice di appello a ritenere verificata la decadenza prevista dal secondo comma dell’art. 2. D. Lg.vo n. 546 del 1992 per il rimborso nei crediti IVA chiesto dalia banca.
Detta ratio decidendo, all’evidenza, vale per tutti i “rimborsi” in quanto, come ovvio, i “requisiti diversi” evidenziati dalla banca (“importi”; “anni di riferimento”; “azione intentata dinnanzi all’autorità giudiziaria ordinaria da uno dei consorzi per la restituzione di quanto indebitamente pagato”), sulla cui “o-messa esposizione” si fonda la denunziata “violazione dell’art. 132 c.p.c”, non hanno nessuna idoneità a determinare la necessità di un esame logico giuridico differenziato .
L’”eccezione di giudicato” (“in relazione agli altri due rimborsi in contestazione …, cioè quello relativo all’IVA addebitata al Consorzio di Bonifica del 2″ Circondario Polesine di s. Giorgio di Ferrara, relativamente agli anni dal 1984 al 1994 e quello relativo all’IVA addebitata ai Consorzio di Bonifica del 2° Circondario di Ferrara, relativamente agli anni dal 1986 al 1994″), peraltro e comunque, è infondata anche perché il tempestivo ricorso incidentale delle amministra/Ioni pubbliche ha impedito che l’ipotizzata omissione di pronuncia divenisse definitiva.
B. La pronuncia del giudice comunitario arreca evidente fondamento al terzo motivo di ricorso il quale deve essere accolto con le precisazioni che seguono.
B.l. Nella sentenza 15 dicembre 2011 resa “nel procedimento C-427, invero, la Corte di Giustizia – statuito in via preliminare, che “il principio di effettività non osta ad una normativa nazionale in materia di ripetizione dell’indebito che prevede un termine dì prescrizione per l’azione civilistica di ripetizione dell’indebito, esercitata dal committente di servizi nei confronti del prestatore di detti servizi soggetto passivo dell’imposta sul valore aggiunto, più lungo rispetto al termine di decadenza previsto per l‘azione dì rimborso di diritto tributario, esercitata da detto prestatore nei confronti dell’amministrazione finanziaria, purché tale soggetto passivo fosse effettivamente reclamare il rimborso dell’imposta di cui trattasi nei confronti della predetta amministrazione” – ha affermato che “quest’ultima condizione” (ovverosia la possibilità, per il “soggetto passivo”, di “effettivamente reclamare il rimborso dell’imposta … nei confronti” dell’”amministrazione”) “non è soddisfatta qualora l’applicazione di una normativa siffatta abbia la conseguenza di privare completamente il soggetto passivo del diritto dì ottenere sull’amministrazione finanziaria il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto non dovuta che egli stesso ha dovuto rimborsare al committente dei suoi servizi”.
Secondo il giudice comunitario, quindi, l’applicazione del la “normativa nazionale” differenziata “in materia di ripetizione dell’indebito” (“termine di prescrizione per l’azione civilistica di ripetizione dell’indebito, esercitata dal committente di servizi nei confronti del prestatore di detti servizi, soggetto passivo dell’imposta sul valore aggiunto, più lungo rispetto al termine di decadenza previsto per V azione di rimborso di diritto tributario, esercitata da detto prestatore nei confronti dell’amministrazione finanziaria”) non deve mai “privare completamente il soggetto passivo del diritto di ottenere dall’amministrazione finanziaria il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto non dovuta che egli stesso ha dovuto rimborsare al committente dei suoi servizi”.
Dalla decisione, peraltro, discende che il “diritto” del “soggetto passivo dell’imposta sul valore aggiunto” di “ottenere dall’amministrazione finanziaria il rimborso de/l’imposta sul valore aggiunto” nonostante la scadenza del “termine di decadenza previsto per l’azione dì rimborso di diritto tributario” esercitabile “da detto prestatore nei confronti dell’amministrazione finanziaria” riguarda soltanto “l’imposta sul valore aggiunto non dovuta che egli stesso ha dovuto rimborsare ai committente dei suoi servizi” : la scadenza del ” termine di decadenza prevista per l’azione di rimborso di diritto tributario”, quindi, non impedisce l’esercizio dei “diritto” del “soggetta passivo dell’imposta sul valore aggiunto” di “ottenere doli ‘amministrazione finanziaria il rimborso del) ‘imposta sul valore aggiunto” unicamente se quel “rimborso” ha ad oggetto l’imposta sul valore aggiunto non dovuta” che “egli stesso ha dovuto rimborsare al committente dei suoi servizi” .
Il “soggetto passivo dell’imposta sul valore aggiunto”, pertanto, dopo la scadenza del “termine di decadenza previsto per l’azione di rimborso dì diritto tributario”, può chiedere il “rimborso” dell’”imposta sul valore aggiunto non dovuta” non già per qualsiasi imposta della quale il “committente dì servizi” possa pretendere o pretenda il rimborso da lui per la sua qualità di “prestatore di detti servizi”, né per quella che egli abbia rimborsato spontaneamente, ma esclusivamente per quell’imposta che egli sia “dovuto rimborsare al committente” detto, ovverosia per l’imposta il cui rimborso in favore del “committente” sia stato effettivamente eseguito in esecuzione (questa sì anche spontanea) di un provvedimento coattivo di rimborso a suo danno ed in favore del “committente”: la pretesa restitutoria del “committente di servizi”, infatti, siccome inidonea a far sorgere un qualche dovere di rimborso a carico del “prestatore di detti servizi”, non consente di superare l’altrimenti (se ormai) verificatasi decadenza del “prestatore di detti servizi” dall’eventuale diritto di rimborso nei confronti dell’amministrazione finanziaria finché non si concretizza con l’adempimento dell’afferente comando imperativo da parte del “prestatore di… servizi”.
L’effettività del rimborso nel senso precisato (costituente indefettibile elemento costitutivo della fattispecie) , peraltro, considerati i naturali limiti soggettivi ed oggettivi del provvedimento, non esclude il diritto dell’amministrazione di opporre, per la qualità di terzo rispetto a quel provvedimento (se non e-messo da essa stessa o in suo legittimo contraddittorio) , oltre quelle proprie del rapporto con il “soggetto passivo dell’imposta sul valore aggiunto”, tutte le ragioni che detto “soggetto” avrebbe dovuto e/o potuto opporre al “committente” per contrastarne la pretesa di restituzione: il giudice comunitario, infatti, ha comunque giudicato legittima (“il principio di effettività non osta”) l’applicabilità al “soggetto passivo dell’imposta sul valore aggiunto” del più breve termine di decadenza previsto dalla norma nazionale nel regolare i rapporti dello stesso con l’amministrazione finanziaria di tal che detto termine può essere disapplicato solo per garantire il “principio di effettività”, ovverosia che (per dirla con la corte di giustizia) “le conseguenze dei pagamenti indebiti dell’IVA imputabili allo Stato” siano sopportate “esclusivamente dal soggetto passivo di tale imposta” .
C. La “violazione dell’art. 53 della Costituzione, del principio di neutralità dell’IVA di cui agli artt, 18 e 19 del DPR n. 633/12 e del l’art. 2041 del cod. civ.” (“duplicazione dell’onere tributario”), denunziata con il quarto motivo, è priva di fondamento in fatto atteso che l’imposta a suo tempo versata all’erario, come riconosce la stessa banca, era stata “addebitata in via di rivalsa, ai consorzi”, per cui la ricorrente non è stata gravata da nessun afferente onere (neppure economico) .
D. L’esame dei quinto motivo (“violazione dell’art. 21, c. 2, del D. Lgs. n. 546/1992 e violazione dei principi di neutralità dell’IVA e di effettività”) . è intuitivamente inutile alla luce del dietim del giudice comunitario.
7. Della prosecuzione del giudizio. Il riscontrato fondamento, in diritto, della terza censura impone di cassare aderentemente la sentenza impugnata; la necessità, poi, di accertare la concreta sussistenza degli indefettibili elementi fattuali innanzi evidenziati obbliga a rinviare la causa a sezione diversa della medesima Commissione Tributaria Regionale che ha emesso la pronuncia annullata affinché la stessa, adempiendo ai suoi compiti istituzionali e facendo applicazione degli illustrati principi derivanti dalla decisione della Corte di Giustizia, (1) verifichi l’ammissibilità prima e il fondamento poi di ognuno dei rimborsi chiesti dalla Banca e (2) regoli tra le parti anche le spese di questo giudizio di legittimità.
PQM
Riunisce i ricorsi; dichiara inammissibile il controricorso ed il ricorso incidentale del Ministero; compensa integralmente le spese del giudizio di legittimità tra il Ministero stesso e la banca ricorrente; accoglie il terzo motivo del ricorso principale; rigetta gli altri motivi dello stesso ricorso nonché il ricorso incidentale dell’Agenzia; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio dì legittimità, ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale del Lazio.
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